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"Di Stazione In Stazione"
(Station To Station)
di David Sinclair
Rolling Stone, 1993

In un personale tour della Londra di Ziggy, David Bowie guarda indietro ai suoi giorni come re del glam rock inglese. In uno squallido vicolo a Soho, il noto quartiere a luci rosse di Londra, David Bowie si ferma di fronte ad un portone. Incerto su chi o cosa troverà dall'altra parte, preme un cicalino. "Si", dice una voce al citofono. "Salve", dice Bowie. "Una volta questi erano i Trident Studios?". "Si, molto tempo fa", dice la voce dall'interno. "Sono David Bowie. Usavo registrare qui. Pensa che potrei entrare per un secondo?". Un momento di pausa. La porta si apre. Bowie entra. Proprio di fronte a lui c'è una corta rampa di scale, e praticamente a coprire l'intera parete sul pianerottolo c'è una grande stampa di…David Bowie, fotografato sul set del film L'Uomo Che Cadde Sulla Terra. "Beh, è bello vedere che hai lasciato un segno", dice Bowie sorridendo, mentre varie persone sorprese emergono dai loro uffici per formare un piccolo comitato di benvenuto.

A Londra, in una fredda mattina di primavera, Bowie è in viaggio nel suo passato, rivisitando i vecchi ritrovi degli anni 70 e rivivendo ricordi di un periodo del rock inglese in cui la brillantezza del suo lavoro e la sua presenza ambiguamente splendida eclissarono tutte le altre star. Ma il viaggio lungo il sentiero della memoria, come il suo nuovo album, Black Tie White Noise, non è un inutile esercizio di indulgenza nel passato, ma piuttosto un'opportuna celebrazione di una leggenda rafforzata dall'ultima tendenza della moda. Dopo un lungo periodo di declino artistico e di popolarità, Bowie è emerso come un uomo rinato. Nel periodo in cui era al massimo delle sue possibilità, certo, ha reinventato se stesso regolarmente, ma questo è qualcosa di differente. Dire che la sua carriera si sia raffreddata negli anni 80 significherebbe essere moderati. Mentre il suo scialbo lavoro dopo Let's Dance intaccò la sua posizione nel mainstream, la sua deviazione nel pre-grunge con i Tin Machine lasciò anche i suoi fans più fedeli all'inizio sconcertati e poi risentiti.

Due cose sono accadute da allora. Primo: Bowie, ritornando con il suo nuovo album solista dopo sei anni, ha ricominciato lì dove Scary Monsters aveva finito. Passato il rock basato sulla chitarra, ora c'è una scintillante serie di nuovi arrangiamenti basati sul ritmo e le tastiere che riecheggia il suo lavoro migliore in album come Station to Station ed "Heroes", ma con una nuova dimensione jazz, riflessa dal contributo del trombettista Lester Bowie e dagli stessi validi contributi di Bowie al sassofono. Secondo: gli anni 70 sono diventati improvvisamente di moda. Qui in Inghilterra, l'era della maggiore vitalità ed influenza di Bowie sta fornendo l'inaspettato modello per la musica più recente e le tendenze della moda 1993. Una nuova generazione di scrittori, artisti, musicisti, stilisti e fan sta tornando a dare un altro sguardo a quella splendente, decadente e spesso vituperata decade.

Così Bowie ha deciso di vedere per se stesso - ora che tutti gli altri vogliono saperlo - dove esattamente le ossa sono state sepolte. Perciò il non annunciato arrivo a quelli che erano i Trident Studios, il luogo dove registrò Hunky Dory (1971), The Rise and Fall of Ziggy Stardust and The Spiders From Mars (1972) e gran parte di Aladdin Sane (1973), con il produttore dello studio Ken Scott. In quegli anni era uno studio a sedici tracce con una reputazione all'avanguardia. Chiuse nel 1984, ed ora l'edificio è stato diviso in piani separati. Dello studio in cui Ziggy Stardust fu registrato rimangono solo le quattro pareti e non molto altro. Adesso è usato da una compagnia di produzione audio-video specializzata in dischi dance. Una coppia di amplificatori ed una vecchia bicicletta sono ammucchiati in un angolo. Gran parte delle pareti sono coperte da una sorta di mollettone di feltro malandato. Il tutto ha un aspetto piuttosto dimesso. Non com'era nel luglio 1968, quando fu il primo studio di Londra ad avere un registratore ad otto tracce funzionante. I Beatles vennero qui per registrare Hey Jude. All'inizio degli anni 70 Elton John, i Supertramp, i T.Rex ed i Queen venivano regolarmente qui. E nel 1972 fu proprio in questo luogo che Bowie e Mick Ronson condivisero la produzione mentre Lou Reed registrava Transformer (Ronson, un frequente collaboratore di Bowie, è morto di cancro il 29 aprile, tre settimane dopo la pubblicazione di Black Tie White Noise).

"Lou amava Soho, specialmente di notte", dice Bowie. "Pensava che fosse tranquillo rispetto a New York. Gli piaceva perché poteva divertirsi qui ed essere al sicuro. Era pieno di ubriachi e prostitute, club di strip e bar after hours, ma nessuno ti rapinava o ti picchiava. Penso che sia diventato molto rispettabile adesso, ma in quegli anni non lo era".

Bowie viene accompagnato in giro per gli allora Trident da alcuni degli attuali occupanti dell'edificio. Qualcuno gli chiede l'autografo, un ricordo per il figlio di otto anni, che si sta avvicinando alla musica di Bowie. Bowie, che scrive con la mano sinistra (anche se fa tutto il resto con la mano destra), scrive una frase adatta, la penna tenuta stretta vicino alla sua fede di platino. Si fa dire la data e si accorge che è San Davide (primo marzo). "Hai mai avuto l'impressione che eri venti anni avanti rispetto al tuo tempo?" gli chiede l'uomo. "Oh, Dio", Bowie dice con un sospiro. "Solo quando c'è un revival. Ovviamente, per noi era un periodo eccitante. C'era un piccolo gruppo di noi che sapeva che eravamo sull'onda di qualche cosa che sarebbe stato il suono dominante dei primi anni 70. Non penso che fosse proprio chiaro di cosa esattamente si trattasse a quel tempo. Ma fu questo qualcosa a controllare noi piuttosto che il contrario. C'è una sorta di Zeitgeist, e se sei in grado di inserirti…non so cosa accade, ma credo proprio che la struttura della tua musica cominci a riflettere quello che la società prova. La musica di solito è ben indietro rispetto a quello che la società pensa, e sono quegli strani momenti in cui riesci a catturare ciò che informa la società che le danno forza".

Nella Londra del 1993 la società alla moda sta di nuovo pensando agli anni 70. La capitale è nella stretta di una massiccia follia retrò, focalizzata sul periodo che per molti anni è stato deriso come la decade che aveva perso il buon gusto. Come ha affermato The Face, la rivista britannica di stile "se gli anni 70 riguardavano il divertirsi e l'avere un bell'aspetto senza soldi e senza parrucchieri decenti, allora gli anni 90 appaiono molti simili". Molti artisti affermati si sono smaccatamente ispirati agli anni 70 negli ultimi mesi. Morrisey, il cui ultimo album ,Your Arsenal, è stato prodotto da Mick Ronson, ha parodiato una copertina dei T.Rex per il suo singolo influenzato da Marc Bolan, Certain People I Know. Il revival degli Abba, cominciato l'anno scorso dagli Erasure è diventato un fenomeno da pieno mainstream. Gold, degli Abba, è ospitato nelle classifiche britanniche insieme con Tubular Bells II di Mike Oldfield, Harvest Moon di Neil Young e Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd, che è rientrato nella top ten in marzo, esattamente venti anni dopo la sua pubblicazione.

Nel frattempo una nuova ondata di band si è inserita nello spirito dei primi anni 70, per creare qualcosa di più di un semplice revival. I Primal Scream, che hanno vinto il prestigioso Mercury Music Prize per il loro album Screamadelica, non fanno un segreto della loro ammirazione per i Mott The Hoople. I Saint Etienne hanno individuato il collegamento tra il pop kitsch degli anni 90 e 70 e lo hanno elevato ad una forma d'arte minore. L'album dei Denim, Back In Denim, è pieno di riferimenti agli Osmonds e al glitter. E gli Auteurs hanno pubblicato un superbo album di debutto, audacemente intitolato New Wave, che combina la srittura di canzoni nella grande tradizione inglese di Ray Davies con testi che creano quella sorta di mondo mitico e di strani personaggi che lo stesso Bowie creò con Ziggy Stardust.

Sovrastando tutti e inseriti nello Zeitgeist del rock degli anni 90 per quanto possibile, gli Suede, il gruppo di Londra formato di quattro elementi che ha, senza chiedere scusa, predato il catalogo di canzoni Bowie-Ronson per trovare ispirazione, ha nondimeno creato un'atmosfera ed uno stile suo proprio. L'album di debutto della band ha raggiunto l'apice delle classifiche britanniche in aprile. Ma per un gioco del destino, che illustra il quasi soprannaturale tempismo di Bowie, il disco degli Suede è stato spodestato dal vertice della classifica da Black Tie White Noise. Con il suo affettato modo di fare, una sessualità ambigua ed un magnetico fascino da star, il cantante degli Suede, Brett Anderson, è di fatto l'alter ego di Bowie degli anni 90. Ma, lontano dal mettere in ombra Bowie, Anderson, attraverso la sua adorazione per Bowie, ha dato una spinta vitale alla sua reputazione, specialmente nella nuova generazione di fan. La battuta che c'è in giro nei circoli dei media londinesi è che gli Suede siano solo un'invenzione della casa discografica di Bowie e che la missione della band sia di preparargli la strada per fare uno spettacolare ritorno .

"E' un po' deludente, sotto certi aspetti, guardare indietro, perché di fatto non esisteva una 'scena' nei primi anni 70 a Londra", dice Bowie mentre la sua auto viaggia verso est, oltre lo splendore del Palazzo del Parlamento, attraverso il Tamigi ed il Westminster Bridge e Elephant e Castle, nei più dimessi dintorni dell'East End. "Se si supponesse l'esistenza di una scena glam-rock emergente, sembrava accadere solo tra tre o quattro band", dice Bowie. "Non c'era nessun club o area che divenisse il centro del nostro tipo di musica. Lavoravamo molto da soli, isolati gli uni dagli altri. C'erano i Roxy Music, io, Marc Bolan (T.Rex), ed è davvero difficile pensare a qualcun altro tra il 1970 ed il 1973. Suppongo che Eno stesse facendo ancora molte cose per il RCA (Royal College of Art); stava ancora probabilmente andando avanti ed indietro tra l'essere un concettualista e l'essere una rock star. Negli Stati Uniti avevi l'equivalente in band come i Flamin' Groovies, i New York Dolls, ed in misura minore Alice Cooper".

L'auto viaggia verso sud per la Old Kent Road. Guardando fuori dal finestrino, Bowie indica un mucchio di macerie in un cantiere edile. "Quello era un pub che si chiamava Bricklayers Arms", dice, "che era uno dei posti in cui suonavo regolarmente proprio agli inizi, negli anni 60. Ce n'è un altro più in là chiamato Green Man. Erano posti molto, molto duri; c'erano tipi pesi massimi del sud di Londra. Noi facevamo ancora cose R&B, Marvin Gaye, Can I Get A Witness, quel tipo di cose. Ma dovevi essere molto forte per interessarli. Era un buon allenamento per le giovani band".

La macchina si ferma davanti ad un club chiamato Thomas a Becket, e Bowie scende in un vento molto freddo ed in una raffica di pioggia. E' vestito con una redingote nera avvitata, perfetti pantaloni neri. Indossa degli occhiali con montatura in oro che gli danno un aspetto piuttosto severo, sebbene, a quarantasei anni, le sue fattezze appena abbronzate e favolosamente scolpite rimangano invidiabilmente intatte. Una donna picchia il clacson, gli fa un gran sorriso ed il segno di pollice alzato mentre lui attraversa la strada. Bowie le risponde nello stesso modo.

Il Thomas-a-Becket, fondato nel 1787, è un edificio dove Bowie ed il prototipo degli Spiders From Mars cominciarono. La stanza per le prove era all'ultimo piano, sopra una palestra di boxe, con il pub al piano terra. In quei giorni la band di Bowie si chiamava Hype ed era composta da Mick Ronson (chitarra), Tony Visconti (basso) e John Cambridge (batteria). Vivevano tutti insieme nella residenza di Bowie in una grande casa vittoriana chiamata Haddon Hall, con una scalinata baronale ed una galleria circolare in cima alle scale, che serviva come dormitorio comune. E' stata demolita.

"Questo era un luogo importante di allenamento per molti pugili del sud di Londra", Bowie spiega. "Eravamo molto impressionati che Henry Cooper (il peso massimo britannico che stese Muhammad Ali nel 1963) avesse cominciato la sua carriera qui. Il nucleo embrionale degli Spiders mise insieme i propri suoni qui, sempre aspettando che un giorno Cooper entrasse, così potevamo avere il suo autografo".

Oggi, certamente, è Bowie che viene tormentato per l'autografo, una delle poche cose che trova fastidiose quando va in giro. In generale, sembra perfettamente a proprio agio nel muoversi per la città nella Mercedes beige guidata da un autista. Non c'è nessuna confusione o entourage da celebrità. "Ho persone con me solo quando sono in tour o sto facendo qualcosa che attira l'attenzione per una ragione o per l'altra", Bowie dice. "Altrimenti, preferisco di più stare da solo. Trovo che se metti un paio di occhiali e non ti fai notare puoi muoverti molto facilmente. Sono sempre stato sospettoso delle persone che dicono di aver bisogno di un entourage, perché non è così. E' proprio in quel caso che hai dei problemi. Mi ricordo che camminavo per Hollywood con Eddie Murphy, che mi piace molto come persona, ma ogni volta che facevamo cinque passi per strada c'era il suono di circa quaranta passi che ci seguivano. Era impossibile".

Di nuovo nel cuore della città, Bowie è arrivato in una piccola strada senza uscita, Heddon Street, nascosta da Regent Street. Esce dalla macchina con un po' di incertezza e comincia a camminare verso un vicoletto alla fine, mormorando: "Dobbiamo supporre un po' qui…Ogni cosa è cambiata, ovviamente. C'era un fotografo qui, Brian Ward, penso fosse questo edificio e fuori dell'edificio c'era una cabina telefonica…"…. Improvvisamente capisco. Questo è il luogo in cui è stata scattata la fotografia per la copertina di Ziggy Stardust. Ma, certo, è tutto cambiato. Per esempio, la cabina telefonica rossa, chiusa, in cui Bowie posò per la foto del retro della copertina è una cosa del passato [la cabina rossa è stata successivamente rimessa al suo posto, anche se non si tratta di quella originale, che, a quanto si dice, è stata acquistata da un collezionista]. Una donna che cammina per strada verso il suo ufficio gratifica Bowie con un affabile sorriso. "Hanno portato via la tua cabina telefonica, non è terribile?", dice.

Qualunque cosa Bowie possa dire sull'indossare degli occhiali e tenere la testa bassa, lui è ancora una faccia che poche persone non riconoscono istantaneamente. La donna lo informa che il fotografo si è trasferito, così come la compagnia K. West, sotto la cui insegna Bowie stette in piedi con un piede su un bidone dell'immondizia ventun anni fa. Incredibilmente la vecchia lanterna sul portone è ancora lì, ma la famosa insegna è stata messa all'asta in una vendita di memorabilia del rock. A casa, Bowie ha centinaia di fotografie di fan che gli mandano immagini di loro con il piede su un bidone dell'immondizia sotto l'insegna K.West. "E' un peccato che l'insegna non ci sia più", Bowie dice. "Le persone ci leggevano così tanto. Pensavano che K.West fosse una sorta di codice per 'quest' ('ricerca'). Aveva assunto tutta una serie di implicazioni mistiche". "Facemmo le fotografie fuori, in una notte di pioggia", Bowie continua. "E poi al piano di sopra, nello studio, facemmo le foto ispirate ad Arancia Meccanica, che divennero la copertina interna. L'idea era di ottenere un look simile a quello di Malcolm McDowell nel film. Era l'era di Wild Boys, di William Burroughs. Era un libro molto duro, che era stato pubblicato circa nel 1970, e fu un ibrido tra quello ed Arancia Meccanica che cominciò realmente a mettere insieme la forma e l'aspetto di quello che Ziggy e gli Spiders stavano diventando. Erano entrambi lavori molto forti, specialmente le predatorie bande di ragazzi di Wild Boys, di Burroughs, con i loro coltelli bowie. Ero diretto in quella direzione. Leggevo ogni cosa dentro ogni cosa. Tutto doveva essere infinitamente simbolico".

Tornando indietro in auto verso Soho, Bowie scorge vari punti di riferimento. Il negozio di musica di Selmer in Charing Cross Road, dove comprò il suo primo sassofono. Girando in Wardour Street, indica un alto edificio in un angolo, dove Pete Townsend viveva, all'ultimo piano. "L'ho sempre invidiato per il fatto che viveva proprio nel cuore di Londra", dice Bowie. "Il luogo più vicino in cui sono stato era Oakley Street a Chelsea, proprio dietro l'angolo da Cheyne Walk, dove viveva Mick Jagger. Questo è stato quando ho incontrato per la prima volta Mick". Alla prossima fermata, ci aspetta un altro mucchio di macerie. 'Pericolo, luogo abbandonato- vietato entrare - i trasgressori saranno puniti a termini di legge' è la sola insegna che ora indica il luogo in cui una volta sorgeva il celebrato Marquee Club.

"Ho suonato molto qui negli anni 60, sempre come artista di supporto", Bowie dice. "E venivo a vedere molti concerti qui, perché di solito tutti gli artisti R&B americani aprivano qui. Ma quando arrivarono gli anni 70 cadde un po' in disgrazia. Si risollevò durante l'epoca punk, ma ebbe un periodo di decadenza, quando era frequentato soprattutto da persone in vacanza e turisti".

Bowie utilizzò il Marquee alla fine del 1973, comunque, per registrare uno show per la tv americana, chiamato The 1980 Floor Show. Conteneva una miscellanea di materiale da Aladdin Sane, una o due canzoni da Ziggy ed un'anteprima di un paio di canzoni che sarebbero apparse in Diamond Dogs. La cosa fu, secondo Bowie, "girata in modo pessimo". Tra gli ospiti c'erano i Troggs, che suonarono Wild Thing, e Marianne Faithfull, che duettò con Bowie in una versione di I Got You Babe. Bowie era vestito come l'Angelo delle Morte e la Faithfull come una suora decadente. "Lei indossava un abito da suora, che non aveva la parte di dietro, e calze nere", Bowie dice con una risata. "Ho quel filmato a casa ed è fantastico.Ma non l'hanno fatto vedere in America. Lo considerarono oltre i limiti del lecito. Madonna, mangiati il cuore!". "Dopo che Ziggy accadde fu solo lavoro, lavoro, lavoro", dice Bowie. "E per la prima volta ti rendevi conto di quello che stavi per buttare via. Ti rendi conto che non avrai più una qualche vita privata, che non sarai più in grado di andartene in un club. Beh, pensi di non poterlo fare. In effetti, il tempo ti dimostra che sbagli. Non val la pena rinunciare a tutte queste cose per diventare un'artista popolare". "Fortunatamente, ho imparato come tornare di nuovo in circolazione".

L'auto corre verso est, lungo Cromwell Road, in direzione dell'Hammersmith Odeon, la scena dell'ultimo concerto con gli Spiders From Mars. Il locale è stato recentemente ribattezzato Hammersmith Apollo, ed il palco è stato ampliato, ma per il resto rimane lo stesso teatro da 3500 posti in cui il 3 luglio 1973 Bowie fece il suo decisivo annuncio: "questo show rimarra come il più lungo nella nostra memoria, non solo perché è la fine del tour ma perché è l'ultimo show che faremo". In piedi sul palco, Bowie ora ripete quella frase alle file di sedie vuote. I suoi piedi fanno rumore sulle assi di legno, e nella fredda, deserta atmosfera le parole assumono una nota spettrale. Prendendo una sedia, torna con la mente a quello strano periodo della sua vita in cui la realtà e la fantasia stavano diventando sempre più indistinguibili.

"Ancora oggi non sono realmente sicuro se io stessi interpretando Ziggy o se Ziggy fosse l'espressione esagerata di aspetti della mia stessa personalità", Bowie dice. "Un qualche bagaglio psicologico veniva certamente fuori dal personaggio. Poiché mi sentivo a disagio, agitato ed inadeguato con me stesso era più facile per me essere qualcun altro. Era un sollievo ed una liberazione. E quella sensazione di non essere parte di nessun gruppo di persone. Mi sono sempre sentito al margine delle cose piuttosto che esserne partecipe.Mi sono sempre sentito una tappezzeria della vita. Così divenne davvero un po' complesso. Perché una volta che tiri fuori questi piccoli modelli per te stesso, è molto difficile ritornare sui propri passi ed accorgersi di quanto sei immerso in tutto questo. E quando arrivarono le droghe, questo davvero si aggiunse alla mistura in modo da rendere inevitabile che causassi dei grossi danni psicologici a me stesso"... "Cominciai ad usare le droghe alla fine del 1973 e poi, in modo massicio, nel 1974", Bowie continua. "Appena arrivai in America, pow! Era così liberamente disponibile in quei giorni. La cocaina era ovunque. Era proprio impossibile allontanarsene. Poiché ho una personalità che tende molto all'assuefazione, non riuscivo a farne a meno. Prese il controllo della mia vita, ma completamente, fino alla fine del 1976 - 77, quando andai a Berlino - la capitale dell'eroina in Europa, ironicamente - per smettere".

Nel suo libro Backstage Passes, la ex moglie di Bowie, Angie, lo descrive durante quel periodo come "un abusatore di amici, maciullatore di senso, scialacquatore di soldi vampiro della velocità. Come i drogati di coca prima e dopo di lui, aveva imparato a viaggiare lontano e velocemente, a tenere la sua mente a girare in stretti cerchi anche quando era perfettaemnte fermo, ad organizzare una esistenza pressochè completamente priva della luce del giorno, a fingere la totale paranoia…".

Bowie accoglie la menzione di Angie con completo disinteresse. "La ragione per cui ci sposammo fu perché lei ottenesse il permesso di lavoro in Inghilterra", dice, "il che non era la base per un buon matrimonio. Ed è stato molto breve. Voglio dire, verso il 1974 ci vedevamo raramente. Veniva per il weekend o qualcosa del genere e andava via, ma vivevamo di fatto vite separate. Non c'era reale unità. Penso che la cosa che avevamo in comune era Joe (il loro figlio, originariamente chiamato Zowie, nato nel 1971). Lui diventò per me la guida per ritrovare la mia sanità mentale, il mio equilibrio. Mi accorsi di come lui fosse stato emozionalmente trascurato, e cominciammo a sviluppare una relazione padre-figlio intorno al '77, e da allora è stato sotto la mia custodia costantemente".

Piegandosi in avanti nella sua sedia, Bowie prende un'altra Marlboro dal pacchetto. E' un forte fumatore. La fiamma del suo accendino brucia per un attimo sotto il suo viso, e lui rabbrividisce leggermente perché il freddo del teatro deserto comincia a farsi sentire. "Joe ha ricevuto una personalità non incline all'assuefazione e non ha nessun rapporto con il bere, le droghe, il fumo o qualsiasi altra cosa", dice Bowie. "Semplicemente non è parte della sua vita. Penso che ami se stesso in un modo in cui io non ho mai potuto. Non sente di dover cambiare la sua personalità o perdere la sua personalità come lo sentivo io. Io dovevo sfuggire a me stesso ed alla responsabilità delle mie stesse sensazioni di inadeguatezza". "Non amavo me stesso, affatto", Bowie continua. "Ziggy era un personaggio molto sgargiante e teatrale, molto elaborato. Volevo che avesse l'aspetto giusto, e passavo molto tempo guardandomi allo specchio, ma non era me che vedevo. Vedevo Ziggy". "Penso di essere vanitoso, ma spero di non essere narcisista. Tutti abbiamo le nostre proprie impressioni su come appariamo. Mi piace vestire bene, ma non è su questo che ho mai pensato che la mia reputazione dovesse essere costruita. Ho sempre tenuto in grande considerazione le mie capacità come autore. Quella è la mia forza, sia che si tratti di canzoni su di me o su qualche personaggio fittizio, quello è ciò che faccio meglio".

Sia come sia, non c'è dubbio che un elemento vitale del peculiare talento di Bowie è stata la sua abilità di filtrare i suoi pensieri e scrivere attraverso una sorta di prisma psicologico fornito da personaggi come Ziggy, Aladdin Sane ed il Thin White Duke. Prendendo spunti dalle arti visuali - scultura, pittura, danza, mimo - di cui è stato a lungo un ammiratore bene informato, Bowie ha istintivamente riconosciuto ed accettato che la presentazione è parte integrante della sua forma d'arte. E' stato quando ha perso il suo istinto per la presentazione che è inciampato e caduto. Gli anni 80 iniziarono con il più grande successo della sua carriera, Let's Dance. Prodotto da Nile Rodgers e pubblicato nel 1983, fu un successo in tutto il mondo, che portò Bowie nella prima divisione internazionale. Ma la vista da quelle altezze olimpiche non era così chiara come avrebbe dovuto.

"Caddi in errore per la prima volta, chiedendomi se dovevo scrivere per il pubblico piuttosto che per me", Bowie dice. "Devo provarci e duplicare il successo di Let's Dance , o devo cercare di cambiare ad ogni album? Era un vero imbarazzo. Alla fine non persi le canzoni ma persi il suono. Ci sono alcune buone canzoni in Tonight (1984) e Never Let Me Down (1987), ed io letteralmente le gettai via dandole ad altre persone molto brave per farle arrangiare, ma senza essere coinvolto io stesso quasi al punto della indifferenza".

La cura di Bowie per questa indifferenza fu quella di trovare un nuovo modo di provocare il suo entusiasmo creativo. Per la prima volta, almeno dai primi anni 60, mise se stesso in una band democraticamente organizzata. Il risultato furono i Tin Machine. Ma questo era un ruolo ed una presentazione che i suoi fan semplicemente non avrebbero accettato. Nel cercare di vendere se stesso come parte di un gruppo democratico ed in buona fede, Bowie si trovò a fronteggiare un problema di credibilità inverso rispetto a quello affrontato da star associate a gruppi che tentavano una carriera solista. Nello stesso modo in cui performer di valore come Mick Jagger, Roger Daltrey, Roger Waters e Jon Bon Jovi non erani riusciti ad affermarsi come solisti, Bowie semplicemente non era convincente come membro di un gruppo. Poi c'era la musica. A differenza dell'affabile anima di sintetizzatore di "Heroes" o del R&B bianco e mainstream di Let's Dance, il suono crudo, mordace, abrasivo del primo album dei Tin Machine, pubblicato nel 1989, fu accolto da molti fan di Bowie con scioccata incredulità. Era per molti aspetti un lavoro ispirato, che chiaramente prefigurava l'esplosione del grunge, anche se la band si preoccupava anche dei vestiti. Bowie è inpenitente circa il progetto, che descrive come "un terribile fallimento commerciale, ma un successo artistico". La band progetta di riunirsi verso la fine dell'anno per registrare un nuovo album, e Bowie si professa incapace di capire perché la band ha attratto una reazione così virulentemente ostile, specialmente in Inghilterra.

"Sembra proprio non piacere in Inghilterra, affatto", Bowie dice. "La gente sembra avere problemi a vedermi in una band. A giudicare da alcune delle lettere negative che abbiamo ricevuto è come se io avessi deluso degli amici. Molto strano. Forse è perché non ha altre attrazioni che l'essere una band che fa musica. Non c'è niente altro. Non c'è una vera personalità che la guidi, nessuna affermazione teatrale". "Ma non è come se fosse fuori del comune ed io non fossi mai stato coinvolto con quel tipo di musica prima", continua. "Ziggy e gli Spiders erano una band hard-rock, forse non così sperimentale. Penso che il fatto che io fossi molto più noto degli altri era un vero ostacolo. Molte aspre critiche sembravano dire 'perché è tornato nella loro anonimità?' Abbiamo fatto un grande sforzo all'inizio per cercare di far cambiare idea alle persone, ma ci siamo arresi dopo un po'". E l'idea che gli altri membri della band adottassero il ruolo di band di accompagnamento era ridicola. "I fratelli Sales non accetterebbero mai di avere un altro boss", Bowie spiega. "Sono troppo testardi e coscienti dei loro bisogni. Non sono nel mercato per essere la band di accompagnamento di qualcuno, nessuno di loro…."

Il modo in cui Bowie si è scrollato di dosso il coro di critiche che i Tin Machine avevano generato, ha schiacciato i suoi detrattori come mosche ed è riemerso per cavalcare una nuova onda di acclamazione e pubblica adulazione con Black Tie White Noise rimarrà come uno dei più grandi trucchi alla Houdini nella storia del R&R. Co-prodotto da Nile Rodgers, che fu anche l'architetto di Let's Dance, il nuovo album ha successo perché invece di cercare un nuovo ruolo da interpretare, Bowie ha alla fine trovato la forza emozionale necessaria per essere semplicemente se stesso. Artisticamente dichiara di non essere stato così soddisfatto di un album da Scary Monsters (1980).

"Ascolto questo album tutto il tempo", dice, "il che è sempre un buon segno. Con tutto il dovuto rispetto per Nile, non ascolto Let's Dance così tanto. Non era completamente me. C'era molto di Nile. Ho pensato 'non di nuovo'. Così questa volta abbiamo fatto un album che è molto più mio, e Nile ha contribuito, al contrario della situazione in cui era Nile che faceva tutto ed io suggerivo di far suonare Stevie Ray Vaughn o qualcos'altro. Questo probabilmente è il motivo per cui è così identificabile con me".

Secondo Rodgers, Bowie era "molto più rilassato questa volta di quanto non lo fosse nelle session di Let's Dance, molto più filosofico ed in uno stato mentale in cui la sua musica lo rendeva molto felice". Il che non significa che le session fossero semplici. Per quanto riguarda Rodgers "Let's Dance è stato il disco più facile che abbia mai fatto - tre settimane in totale; Black Tie White Noise è stato il più difficile - un anno, più o meno". Una delle preoccupazioni di Nile Rodgers durante le registrazioni era il modo di Bowie di suonare il sassofono, che è presente in questo album più che in tutto il resto del suo catalogo messo insieme. Lo strumento è sempre stato cruciale per il processo creativo di Bowie. Lo usa per comporre le sue linee melodiche. Ma quando suona il suo stile grezzo può essere un po' irritante per un orecchio allenato.
"Penso che David sarebbe il primo ad ammettere che non è un sassofonista in senso tradizionale", dice Rodgers con una ironica risatina. "Voglio dire, non lo chiameresti per suonare in un concerto. Usa il suo modo di suonare come uno strumento artistico. E' un pittore. Sente un'idea e la segue. Ma sa assolutamente dove sta andando, perché suona bene sempre la stessa cosa fin quando dico 'bene, suppongo che lui senta questo'. E' ciò che potresti chiamare accidentalmente intenzionale".

Ma più importante di tali considerazioni tecniche è stato lo stato d'animo che ha permesso a Bowie ancora una volta di essere completamente coinvolto dalla sua musica. La sua nuova disponibilità ad esaminare se stesso più apertamente ed a ristabilire una connessione con il suo passato ha risuscitato la sua carriera. Black Tie White Noise è senza dubbio l'album più personale che abbia mai pubblicato.

"Penso che questo album venga da un differente luogo emozionale", dice Bowie. "E' il passare del tempo, che ha portato maturità ed una propensione a rinunciare al completo controllo sulle mie emozioni, a lasciarle andare un po', a cominciare a relazionarmi con le altre persone, che è qualcosa che mi sta accadendo lentamente - e, mio Dio, è stato arduo - negli ultimi dieci o dodici anni". "Mi sento molto più libero adesso per essere in grado di parlare di me e di quello che mi è accaduto, perché sono stato in grado di affrontarlo", continua. "Per molti anni, tutto era sempre bloccato. Non volevo mai ritornare ad esaminare niente di quello che avevo fatto. Ma i giochi sono cambiati. Mi sento vivo, nel vero senso della parola".

Dopo essere stato seduto tra le ombre del suo passato sul palco dell'Hammersmith per quasi un'ora, Bowie è pronto a spostarsi. La temperatura è sgradevolmente scesa, e lui si muove rapidamente verso l'ingresso degli artisti, ringraziando l'uomo che lo ha lasciato entrare nell'edificio con una cortesia che gli viene naturale. E' molto più premuroso nei confronti delle persone attorno a lui delle star con la metà della sua posizione, ed è una delle sue caratteristiche più disarmanti.
L'auto si dirige verso un vicino hotel, dove Bowie si riscalda con una minestra ed un sandwitch al formaggio.Una grossa parte del nuovo album è stata ispirata dal doversi sedere e scrivere la musica per il suo matrimonio con la modella Iman, lo scorso anno. Il brano di apertura dell'album, The Wedding, è un brano strumentale bello e mistico, con cadenze mediorientali, che riappare verso la fine dell'album con le liriche come The Wedding Song.

"Dovevo scrivere musica che rappresentasse per me la crescita ed il carattere della nostra relazione", Bowie spiega. "E' stato davvero uno spartiacque. Ha provocato un'abbondanza di pensieri e sentimenti sugli impegni e le promesse e sul trovare la forza ed il coraggio di mantenere quelle promesse. Tutto è venuto fuori da me mentre stavo scrivendo la musica per la chiesa. Ed ho pensato: 'non mi posso fermare qui. C'è altro che devo tirare fuori'. Per me è stato un primo passo verso lo scrivere da una base personale. Ha provocato l'album". "Non ero mai uscito con una modella prima", dice Bowie, "così non avevo mai pensato al clichè della rock star e la modella come parte della mia vita. Così fui molto sorpreso di incontrarne una che era devastantemente meravigliosa e non la solita testa vuota che avevo incontrato in passato. Non mi sono fatto alcuno scrupolo. Stavo già dando i nomi ai nostri figli la notte che ci siamo incontrati. Sapevo che lei era fatta per me, è stato assolutamente immediato. Sono semplicemente caduto sotto il suo fascino". "La nostra storia è stata condotta in un modo molto da gentiluomo, spero, per un po'", Bowie continua. "Molti accompagnamenti alle porte ed educati baci sulla guancia. Fiori e cioccolatini e tutto il resto. Sapevo che era un rapporto prezioso fin dalla prima sera, e non volevo che niente lo rovinasse".

Questa dev'essere stata una situazione insolita per Bowie, doversi adattare ai piaceri (ed ai rigori) di una relazione monogamica.

"E' una incredibile fonte di conforto per me", dice. "Infatti nei tre anni prima di incontrare Iman, ero fidanzato con un'altra ragazza, così trovo (le relazioni monogamiche) molto, molto piacevoli. Mi entusiasma. Lo adoro assolutamente. Sono passato dalla estrema promiscuità degli anni 70 ad una serie di cambiamenti di atteggiamento negli anni 80 e, spero, ad un qualche senso di armonia negli anni 90".

Sarebbe stato così promiscuo se fosse stato giovane oggi, negli anni 90?

"No, penso di no", Bowie dichiara. "Non lo so. Da quello che so c'è ancora molta sperimentazione in giro, così forse si. Gettai la prudenza al vento in modo estremo negli anni 70, così, forse, lo avrei fatto anche adesso. Non penso che le persone dovrebbero sperimentare; lasciami provare ad essere responsabile, non penso sia il periodo per sperimentare, ma non penso che le persone dovrebbero nascondere il proprio orientamento". "Penso di essere stato sempre eterosessuale", Bowie continua. "Non mi sono mai sentito neanche un vero bisessuale. Era come se stessi facendo tutti i passi, fino alla situazione di provare con alcuni ragazzi. Ma per me, ero più attratto dalla scena gay, che era underground. Ricorda, in quegli anni, gli inizi dei 70, era ancora un tabù. Ci poteva anche essere 'l'amore libero', ma era amore eterosessuale. Mi piaceva quel mondo oscuro. Mi piaceva l'idea di quei club e quelle persone che erano qualcosa di cui nessuno sapeva nulla. Così mi attirava terribilmente. Era come un altro mondo che io volevo conoscere.Così feci degli sforzi per entrarci. Quella fase durò fino a circa il 1974. Più o meno morì con Ziggy. Adottavo soltanto la situazione di essere bisessuale. La realtà era molto più modesta". "Volevo dare a Ziggy vera carne, sangue e muscoli, ed era imperativo che io trovassi Ziggy e fossi lui. L'ironia di questo era che io non ero gay. Ero fisico in questo, ma francamante non era piacevole. Era piuttosto come se stessi mettendo me stesso alla prova. Non mi sentivo a mio agio. Ma doveva essere fatto". "Purtroppo, non ho mai davvero conosciuto Freddie (Mercury) molto bene", dice Bowie. "L'ho incontrato due o tre volte in tutti quegli anni. Lo trovavo molto arguto, brillante ed anche molto teatrale. Così non conosco gli alti e bassi della sua vita o quello che gli è accaduto. Ho molti amici gay, e conosco il dolore di perdere degli amici malati di AIDS. Purtroppo, ne ho perso uno subito dopo il concerto con i Queen [il Freddy Mercury Memorial Concert al Wembley Stadium di Londra dell'aprile 1992]. Si chiamava Craig, era un commediografo di New York, ed in effetti andò in coma il giorno prima dello show e morì due giorni dopo. Questo fu il motivo per cui dissi il Padre Nostro quella sera".

Nonostante l'inclinazione di Bowie per il dramma, il gesto ha lasciato molte persone sorprese.

"Si, probabilmente lo erano", dice, "ma non era per loro".

Parte della sorpresa veniva dal fatto che Bowie non è mai stato noto come una persona particolarmente religiosa.

"Non lo sono, sono spirituale", dice. "Non ho mai aderito a nessuna religione organizzata. Ma oggi ho un'icrollabile fede in Dio. Metto la mia vita nelle sue mani ogni giorno. Prego ogni mattina". "Il mio amico Craig non era Cristiano", continua, "ma ho pensato che quella preghiera fosse la più appropriata, visto che…è una preghiera su nostro Padre, non così tanto su Cristo. Per me è una preghiera universale. Sono stato sorpreso come chiunque altro di averla detta al concerto. Ma sono stato contento di averlo fatto".

L'immagine di Bowie come freddamente calcolatore, un uomo europeo di ghiaccio che mantiene i suoi sentimenti abbottonati saldamente come il colletto della camicia, è stata fissata all'incirca nel periodo di Station To Station (1976) e del Ritorno del Sottile Duca Bianco. Eppure è un'immagine che ora non potrebbe essere più lontana dalla realtà. Bowie è in effetti una persona altamente emozionale, che ti spiega il suo comportamento al Mercury Concert. Una delle meno evidenziate ma più importanti performance a quello show è stata la riunione di Bowie con il suo vecchio partner Mick Ronson, insieme con Ian Hunter, per una entusiasmante versione del vecchio hit dei Mott the Hoople All The Young Dudes (una canzone di Bowie). E' stato un momento particolarmente intenso, visto che doveva essere l'ultima performance live insieme di Bowie e Ronson. La menzione di questo fa venire quasi le lacrime agli occhi a Bowie.

Ancora disperatamente malato, Ronson continuava ad andare avanti per pura forza di volontà. "I medici mi dicono che non dovrei essere qui adesso", Ronson disse da uno studio di registrazione di Londra poco prima della sua morte, "ma non vado più dai medici per la chemioterapia o qualsiasi altra cosa. Metto soltanto un piede avanti all'altro, ed il prossimo giorno è il prossimo giorno, e fai del tuo meglio. Ho ancora così tanto da fare". Ronson ha contribuito a Black Tie White Noise suonando su una versione drasticamente rinnovata di I Feel Free dei Cream. Come Nile Rodgers, notò l'incredibile vigore ed entusiasmo di Bowie durante le session. "Spero che l'album di David vada bene", disse Ronson. "Ci ha messo tutto se stesso. Gli parlo spesso. E' così positivo".

Alla fine della gita turistica della giornata Bowie è di umore riflessivo. "Non l'ho mai fatto prima", dice. "E' stato piuttosto straordinario, nonostante il fatto che gran parte delle cose che volevo vedere erano chiuse o erano state abbattute. Focalizza quanto tempo è passato. Ho fatto una lista l'altra notte delle band che stavano emergendo durante il periodo di Ziggy, Bolan ed i Roxy Music. Questa era la concorrenza: Lindisfarne, Rory Gallagher, Stary, America, Juicy Lucy, Peter Sarstedt, Thin Lizzy e Grindrolog. E' stato davvero tanto, tanto tempo fa".

[Alcune foto scattate da Brian Ward ad Heddon Street per la copertina di Ziggy Stardust]

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