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THE COMPANY
di Lux

   

E’ appena uscito nelle sale cinematografiche (a Milano il 26 Marzo, dopo due anteprime ) ed è già un cult il film “sulla Danza” di Robert Altman, intitolato emblematicamente The Company.
A differenza di famosi predecessori, Scarpette rosse o Center stage ad es, qui la trama è lieve, suggerita per brevi flash, alcuni anche ardui da cogliere, mentre l’ attenzione principale del regista americano è tutta concentrata nelle scene di balletto, le migliori in assoluto mai portate sullo schermo.
Sembra quasi che Altman nn abbia voluto disturbare con una sovrastruttura narrativa pesante il godimento della Danza nella sua essenza più pura.
Non mancano comunque anche qui concessioni agli stereotipi più comuni sul mondo della D., ad es l’ accenno all’ ostracismo ai bambini che vogliono praticarla, il ricordo dei ballerini morti di AIDS, etc...; assente il tema dell’ anoressia visto che tutti mangiano e bevono senza problemi...
Magistrali, specie per un dilettante di riprese ballettistiche, le sequenze di D. girate da Altman: già dal balletto iniziale dove la compagnia usa dei nastri (Tensile Involvement di Alwin Nicholais) che si vede mentre scorrono i titoli d’ apertura, e poi quello coi costumi rossi, i PX2, e quello eseguito all’ aperto mentre si scatena un temporale,.., e gli insiemi,... e l’ assolo della ballerina con la corda-altalena,... ed il fantasmagorico Blue Snake finale...
Agli occhi di un ballettomane sviscerato Altman non è sempre rigoroso nel taglio dell’ inquadratura, dato che a volte taglia i piedi dei danzatori, molto meno le mani visto che mantiene preferibilmente un consistente margine alto nel fotogramma. E non perde mai un sollevamento, del quale poi anzi riprende istantaneamente i protagonisti mentre ruotano. Probabilmente per dare maggior realismo alla visione a volte inquadra pure le teste (alcune pelate...) degli spettatori di platea...
Certo Altman ha dalla sua tutti i migliori ritrovati tecnici del mondo e la possibilità di riprendere scene e ballerini da tutte le angolazioni che vuole, certamente ripetendo la ripresa più volte e poi montando quelle migliori, tuttavia la mano dello straordinario maestro di cinema improvvisamente ed inaspettatamente folgorato dalla Danza si sente, eccome!
Infatti sembra che Altman non sapesse niente di balletti e quando la sceneggiatrice Barbara Turner gli ha proposto il film ha rifiutato, non avendo idea di cosa fare. Infine ha deciso di buttarsi in questo mondo sconosciuto di cui l’ attirava specie l’ enorme dedizione di tante ragazze e ragazzi che s’ impegnano duramente per anni per una carriera brevissima dove neanche ci si arricchisce se non diventi una star mondiale.
Negli USA i gruppi di danza non sono assistiti dallo Stato e quindi forse le rapide scene in cui si vede la già famosa prima ballerina emergente della compagnia, la protagonista del film Ry, svolgere un secondo lavoro come cameriera in un locale ed abitare in una casa sgangherata davanti al passaggio di un rumoroso treno non sono così irrealistiche come pensavo guardandole...
Tra i protagonisti solo tre gli attori professionisti: Malcolm McDowell (tutto incanutito, evidentemte dopo la lobotomia subita in gioventù nel film Arancia meccanica ... ;-))) ad impersonare il direttore della compagnia, l’ italo-americano Albert Antonelli, “Mister A.”; James Franco che fa il nuovo boy-friend di Ry (il primo è un ballerino fedifrago della compagnia...); e la stessa Neve Campbell, nota attrice di cinema e TV che interpreta la protagonista Ry ed è anche co-autrice del soggetto. La Campbell, nata nel 1973, ha fatto danza dall’ età di 9 ai 14 anni presso la National Ballet School of Canada. Smise per una crisi nervosa: non ce la faceva più nonostante il suo sogno fosse quello di diventare ballerina.
Gli altri sono tutti ballerini e ballerine del Joffrey, tra cui spiccano Domingo Rubio (partner di Ry nel PX2 su My funny Valentine), Suzanne Prisco (la ballerina che si sposa) e Maia Wilkins (la prima ballerina Maia che all’ inizio viene sostituita da Ry, ma che nel balletto finale prende il suo posto quando lei cade e s’ infortuna in scena...). Presenti anche in persona i coreografi Lar Lubovitch e Robert Desrosiers. Ma la vera star è il Joffrey Ballet di Chicago (credo di non essere il solo ad aver voglia di vederlo dal vivo dopo averlo visto nel film...), una delle più prestigiose compagnie private degli USA, con componenti tutti forniti di ferrea tecnica accademica (quante stupende punte in primo piano!...) al servizio di avvincenti e geniali coreografie moderne.
Con la stessa procedura di Nashville, in cui Altman descriveva il contesto del mondo della canzone country più che le storie individuali, qui il grande regista ci fa immergere nel mondo della D. che lui stesso sta scoprendo e di cui si sta innamorando comunicandoci le emozioni che prova in quest’ esplorazione col suo diligente lavoro di documentarista! Davvero una rara e preziosa occasione artistica, cinematografica ed umana.
La colonna sonora è poco classica (solo Saint-Saens ed un Notturno di Chopin), tra le canzoni ben 4 versioni diverse di My Funny Valentine: non essendo la mia canzone preferita, stavo quasi per detestare Altman, ma proprio non potevo, viste le immagini meravigliose che mi proponeva sullo schermo...
Comunque prevedo che quando ci sarà la versione DVD del film andrà a ruba.
 

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29 marzo 2004


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