ARTICOLO
DI LUX
CARI
SOSTA PALMIZI,
COSI'
NON CI SIAMO!
L'
inizio era promettente: niente sipario al Teatro dell'Arte ed in scena
si vedevano poltrone, vestiti appesi, in fondo un muro scrostato, assi
di legno irregolari un po' dappertutto: insomma tutto lasciava intravedere
una performance di Teatro-Danza di una compagnia tutta italiana senza l'
abolizione della "retriva"scenografia...
Inizio
al buio con silenzio, classico per questi spettacoli "sperimentali" (ma
la sperimentazione quando finisce?...): poi voci, quindi la comparsa già
di 6 personaggi, poi 7, poi 8, 5 donne e 3 uomini. Ma non decolla nessuna
storia: alcuni personaggi indossano occhiali scuri, altri volgono le spalle
al pubblico, risate forzate, si litigano il corpo di una donna, si sente
una radio, si arringa il "popolo di pecoroni e parrucconi", il tutto senza
un' apparente logica... Poco male, pensa lo spettatore (o almeno lo pensa
Lux...): sarà una specie di "balletto astratto"!?... Ma di passi
o movenze di Danza neanche l' ombra, tale non potendosi definire il posizionamento
in scena d'una bionda rigidissima che sembra una bambola gonfiabile, ma
poi rivela la sua natura umana cambiando posizione 2 o 3 volte per irrigidirsi
di nuovo... Molto al di là di Abbondanza-Bertoni che
qualche reminiscenza di Danza la esibiva.
Allora
sarà teatro, ci si chiede: senza testo, ma teatro, magari dell'
assurdo!? Il leit motiv scenografico è costituito da 3 assi che
vengono manovrate dalle persone che calcano la scena - si fa fatica a chiamarli
sia danzatori che "danzattori" - la maggior parte delle volte per formare
una croce... A volte compare pure uno specchio rotto. La colonna sonora
è costituita da un po' di tutto: scrosci d' acqua, suoni soffocati,
un rumorista interviene con una tempesta, ogni tanto spezzoni di musiche
da film d' avventura... solo sul finale si riconosce chiaramente lo Stabat
Mater di Pergolesi.
Si va
avanti così per 1 ora e 43'.
Certo
il non-titolo è "Senza Titolo", ma si faceva prima a dire "senza
idee"...
Non soccorre
stavolta la decodifica, a volte effettuata proficuamente, dal libretto
(che stavolta è un foglietto) di sala vergato dalla stessa ideatrice
dello spettacolo Raffaella Giordano: "...siamo immersi in un misterioso
sistema di relazioni. L' assenza di una vicenda da raccontare libera lo
sguardo dalla necessità di comprendere. Gli uomini in nero, uniti
in un comune destino, rappresentano la condizione umana dove ognuno di
volta in volta si fa portavoce di una differenza. Figure ed elementi scenici
danno vita ad una geografia continuamente mossa, spostata, manipolata....
O per lo meno non commuove il riscontro di quest'assunto programmatico
con la realtà oggettiva che si percepisce da ciò che avviene
in palcoscenico. Che poi veramente una tenue trama s' intravede pure: la
rappresentazione di una Via Crucis che dev'essere filmata, con tanto di
Maddalena in
vestitino succinto rosso-battona che in un angolo adesca i clienti, mentre
un vento artificiale le agita i capelli... Ma l' unico accenno di Danza
è un rapido shake da discoteca...
E vorrei
far notare al CRT, che nella cartolina promozionale di presentazione di
questo spettacolo e di quello dei Kinkaleri, parla della Giordano come
di un' "istintiva e geniale coreografa", di fare attenzione a distribuire
certi aggettivi e certe qualifiche! Si può definire coreografia
la pur ragguardevole performance sul finale di una donna in tailleur manageriale
così capace d' irrigidirsi da essere portata in scena a braccia
ed adagiata dai partner solo con un appoggio sulla testa ed uno sui polpacci?
Mi spiace
non ci fosse Giorgio Rossi, che in un messaggio ad It-Arti-Danza del Giugno
scorso un' iscritta aveva indicato come collaboratore di questa compagnia
e straordinario e poetico danzatore.
Suggerisco
ai Sosta Palmizi per il loro prossimo spettacolo di recuperare i parametri
della percezione.
LUX
Febbraio 2003
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