SOGNO DI BALLERINA



LA DANZA

STORIA

MEMORIE STORICHE DI BALLETTI DEL PASSATO

 

LE BALLET COMIQUE DE LA REYNE (Circé et ses nymphes) – Paris, Palais du Petit Bourbon, 15 ottobre 1581 – Libretto e coreografia di Balthazar de Beaujoyeux, versi di La Chesnaye, musiche di Beaulieu e Thibaut de Courville, scenografia di Jacques Patin – Descrizione tratta da ”Storia del Balletto” di Deryck Lynham (Ed. Macchia 1951)

Le ballet comique de la Reyne

Nella sala, vi era a destra il Boschetto di Pan con un gruppo di alberi illuminati, a sinistra una volta d'oro sfavillante di un brillio di luci e quasi in fiamme e, in fondo, il giardino di Circe con il palazzo che si intravedeva lontano distinto in prospettiva su un sipario, mentre le arcate ai lati permettevano ai carri infiorati di entrare in scena.

Allorchè il re e la Regina Madre si furono seduti sui loro troni, da dietro il castello risuonarono suoni di oboe, di tromboni e di altri strumenti. Un cavaliere viene correndo dal re per spiegargli i mimica espressiva e in versi che ha paura di Circe della quale è prigioniero. Quindi si fa n scena Circe alla ricerca del fuggiasco e, con lunga recitazione, esprime la sua furia per la fuga del prigioniero.

A questo punto la Regina, la Principessa di Lorena, la Duchessa di Guisa ed altre dame della corte fanno il loro ingresso su un carro d'oro rappresentante una gigantesca fontana da cui sgorga l'acqua, preceduto da ventiquattro sirene e tritoni garruli e canori. Dietro le dame si fanno avanti otto tritoni che suonano la lira, il liuto ed altri strumenti. Finita la sfilata, discendono le naiadi danzando al suono dei violini dei musici nascosti sotto la volta a destra. La rappresentazione continua sino alle tre e mezzo del mattino seguente con il racconto della storia di Circe in danze, canti e versi e si chiude con un gran balletto finale e con la distribuzione di medaglie d'oro da parte della regina e delle sue dame al re e ai gentiluomini presenti (rito questo osservato anche nella maschera inglese). La durata della rappresentazione è stata di cinque ore e mezzo.

 

 

LA DELIVRANCE DE RENAUD – Paris, Grand Salle du Louvre, 29 gennaio 1617 – Libretto, maschere e costumi di Etienne Durand; macchinario e messa in scena di Francini; musica e liriche di Gabriel Nataille, Antoine Boesset, Maudiut, Pierre Guedron; coreografia e musica del balletto Monsieur de Belleville – Descrizione tratta da ”Storia del Balletto” di Deryck Lynham (Ed. Macchia 1951)

I "mostri" della "Delivrance de Renaud"

Dopo un breve coro d’apertura, il sipario si alzava e sulla scena appariva da un lato un ammasso roccioso e dall’altro un lungo graticcio verde dal quale entravano gli attori e in fondo una grotta alle pendici di una montagna.

Disteso sull’erba, dentro una grotta vi era Monsieur de Luynes nella parte di Renaud e sopra la grotta, seduto su un fianco della montagna, vi era Sua Maestà Luigi XIII e dodici suoi cavalieri che rappresentavano i demoni lasciati da Armida per sorvegliare Renaud.

Renaud discende i tre gradini che lo conducono nella sala seguito da Sua Maestà che lo rimprovera per aver lasciato la grotta senza il suo permesso.  Lo riporta indietro verso il centro e danza con lui finchè viene raggiunto dal Chevalier de Vendôme che rappresenta il demone dell’acqua e da Monsieur de Mompoullan nella parte di uno spirito dell’aria.

Mentre terminano le loro entrées e Renaud ritorna triste al suo giaciglio, il Comte de la Roche Gayon e il Generale des Gallères discendono da un fianco della montagna. Questa entrée viene seguita da quella di Monsieur de Liancourt, Monsieur  de Challais e Monsieur de Humières, tutti in cerca di Renaud che anche essi hanno perso di vista. Questa viene seguita da un’altra entrée, la quarta, che porta in scena gli ultimi demoni, il Marchese de Courtanvauot, il Comte de la Rochefoucauld, Monsieur de Brantes e il Barone de Palluau che scendono dalla montagna. Renaud e tutti gli altri demoni si uniscono quindi agli ultimi quattro in un balletto a quattordici persone dopo di che scompaiono nell’interno della grotta.

A questo punto entrano due cavalieri che vogliono liberare Renaud, uno con una bacchetta in mano e l’altro con uno scudo. Mentre si avviano verso la montagna, questa si capovolge su sé stessa e viene sostituita da un bel giardino nel quale ci sono tre rustiche fonti.

Le trombe suonano mente i cavalieri rimangono a guardare increduli questa trasformazione, che essi credono sia opera della maga Armida. Agitano le loro bacchette e dalle fontane cessa di scorrere l’acqua ma la magia di Armida non termina qui e improvvisamente una ninfa nuda, rappresentata da un giovanetto prestante, sorge dal centro della fontana e canta in versi che Renaud dovrebbe poter impiegare la sua gioventù nei piaceri dell’amore anziché nelle brutture delle guerre. I cavalieri che erano rimasti insensibili alle grazie della Ninfa, la fanno di nuovo inabissare nell’acqua. Immediatamente appaiono sei mostri, due con la testa, le braccia e i piedi di un barbagianni e il corpo di un giureconsulto, due con la testa, le braccia e le zampe di un cane e due con la testa, le gambe e le braccia di scimmia e il corpo di donna. Questi mostri attaccano i cavalieri in un balletto nel quale sono fusi assieme commedia e nobiltà. Mentre i mostri si danno alla fuga, Renaud, disteso sui fiori innaffiati dall’acqua delle fontane, felice di possedere Armida, dice, cantando, che neppure gli dei possono sapere con esattezza quanto e come egli sia felice.

I cavalieri si arrestano alla vista di lui di cui erano sulle tracce e, facendo specchiare Renaud nei loro scudi d’argento, lo allontano dal luogo incantato.

Armida allora entra di corsa in scena e  trova secche le sue fontane, muta la sua ninfa, cacciati i suoi mostri, infine tutto il giardino trasformato.

Con nuove parole magiche riunisce i suoi demoni, ma queste maliziose creature sembra si divertano ad apparire sotto svariate vesti, tre sotto forma di aragosta, due di tartaruga e due di lumaca, uscendo da spelonche nascoste. La maga, alla vista dei suoi demoni in queste forme ridicole,canta addolorata l’incostanza degli amanti umani e si addolora che né la sua bellezza né i suoi particolari favori siano stati sufficienti a trattenere Renaud.

Dopo un intervallo di pochi secondi, un carro gigantesco, rappresentante un piccolo bosco, entra nella sala e su questo si trovano sedici soldati dell’esercito di Godefroy vestiti secondo le antiche fogge e raggruppati attorno all’eremita Pietro (interpretato da Monsieur de Bailly). Cantando dicono che hanno tanto desiderato aver per loro capo Renaud e Pietro, l’eremita, risponde loro sempre cantando che con l’intervento della sua scienza Renaud è stato liberato dai cavalieri.

Segue poi un concerto di quarantacinque strumenti di Maistre Guedron e Maistre Maudit e un coro di novantadue voci che cantano il trionfo di Renaud.

Mentre il carro rappresentante il boschetto si ritira, si vedono due gigantesche palme sorgere improvvisamente da terra e tra queste una grande tenda nella quale Goffredo di Buglione seduto sul trono assiste alle feste fatte dai suoi cavalieri per celebrare il ritorno di Renaud. I cavalieri sono interpretati da Sua Maestà e da quegli stessi gentiluomini di corte che prima avevano fatto i demoni nella entrée d’apertura. Ad un segno di Sua Maestà, i cavalieri si allontanano da lui e scendono nella sala dove assieme a lui danzano il grand ballet.

 

 

Il balletto LES FETES CHINOISES descritto nelle “Memoires” di Jean Monnet – Coreografia di Jean George Noverre su musica di Jean Philippe Rameau (Parigi, Opéra Comique, 1 luglio 1754)

La prima scena rappresentava una strada alberata che finiva in una fuga di terrazze con scalinate che conducevano ad un palazzo in alto. La seconda scena rappresentava una pubblica piazza adorna per una festa con al centro un palco ad anfiteatro sul quale erano seduti sedici cinesi. Un rapido cambiamento di scena rimpiazzava questi con trentadue cinesi che eseguivano una danza pantomimica e mentre scendevano, altri sedici cinesi,mandarini e schiavi, prendevano il loro posto sui gradini. Quindi si formavano otto file di  ballerini che, alzandosi ed inchinandosi, successivamente imitavano le onde di un mare in tempesta. Discesi dal palco tutti i cinesi, si formò una processione in cui un mandarino veniva trasportato sotto un ricco baldacchino da sei schiavi bianchi, mentre due negri trasportavano un carro sul quale era seduta una giovane donna cinese, il tutto preceduto e seguito da una folla di cinesi che suonavano vari strumenti del loro paese natio.

Il balletto che seguiva era molto notevole per varietà e l’accortezza delle figurazioni e finiva in una danza in circolo di trentadue ballerini i cui movimenti formavano un fantasioso numero di nuove e perfettamente organizzate figure che si formavano e si dissolvevano con grande rapidità e leggerezza. Poi i cinesi ritornavano sul palco e improvvisamente sorgevano trentadue vasi di rose che nascondevano alla vista trasformando l’anfiteatro in un negozio di porcellane.

 

 

LALLA ROOKH o LE ROI DE LAHORE da una descrizione apparsa su ”Illustrated London News” 13 giugno 1846 – Coreografia di Jules Perrot – Musica di Cesare Pugni con inserti di Felicien David

Il grande e particolarissimo merito di questo balletto è che tutti coloro che vi prendono parte – compositori, coreografi e suonatori, lo scenarista e la stessa graziosa Cerrito – sembrano imbevuti dell’ispirazione del poeta. Le danze di carattere completamente indiano e la maniera in cui sono eseguite, la musica ripresa in parte dal “Desert” di Felicien David – composizione orientale per eccellenza – e lo scenario caldo, di colore orientale, fedele alle descrizioni, e agli schizzi dei viaggiatori di quelle interessanti regioni – tutto è in armonia con il disegno del grande poeta. Nulla è stato risparmiato per rendere perfetto il montaggio del balletto e siamo certi che in una scena vi sono sul palcoscenico non meno di duecento ballerini.

Procederemo ora a dare una breve notizia sulle danze principali. Nel primo quadro il più notevole è il pas symbolique copiato dalle danze native degli Indù, in cui continuamente si formano dei gruppi ad imitazione di oggetti naturali. Questa è la danza più bizzarra e pensiamo che sia del tutto nuova per la scena. Qui appresso riportiamo alcune figure rappresentate da Lalla Rookh e dalle ragazze orientali.

Hermes                     L’Arpa                               Il carro del sole nascente

La Scala                        La pulizia  incorniciata     Le Farfalle

I Chioschi                  La brezza mattutina       I raggi del sole

La Gabbia                    Le stelle                            La statua vivente ed il suo piedistallo

Gli specchi                 Gli Ananassi

Il secondo  atto ci presenta il deserto attraverso il quale viaggiano la Principessa e il suo seguito per raggiungere Cashmere. A questo punto è introdotta con grande abilità la famosa “Marcia nel deserto” dal “Desert” di Felicien David: il ritmo caratteristico ed il carattere selvaggio della marcia danno grande originalità a tutta la scena – nuovissima ed insolita per un balletto. Poi sopraggiunge una spaventosa tempesta e di nuovo “La Tempesta” di Felicien David riesce a descrivere magnificamente l’ostile accanimento degli elementi. Segue il salvataggio di Lalla RooKh e il ritorno alla calma. Abbiamo poi la selvaggia aria araba suonata dal Feramorz al cui ritmo la Cerrito esegue una strana danza mentre Fadladeen si addormenta ai fumi della sua pipa. Segue poi il “Sunrise”, la musica che tutti gli amanti di musica ricordano con piacere. Tutto questo quadro è estremamente caratteristico ed in particolare contrasto con le feste brillanti con cui il balletto comincia e si conclude.

La “Festa delle rose” costituisce l’ultima scena del balletto; dove, mentre continua la festa, ha luogo il riconoscimento dei due amanti. Dopo di che abbiamo il pas de corbeilles delle belle ragazze di Cashmere e il pas de neuf eseguito dalla Cerrito e dalle ninfe al suo servizio. L’insieme brillante che le circonda, i luminosi e variati colori della festa dei fiori e i graziosi movimenti delle ballerine creano un quadro incantevole.