TESTI STRUMENTI LINK
LA LIUTERIA NEL MEDIOEVO STRUMENTI MUSICALI NEL XII SECOLO LA CHITARRA CLASSICA

LA CHITARRA CLASSICA

ovvero

”di chitarra ce n’è una sola: quella spagnola e Segovia è il suo profeta”
(da un detto popolare spagnolo)

CENNI STORICI

Le origini della chitarra si perdono nel tempo. C’è chi l’ha voluta vedere nei bassorilievi ittiti e chi l’ha vista nella Kithara ellenica. In Roma ci fu la Fidula romana e questa, con il passare dei secoli, prese il nome di Viola in Italia, di Vihuela in Spagna e di Fidel in Germania. In una miniatura delle Cantigas de Santa Maria del XIII° sec. di Alfonso X di Castiglia è raffigurato uno strumento con la caratteristica forma ad otto molto simile alla chitarra.

Il nome deriva dal sanscrito “dotar” (due corde) e “sitar” (tre corde), strumenti in uso in Mesopotamia, dotati di manico, fasce, fondo, tavola armonica, ponte e corde.
Si può pertanto affermare che la chitarra ha una forma propria e non deriva da altri strumenti.

Nel XVI° sec. con la vihuela de mano spagnola, che montava sei ordini di corde doppie, cominciano a configurarsi i contorni dell’attuale chitarra.
Sicuramente in quel tempo, anche se non è documentato, la vihuela de mano era conosciuta anche in Italia dato che è raffigurata in un affresco di Luca Signorelli datato 1499 e che si trova nel Duomo di Orvieto.

Della vihuela fu interprete la scuola spagnola dove era praticata dalla società elegante e considerata strumento nazionale. Tipica figura di vihuelista fu il nobile don Luis Milan che in Valencia pubblicò il noto volume “ El Maestro”.
In Italia la vihuela de mano apparve nella Camerata dei Bardi in Firenze dove ebbe una notevole importanza la canzone accompagnata con questo strumento.
Vihuela de mano
Tratta dall’affresco del Signorelli nel Duomo di Orvieto
Da notare il cavigliere a falcetto diverso dal modello spagnolo che era a spatola
Vihuela de mano

Nel XVI° sec. ci furono diverse forme di evoluzione della chitarra con quattro o cinque cori ma si dovrà arrivare al XVIII° sec. per avere la chitarra con sei corde singole. Ed è appunto in questo periodo che la chitarra attirò l’interesse di musicisti come Schubert, Paganini, Berlioz, Sor, Giuliani e tanti altri. Costoro furono sicuramente attratti dalla chitarra che, pur avendo grossi problemi per il suo debole volume, offriva suoni secchi e squillanti o caldi e vibranti esaltando le capacità interpretative dell’esecutore.

A questo proposito, se prendiamo ad esempio il Mi della prima corda a vuoto notiamo che la stessa nota si può suonare anche sulla seconda, sulla terza, sulla quarta o sulla quinta corda ottenendo timbriche completamente diverse (e così per tantissime altre note)... ...e poi queste possono essere ulteriormente modificate spostando e/o modificando il tocco della mano destra !
Il chitarrista non dovrà mai dimenticare che la chitarra pur avendo tanti “difetti” ha una caratteristica peculiare che la distingue da tutti gli altri strumenti musicali: il Timbro!

E fu a questo punto che anche i liutai si sentirono stimolati ad offrire strumenti sempre migliori sia nelle capacità sonore che nelle timbriche e, verso la metà del XIX°sec. in Spagna, Antonio De Torres apportò importanti modifiche alla chitarra sia nelle dimensioni che nell’incatenatura, modifiche che ancora oggi tutti i liutai tengono presenti nella realizzazione dei loro strumenti.

Dobbiamo tuttavia arrivare al più grande chitarrista del XX° sec. Andres Segovia, affinché la chitarra entri nei più grandi teatri del mondo. A lui si debbono numerosissime trascrizioni di classici e per lui insigni musicisti del suo tempo scrissero mirabili opere per chitarra.

Un particolare: il termine oggi usato di “chitarra classica” è derivato dal fatto che la chitarra ha avuto la sua evoluzione ed affermazione nel periodo neo-classico (e non perché, come molti pensano... ...ci si può suonare solo musica classica”!).

ASPETTI TECNICI

Riguardo alla costruzione della chitarra si favoleggia intorno ai misteriosi segreti dei liutai.
Ma a questo proposito uno dei più famosi liutai spagnoli rispose così ad un giovane liutaio che gli chiedeva quali fossero i suoi segreti: “Después de hacer cincuenta guitarras, harás una guitarra excelente” (Dopo la tua cinquantesima chitarra farai un’ottima chitarra).

LA TAVOLA ARMONICA

I legni ideali con i quali si realizzano le Tavole Armoniche sono sicuramente l’abete rosso (Picea Excelsa) detto anche abete maschio ed il cedro rosso ( Thuja Plicata ). Del primo si ha notizia che i liutai ne fecero uso dal XVII° sec., mentre per il secondo si dovrà attendere il XIX° sec.

Il suono prodotto da una T.A. di abete rosso che cresce nella Foresta Nera in Germania (ottimo è quello della zona di Hasel/Mittenwald) è brillante, mentre è più dolce quello della Val di Fiemme (ottimo è quello di Paneveggio) in Italia. La crescita di questo abete, date le caratteristiche climatiche delle suddette zone, è molto lenta permettendo agli anelli annuali (in particolare nella parte del tronco rivolta a nord) di essere molto vicini e così il liutaio può ottenere T.A. molto fini ed elastiche.

Ottimo è anche il cedro rosso che cresce sul versante costiero dell’oceano Pacifico dall’Alaska alla California e che dona alla chitarra un suono molto pastoso. Anch’esso è estremamente lento nella crescita e con le venature regolari e fittissime.

Tavola armonica di abete rosso
- Foresta Nera

Gli esperti usano dire che l’abete è “per chi ascolta” mentre il cedro è “per chi suona”.

Ovvero l’abete proietta il suono molto lontano e quindi si addice alle grandi sale da concerto mentre il cedro, con il suo suono molto dolce, si addice ad ambienti ristretti ed intimi.

I liutai spagnoli, mostrando le loro chitarre ai chitarristi indecisi nella scelta, dicono con tono spiritoso: “¿quieres la rubia o la roja?” (desideri la bionda o la rossa?) Questo perché la T.A. in abete, una volta verniciata, acquista una tonalità bionda mentre quella in cedro ha una tonalità sul rosso e, come già detto, il “carattere” delle chitarre che ne derivano è decisamente diverso.

Il taglio dei tronchi avviene per quarto, poi dagli spicchi si ricavano tavolette di uno spessore di circa quattro millimetri che si fanno stagionare “naturalmente” per circa 10-15 anni prima di essere utilizzate.
Uno dei più grandi “segreti” dei vecchi liutai è che posseggono tavole che hanno immagazzinato e sapientemente conservato durante i molti anni della loro attività.

T.A., fondi e fasce tagliate e sistemate per l’ultima fase di stagionatura

Durante la stagionatura naturale la resina, contenuta nei canali resiniferi, seccandosi si deposita alle pareti di questi creando così, all’interno della T.A., un’infinità di microscopiche “canne d’organo” che arricchiranno la qualità timbrica dello strumento. Questo determinante processo non si verifica con la stagionatura artificiale dato che, in questo caso, la resina si blocca otturando i canali resiniferi.

IL FONDO E LE FASCE

Il legno ideale è il palissandro indiano (Dalbergia latifoglia) ed il palissandro brasiliano in particolare il Jacaranda (Dalbergia nigra) che si distingue per la bellezza cromatica della sua fibra e per il gradevole profumo di rose.

Eccellente è anche il Cocobolo (Dalbergia Retusa) proveniente dal Nicaragua che però dà problemi nella lavorazione dato che è un legno altamente velenoso.

Fasce in Cocobolo Fondo in Jacaranda

Da citare il cipresso che viene usato per il fondo e le fasce delle chitarre flamenco.

La T.A. è unita alle fasce da piccoli elementi in cedro chiamati “zoquetillos” che essendo indipendenti le permettono una maggiore libertà di vibrare mentre il fondo è unito da un profilo unito di faggio.
Particolare degli “zoquetillos” che uniscono la T.A. alle fasce

IL MANICO

Questo è deputato a sostenere la tastiera e ad opporre resistenza alla tensione delle corde.
Alcuni chitarristi richiedono al liutaio che questo venga realizzato in base alla dimensione ed alla conformazione della loro mano.

Ottima per le caratteristiche di stabilità e leggerezza è la cedrella (Cedrella Odorata) dell’America centro meridionale. Molto buono anche il Khaya ivorensis, un mogano proveniente da zone tra la Liberia ed il Congo.
Il manico, che subisce una notevole sollecitazione dovuta alla tensione delle corde, va rinforzato per tutta la sua lunghezza da una striscia di ebano dello spessore di circa 5 mm. che va a formare una T con la tastiera.

Particolare del manico in cedrella con la paletta riportata ed il rinforzo in ebano

LA PALETTA

Tagliata dallo stesso legno del manico è riportata al fine di offrire maggiore resistenza alla frattura. Infatti i manici ad un solo pezzo sono soggetti alla rottura nel punto in cui c’è l’inclinazione della paletta e pertanto viene ad interrompersi la continuità delle fibre.
La parte superiore è sempre impreziosita da una lastronatura dello stesso legno del fondo e fasce mentre il suo profilo personalizzato ci fa riconoscere l’autore dello strumento.
Particolare della paletta e delle meccaniche

IL PONTE

Questo sarebbe molto bello in ebano perché si coordinerebbe con la tastiera…ma pone seri problemi sulla stabilità dell’incollaggio e pertanto si preferisce lo stesso legno usato per il fondo e le fasce. Importante è la scelta della qualità e la venatura del legno del ponte, dato che attraverso di esso le vibrazioni delle corde si trasmettono all’interno della cassa per essere amplificati. Il listello è in osso.
Ponte

LA TASTIERA

Qui non c’è imbarazzo nella scelta: ebano (iospyros Perrieri) proveniente dal Madagascar e dall’Africa Equatoriale. Questo legno, oltre alla sua naturale bellezza, offre una eccellente scorrevolezza e resistenza all’usura, grazie alla sua superficie compatta.
Il capotasto posto all’inizio della tastiera come tasto “0” è in osso. In passato era uso porre, oltre all’osso che aveva il solo scopo di distanziare le corde, un tastino ”0” leggermente più grande.

LA ROSA

Lo scopo della rosa è essenzialmente quello di rinforzare il legno intorno alla buca che in quel punto è estremamente fragile. I liutai amano dare alla rosa stessa anche una funzione altamente decorativa.
Naturalmente escludiamo tutte quelle rose di serie che si trovano in commercio pronte per l’uso: queste sono a volte anche molto belle……..però maledettamente uguali e senza ombra di personalità.
La rosa è una delle parti della chitarra che caratterizza la personalità e la perizia del liutaio.
Per realizzarla, oltre all’uso dei classici filetti che andranno a formare le due corone (interna ed esterna), il liutaio, dopo avere scelto il disegno, lo realizza unendo insieme a mosaico dei fili di legno a più colori generalmente con una sezione quadrata di 0,5 mm. sino a formare una specie di “salame” che taglierà a fette di circa 2 mm. per poi inserirle ad una ad una all’interno delle due corone.
Rosa con filetti a cavallucci marini
tratti dal ricamo “Punto Assisi”

(Ogni cavalluccio è composto
da 63 piccoli pezzi
di ebano ed acero)
Cavalluccio marino tipico del ricamo “Punto Assisi”

I FILETTI

Realizzati in ebano, acero e palissandro rispecchiano la personalità del liutaio, ma hanno comunque lo scopo di rinforzare le parti perimetrali della chitarra che diversamente risulterebbero fragili e facili alle fratture.
Rifinitura dei filetti

I TASTINI

Anticamente sulle prime chitarre venivano legati tastini di budello come sui liuti.
Attualmente si usano barrette a forma di T che vengono inserite nella tastiera. La loro composizione è una lega di alpacca (nickel silver).
Tastini posizionati sulla tastiera

L’INCATENATURA

Qui la storia è lunga e complessa. Le prime chitarre avevano solamente le catene trasversali sopra e sotto la buca (da citare che Stradivari pose la catena inferiore obliqua in modo da dare ai bassi più superficie vibrante). Poi Louis Panormo all’inizio del XIX° sec. introdusse l’incatenatura a raggiera in seguito perfezionata da Antonio De Torres. Da allora molti anni sono passati e i liutai l’hanno elaborata con diverse modifiche, anche con successo, ma tutte sono state apportate all’incatenatura a “ventaglio”. La raggiera ha lo scopo di contenere la torsione che il ponte, gravato dalla tensione delle corde, impone alla T.A. ma crea anche dei veri e propri settori che rispondono alle varie frequenze.
Incatenatura della T.A.

Una buona disposizione della raggiera è quindi determinante per il giusto equilibrio di tutte le note.

Va tenuto presente che la cassa della chitarra agisce come un risuonatore ovvero le vibrazioni delle corde si trasmettono attraverso il ponte all’interno. Qui, se non ci fosse l’incatenatura, avremmo una nota molto forte e le altre deboli…….ma grazie a questa, con i suoi settori intonati, tutte le note sono bilanciate e, alla fine della “turbolenza” che si crea nell’interno della cassa, fuoriescono dalla buca (se si pone una mano davanti a questa si può sentire la “colonna” d’aria che ne esce).

LE MECCANICHE

Prima furono i piroli realizzati con legni duri come l’ebano o il bosso, poi nel XVIII° sec. apparvero le prime meccaniche che grazie all’ingranaggio della vite senza fine risultano molto più precise.
Oggi se ne trovano in commercio di molte marche e non sempre le più costose sono le migliori.
Ad esempio, meccaniche dotate di splendide palette in madreperla, a causa della deformazione di questa nel tempo, causano delle vibrazioni praticamente “irreperibili” che spesso fanno impazzire i liutai.
Meccaniche

LE VERNICI

La tradizione vuole che si usi la gomma lacca (prodotta da insetti che vivono in simbiosi con una conifera) con la quale solo mani esperte realizzano splendide verniciature a tampone.

Questo tipo di finitura permette poi al legno di continuare nella sua naturale stagionatura, di vibrare più liberamente e di migliorare sempre più. Alla gomma lacca vengono spesso aggiunte altre resine come sandracca, copale manila e gomma elemi allo scopo di aumentarne la resistenza allo sfregamento e la brillantezza.
Resine naturali nello scaffale del liutaio …che poi vengono sciolte nell’alcool

Purtroppo la vernice a gomma lacca è molto delicata e richiede molta attenzione al musicista.

Oggi alcuni liutai non disdegnano la vernice poliuretanica a due componenti che, pur essendo molto bella e più resistente all’usura, non permette al legno di “respirare” e quindi di migliorarsi nel tempo.

L’ora della verità! ...la prova acustica

PROBLEMI DELL’ACCORDATURA

ACCORDATURA PITAGORICA

Si usava su strumenti antichi prima dell’avvento della “scala equabile o temperata”.

Il calcolo avveniva seguendo gli intervalli delle quinte: un tono era dato dall’intervallo di due quinte, la terza maggiore dall’intervallo di quattro quinte, ecc... (ma la storia è molto più lunga e complessa!).
L’intonazione della tastiera si realizzava spostando manualmente i tastini di budello che erano legati attorno al manico (ad esempio come quelli del liuto o della viola da gamba) posizionandoli in base agli intervalli dati dai suoni armonici. Quindi, ogni volta che si eseguiva un brano di diversa tonalità occorreva ricalcolare tutto! Un vero impazzimento!
Sistema pitagorico con la quinta del “lupo” su fa(mi#)-do

ACCORDATURA TEMPERATA

Questo tipo di accordatura, che J.S. Bach fu tra i primi ad usare per le sue composizioni ed in particolare nel “Clavicembalo ben temperato”, crea, per gli strumenti a corde con tastiera a tastini fissi, degli enormi problemi ...ad esempio la chitarra: non si accorda!

Ed è un vero assillo per i chitarristi dotati di un ottimo “orecchio”.

Temperamento equabile o temperato

Infatti, se con il La a 440 Hz prendiamo ad esempio il Do ed il Re della seconda corda al primo e al terzo tastino avremo le seguenti frequenze:

Do 261,63 Hz Do# 272,53 Hz Reb 281,91 Hz Re 293,66Hz

mentre nella scala temperata:

Do# = Reb 277,18 Hz

E’ chiaro che per strumenti come il pianoforte e il clavicembalo il problema non sussiste avendo questi una o più corde per ogni nota e quindi si possono accordare separatamente.
Nella costruzione della chitarra nel momento in cui il liutaio posiziona i primi tre tastini già sorgono problemi perché se prendiamo ad esempio la seconda e la terza corda sopra al Do c’è il Sol#, sopra al Do# c’è il La e sopra il Re c’è il Sib e così via per le altre corde e ...per tutti i 19 tastini ...che andrebbero “aggiustati” in base alla scala temperata e la cosa è materialmente impossibile!

Il liutaio oggi si limita ad inserire i tastini (non più dividendo la lunghezza del diapason per 18 come si usava nel recente passato) ma definendo gli intervalli di questi utilizzando la radice 12^ di 2 che dà la soluzione migliore e con il minore margine di errore……...ma la tastiera non è intonata!

Per sopperire a tale problema si usa accordare la chitarra con i suoni armonici oppure accordando sulla tonalità del brano che si sta per eseguire (ma quest’ultimo lo si può fare solo in una sala d’incisione dove si registra un brano per volta). Gli accordatori elettronici oggi in commercio intonano la corda a vuoto enfatizzando il problema (vanno comunque benissimo quando si deve suonare in ambienti molto rumorosi dove risulta impossibile usare i sistemi citati).

Al Musikinstrumenten-Museum di Berlino sono esposte tre chitarre del liutaio Walter J.Vogt “che si possono accordare”: infatti sulla tastiera sotto ad ogni corda vi è una fresatura dove alloggia una navetta dotata di brugola sulla quale è saldato un segmento di tastino.

La navetta con il tastino, avvalendosi dell’ausilio di un accordatore elettronico, viene posizionata e fissata, stringendo la brugola, nel punto esatto in base alla scala temperata ...ma sulla tastiera ve ne sono 114 e possiamo supporre che diano grossi problemi di agibilità all’esecutore.
Il calcolo tradizionale La locazione esatta dei tastini in base alla scala temperata
Particolare della tastiera dove si notano le fresature,le navette e le brugole con i segmenti dei tastini

COME CONSERVARE LA CHITARRA

I legni che vengono usati per la costruzione della chitarra sono stagionatissimi ma restano sempre vivi e pronti a reagire agli agenti atmosferici. Pertanto una buona conservazione darà lunga vita e migliorerà le qualità timbriche e sonore dello strumento.
E’ importante quindi evitare ambienti umidi o secchi (tenendo però presente che il legno che assorbe l’umidità suonerà meno ma prima o poi la cederà e tornerà a suonare come prima mentre il troppo secco potrebbe arrecare danni irreversibili come le crepe).
Da evitare fonti di calore dirette come il sole o la vicinanza dei termosifoni e, ad esempio nelle stagioni calde si consiglia di interporre un panno morbido tra l’avambraccio destro e lo strumento dato che il sudore danneggia le vernici ed in particolare quelle a base di gomma lacca.

Per la pulizia dello sporco esterno usare pochissime gocce di olio paglierino chiaro per le parti verniciate strofinando delicatamente con un panno morbido sino ad eliminarlo completamente.
Per la tastiera è ottimo l’olio paglierino rosso.
Per la pulizia interna della cassa c’è un antico sistema: si introduce dalla buca un pugno di riso che poi si fa “sbattere” all’interno della cassa. Poi, rovesciando la chitarra, si continua a “sbattere” sino alla fuoriuscita di tutto il riso che si porterà via anche lo sporco.

Nel caso in cui non si dovesse usare lo strumento per lunghi periodi è consigliabile allentare le corde e ricordarsi che il legno deve continuare a respirare: pertanto non tenerla per troppo tempo chiusa nella custodia.

...e per concludere

Signore,
dammi il sole d’inverno,
l’ombra d’estate
e una chitarra.

( Preghiera andalusa )


vcipriani@virgilio.it Versione Stampa
HOME TOP