C i t a z i o n i
ovvero ABC di Louise

A Amore (e felicità). "Sono stata infelice per la maggior parte della mia vita. Quello che i miei amici cercavano - fama, soldi e potere - non erano le cose che mi rendevano felice. I loro piaceri - distrazioni sessuali, darsi delle arie, diventare importanti - non riuscivano a rendermi felice. Ho cominciato un po' ad esserlo quando venni a  Rochester. Ero lontana da chi pretendeva qualcosa da me. Potevo vivere a modo mio e chiudere la mia porta ogni notte dicendo : "Grazie a Dio sono sola". Per quanto riguarda l'amore (...) sono fatta ad immagine di Lulu: non ho mai amato nessuno"
B Bogart "A detta dei suoi biografi, Humphrey aveva un numero sorprendente di passatempi. Giocava a golf, a tennis, a bridge, a scacchi. Andava in barca a vela. Leggeva libri! Ma l'unica cosa che io gli vidi fare, eccetto in un'occasione, era starsene seduto a bere e chiacchierare con la gente.
          (...) Il mio ricordo più vivido del vero Humphrey Bogart è quello di una notte a New York, al bar di Tony, sulla Cinquantaduesima Strada. Vi entrai che era circa l'una del mattino e sedetti a un tavolo vicino a Humphrey, che stava insieme all'attore Thomas Mitchell. Mancavano poche settimane alla fine delle repliche della Foresta pietrificata a Broadway, era il giugno del 1935. A eccezione di una tournée estiva a Skowhegan, nel Maine, Humphrey non aveva nessun programma per il futuro. A un certo punto Mitchell pagò il conto e uscì, lasciando Humphrey da solo, a bere con stanca determinazione. La testa gli ciondolava sempre più in basso, e quando uscii si era ormai addormentato sul tavolo, esausto, la testa fra le braccia.
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Povero Humphrey - dissi a Tony - E' finamente vinto -.
          Il mio ricordo più vivido di Humphrey Bogart sullo schermo è invece una scena del
Tesoro della Sierra Madre, in cui giace nella polvere cercando di trascinarsi verso la sorgente: ha sopportato tutto pur di riavere il suo oro - e adesso deve forse darsi per vinto? I suoi tragici occhi sono spalancati, sollevati verso il cielo in uno sguardo terribile, implorante. Nella sofferenza di quel viso magnifico ritrovo il mio San Bogart".
C Capone (e i gangsters e Helen Morgan). "Quando lavoravo nei night club e nel teatro conoscevo veri gangster. Uomini come Capone. Erano gli zotici più idioti e disgustosi. Ma, abbastanza stranamente, avevano un grande talento. Durante il Proibizionismo possedevano un sacco di night club e assumevano gente per questi locali che nessun altro voleva.
          Una ragazza come Helen Morgan, per esempio; nessuno la voleva. Aveva una voce piccola e delicata, lunghissime gambe e un ampio petto che allora non era di moda; non era molto vivace, sedeva al piano e non voleva usare un microfono. I gangster la amavano. La misero in un night club chiamato The Backstage, e improvvisamente Ziegfeld la 'scoprì' "
D Dietrich.  "Egli [Joseph von Sternberg] le disse: 'Conta fino a sei, e guarda quella lampada come se non potessi vivere senza'. Così, suggerendole questi strani pensieri su cui lei era capace di concentrarsi per riempire la mente, le donò questa strana aura di mistero, che, naturalmente, non ebbe con nessun altro regista (...) Di solito, quando lavorava con altra gente diceva: 'Joe, dove sei?' "
E Eddie (Sutherland). [Lo sposai] "perché era un uomo attraente che mi aveva ricoperta d'oro. Apparteneva anima e corpo a Hollywood, e io, là, mi sentivo un'estranea: lui amava le feste, io la solitudine".
F Fields. "No, non è stata la fama a cambiare Fields. E' stato il disgusto e la paura di essere abbandonato a morire tra la spazzatura di Hollywood. (...) Aveva ridotto i suoi rapporti con la realtà, escludendo tutto eccetto il lavoro, riempiendo i vuoti con l'alcool, che appannava il mondo trasformandolo  in una lontana visione di ombre innocue. Era anche un uomo solitario. 
Gli anni passati viaggiando da solo per il mondo come prestigiatore gli avevano insegnato  il valore della solitudine e il sollievo che dava alla sua mente (...) Non sembra che abbia lasciato lettere, diari o altro materiale autobiografico. La maggior parte della sua vita resterà sconosciuta. Ma, come ha detto Ruskin, la storia di una vita non è mai uno scherzo"
G Gish. "Bollata all'età di trentun anni come una frigida fuori moda, avida e sciocca, la grande Lillian abbandonò per sempre Hollywood, senza che nessuno si degnasse di parlare della sua partenza. 'L'ombra di un'ombra in un mondo di ombre'".
H Hollywood. "Un giorno, pensavo, sarei fuggita da Hollywood per sempre. Non una breve evasione, come facevo dopo ogni film, ma una fuga definitiva"
I Imitazioni (e Charlie Chaplin). Quando, durante l'estate del 1925, [Chaplin] era a New York per la presentazione de La febbre dell'oro faceva imitazioni e folleggiava. Quando non era fuori con un sacco di gente, ci riunivamo nella suite di A. C. Blumenthal all'hotel Ambassador. Lì Charlie era se stesso, e perfettamente felice, facendo imitazioni tutto il tempo. Aveva appena fatto Isadora Duncan, poi disse "Guarda Louise, indovina chi sto imitando". 
          Si allontanò da me, dimenando il sedere, oh, in un modo così disgustosamente sciocco. Naturalmente capii. Si girò e guardò la mia faccia; era bianca e torva. Avevo solo diciotto anni. Si precipitò e disse: "Oh, non è come credi, non stavo facendo te!". Naturalmente era così, e mi ci vollero anni per liberarmi da quella ridicola camminata che avevo coltivato così accuratamente alle Follies. Pensavo che fosse straordinaria fino a quando non la imitò" 
J John (Wayne). "Guardandolo pensavo che non fosse un attore, ma l'eroe di tutta una mitologia miracolosamente riportato alla vita (...) Per la prima volta contemplai un Duca nato per regnare. John era, infatti, ciò che Henry James definì come la più grande opera d'arte - un essere di pura bellezza"
K Kortner. "Kortner mi odiava. Dopo ogni scena con me  abbandonava di corsa il set e si chiudeva nel suo camerino (...) [Egli] nutriva per me (o per il personaggio di Lulu) sentimenti che combinavano una passione sensuale con un altrettanto appassionato desiderio di distruggermi. Una scena gli diede l'oppurtunità di strapazzarmi con tale violenza che mi lasciò dieci lividi bluastri sulle braccia"
L Libri. "Questa passione per i libri che ha fatto di me l'idiota più erudita del mondo"
M

Mutismo. "La cultura, dovevo presto impararlo, non era un requisito per diventare una sofisticata newyorkese, ma, piuttosto, un handicap. I ricchi che di lì a poco mi avrebbero esibita nei ristoranti alla moda, nei teatri e nei night, indietreggiavano come studenti svogliati di fronte al nome di

Shakespeare e pensavano a una serata trascorsa al Metropolitan o a un concerto alla Carnegie Hall come a una sofferenza impensabile. Non potendo spettegolare sulle famiglie e gli amici di questi signori dell'alta società, non sentendomi sicura nel discutere di cinema e teatro, e detestando il gioco volgare dei doppi sensi e dei sottintesi sessuali, tacevo quasi del tutto.
          Qualche anno più tardi, il costumista Travis Banton mi confessò che nel 1925, al
Colony, il più grande ristorante della città, mi aveva osservata da un altro tavolo e mi aveva inserita nella categoria delle "belle ma sceme", in cui sarei rimasta fino al termine della mia carriera d'attrice"

N Naked on my goat (Nuda sul mio caprone). "Per guadagnare un po' di soldi mi sedetti e scrissi la solita autobiografia. La chiamai Naked on my goat che è una citazione dal Faust di Goethe (...) Poi, quando ebbi letto cosa avevo scritto, la buttai nell'inceneritore."
O Osgood (Perkins). "Il miglior attore con cui abbia recitato, Osgood Perkins, il papà di Toni, interpretava in questo film il ruolo di un ignobile impiegato. Nonostante fosse molto stimato nell'ambiente teatrale, pochi ne riconoscevano la speciale padronanza della tecnica cinematografica. Durante i momenti di stasi, i suoi occhi neri al di sopra delle lunghe guance incavate potevano esprimere la minima sfumatura del pensiero e dell'emozione. 
          Piuttosto che cercare di nascondere le sue lunghe braccia da scimmia, egli le lasciava pendere, pigramente pesanti e minacciose; ma quando occorreva essere all'erta, con le spalle le slanciava in avanti con una forza quasi pensante".
P Papà e Mamma "Quando era lontano dal suo ufficio e dai tribunali, mio padre era un uomo pacifico e a casa evitava ogni vertenza con i suoi bambini. Come mia madre, spesso scherzava sulle nostre malefatte. 
          Una volta, a tavola, Martin [il fratello maggiore] confessò di avermi scaraventata per le ripide scale di servizio; papà suggerì che la prossima volta sarebbe stato più sicuro gettarmi dalla scala principale sul primo pianerottolo. Mia madre in genere riservava le sue energie per attività più creative che disciplinare i suoi figli. Un giorno, mentre era seduta al piano, corsi da lei per confessarle che avevo appena rotto una tazza del suo servizio di porcellana Haviland. Senza guardarmi rispose: "Non annoiarmi, cara, mentre sto cercando di apprendere Bach"
Q Quirk (James).  "Il direttore [di Photoplay, responsabile, per la Brooks, della rovina cinematografica di Lillian Gish] aveva pianto e si era infuriato, aveva danzato e esultato, per ogni battito del cuore dei dirigenti della MGM".
R Raccomandata (e racchia). [Richard Arlen disse]: "È un vero peccato che tu abbia divorziato da un tipo magnifico come Eddie Sutherland - che è anche un ottimo regista (...) Adesso che non sei più sua moglie tutti si aspettano che la Paramount ti licenzi. Non sanno che sei una beniamina della direzione (...) 
          È curioso. Ho lavorato tre anni alla Paramount - e sono stato anche un attore maledettamente bravo - e guadagno quattrocento fetidi dollari alla settimana, mentre tu te ne vai in giro nella tua dannata Lincoln con le sue dannate rifiniture in raso nero. Proprio tu, che non sai neppure recitare! Non sei nemmeno bella. Sei un'attrice pidocchiosa e hai gli occhi troppo ravvicinati"
S Sullavan. "Sai [rivolta a John Kobal] qual è la mia  attrice preferita? La persona che vorrei essere se potessi essere qualcun altra? Non lo indovinerai mai. Lavorava alla Universal. Arrivò assieme ai film parlati. Era molto speciale nelle sue apparizioni, con una voce squisita e lontana, quasi come una eco.
          Era un'eccellente attrice, davvero unica. Aveva un nome irlandese ed era sposata a un produttore ed agente molto noto, Leland Hayward. Margaret Sullavan. Quella sua voce meravigliosa - strana, morente, misteriosa - come una voce che cantasse nella neve".
T Thanks God, I'm alone (Grazie a Dio sono sola). "Per me che sono una solitaria, i due diritti più preziosi sono legati alla possibilità di scegliere i miei periodi di solitudine e la gente con cui trascorrere i momenti con cui stare in compagnia. Per una diva cinematografica, invece, è terribile essere lasciata sola per un istante. E' il primo segno che sta per imboccare la strada dell'oblio. 
          Naturalmente un attore non può scegliere le persone con cui lavorare, o come e quando lavorerà con loro. Deve andare sul set all'ora fissata dalla produzione e sottostare al controllo non solo del regista, ma anche dello sceneggiatore, dell'operatore, del costumista e dell'ufficio stampa. Poiché la pubblicità è la linfa del divismo, senza la quale un divo muore, è ovvio che essa invada la sua vita privata, alimentando così quell'invidia e quella curiosità che attirano al cinema molti spettatori."
U Uomini. "Non penso di aver mai amato gli uomini che ho conosciuto. É una cosa molto strana. Ho notato che gli uomini più bravi a letto erano quelli di cui mi importava di meno. Gli uomini che erano peggiori a letto erano quelli che mi piacevano di più (...) Mi sono sempre piaciuti i bastardi"
V Verità delle verità. "I vecchi film erano brutti. I nuovi film erano sempre i migliori. Un attore era considerato solo per il suo ultimo film. I produttori enunciarono questi tre articoli di fede e i meccanismi dell'industria cinematografica li confermarono. E per quanto riguarda il pubblico, fu educato a disprezzare i vecchi film"
Z Ziegfeld Follies. "Il camerino, mio e di Dorothy Knapp, divenne il punto di ritrovo culturale di folleggianti gentiluomini come Walter Wanger, Herman Mankiewicz, Michael Arlen, Charlie Chaplin (...) Dorothy e io lo dividevamo perché eravamo così magnifiche e facevamo così pochi numeri (...) Io leggevo cose come Giallo cromo di Aldous Huxley. Le altre ragazze leggevano la Police Gazette. Mi guardavano e dicevano: 'Chi è questa puttana del Kansas? Come osa?' " 
X XXX. "Will you miss me?"
Y You. "You sonofabitch, I'll kill you!" (Figlio di puttana, ti ammazzerò!) [A Will Rogers che durante un numero delle Follies le aveva spiaccicato un chewing gum sul naso]
W Wellman. "Non ho mai consciuto nessun regista con un amore così sincero e satanico per la brutalità come Billy Wellman. In questo film solo Wallace Beery era abbastanza importante per rifiutare gli inviti di Wellman alla mutilazione e al suicidio. Io, abbigliata come un monello, con dei vestiti da ragazzo, venivo presa a calci, fatta inciampare, caricata di botte e scaraventata dal retro di un vagone tanto da farmi cadere su un dosso in una strada accidentata. Un'altra volta, col rischio di essere trascinata sotto le ruote d'acciaio, saltai in un treno merci in corsa. E infine, Wellman piazzò Arlen e me sopra una locomotiva, inghiottiti da una galleria; ce la cavammo con un po' di capelli strappati e qualche sgraffiatura".
 

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