Luci"o" in sala

Raccolta di critiche cinematografiche

 

Camerieri
(1995 - regia di Leone Pompucci)

Trama: L’Eden, un ristorante su lungomare di Roma, viene venduto ad una famiglia di mobilieri, la quale intende fare una festa proprio il giorno dell’acquisizione.

Il gruppo di camerieri del locale dovrà fare di tutto per dare una buona impressione e sperare così di poter rimanere a lavorare presso i nuovi proprietari. Ma proprio questa sarà la cosa più difficile: lavorare insieme per dare il meglio.

 

Commento: Sono pochi, veramente pochi i film italiani degli ultimi trent’anni che possono essere definiti dei capolavori: Camerieri è uno di questi!

Il film è cattivo, feroce, spietato e lascia un amaro in bocca che difficilmente può essere cancellato. Per la prima volta non ci sono differenze regionali fra i personaggi: ci sono romani, siciliani, genovesi, toscani, eccetera. Tutti ugualmente cattivi e bastardi!

Non è difficile comprendere perché questo film non abbia avuto il successo che merita, vista anche l’incredibile parata di attori che sfoggia: allo spettatore medio italiano piace ridere di volgarità pruriginose, e piace sentirsi a posto con la coscienza vedendo film pseudo-impegnati. Camerieri, invece, sbatte in faccia allo spettatore tutto il marcio che c’è nella nostra cultura.

Il regista Enrico Caria scrisse, come slogan per il suo film Carogne, « In un mondo di carogne solo gli avvoltoi vivono bene », e questa frase descrive veramente (e tristemente) la cultura italiana, dove non esiste antagonismo fra classi sociali, fra ricchi e poveri, ma solo guerra fra carogne ed avvoltoi. Tutti i personaggi del film si muovono fra cattiverie e malignità, senza valori, senza morale, senza leggi di sorta. Il ristorante, chiamato paradossalmente Eden, è un inferno senza tempo in cui ognuno accumula peccati invece di espiarli.

I camerieri del ristorante dovrebbero unire le forze per far sì che i nuovi padroni li assumano: ma come fanno delle carogne a lavorare insieme? E così gli avvoltoi, i nuovi padroni, hanno vita facile.

Malgrado i “ricchi” padroni possano sembrare più facilitati rispetto ai “poveri” camerieri, l’inferno è uguale per tutti, perché i piccoli vizi dei poveri diventano grandi nei ricchi, e tutti soffrono, e più soffrono più compiono del male per vendetta... non importa a chi. Alla fine, quando tutti hanno colpito tutti, quando tutto ciò che di cattivo si poteva fare è stato fatto, cosa importa chi rimane in piedi? Hanno perso tutti.

Se vogliamo, per alcuni versi il film ricorda Salò o le 120 giornate di Sodoma, il film scandalo di Pier Paolo Pasolini (tratto da un libro del Marchese de Sade) in cui un gruppo di gerarchi prende in ostaggio un gruppo di ragazzi e li sevizia in tutti i modi in una villa in campagna. In fondo i nuovi proprietari sono padroni anche dei camerieri, e ne approfittano per torturarli in ogni modo possibile, senza rimorsi e senza morale.

Una menzione particolare va poi all’impressionante bravura di tutti gli attori del film. Il cinema italiano ci ha abituato ad un livello bassissimo di recitazione, prediligendo più che altro gli attori caratteristi. Invece in questo film persino le comparse sono bravissime! Eccezionale poi Paolo Villaggio nel ruolo del capo cameriere, un’interpretazione perfetta in un ruolo sgradevole, che dimostra come l’attore sia più bravo del clown che è costretto ad interpretare da diversi anni a questa parte.

 

Commento di Antonio: Camerieri è uno di quei pochi, purtroppo, esempi di cinema d’autore italiano. Un film denso di significati, ben recitato, interessante, che stupisce lo spettatore dominandone le emozioni fino alla fine. Tutto ciò a testimonianza che anche noi, con i nostri attori, sebbene con pochi mezzi, possiamo concepire e realizzare film d’alta levatura.

Paolo Villaggio, Antonio Catania, Diego Abatantuono e tutti gli altri sono ingranaggi in un meccanismo che assume fin dalle prime battute i connotati della perfezione e della semplicità nel contempo, un mix che ariva all’essenza della storia e la rende efficace.

Il ristorante Eden ha un nuovo proprietario, il quale organizza un banchetto di nozze proprio per festeggiare sia gli sposi che l’acquisto del locale. Ma i vecchi camerieri? Che fine faranno? Avranno solo una occasione, l’ultima, per dimostrare quanto valgono e salvare il posto di lavoro... ma chi sono questi personaggi? Innanzitutto non potrebbero essere più diversi tra loro, sia per estrazione sociale che carattere. Le loro diversità emergono di continuo nei battibecchi e negli infiniti litigi che li coinvolgono. Potranno armare una “tregua”, anche solo momentanea, per salvare almeno le apparenze?

Chi ha avuto la fortuna (o la sfortuna, a seconda dei punti di vista) di esercitare questo mestiere sa bene cosa voglia dire dover sottostare alle lamentele dei clienti viziati che si credono superiori a tutto e tutti; sa bene a quali pressioni e che a tipo di stress si va incontro cercando di accontentare chi non s’accontenta mai...

Il personaggio del capo-cameriere, interpretato da Villaggio, è magistrale nella sua tristezza, nel suo narcisismo immotivato – ha distrutto la propria vita e perso il locale che aveva al gioco —, nei suoi modi arcaici di intendere il lavoro e il rapporto con gli altri, nei suoi vani tentativi di dominare il gruppo e farlo “rigare dritto”, per poi rendersi conto che non esiste alcun gruppo, alcuna unione, ma solo quattro personaggi assai diversi tra loro, in competizione, che badano solo ai propri interessi, calpestando se possibile il prossimo.

Un microcosmo che rappresenta alla perfezione il macrocosmo “società”. Cosa siamo, in realtà, se non esseri egoisti in competizione continua? Ma c’è comunque qualcosa che ci unisce e unisce questo gruppo eterogeneo di individui... una speranza, il sogno... che in questo frangente è rappresentato da una schedina del Totocalcio. Il sogno di realizzare il mitico “tredici” e poter così cambiare vita, dare una svolta... poter finalmente sorridere.

Per queste ragioni Camerieri è una piccola perla in un mare di banalità. Un minuscolo gigantesco viaggio all’inseguimento di noi stessi e della natura umana. Semplice e banale quanto articolata e meschina.

E chissà che non si riesca a realizzare un sogno, qualunque esso sia... magari un tredici al Totocalcio.

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