Area dei servizi socio-sanitari

Lo scenario di riferimento

L'invecchiamento rilevante della popolazione molisana, unitamente ai segni di un crescente disagio giovanile, pongono al centro dell'attenzione la necessità di un profondo ripensamento riguardo alle politiche sociali, e soprattutto a quelle rivolte alle famiglie.

Il quadro normativo attuale, ed in particolare, come evidenziato più oltre in dettaglio, la legge regionale 7 gennaio 2000 n. 1, mettono finalmente a disposizione indicazioni e strumenti per affrontare in modo deciso ed organizzato le questioni sociali. Tali leggi, tuttavia, fanno molto di più nel momento in cui delineano un'ottica nuova di riferimento, non più rivolta a singoli problemi per i quali si cerca di elaborare singole soluzioni, ma consistente in una modalità diversa di pensare tutti - cioè tutti insieme - i termini della questione.

Ai problemi evidenziati all'inizio - invecchiamento della popolazione e disagio giovanile - vanno infatti aggiunti (almeno) il problema dell'handicap, quello dell'immigrazione, delle quote di popolazione in condizione di povertà, di uno squilibrio territoriale profondo. Problemi caratteristici di gran parte delle regioni del Sud e del Centro, prima di essere caratteristici del Molise e dell'area del Fortore molisano, all'interno della quale assumono dimensioni, aspetti e peculiarità proprie.

Rivolgersi a ciascuno di questi problemi singolarmente, prospettando per ciascuno di essi una soluzione singola, vuol dire di fatto polverizzare risorse ed energie in una moltitudine di situazioni delle quali non si riesce più a cogliere l'intima interconnessione. Eppure questo è il modo di programmare ed agire che è stato seguito finora, privilegiando inoltre, di volta in volta, aree e problemi non in base a reali priorità e urgenze ma secondo le preferenze politiche di singoli gruppi.

In questi casi il risultato, anche quando chi agisce è animato dalle migliori intenzioni, non può che essere limitato nel tempo e nell'efficacia. Se la società è un oggetto complesso, e in essa soggetti normali coesistono - spesso sovrapponendosi, in quanto le fasi della vita del singolo possono appartenere ora all'una ora all'altra delle definizioni - accanto a soggetti deboli e in difficoltà, e se, quindi, i problemi si intersecano variamente tra loro, allora altrettanto complesso dovrà essere il modo di osservare i problemi, e di affrontarli.

Le parole chiave saranno allora: integrazione, coordinamento, rete di servizi, sussidiarietà.

 

 

 

Il quadro normativo regionale e nazionale

Dalle Linee guida per l'assistenza alla popolazione anziana in Molise:

Attualmente, l'integrazione socio-sanitaria viene interpretata nella maggioranza dei casi come delega di "prestazioni" da parte dei Comuni verso le Aziende Sanitarie. La riprecisazione dei contenuti di coordinamento ed integrazione (…) offre una diversa e più responsabile interpretazione…

  1. Coordinamento: si realizza attraverso le coincidenze delle politiche socio-sanitarie adottate dai diversi Enti che si occupano del "soggetto da assistere"; il coordinamento, quindi, è intesa politico-programmatoria su programmi, progetti e obiettivi da raggiungere e si concretizza nei provvedimenti posti in essere dai vari Enti che collaborano su un'attività socio-sanitaria;
  2. integrazione: è invece una progettualità "operativa", ottenibile componendo le prestazioni erogate rispettivamente dai diversi comparti, in un progetto integrato sulla persona.

Le "Linee guida", elaborate nel settembre 1999, anche se incentrate sul problema specifico dell'assistenza agli anziani, preparano di fatto la strada alla legge n. 1/00, rivolta all'intero sistema delle attività socio-assistenziali.

 

Legge regionale 7 gennaio 2000 n. 1 "Riordino delle attività socio-assistenziali e istituzione di un sistema di protezione sociale e dei diritti della cittadinanza".

La Legge Regionale n. 1/00, assumendo come propri i principi di sussidiarietà, efficienza, economicità ed adeguatezza , intende realizzare un organico sistema di protezione sociale.

Emergono con forza, già nel primo articolo, da un lato l'importanza del ruolo attribuito ai Comuni nella creazione di tale sistema, e dall'altro il ruolo parallelo del volontariato e dei soggetti non lucrativi in genere, nonché delle reti anche informali di auto aiuto del singolo e delle famiglie.

Altro principio fondamentale, quello del favorire al massimo la permanenza dei cittadini fragili nel proprio ambiente di vita (Art. 3 comma 1).

A conferire ancora maggiore forza ai principi del coordinamento e dell'integrazione, con l'art. 4 viene sancito l'ulteriore coordinamento con le attività in materia di istruzione, formazione e avviamento al lavoro, con le politiche di pianificazione urbana e ambientale, e comunque con tutti gli interventi di programmazione socio-economica regionali e locali.

Nel titolo II vengono definiti gli interventi e i servizi oggetto della legge: interventi socio-assistenziali, di diritto allo studio, di sostegno economico, servizi domiciliari e residenziali, assistenza ai disabili. Pur rimanendo il Comune il protagonista principale di tutto il complesso degli interventi individuati, già attraverso la loro articolazione emerge lo spazio per un'azione condotta da un soggetto diverso, più forte, costituito da associazioni di Comuni (art. 5 comma 4) o di più enti diversi come Comuni, Comunità Montane e IACP (art. 9 comma 2).

Ma è negli articoli successivi che le possibilità di intervento delle Comunità montane vengono delineate meglio. Innanzitutto, con il comma 5 dell'art. 14 si accenna ad un problema importante: quello della non coincidenza del territorio delle Comunità Montane con l'ambito dei distretti sanitari. Il comma cerca infatti di definire territorialmente le forma associative auspicate per la gestione dell'assistenza da parte di Comuni molto piccoli e/o montani, come è il caso di gran parte dei Comuni regionali, e li rintraccia dei "distretti". Stante l'impianto normativo e la volontà di riorganizzare in modo sistematico i servizi di assistenza secondo i principi illustrati finora, è evidente che la soluzione migliore sia affidarne la gestione ad ambiti territorialmente omogenei, quali potrebbero essere, appunto, Comunità Montane e distretti sanitari. Questo, però, nel caso le une e gli altri coincidano, mentre la realtà è ben diversa.

La Comunità Montana del Fortore è un ottimo esempio di una divisione territoriale dei servizi incoerente. I 17 Comuni della Comunità non solo sono suddivisi tra ben 3 distretti sanitari diversi, ma due di essi appartengono addirittura ad un'altra AUSL, quella del Basso Molise. Tenere conto di due AUSL e 4 distretti sanitari, ai fini della riorganizzazione dei servizi, sembra in effetti un lavoro tanto difficile quanto ingiustificato, che potrebbe ridimensionarsi da solo una volta fissati nuovi confini a AUSL e distretti, in modo da farli coincidere il più possibile con la Comunità Montana.

Altro spazio possibile per le Comunità montane, quello proveniente dal trasferimento di attività prima assegnate alle Province (art. 16, in materia di illegittimi, ciechi, sordomuti).

La gestione associata dei servizi costituisce dunque una priorità della legge.

Tale principio è particolarmente evidente nel momento in cui (art. 17 comma 3) si dice che la Regione, nel riparto del Fondo Sociale, incentiva i Comuni associati, e quando tale incentivazione viene quantificata (art. 28 comma 4) nella misura del 20% aggiuntivo rispetto alla somma complessiva dei finanziamenti da destinarsi ai singoli Comuni.

Legge nazionale 18 ottobre 2000 "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali ".

La volontà del legislatore di ristrutturare i servizi sociali secondo una logica di sistema e di integrazione è evidente fin dal titolo della legge, e viene ribadita più volte nel corso dell'articolato.

Il primo articolo, inoltre, attribuisce i ruoli agli Enti Locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e ne fissa di principi - sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli Enti Locali - . Al comma 4, infine, viene riconosciuta l' importanza degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose al concorrimento della finalità più sopra definita.

All'articolo 3 vengono fissati i principi per la programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali. A quelli che abbiamo ormai imparato a riconoscere come irrinunciabili - coordinamento ed integrazione - viene aggiunto quello della concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali.

Lo stesso articolo contiene anche un'importante indicazione metodologica: quella della programmazione degli interventi e delle risorse, dell’operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonchè della valutazione di impatto di genere.

La priorità assegnata ad una gestione associata dei servizi sociali è contenuta nell'art. 8, che definisce le funzioni delle regioni: alle regioni (…) spetta in particolare l’esercizio delle seguenti funzioni: determinazione, degli ambiti territoriali, delle modalità e degli strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete. Nella determinazione degli ambiti territoriali, le regioni prevedono incentivi a favore dell’esercizio associato delle funzioni sociali in ambiti territoriali di norma coincidenti con i distretti sanitari già operanti per le prestazioni sanitarie, destinando allo scopo una quota delle complessive risorse regionali destinate agli interventi previsti dalla presente legge.

Gli strumenti per favorire il riordino del sistema integrato di interventi e servizi sociali descritti nel Capo IV prevedono l'elaborazione di un Piano nazionale (triennale, che individua le priorità nazionali e locali) e di piani degli interventi e dei servizi sociali a livello regionale, adottati attraverso forme di intesa con i Comuni interessati e provvedendo in particolare all’integrazione socio-sanitaria in coerenza con gli obiettivi del piano sanitario regionale, nonché al coordinamento con le politiche dell’istruzione, della formazione professionale e del lavoro.

Del Piano regionale come strumento di programmazione parla d'altra parte anche la legge regionale citata, n. 1/00 (artt. 23 e seguenti).

Con l'art. 19 viene introdotto un'ulteriore strumento di programmazione, particolarmente importante per la gestione associata dei servizi in questione: il Piano di zona. 

Art. 19.

(Piano di zona)

1. I Comuni associati, negli ambiti territoriali di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a), a tutela dei diritti della popolazione, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell’ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo 4, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cui all’articolo 18, comma 6, a definire il piano di zona, che individua:

a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione;

b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità in relazione alle disposizioni regionali adottate ai sensi dell’articolo 8, comma 3, lettera h);

c) le forme di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo di cui all’articolo 21;

d) le modalità per garantire l’integrazione tra servizi e prestazioni;

e) le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con particolare riferimento all’amministrazione penitenziaria e della giustizia;

f) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell’ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità;

g) le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale e con i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4.

Il piano di zona, di norma adottato attraverso accordo di programma, ai sensi dell’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, è volto a:

a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi;

b) qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concertazione di cui al comma 1, lettera g);

c) definire criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri soggetti firmatari dell’accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi;

d) prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.

 

Indirizzi per il primo Piano triennale dei servizi sociali della Regione Molise.

Si tratta di un documento di guida per l'elaborazione del primo Piano regionale dei servizi sociali, ai sensi dell'art. 23 della legge n.1/00.

L'articolazione del Piano in esso suggerito prevede le seguenti 5 parti:

  1. quadro di riferimento dei fenomeni sociali più rilevanti per la Regione Molise;
  2. indirizzi generali per l'organizzazione e gestione delle funzioni socio-assistenziali;
  3. progetti-obiettivo;
  4. azioni programmatiche per la sperimentazione di nuovi modelli organizzativi e gestionali;
  5. osservazioni, indirizzi e valutazioni sull'andamento della spesa sociale.

Per il periodo di transizione tra il vecchio e il nuovo assetto successivo all'adozione del Piano, secondo gli Indirizzi, devono essere esplorati e riprogrammati i sistemi istituzionale, organizzativo e di finanziamento, il rapporto fra l'attore pubblico, le risorse del terzo settore e del settore privato.

Molta attenzione viene dedicata dal documento alle forme di intesa e di associazione tra Enti.

Riguardo alla realizzazione delle aree territoriali distrettuali, si precisa che, invece dello strumento tradizionale del consorzio, saranno favorite forme più attuali come le intese tra Comuni, gli accordi di programma e le Associazioni intercomunali.

Più avanti, a proposito dei Distretti sociali, viene ribadito che la stipula degli accordi di programma da parte dei Comuni sarà incentivata finanziariamente dalla Regione, mentre i Comuni che non parteciperanno a tale organizzazione distrettuale dei servizi beneficeranno di contributi decurtati.

Infine, a proposito della definizione dei distretti sociali:

L'altro aspetto da garantire sarà la coincidenza territoriale degli ambiti distrettuali sociali con quelli sanitari; in proposito, tenuto conto della maggior capillarizzazione dei servizi sociali rispetto a quelli sanitari, si potrà pensare a sedi sub-distrettuali. L'altro aspetto da considerare è la coincidenza con le Comunità montane: è auspicabile che esse non si pongano a cavallo di più distretti sociali, ma coincidacùno con un distretto.

 

In sintesi: lo spazio della Comunità Montana del Fortore

Analisi SWOT per il settore servizi socio-sanitari

a) Analisi S-W

AREA

Fattori

   

S

Fattori

   
W Possibili integrazioni/correzioni    
  • Habitat-paese
Habitat buono per la socializzazione    
  • Maggiore possibilità di fruizione dei servizi in loco
  • Centri troppo piccoli
  •    
    • Territorio montano
         
    • Difficoltà di trasporto
  • Individuare soluzioni innovative per il trasporto;
  •    
    • Aumentare la presenza di servizi in loco.
         
    • Composizione della società
    Tessuto sociale non disgregato    
    Maggiore facilità di rapporti interpersonali      
    • Fenomeni sociali di devianza
  • Limitatezza di alcuni fenomeni di devianza
  • Fattori di devianza in crescita
  • Intervenire in senso preventivo.
  • Occupazione
  •  
    • Elevato tasso di disoccupazione
     
    • Sviluppo economico disomogeneo
  • Individuare interventi per un'occupazione stabile ed in loco
  •    
    • Stimolare la nascita di attività imprenditoriali
         

    3° settore

         
    • volontariato sociale
  • Settore in forte crescita
  • Settore ancora non ben organizzato e preparato
  • Organizzare corsi di formazione per operatori del settore
  • Risorse finanziarie
  •  
    • Scarsità di risorse finanziarie
     
    • Mancanza di mentalità gestionale e programmatoria nelle PP.AA.
  • Individuare risorse di natura non finanziaria in possesso sia di PP.AA. che di altri soggetti
  •    

    b) Analisi O-T

  • O. - Alla luce del quadro normativo attuale e degli strumenti attuativi che presto ne deriveranno, lo spazio di azione che si prospetta per la Comunità Montana del Fortore è notevole.

    Invece di tante singole proposte progettuali di limitata efficacia, alla Comunità montana è infatti offerta la possibilità di intervenire a 360° nel campo dei Servizi Sociali, realizzando la tanto auspicata integrazione socio-sanitaria attraverso la predisposizione di un progetto globale che interessi tutte le aree del sociale.

    T. - Ma ciò potrà avvenire soltanto a patto di:

    1. razionalizzare l'attuale suddivisione del territorio in modo che si arrivi ad una coincidenza almeno in via prevalente di AUSL/Distretti/Comunità Montana;
    2. superare le logiche campanilistiche delle singole gestioni attuate Comune per Comune per arrivare alla definizione di un unico programma (che potrà assumere la forma di Accordo di Programma e/o di Piano di Zona).

    Come già osservato a proposito dei servizi sportivi, programmazione organica e gestione centrale non vuol dire creazione di un nuovo centro amministrativo/burocratico in sovrapposizione ai singoli Comuni e in concorrenza con i centri maggiori.

    Vuole invece indicare gestione unitaria ed organica di servizi decentrati, avvicinati il più possibile alle persone che ne usufruiscono e quindi ben distribuiti sul territorio, volti soprattutto ad assicurare una migliore qualità della vita e a rendere "appetibile" vivere nella Comunità Montana del Fortore.

    Il Piano di Zona

    Come già illustrato nel paragrafo precedente, il Piano di Zona è uno strumento previsto nell'ambito della legge 18.10.00.

    Esso costituisce l'occasione offerta alle comunità locali per leggere, valutare, programmare e guidare il proprio sviluppo e va visto e realizzato come piano regolatore del funzionamento dei servizi alle persone.

    Si tratta in sostanza di pensare in modo nuovo ai servizi sociali e sanitari, nell'ottica della rete dei servizi stessi. Naturalmente, una innovazione di tale portata non potrà che essere graduale e processuale, anche perché è necessario prevedere una programmazione "dal basso", che veda la partecipazione attiva dei Comuni interessati.

    Il Piano di Zona deve comprendere:

    Il riordino dei servizi socio-assistenziali e sanitari offre alla Comunità Montana del Fortore una possibilità nuova di essere protagonista. Tuttavia, non indicando in via esclusiva le Comunità Montane come soggetti attuatori principali, è bene ribadire che, in mancanza di una chiara e forte volontà politica ed organizzativa, tale ruolo potrà essere ricoperto anche da altri soggetti (associazioni o unioni di Comuni, ambiti sub-provinciali ecc.)

    Quella che segue vuole quindi essere una proposta che renda più facile alla Comunità Montana del Fortore la scelta del percorso da seguire per diventare promotrice e protagonista del riordino dell'assistenza nei territorio sui quali insiste.

    Trattandosi di programmazione "dal basso", che dovrà essere sottoposta al vaglio di tutti i Comuni interessati, tale proposta non potrà che risultare "di massima", e suscettibile di modifiche anche profonde. In questa fase, tuttavia, è già possibile tracciare a grandi linee la struttura che tale Piano potrà assumere.

    Articolazione del Piano

    Il Piano sarà strutturato secondo due linee direttrici:

    1. linea delle azioni strategiche;
    2. linea dei progetti-obiettivo.

    Per azione strategica si intende un'azione complessa che interessa tutti i settori del Piano ed ha carattere di strategicità in quanto riveste un'importanza fondamentale per il buon funzionamento di tutti i servizi che si programmeranno.

    Per quanto riguarda i Progetti-Obiettivo si rimanda ai paragrafi corrispondenti

    Parallelamente al Piano di Zona, viene proposta una azione strategica trasversale che non riveste importanza soltanto nel campo dei servizi sociali, ma ha ricadute importanti anche nel settore occupazionale, imprenditoriale, produttivo e di sviluppo economico generale del territorio.

    Si tratta del progetto sperimentale di TELELAVORO, che verrà illustrato nel dettagli più avanti.

    Le azioni strategiche

    Le azioni strategiche proposte sono due:

    1. Welfare leggero;
    2. promozione del Terzo settore.

     

    Ufficio leggero di Welfare

    E' costituito da uno "spazio pubblico" a disposizione di tutti i cittadini del territorio, spazio all’interno del quale possono essere mobilitate risorse aggiuntive secondo le necessità, registrate attraverso azioni di ascolto, orientamento, accompagnamento e mediazione per rispondere a bisogni e problemi delle persone e delle famiglie.

    I servizi di welfare leggero sono attivatori di risorse e sono incardinati sulla "normalità"e non sul disagio conclamato; ciò vuol dire fare leva su ciò che si ha e non (solo) su ciò che non si ha più.

    Finalità principale dell'azione di Welfare leggero è quella di una ricognizione puntuale del quadro sociale dell'area al fine di poter procedere all’erogazione efficace dei servizi

    .

    Si è constatato infatti che sia a livello regionale che locale mancano dati precisi ed aggiornati di riferimento, necessari ad una corretta programmazione. I dati a disposizione sono dispersi tra Assessorati, Comuni, Provincia ed Associazioni, e ciò rende di fatto inutilizzabili gran parte delle notizie.

    E' inoltre importante che gli interventi da programmare siano finalmente mirati, e non vengano rivolti, come purtroppo accaduto spesso in passato, indistintamente a fasce di utenza assolutamente diverse tra loro per condizioni e bisogni.

    D'altra parte, la fase iniziale di studi e ricerca è un'esigenza espressa chiaramente dalla normativa più recente: attraverso l'istituzione dell'Osservatorio Sociale regionale previsto dalla L.R. n. 1/00, attraverso i finanziamenti destinati dalla stessa legge a progetti di studio e ricerca, attraverso la struttura definita degli Indirizzi per l'elaborazione sia del Piano regionale sia dei singoli progetti-obiettivi. Inoltre, anche tutti i singoli progetti attivati o in via di attivazione sul territorio della Comunità Montana prevedono una fase preliminare di studio.

    L'azione di welfare leggero potrà concretamente essere costituito da un Ufficio della cittadinanza, operante sul territorio della Comunità Montana del Fortore sia con una propria sede centrale sia con una serie di sportelli leggeri, attivabili in ogni Comune, a rotazione secondo giorni prefissati oppure su richiesta.

    Il servizio di Welfare sarà in sostanza la "cabina di regia" dei servizi sociali della Comunità Montana del Fortore. La sua "leggerezza" sarà data dall’essere un ufficio mobile, fatto di sportelli che si spostano sul territorio secondo le necessità.

    La gestione unitaria/centrale dei servizi si avvarrà inoltre del sistema di informatizzazione della Comunità Montana, utilizzando, da un lato, l’Intranet che collega in rete la Provincia, la Comunità e i Comuni per lo scambio di informazioni e documenti, e, dall’altro, mettendo a disposizione sul sito istituzionale della Comunità Montana notizie utili per l’intera comunità.

    In ogni caso, la novità sarà costituita dal prendere in considerazione il disagio della vita quotidiana, in un'ottica essenzialmente preventiva. A ciò si deve aggiungere che, soprattutto per gli utenti più anziani e per i disabili appartenenti a nuclei familiari in condizioni svantaggiate, è ancora difficile avere accesso a tutte le informazioni utili relative ai diritti ed alle opportunità messe a disposizioni dalle normative in materia.

    Un intervento-servizio di welfare particolarmente caratterizzante e qualificante potrebbe essere quello della costituzione di una Banca del Tempo Solidale, in analogia ad iniziative già sperimentate con successo in altre realtà italiane e europee.

    Si tratta di attivare uno sportello per raccogliere le disponibilità, da parte dei cittadini della Comunità, a svolgere lavori di utilità sociale nei vari ambiti: assistenza agli anziani, ai disabili, agli immigrati, ecc. Le disponibilità potranno essere quantificate in ore, e "ricambiate", ove possibile, da altrettante ore di servizi necessari in altri ambiti. La Banca del tempo potrebbe inoltre costituire l’occasione, per quanti non hanno mai fatto esperienze di volontariato sociale ma ne hanno l’intenzione, di verificare la propria disponibilità e le proprie competenze attraverso brevi "moduli di prova" svolti sotto il tutoraggio di volontari con maggiore esperienza.

    Potranno essere compresi nei servizi di Welfare leggero anche altri interventi , alcuni dei quali già descritti:

    - il Centro di servizio per il Volontariato;

    - Il Nucleo di monitoraggio del sistema dell’istruzione e della formazione;

    - Il Monitoraggio del sistema di trasporto e il servizio di agenzia "auto in comune", da svolgere nell’ambito della Banca del Tempo Solidale sopra descritta.

     

    SCHEDA PROGETTO UFFICIO LEGGERO DI WELFARE

    Livello di responsabilità organizzativa: ambito territoriale= Comunità Montana del Fortore

    Area

    Tipologia di intervento

    Bacino di utenza

    Standard di personale Costi ipotizzati Risorse
    • WELFARE LEGGERO
    Ufficio della cittadinanza  
    Funzioni:    
         
    • attivatore di risorse comunitarie;
       
    • accoglienza-ascolto;
       
    • informazione;
       
    • consulenza;
       
    • orientamento;
       
    • accompagnamento;
       
    • mediazione; supporto;
       
    • programmazione;
       
    • attivazione risorse.
       
     
    • 1 Ufficio per l'intera CM del Fortore;
     
    • Sportelli leggeri per ogni Comune;
       
    • 2 assistenti sociali;
       
    2 operatori di comunicazione. Personale:  
    • (1 full time + 3 part time):
       
    • 75 LM annui;
       
    Attrezzature:    
    • (2 PC portatili):
       
    • 5 LM;
       
    Sede:    
    - messa a disposizione dai Comuni. Fondo Sociale Regionale (per questi interventi è previsto il 10% del finanziamento complessivo)  

    Promozione del Terzo Settore

  • Il mondo del volontariato

    Dallo studio ISTAT 1995 sui Profili regionali delle Organizzazioni di volontariato

    Nel 1995 nel registro del Molise risultava iscritto lo 0,3% del totale delle organizzazioni del volontariato italiane, la quasi totalità delle quali si è costituita in anni successivi al 1986. Si tratta nella maggior parte dei casi di organizzazioni indipendenti o di base. (…) L'ispirazione più diffusa è la non confessionale, cui fa seguito la cattolica. IL 33% delle organizzazioni è di dimensione rilevante con oltre 70 volontari. Tra queste è notevole la componente femminile: sul totale di circa 1500 volontari il 67, 2% sono donne. Praticamente assenti i volontari anziani, con più di 54 anni di età. La modalità di svolgimento dell'attività preferita è nel 75% dei casi quella sistematica. Solo in Campania e Calabria la propensione al volontariato non saltuario è più marcata.

    Un altro elemento che contribuisce a caratterizzare i volontari molisani è il livello di istruzione: il 55% di essi ha conseguito almeno il diploma di maturità a fronte del 47, 8% della media nazionale. Inoltre, in nessuna altra regione la percentuale di laureati è così elevata: 26 volontari ogni 100. (…)

    I settori di attività prevalenti sono quelli della sanità (33, 3%) e delle attività ricreative e culturali (37, 6%). Oltre la metà delle organizzazioni opera all'interno di strutture ospedaliere o ambulatoriali pubbliche e la tipologia di assistiti più numerosa è quella dei portatori di handicap (46, 4% su un totale di circa 300 assistiti in forma continua), alla quale segue quella dei minori e quella degli indigenti.

    Anche se non si dispone di dati generali e/o particolari più aggiornati rispetto allo studio ISTAT sopra riportato, e considerando dal 1995 un incremento costante del numero complessivo di associazioni di volontariato, molti dei dati caratterizzanti individuati possono essere confermati.

    I dati riportati nella seconda sezione confermano infatti sia l'ispirazione prevalente non confessionale, sia la rilevanza della componente femminile, sia i settori di attività prevalenti.

    Non è possibile, attraverso i dati disponibili, avere informazioni sul livello di istruzione attualmente prevalente tra i volontari, ma, dalle notizie veicolate dagli organi di informazione, la situazione non appare modificata in modo sostanziale.

    In aumento, invece, le presenze di anziani nelle associazioni, dovute probabilmente sia all'aumento complessivo del numero di associazioni e dei volontari sia all'invecchiamento progressivo della popolazione, sia ad una maggiore sensibilizzazione della cittadinanza sul valore delle attività di volontariato.

    Il quadro normativo sul volontariato

    REGIONALE

    Occorre rilevare che anche nell'ambito del volontariato assistiamo ad una fase di generale riordino. Mentre sul piano nazionale si provvede al riconoscimento ufficiale dell'importanza del volontariato nella sfera sociale, a livello regionale la Conferenza Reginale del Volontariato è impegnata alla redazione del nuovo testo di legge "Nuove norme per la promozione del volontariato in applicazione della legge 11 agosto 1991, n. 266".

    Il disegno di legge prevede in sintesi:

  • NAZIONALE

    Con il voto definitivo dell’Aula del Senato - 8 novembre 2000 - diventa legge la proposta di Disciplina delle associazioni di promozione sociale che regola il riconoscimento e la costituzione delle associazioni di promozione sociale. Il provvedimento, che completa il quadro normativo delineato dalla legge sul volontariato e da quella sulla cooperazione sociale, assegna un ruolo determinante al mondo del terzo settore e del volontariato.

    Il testo approvato detta infatti le regole fondamentali e le norme per la valorizzazione dell’associazionismo di promozione sociale, stabilendo i princìpi cui Regioni e Province autonome dovranno attenersi nel disciplinare i rapporti fra istituzioni pubbliche e associazioni, nonché i criteri cui dovranno uniformarsi le amministrazioni statali e gli Enti Locali negli stessi rapporti

    La nuova legge considera associazioni di promozione sociale sia quelle riconosciute sia quelle non riconosciute, i movimenti, i gruppi, purché svolgano attività a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà dei soci.

    La riforma approvata prevede inoltre l’istituzione di un Registro nazionale delle associazioni di promozione sociale a carattere nazionale tenuto dalla presidenza del Consiglio (dipartimento Affari sociali). Viene inoltre istituito l’Osservatorio nazionale dell’associazionismo, anche questo tenuto presso la presidenza del Consiglio, che ha l’obiettivo di promuovere studi e ricerche sul settore e pubblicare un rapporto biennale sull’andamento del fenomeno associativo. Sempre presso la presidenza del Consiglio, infine, sarà aperto un fondo destinato a sostenere economicamente i progetti per l’informatizzazione del volontariato.

    La legge ribadisce il principio di sussidiarietà tra istituzioni e associazioni senza scopo di lucro, permettendo, nelle intenzioni del legislatore, all’economia sociale no profit di decollare e affermarsi.

     

     

     

    La partecipazione delle associazioni di volontariato nelle attività di protezione civile - Legge Regionale n. 10 del 17.2.2000

    Con la legge regionale n. 10 viene strutturato e disciplinato il sistema molisano della protezione civile, attraverso l'istituzione di organismi regionali, l'organizzaione delle strutture operative e la suddivisione delle funzioni e dei compiti tra i diversi Enti Locali.

    Uno spazio rilevante viene assegnato, in questo contesto, sia al mondo del volontariato di protezione civile - disciplinato a sua volta dal DPR n. 613/94 - sia alle comunità montane.

    L'art. 5, nel riconoscere "la funzione del volontariato come espressione disolidarietà sociale, quale forma spontanea di partecipazione dei cittadini all'attività di protezione civile a tutti i livelli", indica nei "gruppi comunali o intercomunali, istituiti dai Comuni e dalle Comunità montane" (comma 3 lett. C) una delle tre forme di partecipazione volontaria al sistema di protezione. Con il successivo comma 5. nell'assegnazione di contributi viene data priorità alle iniziative gestite in collaborazione tra più associazioni o gruppi comunali o intercomunali, secondo quel principio di coordinazione- integrazione che abbiamo visto prevalere in tutta la normativa più recente.

    Ma è con gli articoli 25 e 26 che emerge con chiarezza il ruolo assegnato alle Comunità montane. L'art. 25, nel definire le funzioni dei Comuni, "singoli o associati", impone la predisposizione di "piani comunali e/o intercomunali di emergenza", specificando che ciò avviene "in ambito montano, tramite le Comunità Montane".

    Si riporta per completezza di seguito il testo integrale dell'art. 26:

    Funzioni delle Comunità Montane

    1. Le Comunità Montane esercitano le funzioni comunali associate di protezione civile, secondo le modalità e nei casi previsti dall'art. 6 della L.R. di attuazione del D.L. n. 112/98, nonché coordinano il loro piano pluriennale di sviluppo con attività di programmazione, previste dalla presente legge, concorrendovi ai sensi degli artt. 3, 15, 28 e 29 della legge 142/90 e successive modifiche
    2. Le Comunità Montane concorrono alla organizzazione e realizzazione delle attività di protezione civile di competenza della Regione secondo le indicazioni contenute nei programmi regionali di previsione e prevenzione.
    3. Per le finalità di cui al precedente comma deve essere valorizzato, in particolare, il contributo anche tecnico e organizzativo delle Comunità montane rivolto alle attività di indagine, di vigilanza e di allertamento correlate al rischio idrogeologico ed al rischio di incendi boschivi.

     

    Una proposta operativa per la Comunità Montana del Fortore

    Anche in Molise gli ultimi anni hanno visto una decisa crescita quantitativa dei soggetti del Terzo settore: associazioni, organizzazioni di volontariato e cooperative sociali rappresentano ormai un punto di riferimento obbligato nel disegno del nuovo sistema dei servizi.

    Lo sviluppo del Terzo settore e le scelte del settore pubblico di ridurre il proprio ruolo gestionale diretto nei servizi pongono in primo piano la necessità della collaborazione, così come il problema della regolazione dei rapporti: il Piano di Zona fornirà una cornice entro la quale tale collaborazione possa crescere garantendo ai cittadini prestazioni di qualità elevata.

    Compito del sistema degli Enti Locali e degli altri soggetti pubblici sarà dunque quello di favorire un rafforzamento del Terzo settore in tutto il territorio, utilizzando i molti strumenti messi a disposizione, favorendo una specializzazione dei vari soggetti anche per evitare la sovrapposizione tra volontariato e impresa sociale.

    Obiettivo dell'azione pubblica sarà quello di costruire un nuovo quadro collaborativo in cui volontariato e imprese sociali possano esaltare insieme le proprie specificità.

    Operativamente, se per la Comunità Montana del Fortore il Piano di Zona rappresenta il modo per programmare organicamente le misure da attuare nel settore socio-sanitario, il Terzo Settore potrà costituire uno strumento elettivo di attuazione del Piano stesso, in modo da compensare la scarsità di risorse, soprattutto economiche, in cui la Comunità Montana, così come gli altri Enti, si trova a dover operare, a fronte di una domanda sempre crescente di servizi.

    Come già spiegato in premessa, si riferisce qui al Terzo settore come operante in prevalenza nell'ambito dell'assistenza socio-sanitaria, e quindi come fattore chiave trasversale da attivare per il funzionamento dell'intero Piano di Zona, ma resta inteso che la promozione del Terzo settore può e deve avere la stessa valenza in tutti gli altri ambiti in cui opera: cultura, sport, formazione.

    Assegnato dunque un valore strategico al Terzo settore, è necessario far convergere gli sforzi in direzione di una sempre maggiore qualità dei servizi che possono essere offerti con la collaborazione del Terzo settore stesso.

    La qualità dovrà essere assicurata attraverso azioni che assicurino:

    1. il coordinamento costante e puntuale con le finalità e gli interventi della Comunità Montana nell'ambito dei servizi sociali definiti nel Piano di Zona;
    2. la professionalizzazione degli operatori del Terzo settore, parallela a quella degli operatori appartenenti alle strutture pubbliche;
    3. l'attivazione di tutte le risorse, economiche e non, disponibili per il raggiungimento degli obiettivi.
    1. Occorrerà formare un tavolo di concertazione che possano concorrere alla programmazione della rete tramite il Piano di Zona: il tavolo dovrebbe vedere la partecipazione di tutti i soggetti del terzo settore presenti nell'area della CM del Fortore e favorire una lettura attenta della domanda sociale. Una volta stabiliti i termini e i soggetti della collaborazione, occorrerà incentivare un tavolo per la valutazione della qualità dei servizi erogati insieme dalla Comunità Montana, da altri soggetti pubblici e dai soggetti sociali del Terzo settore;
    2. Sarà opportuno agire nel senso della progettazione e realizzazione di percorsi formativi specifici per gli operatori del Terzo settore, in modo che possano fronteggiare al meglio la domanda sociale, attualmente in fase di crescita e trasformazione profonda: un esempio di progettazione di percorsi formativi specifici è dato dai corsi di musicoterapia e pet-therapy descritti all'interno dei progetti dedicati;
    3. Un ulteriore tassello di una politica volta a favorire il rafforzamento dei soggetti del Terzo settore dovrebbe essere previsto sul fronte del credito: andrebbero sperimentati progetti innovativi (come quelli descritti più oltre) che, tramite il coinvolgimento di organismi come Banca Etica, possano favorire processi di capitalizzazione delle cooperative sociali.

    Un Centro di Servizio per la Comunità Montana del Fortore

    I Centri di Servizio sono previsti dalla Legge Quadro sul Volontariato n. 266/91 per offrire gratuitamente alle associazioni - iscritte e non al Registro regionale - servizi di informazione, formazione, consulenza e assistenza in fase progettuale.

    Nel Molise esistono 3 Centri: l’ ACESVO, corrispondente al territorio della AUSL n. 3 Centro Molise, con sede a Campobasso, il CESVIP, corrispondente all’intera provincia di Isernia, con sede a Isernia, e IL MELOGRANO, comprendente il territorio della AUSL n. 4 Basso Molise, con sede a Larino. I Centri svolgono dunque un’importante ruolo di cerniera tra volontariato - o aspirante tale - strutture pubbliche e private e PP.AA. Essi, inoltre, servono ad orientare le associazioni e i volontari nel complesso sistema delle opportunità e degli adempimenti prescritti dalle norme in materia.

    Dall'inizio del 2000 i Centri di servizio del Molise curano il bimestrale "Volontariato news", organo di informazione a disposizione di tutto volontariato regionale.

    La rivista si occupa di dare visibilità alle associazioni pubblicizzando il loro operato, preoccupandosi nel contempo di segnalare opportunità di interventi e adempimenti legali e fiscali. Diverse rubriche fungono inoltre da interfaccia con Enti Locali, istituzioni regionali ed extraregionali relative al volontariato, nell'ottica di una sempre maggiore integrazione tra Amministrazioni, istituzioni e Terzo settore.

    Il territorio della Comunità Montana del Fortore, ancora una volta, dunque, si trova diviso tra i due comprensori di Campobasso e Termoli. In coerenza con quanto proposto per la riorganizzazione dei servizi socio-sanitari attraverso un Piano di Zona del Fortore, sarebbe opportuno che la Comunità si dotasse di un proprio Centro di servizio, che potrebbe svolgere la propria attività parallelamente o all’interno dei servizi di Welfare leggero.

    Ciò non costituirebbe una duplicazione dei centri esistenti sul territorio né una sovrapposizione, in quanto i Centri esistenti tendono a gravitare più sui centri maggiori - Campobasso, Termoli e Larino – che sulle aree interne montane, caratterizzate, come si è già visto da situazioni e problemi diversi. Tutto ciò non graverebbe sul bilancio della Comunità Montana in modo rilevante, in quanto la legge quadro citata mette a disposizione cifre consistenti per l’attivazione e la gestione dei Centri stessi.

    Viceversa, un buon funzionamento del Centro, unitamente al buon funzionamento dei servizi di Welfare leggero, potrebbe permettere al mondo del volontariato di compiere il salto di qualità necessario perché avvenga un’effettiva integrazione con il settore pubblico, da un lato, e la società, dall’altro.

    Il Piano di protezione Civile della Comunità Montana del Fortore

    Come appare evidente dal dettato normativo, provvedere all’organizzazione di un sistema locale di protezione civile costituisce, insieme, un dovere e un'opportunità per la Comunità Montana del Fortore.

    Un dovere, in quanto la storia antica e recente dei disastri ambientali in Italia ci ha purtroppo insegnato che soltanto mediante un’organizzazione efficace e capillare è possibile limitare i danni a persone e cose, e tale obiettivo non è raggiungibile direttamente con le sole forze degli apparati statali. Un’opportunità perché, coerentemente con i principi di base del presente Piano, l’attenzione al territorio e la valorizzazione dell’esistente è la premessa principale sia di uno sviluppo rispettoso dell’ambiente sia di un modello di crescita che cerca di prevenire il più possibile eventuali calamità, i cui effetti peggiori, molto spesso, sono dovuti proprio ad una gestione sconsiderata delle risorse ambientali.

    Tale ottica preventiva assicura dunque il coordinamento con il Piano di sviluppo economico che si va elaborando in questa sede, come richiesto esplicitamente dal citato art. 26.

    Come è necessario procedere ad una programmazione generale per tutto il territorio comunitario per i servizi di assistenza socio-sanitaria, così anche in questo caso la Comunità Montana del Fortore può proporsi ai Comuni che comprende come capofila e Ente coordinatore di un Piano comunitario di protezione civile, capace di mettere in rete, in un sistema organico ed efficiente, le risorse esistenti.

    Come si vede dai dati forniti dalla Prefettura di Campobasso, delle Associazioni di volontariato di protezione civile nessuna ha la propria sede nel territorio comunitario, ma si tratta di un fatto puramente formale ed è presumibile che molti volontari, al contrario, risiedano nell’area. In ogni caso, azioni ad hoc di sensibilizzazione potrebbero essere svolte dai costituendi Centri di servizi e Welfare leggero per la costituzione di gruppi in loco, ai quali, beneficiando sia delle leggi nazionali che di quelle regionali, potrebbe essere offerta la necessaria preparazione professionale.

    E’ importante sottolineare che, data l’importanza strategica della materia, più che in altri campi del volontariato, lo Stato e le Regioni mettono a disposizione del volontariato di protezione civile risorse notevoli di tipo materiale e non. Ciò per favorire al massimo il funzionamento di servizi reputati essenziali ma difficilmente gestibili in toto dalle PP.AA., alle quali spetta in ogni caso il ruolo difficile e strategico dell’organizzazione e del coordinamento, peraltro impossibile da realizzare senza un confronto effettivo e costante con i volontari stessi.

    Non si tratta tanto, in questo caso – e ciò vale in maniera analoga per tutti gli altri ambiti coperti dal volontariato – delle solite difficoltà di reperimento delle risorse economiche, quanto di effettuare un radicale cambio di prospettiva e modus operandi che privilegi il procedere per obiettivi e competenze, e si confronti costantemente con le reali esigenze della società.

    Nell'ambito dei progetti-obiettivo: qualche proposta mirata

    Il Progetto-Obiettivo viene così definito "per una logica di integrazione delle risorse istituzionali, umane e finanziarie per la sua realizzazione" (dagli "Indirizzi per il Primo Piano Triennale dei servizi sociali della Regione Molise").

    La stessa fonte definisce l’approccio complessivo – finalizzato all’inserimento ed alla permanenza dei soggetti fragili nel proprio ambiente di vita - che il P-O deve avere, e cioè:

    L’insieme dei criteri individuati corrisponde all’impianto generale che è stato dato al presente Piano per tutto ciò che riguarda la pianificazione dei servizi sociali. La Comunità Montana del Fortore, inoltre, ha già avviato diversi progetti sostanzialmente conformi agli schemi suggeriti, e che possono quindi essere presi come quadro di riferimento generale per gli interventi nel settore giovani e adolescenti e tossicodipendenze.

    Si tratta di due progetti rivolti all’utenza giovanile – un progetto di promozione della salute per preadolescenti ed adolescenti, ai sensi del DPR n. 309/90 e della legge n. 45/99 e un progetto di servizio psico-socio-educativo ai sensi della legge n. 285/97 – che prevedono interventi sia di studio che di informazione/formazione, unitamente all’organizzazione di attività culturali ed artigianali per i soggetti coinvolti. Un terzo progetto, ai sensi della legge n. 104/92, è rivolto invece all’utenza disabile, e prevede l’attivazione di servizi di assistenza domiciliare e scolastica e di aiuti individualizzati alla persona.

    Dal momento che tutti e tre i progetti citati prevedono fasi, preliminari e in itinere, di studio e di informazione, da realizzarsi anche mediante l’attivazione di Sportelli informativi, i dati già acquisiti e quelli da ricercare possono essere utilmente ricompresi nell’ambito dei servizi ipotizzati per il Welfare leggero.

    In questo contesto, più che riproporre ulteriori macro-progetti di carattere generale, si ritiene più opportuno procedere con alcuni approfondimenti, circoscritti a specifiche azioni - per lo più innovative e/o sperimentali - di carattere trasversale, cioè coinvolgenti più fasce di utenza insieme e più ambiti tematici.

     

    F Formazione - scuola - Cultura

    F Area adolescenti e giovani

    F Area anziani

    F Area handicap

    Ê

    Sviluppo sociale

    Occupazione

    PROGETTO

    FORMAZIONE

     

     

    1. Cos'è

    Più che un progetto, si tratta di un pacchetto formativo finalizzato ad una pluralità di scopi.

    Il pacchetto comprende corsi di vario livello relativo alle seguenti aree tematiche:

    b. A cosa serve

    Gli ambiti tematici sopra citati sono stati scelti in quanto possono contribuire in modo significativo alla creazione di nuove opportunità di sviluppo dell'area del Fortore.

  • Molte delle produzioni tipiche locali possono essere promosse e commercializzate con successo anche al di fuori dei confini regionali e nazionali, ma, sempre più spesso, l'esigenza di una maggiore produzione si scontra con una grave carenza di addetti. L'altra faccia della disoccupazione giovanile è infatti quella di una "disoccupazione selettiva", che non prende affatto in considerazione l'ipotesi di recuperare antiche professionalità che richiedono un alto grado di specializzazione.

    Parallelamente ad un'opera capillare di sensibilizzazione della popolazione su questo tema, la Comunità Montana potrà utilmente attivare corsi di formazione professionale volti alla preparazione di tecnici specializzati, capaci di recuperare e sviluppare antiche tecniche di lavorazione, necessarie alla produzione tipica.

  • Attivare corsi di qualificazione e specializzazione nel campo dell'edilizia potrà fare fronte a questi inconvenienti e potrà suggerire nuove possibilità di occupazione sia ai giovani della Comunità sia a cittadini stranieri immigrati.
  • c. Cosa occorre

    d. Destinatari - Ambiti di applicazione

    e. Articolazione del progetto - 6 durata

    Il pacchetto formativo comprenderà almeno i seguenti corsi:

     

    f. Possibilità di partnership

    E' possibile l'attivazione di partnership con:

    g. Costi - possibilità di finanziamento

    E' ipotizzabile un costo complessivo per corso di 80 LM.

    Possibilità di finanziamento:

    POR Molise 2000-2006: Misure FSE a titolarità regionale: C.2.1 (3.6) "Formazione superiore e universitaria" – C.3.1 (3.7) "Istruzione e formazione permanente";

    Fondi statali: Legge n. 125/91 - 215/92 (per Corsi di Formazione che favoriscano l'occupazione femminile);

    Fondi regionali: Legge Regionale n. 1/00 (Fondo Sociale regionale).

    F Welfare leggero

    F Formazione - Scuola - Cultura

     

     

    Sviluppo sociale

    Occupazione

    PROGETTO

    ACCOGLIENZA E INSERIMENTO SOCIALE

    DEGLI IMMIGRATI

     

    1. Cos'è

      E' un progetto dedicato all'accoglienza ed all'inserimento sociale degli immigrati.

      Si tratta infatti di corrispondere in modo più compiuto all'esigenza di considerare gli immigrati come soggetti e cittadini a pieno titolo ponendosi in un'ottica di trasformazione e ridefinizione di tutti i servizi per adeguarli alle esigenze della nuova utenze.

      L'inserimento dei nuovi cittadini è un processo che investe la globalità dei rapporti con la società di accoglienza: vanno dunque promosse le condizioni di comunicazione reciproca attraverso specifiche politiche.

      Dal momento che, nonostante una presenza quantitativamente più rilevante soprattutto concentrata nei capoluoghi di provincia e nei centri costieri, a livello regionale non è stato attivato finora nessun servizio del genere, il progetto accoglienza agli immigrati potrà rappresentare un elemento di eccellenza della CM del Fortore, e servire da punto di riferimento e modello per l'intero territorio regionale.

    2. A cosa serve

      Sebbene, come è ovvio, in misura minore rispetto al resto della Provincia, anche il territorio della Comunità Montana del Fortore è stato interessato negli ultimi anni dall'arrivo di stranieri immigrati, comunitari ed extracomunitari.

      Come si può ricavare dai dati riportati nell'Appendice B, sono 113 in totale gli stranieri in possesso di permesso regolare di soggiorno nell'area comunitaria, rappresentanti più dell'8% degli stranieri sul totale provinciale (1400).Tenendo conto del fatto che i dati ufficiali sottostimano notevolmente il dato reale delle presenze, e che, in ogni caso, il numero complessivo degli immigrati tende costantemente ad aumentare, appare evidente la necessità di intervenire nel campo dell'accoglienza agli immigrati anche nella CM del Fortore.

      E' ormai chiaro, inoltre, che l'apporto demografico fornito dall'immigrazione in tutto il Vecchio Continente è estremamente importante.

      Tutta l'Europa, infatti, é soggetta a un progressivo invecchiamento derivante da un tasso di fecondità al di sotto del livello di sostituzione (più accentuato nei paesi mediterranei e in Italia) e da una speranza di vita molto alta. La popolazione attiva dell’Unione da qui al 2020 diminuirà di otto milioni di unità.

      In Europa, secondo l’OCSE, diminuirà la popolazione attiva (15-64 anni) e aumenterà quella anziana (65 anni e più), con conseguente aggravio sul sistema pensionistico e sanitario. Il rapporto di dipendenza (anziani rispetto alle persone attive) nel 2010 oscillerà tra il 18,4% in Irlanda e il 30,4% in Italia. Come già illustrato nell'introduzione al presente Piano per gli aspetti sociali, la situazione della CM del Fortore per quanto riguarda gli squilibri demografici e l'invecchiamento della popolazione è emblematica.

      L’incidenza dei figli degli immigrati sulle nuove nascite é molto più alta rispetto all’incidenza della popolazione immigrata su quella residente. Senz’altro, quindi, le nascite dei figli degli immigrati possono fin da ora contribuire a contenere l’invecchiamento della popolazione e rendere meno traumatici i processi di aggiustamento demografico da adottare. Questo contesto demografico lascia prevedere degli spazi per i lavoratori immigrati, che in larga misura hanno un ruolo di complementarità e non di concorrenzialità con i locali.

      Stando così le cose, bisogna sforzarsi per riuscire a meglio inquadrare l’apporto dinamico dell’immigrazione e superare una visione assistenziale e pauperistica di questi lavoratori.

      E' inoltre fondamentale comprendere che, se da un lato gran parte della programmazione - comunitaria, regionale e locale - insiste giustamente sulla valorizzazione del territorio e delle sue risorse soprattutto agro-alimentari e turistiche, dall'altro lato molto spesso tali misure restano inattuate o parzialmente attuate per mancanza di soggetti - giovani o meno giovani - disposti ad operare nel settore. In questo senso, l'apporto lavorativo degli immigrati potrà servire proprio a colmare questo gap.

    3. Cosa occorre

     

     

     

    d. Articolazione del progetto - 6 durata

    Il progetto è articolato nei seguenti ambiti/settori di intervento:

    a) servizi per l'integrazione

    b) servizi di prevenzione e di contrasto dei fenomeni di merginalità e devianza

    c) servizi rivolti a facilitare l'interazione tra immigrati e autoctoni

    Comprende:

    Comprende:

    Comprende:

     

    Tempo previsto per il funzionamento del servizio a regime: 1 anno.

    Possibilità di partnership

    E' necessaria l'attivazione di partnership con:

    E' auspicabile l'attivazione di partnership con:

    Costi - possibilità di finanziamento

     

    Possibilità di finanziamento:

    POR Molise 2000-2006: Misura B.1.1 (3.4) "Inserimento lavorativo e reinserimento di soggetti a rischio di esclusione sociale";

    Legge Regionale n. 1/00 (Fondo Sociale Regionale).

    F Area handicap

    F Area anziani

    F Area scuola-formazione

     

     

    Sviluppo sociale

    Occupazione

    PROGETTO SPERIMENTALE

    SERVIZIO DI MUSICOTERAPIA - SCUOLA DI MUSICOTERAPIA

     

    Cos'è - a cosa serve

    E' un progetto integrato che prevede l'attivazione parallela di due servizi:

    1) servizio di MUSICOTERAPIA

    2) scuola di formazione per musicoterapisti.

    1. La Musicoterapia è una forma di terapia che si avvale della musica - ascoltata o prodotta - per migliorare le situazioni di pazienti con problemi diversi, fisici e psichici. Esperienze recenti hanno tuttavia messo in luce anche gli effetti positivi della musicoterapia su soggetti non portatori di patologie o di disagio, come gli anziani. L'incontro terapeutico fondato sul linguaggio musicale rasserena, rassicura, risveglia abitudini, attiva l'espressione di emozioni, facilita il mantenimento dell'attenzione, la coordinazione dei movimenti, l'uso della parola. L'arte musicale fa emergere potenzialità e ricchezza, sviluppate in virtù di quella universale "arte di vivere" che permette di affrontare il cammino nonostante la perdita di riferimenti.
    2. La musicoterapia può dunque offrire uno strumento efficace di azione sia nel prevenire, sia nel curare le situazioni di disagio, e potrà essere utilmente inserita nei programmi di assistenza socio-sanitaria della CM del Fortore.
    3. Per avere a disposizione una valida équipe di musicoterapisti, sarà opportuno provvedere alla formazione dei terapisti stessi attraverso l'attivazione di speciali corsi di formazione. Data la sempre crescente richiesta di simili professionalità sul mercato e la relativa limitatezza dell'offerta, istituire presso la CM del Fortore un vero e proprio Centro di formazione per Musicoterapisti può rappresentare una scelta vincente sia sotto l'aspetto della creazione di nuove opportunità di lavoro qualificato, sia sotto l'aspetto di una qualificazione e caratterizzazione dell'intera area.

    Cosa occorre

    Attivazione di convenzioni con una équipe di musicoterapisti.

    Individuazione di una sede; progettazione esecutiva dei Corsi, selezione dei partecipanti, avvio dei Corsi.

    Destinatari - Ambiti di applicazione

    1. Il servizio di MUSICOTERAPIA può essere utilizzato per curare patologie molto diverse tra loro come:

    2) La proposta formativa si rivolge a:

    Articolazione del progetto - 6 durata

    I Corsi terapeutici potranno essere monotematici (ad es.: soltanto di Musicoterapia) o politematici (ad es.: percorso di ARTE TERAPIA comprendente Teatro, Musica e Grafica). Il servizio potrà essere utilmente affiancato dal servizio di PET THERAPY, così come descritto nel progetto corrispondente.

    I Anno: Assistente di laboratorio di Musicoterapia;

    II Anno: Operatore in Musicoterapia;

    III Anno: Esperto in attività musicali specializzato in Musicoterapia;

    IV Anno: Diploma di MUSICOTERAPEUTA.

    Il monte ore comprenderà circa 700 ore di lezioni-laboratori. Saranno previsti tirocini.

    I corsi potranno essere strutturati in moduli-unità didattiche nel modo seguente:

     

     

    1. Area Musicoterapica:

    Musicoterapia Didattica, Musicoterapia Ricettiva, Musicoterapia Pratica, Musicoterapia e Riabilitazione, Improvvisazione musicoterapica, Musicoterapia applicata, Forme musicali per la musicoterapia, Autoesperienze. musicoterapiche.
    B) Area Musicale e Vocale:

    Acustica, Psicologia della Musica, Semiologia della Musica, Tecniche compositive, Pedagogia della Musica, Laboratorio di pratica musicale, Laboratorio di strumenti elettronici per la musicoterapia, Esperienze polivocali Voce-Persona-Comunicazione,
    C) Area Psicologica:

    Psicologia generale, Psicologia dinamica, Psicologia dell'arte, Supervisione.
    D) Area Medica:

    Neuropsicologia, Foniatria e audiologia, Psicopatologia. Psichiatria
    E) Altre Aree:

    Laboratorio, Introduzione alla Danzaterapia.

    Tempo previsto per il funzionamento del servizio a regime: un mese.

    Tempo previsto per l'attivazione di una équipe di terapisti specializzati in loco: 4 anni.

    Possibilità di partnership

    Sarà auspicabile l'attivazione di partnership con:

    Costi - possibilità di finanziamento

    Servizio di Musicoterapia per un anno: 60 LM

    Corso di Formazione per terapisti: 100 LM anno.

    Possibilità di finanziamento:

    POR Molise 2000-2006: Misure FSE a titolarità regionale: C.2.1 (3.6) "Formazione superiore e universitaria" – C.3.1 (3.7) "Istruzione e formazione permanente";

    Fondi regionali: Legge Regionale n. 1/00.

    F Area anziani

    F Area handicap

    F Welfare leggero

     

    Sviluppo sociale

    Occupazione

    PROGETTO SPERIMENTALE

    CANILE RIFUGIO - PET THERAPY

     

    Cos'è - a cosa serve

    E' un progetto innovativo che prevede la realizzazione di:

    1. un canile-rifugio per l'area della Comunità Montana del Fortore;
    2. un servizio di pet therapy con i cani ospiti del canile.

    Il progetto ha carattere innovativo per più motivi:

    1. il canile verrà concepito in modo da garantire al massimo il benessere dei cani ospiti.

    A tal fine sarà progettato in modo da assicurare, oltre ad un impatto ambientale minimo, spazi per il movimento e la ricreazione dei cani (spiazzi, viali ecc.), che non dovranno essere costretti a vivere soltanto nei box.

    L'articolazione degli spazi dovrà inoltre prevedere:

    Il canile-rifugio serve ad affrontare i seguenti problemi:

    CANILE:

    1) emergenza randagismo;

    2) alloggio per cani "sfortunati" e per cani operatori di pet therapy (nella speranza che, nel tempo, la necessità del canile come struttura diminuiscano a scomparire).

    1. parallelamente al canile, il servizio di pet therapy offrirà uno strumento in più per affrontare non solo le situazioni di disagio "normali" degli anziani, ma anche numerose situazioni patologiche di bambini, adulti e anziani, rispetto alle quali la pet therapy si è ormai dimostrata in grado di agire con successo (autismo, Alzheimer, ipertensione arteriosa, disturbi miocardici, depressione, problemi comportamentali ecc. - vedi scheda più oltre).
    2. Il servizio contribuirà inoltre a sensibilizzare la popolazione sul problema della dignità degli animali, domestici e non, e potrà essere affiancato da un servizio di affido/adozione a distanza dei cani ospiti, anche al di fuori di azioni terapeutiche vere e proprie.

    Cosa occorre

    Destinatari - Ambiti di applicazione

    Le attività assistite dall'animale e le terapie assistite dall' animale (AAA e AAT), impiegano animali specificatamente addestrati, per diminuire la solitudine, migliorare la qualità di vita, accrescere la capacità d'apprendimento creando la motivazione necessaria per raggiungere obiettivi prestabiliti.

     

     

     

     

     

     

    Le AAA/AAT sono frequentemente utilizzate negli istituti geriatrici, ospedali, centri di riabilitazione, scuole, centri socio educativi, cooperative, carceri, ecc.

      Persone Normali Anziani Pazienti Psichiatrici Detenuti Disabili Malati Terminali
    Possesso Animali maggior sopravvivenza dopo un infarto, minori rischi per i disturbi cardiovascolari

    lari

    minor contatti con il medico, minore depressione, maggiore benessere fisico e mentale     maggiore autostima , integrazione sociale , indipendenza , minore solitudine , stress , depressione  
    Presenza Cane Minore attivazione fisiologica, minore pressione sanguina          
    Pet-Therapy (animali domestici e non)   maggior coinvolgimento nelle attivita' , maggiori contatti sociali , minore solitudine maggiore partecipazione alle sedute terapeutiche , maggiore autocontrollo , minore ostilita' ,uso dei farmaci , depressione , aggressivita' , violenza , ritiro sociale   minore violenza e aggressivita' minore ansia e disperazione
    Terapia Equestre     maggiore apprendimento e autostima   maggiore equilibrio , tono muscolare , controllo movimenti , autostima  
    Delfinoterapia     maggiore apprendimento e consapevolezza del proprio corpo      

    Articolazione del progetto - 6 durata

    La prima fase in ordine cronologico sarà costituita dalla costruzione del canile (tempo previsto: un anno).

    Durante il periodo della realizzazione del canile:

    a)data l'urgenza del problema, si potranno individuare soluzioni alternative per il ricovero temporaneo dei cani presso strutture disponibili di proprietà della Comunità Montana e/o dei Comuni dell'area;

    b) sarà realizzata la fase di formazione dell’équipe di terapisti e dei cani operatori.

    Una volta terminata e popolata la struttura, saranno attivati i servizi descritti, con priorità a quello di pet therapy.

    Tempo previsto per il funzionamento della struttura a regime: 2 anni.

    1. Possibilità di partnership

    E' possibile l'attivazione di partnership con:

     

    Costi - possibilità di finanziamento

     

    Progettazione-Realizzazione del canile: 300 LM

    Formazione terapisti/cani: 30 LM

    Attività équipe per un anno: 60 LM

    Possibilità di finanziamento:

    Fondi statali: Legge 14 agosto 1991, n. 281;

    Fondi regionali: Legge Regionale 4 marzo 1992 n. 11

    F Welfare leggero

    F Area anziani

    Sviluppo sociale

    Occupazione

    PROGETTO SPERIMENTALE

    PROGETTO DI UNA MACCHINA SEMOVENTE PER IL TRASPORTO DI PERSONE/COSE NEI CENTRI MINORI E MONTANI

    Cos'è - a cosa serve

    1. E' un progetto dai contenuti altamente innovativi, scaturito dalle difficoltà oggettive riscontrate quotidianamente negli spostamenti delle persone e nel trasporto di cose nell'ambito di gran parte dei centri abitati della Cm del Fortore. Le abitazioni che affacciano sui vicoli dei centri storici, infatti, vengono sempre più abbandonate perché oggettivamente svantaggiate. Specie per anziani e soggetti con difficoltà di deambulazione è difficile poter condurre una vita sociale normale abitando nei centri storici dei nostri piccoli paesi.

      In queste situazioni, è molto più difficile far accettare e rendere pienamente operativo ogni serio progetto di recupero integrale dei centri storici, in quanto il disagio dei trasporti permane. Inoltre, anche le imprese edili che devono provvedere a lavori di manutenzione o di ristrutturazione incontrano seri problemi a condurre in loco attrezzature e materiali, con conseguente notevole aumento di costi e di tempi. Rendere i trasporti interni dei centri storici più facilmente accessibili senza snaturarne la fisionomia è dunque un prerequisito importante sia per una buona qualità della vita delle persone residenti, sia per una complessiva rivitalizzazione dei centri storici stessi, anche a fini turistici.

      La peculiare conformazione delle strade interne - vicoli angusti e tortuosi, spesso a gradini irregolari - rende di fatto impossibile il passaggio alle auto normali e in molti punti anche ai triruote, che sono gli unici mezzi a funzionare meglio in questi casi.

      E' necessario dunque pensare a nuovi strumenti-mezzi di trasporto che possano funzionare in queste condizioni, senza apportare alcun danno alle strutture esistenti.

      Dal momento che attualmente non esiste un mezzo di locomozione adatto, l'ipotesi è quella di commissionare uno studio di fattibilità di tale macchina, per poterla poi utilmente progettare e realizzare. Il brevetto rimarrebbe proprietà della CM del Fortore che potrebbe cederlo in convenzione non solo agli altri Comuni della Regione, ma anche a molti Comuni delle regioni del Centro e del Sud d'Italia, caratterizzati dagli stessi problemi.

      L'idea preliminare è che tale macchina possa funzionare elettricamente - in modo da evitare emissioni di gas e fumi nocivi - e si muova su ruote cingolate di materiale morbido, in modo da conformarsi ai dislivelli dei vicoli senza vibrazioni pericolose.

      Cosa occorre

    Destinatari - Ambiti di applicazione

    Possibilità di partnership

    E' necessaria l'attivazione di partnership con:

    E' auspicabile l'attivazione di partnership con:

    Possibilità di finanziamento

    POR Molise 2000-2006: Misura a regia regionale 3.12 "Ricerca e sviluppo";V Programma Quadro della Comunità Europea.

     

     

    PROGETTO SPERIMENTALE TRASVERSALE

    PROMOZIONE DEL TELELAVORO

    Cos'è

    Il telelavoro è la più flessibile modalità organizzativa del lavoro, resa più efficiente dai moderni mezzi di comunicazione.

    Gli elementi che lo caratterizzano sono:

    - La distanza tra i soggetti implicati;

    - L'interdipendenza tra i soggetti coinvolti.

    Il telelavoro può costituire una importante implementazione del piano generale di INFORMATIZZAZIONE attualmente in fase di realizzazione nell'intero ambito della Provincia di Campobasso, attraverso il Sistema Informativo Provinciale.

    La promozione dell'informatizzazione è inoltre promossa con l'art. 24 della L.R. n. 29/99.

    A cosa serve

    - Per le aziende, ad ottenere maggiore efficienza;

    - Per il telelavoratore, a raggiungere un livello più alto di qualità della vita (meno stress, più tempo libero, armonizzazione famiglia-lavoro, meno traffico urbano e meno inquinamento);

    Cosa occorre

    Tecnologie utili per il telelavoro (utilizzabili anche in alternativa):

    Destinatari

    Ambiti di applicazione

    Non tutte le attività sono telelavorabili. Sono telelavorabili tutte le attività che consistono nel ricevere, elaborare, smistare informazioni.

    Articolazione del progetto

    Fase 1: Attività di animazione sul territorio della CM per la ricognizione delle adesioni aziendali, di PP.AA. e di singoli privati cittadini;

    Fase 2. Programmazione degli interventi sulla base dei dati emersi in fase 1 e valutazione ex ante degli stessi;

    Fase 3: Realizzazione degli interventi (tra quelli possibili: redazione e sottoscrizione di protocolli di intesa con le PP.AA. e le aziende - corsi di formazione per i destinatari del progetto con modalità mista di aula, FAD e on the job - tutoraggio on the job);

    Fase 4: Valutazione ex post, pubblicazione dei risultati e passaggio alla fase a regime.

    Possibilità di partnership

    E' possibile l'attivazione di una partnership con la SIT - Società Italiana di Telelavoro - promossa dal Prof. Domenico De Masi della Cattedra di Sociologia del Lavoro dell'Università di Roma "La Sapienza".

    Costi

    Fasi 1-2-4= 15 LM; Fase 3= 50; Attrezzature = 25 LM - Totale 90 LM.

    Possibilità di finanziamento: POR MOLISE 2000-2006:

    Durata

    La sperimentazione avrà una durata almeno biennale prima di passare ad una fase a regime.