La Programmazione sovraterritoriale

Il Molise, attualmente nella fase di phasing out dall’Obiettivo 1 europeo, è stato interessato negli ultimi anni, da numerosi programmi di sviluppo che beneficiano dei fondi comunitari.

Si è tratta, da un lato, degli strumenti di sviluppo che organizzano e ripartiscono i Fondi strutturali a livello regionale – vedi POR MOLISE più oltre – e, dall’altro, degli strumenti di "programmazione negoziata territoriale", che interessano parte del territorio molisano a seconda dei parametri di valutazione che vengono assunti come prioritari.

Tutti gli strumenti citati si pongono come obiettivo primario quello della crescita economica e produttiva della regione, e prevedono una iniziale fase, anche molto lunga, di concertazione.

I punti di forza del complesso degli strumenti citati consistono nello sforzo di coinvolgere il più possibile la comunità locale nei processi decisionali attraverso i quali si scelgono le azioni da effettuare, i beneficiari e le modalità di intervento ed erogazione dei fondi. Tale procedimento, più limitata nel caso del POR, ma "fondante" per gli altri casi, permette un dialogo costante tra soggetti pubblici, che svolgono la funzione di promotori, parti sociali e associazioni di categoria.

Ciò mira, da un lato, a tagliare "su misura" gli interventi da realizzare rispetto alle esigenze locali, e, dall’altro, ad evitare che i provvedimenti, anche se ben progettati, vengano "calati dall’alto", quindi non condivisi e resi di fatto inefficaci.

Alcuni dei punti di forza individuati hanno il loro corrispondente negativo.

Lo stesso procedere per obiettivi e progetti, che di per sé costituisce un metodo eccellente, può – come viene spiegato nel capitolo a riguardo- risultare fuorviante.

A ciò si deve aggiungere un ulteriore problema, riscontrabile un po’ a tutti i livelli nell’analisi del territorio regionale in rapporto agli strumenti organizzativi e gestionali di cui dispone.

Si tratta della sovrapposizione evidente tra programmi e iniziative che coinvolge molti dei Comuni, che possono, di volta in volta, rientrare o non nelle misure attivate in quanto fanno o non fanno parte delle varie aree dei Patti o dei Contratti d’Area o dei Leader. A distanza di pochi chilometri, senza che si possa apprezzare una significativa variazione della situazione economica o territoriale, alcune possibilità di sviluppo esistono o vengono negate.

E’ evidente che, soprattutto all’inizio, avrà avuto il suo peso la mancanza di esperienza nel procedere per progetti e, più in generale, nella politica di programmazione, che nel Molise è sempre stata assente.

Allo stato attuale, tale situazione non trova però più alcuna giustificazione, e deve essere affrontata in sede di riprogrammazione degli interventi ancora da attuare, possibilmente all’interno di un più generale riordino di competenze territoriali che deve investire l’intera regione.

La Comunità Montana ha un compito ben preciso in questo senso, in quanto presenta una frammentazione eccezionale di opportunità al suo interno, che trova purtroppo analogie anche nel settore dei servizi sociali – vedi più oltre – e sanitari.

A ciò si deve aggiungere il problema costituito attualmente dalla fase di rinnovamento organizzativo delle autonomie locali, che vede un movimento di costituzione di Unioni di Comuni che contribuiscono a smembrare le Comunità Montane limitandone fortemente le possibilità di azione. Tale prospettiva è attualmente rappresentata per l’area del Fortore dai programmi sostenuti dal Patto territoriale del Basso Molise (vd. oltre).

Appare evidente come, allo stato attuale, risulti assolutamente necessario per la Comunità Montana del Fortore un impegno serio e approfondito di ri-esame della situazione e di riprogrammazione organizzativo-istituzionale.

E’ indispensabile, infatti, interrogarsi sui motivi che hanno portato, prima, alla polverizzazione delle competenze e della distribuzione dei servizi, soprattutto socio-sanitari, dell’area, poi, alla frammentazione delle risorse offerte dai programmi comunitari e al fermento riorganizzativo dei Comuni dell’area.

E’ probabile, infatti, che la Comunità Montana del Fortore non abbia saputo svolgere, nel tempo, il proprio ruolo propositivo e di giuda nei confronti di tutti i Comuni che comprende. Sarà possibile, quindi, passare alla fase successiva di riprogrammazione e riorganizzazione.

Come si evince dall’intero Piano, le opportunità a disposizione sono molteplici e permettono, in alcuni casi, anche possibilità relativamente agevoli di finanziamento. Senza una preliminare fase di riappropriazione del proprio ruolo istituzionale, tuttavia, ogni sforzo potrà essere vanificato, mentre nel futuro altrettante possibilità di azione potrebbero non ripresentarsi.

Allo scopo di evidenziare meglio opportunità e debolezze del complesso degli strumenti citati, vengono dati di seguito alcuni dati essenziali per la loro descrizione. Uno spazio maggiore viene riservato al POR MOLISE in quanto programma principale a validità regionale ai quali tutti gli altri devono fare riferimento.

 

  

La programmazione negoziata

La spinta a puntare sullo sviluppo locale per risolvere i problemi della disoccupazione e delle aree in difficoltà è venuta dal Libro bianco su crescita competitiva e occupazione, del 1993. Esso ha rappresentato la premessa per la prima formalizzazione dei Patti territoriali come strumento di sviluppo del Mezzogiorno nell’accordo tra Governo e Sindacati del 11.11.94.

La legge n. 662/96 definisce come strumenti di programmazione negoziata i seguenti strumenti:

Intese Istituzionali di Programma;

Accordi di Programma Quadro;

Patti territoriali;

Contratti di Programma;

Contratti d’Area.

Tra gli strumenti di programmazione negoziata sono attivi nel Molise:

il Contratto d’Area "Molise Interno" (del 22.06.99: interessa nuclei industriali e aree industriali attrezzate nelle province di Campobasso e Isernia, nessuna delle quali ricade nel territorio della Comunità Montana del Fortore);

l’Intesa Istituzionale di Programma tra Stato e Regione Molise (del 16.2.2000: individua 5 settori prioritari di intervento in relazione ai quali seguiranno gli Accordi di Programmi Quadro da stipulare con le Amministrazioni centrali statali competenti);

Il Patto Territoriale del "Matese per l’Occupazione" (vd. oltre);

Il Patto Territoriale del "Fortore-Basso Molise" (vd. oltre);

il Patto Territoriale "Trigno-Sinello" (che interessa le province di Campobasso, Isernia e Chieti ma nessun territorio ricadente nell’area del Fortore).

Il Patto Territoriale del Matese per l’Occupazione ha preso l’avvio nel 1994 ed ha visto il primo concreto risultato nella firma del Documento di concertazione nel dicembre 1996 presso il CNEL a Roma. Esso è dunque uno degli strumenti attivati prima nella nostra regione. Si è posto l’obiettivo primario della creazione di nuovi posti di lavoro (il programma ne prevede circa 600 nuovi a regime) e del parallelo accrescimento complessivo del tasso di imprenditorialità nell’area. Interessa complessivamente 15 Comuni appartenenti alla Comunità Montana del Fortore.

 

Il Patto Territoriale del Fortore – Basso Molise è attualmente in via di realizzazione (al momento della redazione del presente piano l’Assemblea del Partenariato deve esprimersi sullo Statuto della società di gestione del Patto stesso). Coinvolge soltanto due Comuni della Comunità Montana del Fortore, i quali, parallelamente all’attività di concertazione svolta dal Patto stesso, sono tra i protagonisti di un iniziativa di mobilitazione finalizzata ala costituzione di una Unione di Comuni della quale fanno parte anche Santa Croce di Magliano, Bonefro, Montorio dei Frentani, Montelongo, Rotello e Casacalenda. Sebbene numericamente siano di più i Comuni dell’area interna, il patto dedica molta attenzione all’area costiera, comprendente alcuni dei centri produttivi maggiori come Termoli e Larino.

In attuazione delle linee generali del POR, il Comitato Direttivo del Patto del Matese e il Comitato Ristretto del Patto del Basso Molise hanno elaborato nell’ottobre scorso una proposta per la realizzazione di Programmi Integrati Territoriali (PIT).

I PIT dovranno attuarsi in aree omogenee e coincidenti con macro sistemi locali. In fase di elaborazione della proposta, ancora in fase di approvazione, le aree individuate ai fini dell’attuazione dei PIT sono:

Molise Centrale, Alto Fortore, Matese campobassano e Alto Trigno;

Basso Molise, Basso Trigno, Basso Fortore (provincia di Campobasso);

Provincia di Isernia, Matese Isernino, Alto Molise, Area venafrana.

Non sono stati ancora definiti gli elenchi di Comuni ricadenti nelle tre aree. E’ possibile che la suddivisione ricalchi quella dei due Patti Territoriali oppure se ne propongano delle nuove. Nel prospetto elaborato più oltre si è ipotizzata una ripartizione seguendo soltanto il criterio geografico.

I programmi LEADER

Il territorio della Comunità Montana del Fortore è interessata dai due programmi LEADER che sono stati attuati per due edizioni nel Molise.

Il programma LEADER (Liason Entre Actions de Developpement de l’Economie Rurale) è un Programma di Iniziativa Comunitaria (PIC) finanziato dai Fondi Strutturali FEOAG per l’agricoltura.

I due programmi LEADER nel Molise sono stati:

il LEADER promosso dal GAL (Gruppo di Azione Locale gestore) "Molise Verso il 2000", che comprende 16 Comuni dell’area del Fortore;

il LEADER promosso dal GAL "MOLI.G.A.L.", che comprende un solo Comune dell’area del Fortore.

Allo stato attuale, è in fase di costituzione un nuovo GAL per la terza edizione del programma – LEADER + - ma non sono ancora stati definiti i confini geografici dell’area.

Prospetto riassuntivo dei Programmi attivi sul territorio della Comunità Montana del Fortore

COMUNE PROGRAMMA ATTIVO
Campodipietra P.T. Matese – LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT A
Campolieto P.T. Matese; LEADER Molise verso il 2000; Area PIT A
Colletorto P.T. Fortore–Basso Molise; LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT B
Gambatesa P.T. Matese; LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT A
Gildone P.T. Matese; LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT A
Jelsi P.T. Matese; LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT A
Macchiavalfortore P.T. Matese ; LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT A
Matrice P.T. Matese – LEADER Molise verso il 2000; Area PIT A
Mirabello Sannitico P.T. Matese – LEADER MOLI.G.A.L.; Area PIT A
Monacilioni P.T. Matese; LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT A
Pietracatella P.T. Matese – LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT A
Riccia P.T. Matese – LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT A
S. Giovanni in Galdo P.T. Matese – LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT A
S. Giuliano di Puglia P.T. Fortore-Basso Molise; LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT B
Sant’ Elia a Pianisi P.T. Matese – LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT A
Toro P.T. Matese –LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT A
Tufara P.T. Matese – LEADER Molise Verso il 2000; Area PIT A

 

Il POR MOLISE 2000-2006

Il POR – Programma Operativo Regionale - del MOLISE assume la stessa articolazione programmatica del QCS – Quadro Comunitario di Sostegno – che costituisce la modalità di programmazione dei Fondi Strutturali europei per Paesi e Regioni ammissibili all’Obiettivo 1

I Fondi Strutturali sono gli strumenti finanziari della politica regionale dell’Unione Europea e sono destinati a realizzare interventi nel campo dello sviluppo sociale, regionale, locale, della ricerca e della tutela dell’ambiente.

L’obiettivo generale della politica dello sviluppo del POR Molise è quello di "ridurre i divari economici e sociali della Regione (…) con l’avvio di un processo di crescita autopropulsivo (…) accrescendo la capacità di attrazione di iniziative imprenditoriali e favorendo (…) una piena valorizzazione delle risorse umane, ambientali e culturali che caratterizzano la regione".

Il POR è articolato in 5 Assi prioritari suddivisi in Misure, alcune delle quali si definiscono "a bando", cioè destinate a privati, "Regia regionale", cioè destinate ad altri enti Pubblici, e a "Titolarità regionale", cioè gestite dalla Regione con il concorso di altri enti a prevalente natura pubblica.

Come si vede dal prospetto riassuntivo riportato più avanti, l’articolazione di Assi e misure appare organica ed adeguata alle esigenze locali. Il problema più grave è però costituito dalla dotazione finanziaria, molto limitata (605, 320 Meuro pari a circa 1.172 miliardi di lire, che includono però anche una quota di 183, 904 Meuro di risorse private). Ciò ha portato inevitabilmente ad assegnare un ruolo prioritario nell’assegnazione dei fondi alle opere pubbliche e agli interventi nel settore produttivo, a tutto discapito della cultura, della formazione e dei servizi all’occupazione.

 

ASSI

SETTORI MISURE

Risorse naturali e ambientali

Acqua e suolo 1.1 Ciclo integrato dell'acqua
1.2 Gestione delle risorse idriche in agricoltura
1.3 Difesa e salvaguardia del territorio
Rifiuti e inquinamento 1.4 Monitoraggio ambientale
1.5 Aggiornamento del Piano Regionale dei Rifiuti con azioni di accompagnamento
Ambiente 1.6 Forestazione
1.7 Valorizzazione e conservazione di aree ad elevato valore naturalistico
Energia 1.8 Metanizzazione

Risorse culturali e storiche

Patrimonio culturale 2.1 Recupero e valorizzazione del patrimonio storico-museale
2.2 Recupero a fini turistici del patrimonio di edilizia abitativa
2.3 Sostegno alla creazione di nuove imprese nel campo dei servizi culturali e ambientali

Risorse umane

Lavoro A.1.1 (3.1) Organizzazione dei servizi per l'impiego
A.1.2 (3.2) Inserimento e reinserimento nel mercato del lavoro di giovani ed adulti nella logica dell'approccio preventivo
A.1.3. (3.3) Inserimento e reinserimento nel MDL di uomini e donne fuori del mercato del lavoro da più di sei o dodici mesi
B.1.1 (3.4) Inserimento lavorativo e reinserimento di soggetti a rischio di esclusione sociale
C.1.1 (3.5) Adeguamento del sistema della formazione professionale e dell'istruzione
C.2.1 (3.6) Formazione superiore e universitaria
C.3.1 (3.7) Istruzione e formazione permanente
D.1.1 (3.8) Sviluppo della competitività delle imprese pubbliche e private con priorità alle PMI
D.2.1 (3.9) Sviluppo e consolidamento dell'imprenditorialità con priorità ai nuovi bacini d'impiego e sostegno all'imprenditorialità, al lavoro regolare e all'emersione delle attività non regolari
E.1.1 (3.10) Promozione della partecipazione femminile al mercato del lavoro
F (3.11) Formazione integrata nella azioni del POR - Rafforzamento degli interventi
Ricerca e innovazione 3.12 Ricerca e sviluppo

Sistemi locali di sviluppo

Industria, commercio, servizi e artigianato 4.1 Aiuti alle PMI industriali
4.2 Aiuti "de minimis" alle imprese artigiane e commerciali
4.3 Marketing territoriale
4.4 Sostegno "de minimis" ai servizi reali delle PMI
4.5 Infrastrutturazione e completamento delle aree industriali
Turismo 4.6 Aiuti agli investimenti delle imprese turistiche e turismo rurale
4.7 Promozione del turismo e del prodotto Molise
Agricoltura e pesca 4.8 Sviluppo e miglioramento delle infrastrutture rurali connesse allo sviluppo dell'agricoltura
4.9 Investimenti nelle aziende agricole
4.10 Insediamento dei giovani agricoltori
4.11 Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli
4.12 Altre misure forestali
4.13 Diversificazione delle attività del settore agricolo e delle attività affini allo scopo di sviluppare attività plurime e fonti alternative di reddito
4.14 Commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità
4.15 Ricostituzione del potenziale agricolo danneggiato da disastri naturali ed introduzione di adeguati sistemi di prevenzione
4.16 Aiuti agli investimenti nel settore della pesca: acquacoltura, trasformazione e commercializzazione

Reti e nodi di servizi

Trasporti 6.1 Interporto di Termoli ed infrastrutture portuali
6.2 Miglioramento della rete di trasporto regionale
Telecomunicazioni 6.3 Società dell'informazione

 

 

Altri attori nella Programmazione.

Il Piano di Sviluppo del Mezzogiorno

Il Piano di sviluppo del Mezzogiorno identifica e fissa gli orientamenti per la politica di sviluppo dell'intero Meridione d'Italia, risultando determinante per l'operatività Regionale e di conseguenza per l'operatività territoriale locale. L'attenzione nella programmazione anche di una Comunità Montana come quella del Fortore Molisana va considerata nel rispetto e nella condivisione nei grandi orientamenti di sviluppo, operando nel locale per la realizzazione dell'obiettivo globale.

(estratto di alcuni temi dal PSM)

La strategia di sviluppo del PSM per il superamento dei nodi e dei problemi e per la valorizzazione delle risorse e delle opportunità

L’analisi della situazione di partenza, dei nodi, delle potenzialità, dei rischi e delle opportunità che caratterizzano il sistema economico delle aree meridionali, nonché la valutazione delle esperienze dei cicli di programmazione precedenti contribuiscono a definire i caratteri della strategia da attuare per conseguire l’obiettivo generale del PSM, vale a dire: ridurre significativamente il divario economico-sociale delle aree del Mezzogiorno in un modo sostenibile, ossia accrescendo la competitività di lungo periodo, creando condizioni di accesso pieno e libero al lavoro nonché tutelando e facendo leva sui valori ambientali e di pari opportunità; e in particolare:

Conseguire entro il quarto anno del settennio 2000-2006 un tasso di crescita del Mezzogiorno significativamente superiore a quello dell’Unione Europea;

Ridurre drasticamente il disagio sociale.

L’obiettivo generale si realizza attraverso un forte aumento dell’occupazione regolare (e dunque più produttiva e tutelata) del Mezzogiorno, attraverso l’aumento dei tassi di attività, la riduzione del lavoro sommerso, la compressione della disoccupazione.

L’aumento dell’occupazione regolare rappresenta al contempo il risultato ultimo ed il mezzo di questo obiettivo generale. Il risultato ultimo in quanto il pieno e libero accesso al lavoro rappresenta la principale ragione e il metro dello sviluppo; il mezzo perché solo a questa condizione è possibile liberare il potenziale di crescita e perché la mancanza di lavoro o il "cattivo lavoro" sono fonte primaria dell’esclusione sociale.

Tale obiettivo generale verrà conseguito:

Inducendo le condizioni di discontinuità, rispetto agli andamenti del passato, coerenti con l’obiettivo di provocare decise inversioni di tendenza, sia rispetto ai processi di progressivo e potenziale depauperamento delle risorse mobili, sia rispetto alla inadeguata valorizzazione delle risorse immobili;

Incidendo sulle variabili individuate come decisive per indurre le condizioni di discontinuità e quindi "rompere" con gli andamenti tendenziali del passato, assecondando e accentuando le tendenze positive già in atto e avviando andamenti delle variabili coerenti con l’obiettivo generale enunciato.

La scelta di impostazione di fondo è quella di definire per il PSM una strategia articolata, complessa e integrata: intesa quindi ad intervenire non solo sugli obiettivi di sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno ma anche (e soprattutto sulla base delle esperienze del passato) sui fattori di base (programmatici, attuativi, procedurali) necessari a determinare condizioni di attuazione del PSM e dei singoli programmi in grado di assicurare il conseguimento degli obiettivi di efficacia e tempestività della fase di realizzazione.

In questo capitolo, nei paragrafi che seguono, si descrivono le linee generali della strategia di sviluppo del PSM per il periodo 2000-2006, con riguardo particolare:

alle linee generali e le motivazioni di fondo delle scelte effettuate;

agli indirizzi strategici sul piano del metodo di programmazione e di attuazione del Programma;

alla definizione degli Assi prioritari di intervento e dei relativi obiettivi globali e specifici.

La strategia alla base del PSM assume quindi i caratteri di strategia fortemente integrata ma articolata in una molteplicità di obiettivi: la sua impostazione supera la tradizionale distinzione fra strategia di intervento (gli Assi prioritari) e strumenti atti a conseguirla (il Programma, i soggetti, le procedure) per integrarli totalmente nella definizione del sistema di obiettivi che ne è alla base.

Gli obiettivi globali e specifici degli Assi prioritari si possono conseguire solo se, insieme, si conseguono anche gli obiettivi (pienamente integrati nella strategia di sviluppo) di semplificazione e trasparenza del processo di programmazione; di responsabilizzazione e partecipazione nel processo di attuazione dei programmi; di integrazione e concentrazione sia nell’impostazione delle azioni e degli interventi, sia nella programmazione che nell’utilizzo delle risorse disponibili per realizzarli.

La strategia di sviluppo del PSM si basa sull’obiettivo strategico di attirare e trattenere nell’area (aumentandone la convenienza) le risorse mobili (capitale e lavoro specializzato e imprenditoriale), attraverso la valorizzazione permanente delle risorse immobili (la terra, le tradizioni, il patrimonio naturale e culturale, le risorse legate alla posizione geografica, il capitale umano fortemente localizzato), lungo linee di tendenza che già emergono dai segnali positivi dell’ultimo quinquennio…

Il PSM assume infatti quale elemento centrale e qualificante della propria strategia quello di pervenire a un sostanziale riequilibrio e a una integrazione coordinata fra politiche di promozione del sistema produttivo (compensative degli svantaggi di localizzazione per le imprese che operano nelle aree del Mezzogiorno) e politiche di miglioramento del contesto (infrastrutture, servizi, ricerca e innovazione, ambiente, qualità e disponibilità di risorse umane e culturali):

creare le condizioni per accrescere produttività e competitività delle imprese meridionali sviluppando decisamente i processi di innovazione;

favorire il radicamento sui mercati internazionali dei sistemi locali ed il rafforzamento delle reti relazionali e partenariali;

attrarre risorse (imprenditoriali, intellettuali, finanziarie) dall’esterno;

valorizzare e finalizzare allo sviluppo e alla crescita le risorse endogene (immobili e mobili);

creare condizioni di contesto (riduzione progressiva e verificabile dei divari nelle dotazioni infrastrutturali rispetto alle aree più sviluppate; disponibilità di servizi qualitativamente adeguati; qualificazione e specializzazione delle risorse umane e delle professionalità; semplificazione, trasparenza e tempestività delle procedure amministrative ed autorizzative, qualità ed efficacia della pubblica amministrazione) competitive rispetto alle altre aree dell’Unione Europea e tali, quindi, da consentire la graduale riduzione delle necessità di politiche compensative;

migliorare la qualità della vita e le condizioni sociali ed economiche delle popolazioni meridionali;

assicurare la sostenibilità rispettando nel lungo periodo la capacità di carico ambientale.

La strategia del PSM e il conseguimento dei suoi risultati richiedono tuttavia che a questi quattro ulteriori indirizzi – concorrenza, efficienza del mercato del lavoro, ammodernamento dell’Amministrazione pubblica e internazionalizzazione – siano dedicate specifiche politiche e l’impegno forte e coerente di tutto il sistema politico e istituzionale del Paese.

La Comunità Europea ed il documento Natura 2000-12-02

Con Decreto Ministeriale del 03.04.2000 alcune zone del territorio molisano e della Comunità Montana del Fortore Molisano sono state classificate quali S.I.C., ovvero "Siti di Importanza Comunitaria", in ossequio alle direttive CEE 92/43/ (Habitat) e 79/409/CEE (uccelli). Nel Documento "Natura 2000", nel seguito riportato per punti salienti, è meglio specificato il significato e il valore del "peso" che tale classificazione comporta.

 

Natura 2000 è il nome che il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea ha assegnato ad un sistema coordinato e coerente (una "rete") di aree destinate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell’Unione stessa ed in particolare alla tutela di una serie di habitat e specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della direttiva "Habitat".

La creazione della rete Natura 2000 è infatti prevista dalla direttiva europea n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla "conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche", comunemente denominata direttiva "Habitat". L’obiettivo della direttiva è però più vasto della sola creazione della rete, avendo come scopo dichiarato di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante attività di conservazione non solo all’interno delle aree che costituiscono la rete Natura 2000 ma anche con misure di tutela diretta delle specie la cui conservazione è considerata un interesse comune di tutta l’Unione. Il recepimento della direttiva è avvenuto in Italia nel 1997 attraverso il Regolamento D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357.

La conservazione della biodiversità europea viene realizzata tenendo conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali. Ciò costituisce una forte innovazione nella politica del settore in Europa. In altre parole si vuole favorire l’integrazione della tutela di habitat e specie animali e vegetali con le attività economiche e con le esigenze sociali e culturali delle popolazioni che vivono all’interno delle aree che fanno parte della rete Natura 2000.

Il valore delle aree seminaturali

Nello stesso titolo della direttiva Habitat viene specificato l’obiettivo di conservare non solo gli habitat naturali (quelli meno modificati dall’uomo) ma anche quelli seminaturali (come le aree ad agricoltura tradizionale, i boschi utilizzati, i pascoli, ecc.). Con ciò viene riconosciuto il valore, per la conservazione della biodiversità a livello europeo, di tutte quelle aree nelle quali la secolare presenza dell’uomo e delle sue attività tradizionali ha permesso il mantenimento di un equilibrio tra uomo e natura. Alle aree agricole ad esempio sono legate numerose specie animali e vegetali ormai rare e minacciate per la cui sopravvivenza è necessaria la prosecuzione e la valorizzazione delle attività tradizionali, come il pascolo o l’agricoltura non intensiva.

La direttiva "Uccelli"

La direttiva Habitat ha creato per la prima volta un quadro di riferimento per la conservazione della natura in tutti gli Stati dell’Unione. In realtà però non è la prima direttiva comunitaria che si occupa di questa materia. E’ del 1979 infatti un’altra importante direttiva, che rimane in vigore e si integra all’interno delle previsioni della direttiva Habitat, la cosiddetta direttiva "Uccelli" (79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici). Anche questa prevede da una parte una serie di azioni per la conservazione di numerose specie di uccelli, indicate negli allegati della direttiva stessa, e dall’altra l’individuazione da parte degli Stati membri dell’Unione di aree da destinarsi alla loro conservazione, le cosiddette Zone di Protezione Speciale (ZPS). Già a suo tempo dunque la direttiva Uccelli ha posto le basi per la creazione di una prima rete europea di aree protette, in quel caso specificamente destinata alla tutela delle specie minacciate di uccelli e dei loro habitat.

Una sfida per il futuro

In considerazione dell’esistenza di questa rete e della relativa normativa la direttiva Habitat non comprende nei suoi allegati gli uccelli ma rimanda alla direttiva omonima, stabilendo chiaramente però che le Zone di Protezione Speciale fanno anche loro parte della rete.

Natura 2000 è composta perciò di due tipi di aree che, come vedremo, possono avere diverse relazioni spaziali tra loro, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione a seconda dei casi: le Zone di Protezione Speciale previste dalla direttiva Uccelli e le Zone Speciali di Conservazione previste dalla direttiva Habitat. Queste ultime assumono tale denominazione solo al termine del processo di selezione e designazione. Fino ad allora vengono indicate come Siti di Importanza Comunitaria proposti (pSIC).

Conservazione e sviluppo economico

La caratteristica forse più innovativa di questa politica europea di conservazione è che fornisce l’opportunità di far coincidere le finalità della conservazione della natura con quelle dello sviluppo economico che diviene così sostenibile. L’attuazione di progetti di sviluppo all’interno dei siti può essere prevista e realizzata tenendo conto delle conoscenze scientifiche e tecniche che diventano garanzia di conservazione. I siti Natura 2000 diventano allora aree nelle quali la realizzazione dello sviluppo sostenibile e durevole può essere attivamente ricercata e praticata attraverso progetti integrati che riflettano in modo puntuale le caratteristiche, le esigenze e le aspettative locali.

Per la tutela dei SIC, una volta che questi saranno ufficialmente designati come Zone Speciali di Conservazione, valgono le stesse norme ed inoltre, entro tre mesi dall’inclusione nella lista ufficiale le Regioni e le Provincie autonome dovranno adottare le opportune misure per evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie, nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi del citato regolamento.

Che succede nel frattempo

Fino alla redazione delle liste ufficiali, pur non essendo i pSIC definitivamente inseriti nella rete essi devono comunque essere tutelati. Ciò è previsto dal Trattato dell’Unione, secondo i principi del quale non è possibile che uno Stato proponga da una parte dei siti per l’inclusione in Natura 2000, riconoscendone così il valore naturalistico, e dall’altra conduca attività che danneggiano i valori per i quali i siti sono stati identificati. A questo proposito esiste ormai una serie di precedenti legali dell’Unione secondo i quali la Commissione può attivare procedure di infrazione contro lo Stato membro che adotti un comportamento così contraddittorio.

Bisogna inoltre considerare che la Commissione Europea finanzia, attraverso lo strumento LIFE Natura, progetti di tutela e valorizzazione dei siti, riconoscendone così l’esistenza e il valore. Nel caso il sito interessato dal progetto venga danneggiato la Commissione può revocare l’erogazione del finanziamento. Esistono inoltre precedenti comunitari che permettono di sospendere anche finanziamenti europei di diversa origine quando questi vengano utilizzati in modo da danneggiare i siti proposti o designati.

In attesa che tale impostazione di pianificazione integrata divenga consueta, ad oggi è possibile individuare un solo strumento direttamente dedicato alla realizzazione della Rete Natura 2000, ossia LIFE – Natura. Tale strumento dispone infatti il sostegno ad azioni finalizzate alla conservazione degli habitat naturali e della flora e fauna di interesse comunitario.

Tuttavia nella panoramica nazionale e comunitaria degli strumenti ai quali poter comunque ricorrere per la realizzazione di interventi per la tutela e conservazione della biodiversità troviamo anche:

il V° Programma Quadro di Ricerca e Sviluppo Tecnologico 1999-2002 (DG XII) -. Il programma prevede al suo interno una serie di azioni tematiche, tra cui anche "protezione dell’ecosistema" che sostiene iniziative di ricerca finalizzate al miglioramento della gestione delle risorse;

i Fondi strutturali 2000/2006. La destinazione dell’utilizzo di tali strumenti comunitari di cofinanziamento è attualmente in fase di definizione. Tuttavia dalle prime bozze dei Programmi regionali (al momento limitatamente alle Ragioni del Mezzogiorno) è possibile individuare la presenza di diverse iniziative finalizzate alla tutela e valorizzazione delle aree naturali protette tra cui i siti di importanza comunitaria (SIC).

Il D.M. non individua esattamente la dislocazione e la collocazione topografica delle aree SIC, che saranno riscontrabili presso il Servizio Conservazione della Natura del Ministero; dalla indicazione toponomastica le aree ricadenti nel territorio della Comunità Montana del Fortore molisano sono le seguenti:

Regione Molise

IT7222108Calanchi Succida - Tappino

IT7282248Lago di Occhito

Regione Puglia

IT9110002Valle Fortore, Lago di Occhito

In linea approssimativa, dunque, i SIC della Comunità Montana del Fortore molisano dovrebbero essere localizzati come nel grafo seguente.

Dislocazione dei S.I.C. nel territorio della Comunità Montana del Fortore Molisano -

 

I vincoli alla progettazione: il rischio idrogeologico

Il piano Straordinario delle aree a rischio idrogeologico molto elevato

Della autorità di Bacino dei Fiumi Trigno, Biferno e minori, Saccione e Fortore.

Nella programmazione e pianificazione degli interventi e soprattutto nella scelta di priorità di salvaguardia e sviluppo non possono essere tralasciate le considerazioni che riguardano l'idrografia e le relazioni terreno-acque. Che il territorio molisano sia particolarmente generoso di fenomeni franosi è cosa risaputa, come è ormai risaputo che la cattiva gestione del territorio e delle risorse idriche è fortemente responsabile dell'amplificazione degli effetti imputabili a fenomeni franosi e a movimenti gravitativi profondi.

- Indicazione delle aree a rischio idrogeologico elevato - R4.

Dagli studi dell'autorità di Bacino dei fiumi Trigno, Biferno e minori, Saccione e Fortore l'aspetto più critico e preoccupante del rischio idrogeologico interessa il territorio dei Comuni di Monacilioni, Toro e Tufara, dove il rischio assume il valore 4 (massimo).