Papa Wojtyla : cronaca di una montatura giornalistica

di Lugino Capone

 

Overdose. Questa è la causa per cui, nei giorni scorsi, sono morte le concezioni della storia, della politica e del giornalismo, non basate sui fatterelli o sulle emozioni.

Ovviamente l’overdose è stata causata da una dose fatale di special su Karol Wojtyla.

Prima, durante e dopo i pasti.
Mai un avvenimento è stato tanto bipartisan, tanto ecumenico come la presenza postuma di Giovanni Paolo II su tutti i canali televisivi italiani. A tutte le ore. In tutte le salse. Dal papa sportivo su dvd con la Gazzetta dello Sport, al papa politicante di RaiUno , passando per il papa-fiction di Canale5.

Le vittime, come al solito, oltre ad un numero imprecisato(ma non minuscolo) di italiani che ne han piene le tasche della papa-nostalgia,sono illustri. Illustrissime.

Ne han fatto le spese tutte le opinioni di chi pensa che non è stato certo il papa a far crollare il comunismo e il  Muro di Berlino, né è stato una specie di Superman dei poveri.

Ne  han fatto le spese le opinioni di chi pensa che tutta questa ventata di novità nella chiesa cattolica è solo di forma, di facciata, per venire incontro alle esigenze della comunicazione mediatica, disciplina in cui il Wojtyla eccelleva.

Ne han fatto le spese tutti quelli che pensavano che l’ultimo, è stato il papa di Reagan, di Pinochet , di Somoza, della Junta golpista argentina, dei vescovi reazionari latinoamericani.

Ma andiamo con ordine, e cerchiamo, ad un anno dalla morte, di analizzare con freddezza e realismo ( cosa rara nei media odierni, prostrati troppo spesso, al santo-subito-pensiero).

 Cominciamo dall’elezione.

E partiamo da quelle “anime candide” ( e boccalone) che vedono tutta la vicenda pontificale di Wojtyla come una sorta di romanzo eroico, in cui il papa si è battuto contro “i cattivi” a favore dei “buoni”, sempre e comunque, dall’elezione alla morte.

Sebbene prima pensassi che queste semplicistiche e anti-storiche posizioni assunte(magari anche per convenienza) da illustri intellettuali italici e non, fossero perdenti in partenza e sebbene nutrissi radicate speranze che almeno buona parte del pubblico le rigettasse come “favolette”,  ho dovuto ricredermi.

E penso, visto il largo seguito che queste storielle hanno avuto in tutta l’opinione pubblica, sia arrivato il momento di ribattere colpo su colpo.

Le “anime candide”, ci hanno propinato fino alla noia, l’idea dell’elezione “a sorpresa” di un papa dell’Est, con il malcelato scopo di convincere il mondo che se lo “spirito santo”, aveva fatto guardare il conclave  a Est, un motivo ci doveva pure essere. E l’anticomunismo, pare un motivo piuttosto plausibile.

Lo “spirito santo”, che per comodità chiameremo CIA, aveva visto bene.

Secondo un rapporto della CIA ( non segreto come al solito, ma pubblico) datato 19 ottobre 1978, l’idea di un papa polacco avrebbe creato non pochi grattacapi ai capi comunisti. E questo alla luce dell’assodata situazione polacca, notoriamente la più fastidiosa per Mosca, che avrebbe potuto fungere da grimaldello per le altre repubbliche socialiste. In Ucraina e Bielorussia, ad esempio, i nazionalisti si stavano saldando con i cattolici in funzione anticomunista, mentre le riforme in Ungheria e nella RDT venivano accelerate dalle pressione dei protestanti.

Insomma, il papa polacco poteva servire per aiutare la Polonia a scardinare il potere del partito comunista polacco e per allontanare ulteriormente (dopo l’ascesa dell’eurocoumunismo dal ’75-‘76) il PCUS dai partiti comunisti europei.

Chi meglio del cardinale Wojtyla, arcivescovo di Cracovia, e del suo notorio e roccioso anti-comunismo poteva svolgere questa funzione ?

 La cosa diviene chiara dopo il primo viaggio di Wojtyla in terra polacca, nell’estate del 1979.

I sovietici, dal canto loro presero tutte le precauzioni per evitare che il papa polacco innescasse la miccia della polveriera polacca : cercarono di nascondere l’itinerario del papa e contemporaneamente ammassarono truppe al confine polacco a mo’ di avvertimento.

Le precauzioni, però non servirono, perché con la sua condotta nei viaggi-comizio, il papa trasformò la contrapposizione ideologica in battaglia politica e resuscitò dei gruppuscoli di dissidenti.

Tra  gruppi in questione, salì alla ribalta quello cattolico di Solidarnosc di Lech Walesa, che monopolizzando il diritto alla lotta anti-regime, cavalcò l’ondata emozionale del papa polacco e promosse nel 1980 un grande sciopero i cui echi arrivarono fino in Occidente.

Oltre all’aiuto morale, Wojtyla aiutò anche finanziariamente i “fratelli polacchi” con generose elargizioni, rigorosamente con soldi altrui, effettuate con la mediazione di Roberto Calvi, direttore del Banco Ambrosiano.

Già, il Banco Ambrosiano, l’allegra cassaforte dei soldi derivanti dall’eroina di Cosa Nostra, che depositava soldi da Calvi, considerandolo l’uomo giusto per far fruttare e magari riciclare i soldi della Mafia.

E questo Calvi fece. Con l’aiuto di Marcinkus e, all’inizio di Sindona, prima riciclava i soldi lavandoli con “l’acqua santa” dello IOR, la Banca Vaticana, e poi li faceva sparire,esentasse, in un inestricabile gioco di società-matrioska alle  Isole Cayman, alle Bahamas, passando per Perù e Argentina.

Ovviamente, convinto di avere protezioni, Calvi, sperperava il denaro della Mafia finanziando Solidarnosc e distribuendo laute mazzette a partiti e società ombra.
Cosa c’entra Wojtyla? Semplice.

Dopo che Albino Luciani,in arte Giovanni Paolo I, ci rimise la pelle tentando di riformare lo IOR e tentando di liquidare Marcinkus, vero regista occulto delle transazioni Banco Ambrosiano-Nassau, via Banca Vaticana, il neo eletto Giovanni Paolo II, ebbe la brillante idea di insabbiare tutto,permettendo per lungo tempo a Marcinkus di continuare a giocherellare con una delle più grandi potenziali banche di riciclaggio di denaro sporco ( lo IOR, per l’appunto).

La storia si concluse, con Sindona avvelenato, Calvi “suicidato” ( probabilmente da sicari della Camorra per conto della Mafia) e Marcinkus in libertà, grazie all’immunità di cui godono i cittadini vaticani grazie al Concordato della Santa Sede con la Repubblica Italiana.

 Alla fine, sospinta da finanziamenti vaticani e americani, Solidarnosc riuscì in quella che numerosi strateghi profetizzarono come la “teoria dell’erosione dall’interno del regime”.

Sotto la vigile guida dello Spirito Santo/CIA, e con l’ascesa al potere di Andropov, dopo la scomparsa di Breznev, la Polonia, dal 1983,si avvia alla “normalizzazione”.

 Poi la storia farà il suo corso e si concluderà con l’avvento di Gorbacev,nel 1985 è il suo essenziale contributo allo scioglimento, perlomeno sulla carta, dei regimi dell’Est alla fine degli anni ’80. 

Per chi riesce a cogliere bene le differenze, però, si apre uno scenario del tutto nuovo e molto, molto interessante.

Lo sforzo per  abbattere il socialismo reale, da parte del Vaticano, spesso è stato ricondotto a motivi spirituali o anche di libertà religiosa e dignità umana. Sebbene sia noto a molti che, per usare un eufemismo, l’approccio del Vaticano non fosse propriamente disinteressato sul piano politico-ideologico-economico, balza subito agli occhi il comportamento che più o meno contemporaneamente, Wojtyla assunse nei confronti della situazione sudamericana.

 Gli anni del primo pontificato di Wojyla , in America Latina, passarono tra guerre, colpi di stato e rivoluzioni.

E l’atteggiamento del Vaticano fa subito capire che la difesa dei diritti umani nell’Est europeo era solo una gigantesca macchinazione per nascondere in fondo obiettivi prettamente politici. 

In Sudamerica, oltre ai numerosi gerarchi nazisti scappati con l’aiuto delle gerarchi ecclesiastiche dopo la Seconda Guerra Mondiale, di regimi  stalinisti, non ce n’era traccia.
I problemi dei diritti umani e della dignità della persona, al contrario, erano  dovuti alla presenza di gente come Pinochet, Somoza o Videla che di Stalin, probabilmente non avevano mai sentito parlare.

Ecco, sarebbe interessante capire come l’esperta diplomazia vaticana, si mosse nei confronti delle dittature popular-fasciste dell’America del sud.

L’11 settembre del ’73, in Cile, un colpo di stato militare,capitanato dal generale Augusto Pinochet, rovescia Allende, presidente socialista eletto democraticamente, per instaurare una delle più feroci dittature militari che il mondo abbia mai conosciuto.

Il golpe, finanziato e supportato, come sempre è accaduto in queste zone, dagli Usa, riuscì perfettamente e permise alle multinazionali dei servizi telefonici statunitensi di dormire sonni tranquilli, perché l’uomo che voleva nazionalizzare le miniere di rame (che si usa peri cavi telefonici) del Cile ( il più grande produttore di rame) non poteva più mettere loro i bastoni fra le ruote.

Il Vaticano, a questo punto, sta semplicemente fermo. Non fa nulla. Nessun atto formale. Nessuna condanna. Niente di niente.

Anzi, caldeggiarono fortemente l’ascesa di Pinochet. Sodano, attuale Segretario di Stato Vaticano, era nunzio apostolico in Cile e insieme ad alcuni alti prelati cileni, era uno dei più importanti sponsor dell’ascesa del generale.

Un altro personaggio di alto rango, il cardinale Pio Laghi , che amava giocare a tennis con Pinochet e che era nunzio apostolico in Argentina, addirittura benediceva la nuova giunta militare insediatasi.

In questa stupenda cornice di finta e putrefatta diplomazia, non mancavano gli intrighi interni al Vaticano stesso.
E’ di questi tempi, infatti che moriva Josemaria Escrivà de Balaguer, prelato spagnolo fondatore del famigerato Opus Dei, una congregazioni di laici e clerici che ha 3 sole fissazioni : il ristabilimento della morale sessuale cattolica; la concezione medievale del dolore e della fede; e per finire un ossessionante e viscerale anticomunismo.

Ebbene questa gentaglia andava a nozze col papa polacco, che in tutte e tre i punti cardine era completamente dello stesso avviso degli opusdeisti. Questo comportò l’ascesa dell’Opus Dei nelle carriere ecclesiastiche, e alla fine le nunziature apostoliche di mezzo mondo furono prontamente munite di esponenti dell’Opus Dei.

Le “anime candide”, ultimamente, stanno cercando di piegare i fatti storici alla visione del papa-eroe sostenendo, che il Woytyla, conscio del proprio carisma, subordinasse le proprie visite, a trattative a garanzie dei diritti umani.

E questa è una gran bella bufala.

Perchè quando al balcone, si mostrò al popolo cileno festante in compagnia del loro dittatore, nel governo Pinochet c’era Cubillos, minstro degli esteri opusdeista e Cruzat,uno degli imprenditori più vicini al regime,anch’esso dell’Opus Dei.

La verità è che in chiave anti-comunista, Pinochet faceva comodo, e poco importa se abbia continuato a far sparire decine di migliaia di dissidenti politici. Questa è la vera chiesa del silenzo, un silenzo colpevole,connivente e assordante.

Il silenzio poi venne vergognosamente interrotto, quando il 18 febbraio del 1993, Karol Wojtyla invia la sua “benedizione speciale” a Pinochet e consorte, per le loro nozze d’oro! Ma questo non aggiunge nulla a quanto, una persona che ragioni con la propria testa, abbia già capito da un pezzo.

 Ma se facessimo finta che il caso cileno fosse uno “sfortunato incidente diplomatico”, quale altre prove potremmo portare sulla chiesa di Wojtyla ?

Che domande : l’Argentina.

L’unica cosa che cambia rispetto al Cile, sono i nomi. La dinamica è assolutamente identica.

Abbiamo dapprima un governo di orientamento socialista che cerca di riformare lo stato, ipotizzando riforme agrarie o nazionalizzazioni. Dunque un colpo di stato militare appoggiato dagli Usa, e quindi una “junta” militare golpista, guidata stavolta dal colonnello Videla.
Pio Laghi, non muove un dito e come lui tutta la conferenza episcopale argentina. Addirittura mons. Tortoli ( che, Wojtyla reggente, è divenuto cardinale) dice che il golpe militare del 1976 di Videla “è per l’Argentina, ciò che la resurrezione  di Cristo è per i cattolici”.

Videla e i suoi scagnozzi, dunque, continuarono a far sparire migliaia e migliaia di dissidenti politici ( alcuni sostengono che nel complesso i desaparecidos argentini arrivino a 1 milione).

E continua il silenzio d’Oltretevere. 

Il silenzio, però non viene osservato quando, in Nicaragua, negli stessi anni, molti ecclesiastici si uniscono alla rivoluzione sandinista ed entrano a far parte del governo rivoluzionario di Managua.

Ed ecco che nel suo primo viaggio in Nicaragua, Giovanni Paolo secondo, appena sceso dall’aereo, salutando i membri del governo rivoluzionario, con fare severo e minaccioso rimprovera il ministro della cultura, un prete-sandinista, richiamandolo all’obbedienza e intimandogli di ritrovare l’unità perduta nello spaccamento  in due fronti della comunica ecclesiale nicaraguese, all’indomani della rivoluzione. Il padre-padrone di questa fantomatica e “necessaria unità” era mons. Obando y Bravo, vescovo di Managua e prontamente promosso cardinale.

 Nello stessi viaggio, si scagliò ferocemente e nuovamente contro quelle che lui e la sua cricca, con a capo l’allora cardinal Ratzinger, chiamavano “gli influssi dell’ateismo e del marxismo nella dottrina cattolica”. Il riferimento era chiaro. Chiarissimo. E si riferiva alla nascente e florida “Teologia della liberazione”, una dottrina con l’occhio al sociale che faceva delle masse di diseredati l’obiettivo principale della shiesa, in contrasto con la chiesa ricca e ammanigliata con i potenti e gli oppressori.

E infatti, durante la messa, Wojtyla, contestando apertamente la rivoluzione e la partecipazione dei cattolici ad essa, ricevette un sonoro sberleffo  dalla folla di fedeli ( che mai nessun documentario-farsa di quelli che si vedono in tv, ha mostrato). Alle sue parole, infatti, la folla rumoreggiò in senso di dissenso e, continuando il discorso, Wojtyla apostrofò la gente con un autoritario “Silenzio!, Fate Silenzio!!”, ripetuto più volte nell’arco dell’omelia, che fece ben capire di che pasta era fatto il severo e dogmatico papa polacco.

E’ chiaro che, una tale dottrina in una chiesa amica e supporter di feroci dittatori, non può essere vista di buon occhio. E qui si manifesta quello che, come vedremo, sarà il leit-motiv  del pontificato di papa Wojtyla : l’epurazione delle dottrine dissidenti ( e dei loro diffusori) a quella ortodossa della dottrina cattolica.

I primi a farne le spese, dopo essere stati usati come alternativa “soft” e “cristiana” alla voglia matta di marxismo in Sudamerica, sono i teologi della liberazione, che in questo frangente vengono espulsi dalle maggiori università cattoliche ed emarginati.

Nel secondo viaggio in Nicaragua, nel 1996, Wojtyla sconfessò nuovamente la teologia della liberazione, asserendo che oramai il marxismo era sconfitto e non vi era più motivo di una tale corrente nella dottrina cattolica.
Ed ecco che caduto il comunismo, il “marxismo soft”, viene defenestrato in quanto non ha più la sua funzione di alternativa al marxismo.

 Altri segnali della sua perfetta condotta da papa da Controriforma, che nessuno dei vaticanisti che va per la maggiore ha sufficientemente enfatizzato, sia da vivo che da morto sono le sue mirabolanti e ininterrotte beatificazioni. 

Tralasciando, in questa trattazione i dettagli sulle strategie e sui numeri di quella che saggiamente è stata battezzata la “Fabbrica dei Santi”, negli ultimi 10-15 anni, è evidente che le santificazioni sono state quantomeno funzionali a distorcere la storia e la storia del cristianesimo,stessa, in favore dell’operato della chiesa di Roma.

Marzo 2001. Karol Wojtyla beatifica 233 preti e laici,rigorosamente franchisti,  uccisi durante la Guerra Civile Spagnola dagli “anarco-comunisti”.

Peccato che questa ricostruzione storica sia deficitaria. Tra il 1936 e il 1939, il clero spagnolo si divise tra i preti leali a Franco e quelli aderenti al “Fronte popolare” anti-franchista.

Dopo l’invasione delle Asturie da parte di Franco, il “caudillo”, ordinò la fucilazione di tutti coloro che militavano nelle brigate filo-repubblicane,e tra questi c’erano un centinaio di sacerdoti non asserviti al golpista.

E quali sono stati beatificati ? I preti uccisi dagli “anarco-comunisti”.Gli altri sono stati dimenticati.
Come sono stati dimenticati i preti di rito copto che in Etiopia trovarono la morte, solo perché sospettati di essersi opposti al colonialismo imperialista di Mussolini.

Continuando nella sua opera di “consacrazione selettiva”, Wojtyla è arrivata “coup de maitre”  della sua attività di dirigente della “Fabbrica dei Santi” : la beatificazione di Alojzije Stepinac, il vescovo nazista di Croazia.

Stepinac si è trasformato da alleato degli Ustacia  di Pavelic, a “martire del comunismo” !

Lui che era amico e consigliere di quel Pavelic, che aveva numerosi preti nel suo governo e che con l’assenso di Hitler  sterminò zingari, ebrei,serbi e bosniaci a centinaia di migliaia in nome della “purezza etnica e religiosa della cattolica Croazia”.

Ma alla fine anche a Stepinac, non è stato negato l’onore degli altari.

Anzi, la beatificazione, nei primi anni ’90, è stata accompagnata da un colpevole atteggiamento diplomatico del Vaticano stesso che, non vedendo l’ora di riconoscere l’autonomia della cattolicissima Croazia dalla Iugoslavia, non ha fatto altro che innescare la miccia esplosiva della Guerra dei Balcani. Tutto questo, poi, appoggiando Tudjman, l’erede di Pavelic, e ottenendo in cambio la restituzione dei beni ecclesiastici confiscati alla chiesa cattolica. 

Ma l’opera di capovolgimento della storia non si ferma a quella recente, ma va addirittura fino alla Rivoluzione francese,grande cruccio di Wwojtyla, insieme all’illuminismo, nell’era del post-comunismo.

In Vandea, nel ’96, riuscì perfino a ringraziare i vandeani per essersi opposti (sanguinosamente, ma poco importa) all’ideologia anti-cristiana della rivoluzione francese, essendo gli eredi di coloro “che hanno avuto il coraggio di rimanere fedeli alla Chiesa di Gesù Cristo, quando la sua libertà e la sua indipendenza erano minacciate”.

Insomma. Una bella faccia tosta, visto che chiunque abbia seriamente studiato un po’ di storia sa benissimo che i vandeani rimasero fedeli al Re solo per non perdere i privilegi che godevano sotto  l’ “ancien regime”.

Il tutto ricordando che, ça va sans dire, anche i martiri vandeani hanno avuto i loro beati.

 Ma Wojtyla non è stato un papa solo politico. E’ stato anche un papa. E come tale ha scritto di dottrina. E spesso di dottrina sociale e morale, affrontando in modo banale, superficiale e dogmatico i temi della povertà, dell’aborto, dell’AIDS e i problemi delle nuove frontiere della scienza. 

Per tutto il suo pontificato si ha ribadito che la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna ed ha come esclusivo scopo, la procreazione.

Ha demolito le ipotesi di apertura sul controllo delle nascite che erano presenti nella chiesa di Papa Lucani, per sostituirle con quelle tradizionali di rocciosa opposizione ai metodi anti-concezionali e di pianificazione delle nascite.

Queste sue posizioni hanno contribuito ad affossare l’Africa, che ora grazie ai suoi no ai profilattici, sta morendo di AIDS. E quindi, con ipocrita solidarietà, si è imposto come difensore dell’Africa stessa, e accusando la cattiva coscienza dell’Occidente.

Secondo le “anime candide”, Wojtyla avrebbe lavorato attivamente anche contro l’ascesa del capitalismo selvaggio, ma questa è una ulteriore fiaba.

Predicando contro "il potere", lo stesso Giovanni Paolo II è stato un uomo di potere. Ha
utilizzato l'enorme apparato della chiesa cattolica romana, le sue sterminate risorse finanziarie, il rapporto privilegiato con l'imperialismo americano e un iperattivismo mediatico per rafforzare la gerarchia ecclesiastica e subordinarla all'autocrazia papale.

Insomma un papa malato di protagonismo.

Sul fronte interno, lo stesso principio di collegialità episcopale, diffuso dal Concilio Vaticano II, sotto Karol Wojtyla è andato sparendo. Lo strumento privilegiato è stato il Servizio diplomatico e la Nunziatura, direttamente controllati dal Papa. Sotto Giovanni Paolo II la Chiesa ha rafforzato il peso dell'apparato burocratico, distruggendo le altre “anime” del cattolicesimo riportando tutto sotto una stretta ortodossia
 tradizionalista.
 

Tutto questo grazie alla sua intensa attività editoriale.

Ha sfornato di continuo encicliche semplicemente abominevoli, come la “Evangelium vitae” del 1995, in cui condannava aborto, contraccezione ed eutanasia,teorizzando la legittimità di disubbidire a leggi che non siano in accordo con la morale cattolica e creando non pochi imbarazzi ai vescovi tedeschi quando equiparò l’aborto e l’eutanasia ai crimini nazisti.

 Come non ricordare, ad esempio la vecchia Dominus Jesus, in cui ha spazzato via in un solo colpo il del Concilio Vaticano II, sostituendo l’ecumenismo, se mai qualcuno ci avesse realmente creduto, con le mediatiche riunioni-farsa di Assisi, o rigettando la possibilità di conciliare il cattolicesimo con le culture locali.

 Sullo stesso filone dell’ “Evangelium vitae”, vanno inseriti i lavori della Pontificia Accademia pro Vita,istituita dal papa nel 1993 e prontamente schierata contro l’uso delle cellule staminali e di qualsiasi forma di manipolazione, anche soltanto a scoposcientifico, di embrioni umani.
E’ allora che son nati i vari “Movimenti per la Vita” che con l’aiuto sostanziale delle gerarchie ecclesiastiche attuali hanno sabotato, addirittura il recente referendum sulla procreazione assistita. 

Ma la scienza ha avuto un posto tutto suo nel cuore integralista di Wojtyla, che ad essa o meglio alla razionalità ha dedicato la sua “Fides et Ratio”, un’enciclica che dimostra, oltre ad una sconcertante ignoranza, anche un spropositata e quasi grottesca arroganza.

Wojtyla liquida il pensiero scientifico  ( che per lui è una parte,pure piccola, della filosofia) come mera, “evidenza scientifica”, e nella sua ottusa visione, rivendica come  proprio della teologia il concetto della verità.

Insomma il solito pastrocchio tardo medievale.

 Negli ultimi anni della sua vita, Wojtyla non si è per niente arrestato, ma piuttosto ha continuato ad incalzare contro la secolarizzazione ( che in Italia è molto, molto presunta) ,che il Ratzinger-pensiero ora chiama “relativismo”.

Il continuo richiamo a non relegare la religione nella sfera privata e il tentativo di rendere la fede la fondamento del diritto, unita alle pressioni politiche sulla nascente Unione Europea,  ha caratterizzato completamente l’ultima fase della vita del papa.

La continua e imperterrita richiesta della “nominatio dei” nel preambolo costituzionale europeo, ad esempio, andava oltre le ragioni culturali, e voleva far si che la comunità europea si fondasse su basi religiose e non su basi politiche, stabilendo la superiorità del Dio dei cattolici sulla volontà popolare. E, implicitamente, la superiorità del suo rappresentante in terra, il Vescovo di Roma sulle istituzioni politiche.

 

Ma un papa con una tale lungimiranza politica, non poteva non sfruttare machiavellicamente anche la sua disastrosa situazione fisica per tirare acqua al proprio mulino.
E quindi ecco che un altro punto di contatto tra opusdeisti e Wojtyla  fa di nuovo capolino : la convinzione che il dolore fisico mortifichi la carne e fortifichi la fede e lo spirito.

Le condizioni di salute del papa, non sono mai state un ostacolo alla sua attività di viaggio o di incontro con la gente, e questo perché Wojtyla ha trasformato l’umana sofferenza in qualcosa di mistico, di spiritualmente elevato, mostrando il suo stesso corpo malato al mondo come esempio vivente della concezione cattolica del dolore : la vita è sofferenza, e la sofferenza avvicina a Cristo.

 Un segnale forte. Una testimonianza dell’assurda etica cattolica, pronta a sacrificare la sofferenza e la dignità umana in nome di intangibili e inumani principi, come l’impossibilità di quello che nei paesi dell’Europa del nord è un diritto : quello di mettere fine alla propria esistenza.

Ad un anno dalla morte di Wojtyla, invece di unirmi alle sperticate, insensate e vomitevoli lodi del papa scomparso, analizzando fatti ed eventi, non ho trovato  motivi per dubitare di una mia personale convinzione.

Wojtyla, sarà pure stata quella persona amorevole e meravigliosa che i vari sceneggiati ci propinano, ma il suo operato, le sue idee e la strada da lui tracciata sono state così nefaste e discutibili che non mi sento per nulla fiero di aver assistito al suo pontificato.

Il ricordo di un povero vecchio che muore, rivisitato in chiave buonista dalla necrofilia dei mass media, non può oscurare l'essenza reazionaria del pontificato di Wojtyla e del suo grandioso progetto di restaurazione che ha cercato di fare piazza pulita di oltre due secoli di progresso ed emancipazione. Né può farci dimenticare che l'emancipazione umana è, oltre che emancipazione sociale e politica, emancipazione della ragione dai dogmi ciechi della fede.