Le
12 proclamazioni al SS. Crocifisso di Monreale
di
Padre Salvatore Basilio Randazzo O.F.M. Conv.
Professore
di Scienze Umane
nella
Facoltà Teologica di Sicilia
San
Giovanni Evangelista
Cultura colta e cultura popolare o qualche volta popolana si alternano in
Monreale tra i componenti delle appartenenze elitarie del Cristo Pantocratore e
del SS. Crocifisso: teologie complesse di culto e di qualifiche culturali
evidentemente sublimanti, ma chiaramente interpretate da soggetti di
differenziata quantità e qualità.
L'educazione ai Misteri (mistagogia) ci potrebbe accompagnare a scoprire
nelle dodici voci dei confrati del SS. Crocifisso i tanti contenuti, assai
significativi che chiameremo: proclamazione.
Dietro proposta-invito del sacerdote Mario Campisi, Parroco responsabile
e proclamante di tale culto, l'adesione allo studio mi ha indotto a meditare per
contemplare.
Il Cristo Pantocratore, centralità originaria del culto monrealese, ha
mediato nell'etimasia l'alternato culto al Crocifisso, come ritrovo di contenuti
e modalità assai validi alla popolarità, essa stessa più idonea ai riflessi
di comportamento esistenziale nel convergere il proprio culto al Crocifisso.
Il culto al Pantocratore, ha spesso in diocesi alterato i sacrosanti
contenuti in quanto, ha provocato in molti gruppi poca teologia e superflua
posizione di comando esagerando e ritorcendo tale comando in distorsioni,
divenute chiara eresia nelle varie ambivalenze di gestione e di comando.
La successiva scelta popolare o popolana da parte del popolo verso il
Crocifisso, ha creato uno spinto di migliori opportunità che vogliamo esaminare
nelle dodici voci: autentiche proclamazioni di cultura popolare.
Note e commenti
L'educazione ai Misteri della Croce e del Crocifisso appartiene
profondamente alla sicilianità tanto che la Settimana Santa è centrata nel
Venerdì Santo che abbiamo sintetizzato: il tutto di tutti in Sicilia.
L'etimasia vissuta per tutte le componenti esistenziali-storiche ci
induce ad interpretare le dodici voci, assai persuasive E che bedda sta jurnata!
U Signori è pi la strata! Grazia Patruzzu Amurusu! Grazia.
La teologia della bellezza apre sempre ogni prospettiva di mediterraneità
e di sicilianità. La giornata bella porta il Cristo in strada a tale evento di
grazia per ogni invocazione si completa in paternità amorosa.
Bellezza e amore danzano i ritmi del Mistero e completano le suggestioni
esistenziali di una spiritualità sempre più elettiva, mai silenziosa in
Sicilia dai contemplanti ma piuttosto chiassosa
per quelli che devono essere gli invitanti.
Cincu chiai, cincu rosi aruramuli: Iddu li vosi! Grazia patruzzu
Amurusu! Grazia.
Le cinque piaghe del Crocifisso transignificate in rose, ricordano la
simbologia della stessa rosa icona e immagine cristiana che diviene coppa per
raccogliere il sangue di Cristo come simbolo delle sue piaghe.
Rugiada celeste della crocifissione sottolinea la rosa mistica delle
litanie cristiane e l'immagine dell'anima che ne riceve l'impronta. Simbolo di
pazienza e di spiritualità, la rosa è anche simbolo di risurrezione e di
immortalità.
E che beddu stu crucifissu fa li grazie sempre
spissu! Grazia Patruzzu Amurusu! Grazia.
La teologia della bellezza si trasforma addirittura in efficienza di
grazie, date sempre e spesso ricapitolando ricchezza di previsioni e meraviglie
sperate e ricevute.
La comunicazione, a questo punto, diviene comunione, non soltanto di
persone o tra persone ma comunione di luogo e di tempo, sempre espesso.
Nel linguaggio mistagogico il tempo rappresenta la spinta all'aldilà
dell'eterno, molto legato allo spazio, divenuto in questo caso grande evento di
grazie.
Chi fu beddu pi la strata! Nostru Patri torna à so casa! Grazia
Patruzzu Amurusu! Grazia.
La processione stessa è teologia della bellezza, dimostrata in strada e
nel ritorno a casa. Il viaggio riassume l'incontro con tutti e la donazione di
ciò che manca per supplenza di elargizioni nel superamento di ogni ostacolo.
Il cammino del Crocifisso, in strada, è benedizione della terra madre,
che ricerca l'indefinito effettuato dal Crocifisso che ne transignifica la
strada santificandola con tutti coloro che la usano per spingersi alla ricerca
affannosa di ciò che vorrebbero possedere e immediatamente ottengo.
Il Padre che torna a casa sua fa ricordare che il tempio richiama quella
propria chiesa o casa dedita al culto della salvezza a mai ad altri eterogenei
moduli di errori umani, mai graditi al Dio crocifisso umanizzato per la completa
salvezza vera sua casa e cosa data agli altri.
La bellezza invade anche la quantità dei fiori limitati ad immaginario
numero di quattro, cioè al quel poco che si estende alla desiderata immensità:
Chi su beddi sti quattro ciuri pirdunatici, Signori! Grazia Patruzzu Amurusu!
Grazia.
Intanto, altra voce richiama la teologia del perdono che vuole inserirsi
nella complessità delle colpe, tanto che le offerte di tanti fiori animano
d'amore il passaggio del Crocifisso assolvente.
Il passaggio dalla realtà ammirata con bellezza cambia metodo e
subentra, con chiarezza opportuna la richiesta della grazia a favore dell'anima
nello specifico perdono dei peccati.
Grazia all'arma e ù pirdunu ri piccati! Grazia Patruzzu Amurusu!
Grazia.
Perdono e grazia si coniugano insieme per nuovi approdi di certezza. La
paternità amorevole "Patruzzu Amurusu", diviene giaculatoria
costante, fortemente gridata da tutta la folla, carica verso un Dio crocifisso
che rende la Santa Croce bella, adorabile, certamente assolvente.
E che bedda sta Santa Cruci aruramula tutti a na vuci! Grazia
Patruzzu Amurusu! Grazia.
La richiesa del perdono concilia cielo e terra ed una sola voce
proveniente da tutti e richiesta da ciascuno coinvolge e sconvolge tutte le
riserve dell'anima
Il Cristo, diviene croce assolvente nel ricordo della simbologia fattiva
delle rose, le quali ritornano al segno simbolico della coppa, piena di quel
sangue che redime, ricompra cioè ogni peccato umano per amore di volontà.
Chi su beddi sti quattro rosi Nostru Patri cà ni vosi! Grazia
Patruzzu Amurusu! Grazia.
Il ritornello della bellezza non vuole specificare soltanto la cultura
del bello ma qualificare la teologia della bellezza: motivo ripetuto da
quell'autore colmo di sicilianità mediterranea e assai vicino, inoltre, ai riti
bizantini, e a quel vicinato di quanti possiedono la terra monrealese a loro
offerta dall'Arcivescovo di Monreale, contagiandosi di bellezza orientale e
carità universale.
Il Crocifisso-Paternità, costante di ogni voce è gridato nella giornata
nella quale il Cristo si muove facendo il cammino della sua strada, e che
bedda sta jurnata Nostru Patri fa a so strata! Grazia Patruzzu Amurusu! Grazia.
Anche il ruolo agricolo è ricordato dalla folla per quella campagna già
fertilizzata nei primi giorni di maggio e si completa nel suo stesso compito di
essere splendida in onore del Crocifisso.
Il ricordo delle spighe completa la visione della sacra testa del
Crocifisso che incoronata di spine. Nostru Patri! Binirici a campagna!
Grazia Patruzzu Amurusu! Grazia.
La festa è coscienza di esame e rapporto d'amore tra il Crocifisso-padre
e il peccatore-figlio, non sempre libero, ma coatto fino a fargli gridare: Binirici
i malati! Grazia Patruzzu Amurusu! Grazia.
La malattia, a questo punto finale delle voci non si limita alla
corporeità ma si completa nella spiritualità.
I confrati chiedono la pienezza della salute fisica e spirituale che si
chiamerà salvezza.
In questo inno di proclamazione, non sembri inventata ogni tipologia
siciliana e mediterranea. Monreale, ancora una volta, emerge di titoli e di
ruoli con lo splendore della bellezza e con la richiesta del perdono sia in
Cristo pantocratore che in Cristo crocifisso, al seguito di tanti cristiani,
liberi di ogni eresia, e assolti da ogni peccato crocifisso e risorto.
Esemplare mistagogo l'autore di queste voci, ha saputo proclamare il
migliore canto della teologia popolare assai completa e spontanea, assai satura
di santità non più crocifissa ma immensamente risorta.