IL MAGISTERO DELL'ARCIVESCOVO

 

Mons. Cataldo Naro

 

                                                                                

  1. Bolla Papale di nomina

  2. Curriculum vitae

  3. Lo stemma di Mons. Cataldo Naro

  4. Lettera-saluto alla Chiesa di Monreale

  5. Omelia del Card. Salvatore De Giorgi (ordinazione episcopale)

  6. Discordo di ringraziamento di Mons. Naro (ordinazione episcopale)

  7. Omelia (reliquiario delle lacrime della Madonna di Siracusa)

 

 

GIOVANNI PAOLO II VESCOVO

SERVO DEI SERVI DI DIO

Bolla di nomina

 

al diletto figlio Cataldo Naro, del clero della diocesi di Caltanissetta, fino ad ora docente di storia della Chiesa presso la Facoltà Teologica di Sicilia “San Giovanni Evangelista”, nominato Arcivescovo di Monreale, salute ed apostolica benedizione.

         Volendo adempiere con attenta sollecitudine l’ufficio di Pastore della Chiesa universale, rivolgiamo ora, con particolare ragione, il nostro animo alla Sede di Monreale, che aspetta una guida religiosa, dacché il venerabile fratello Pio Vittorio Vigo è andato a reggere la Chiesa di Acireale.

         Ritenendo di non dover prolungare l’attesa, siamo ricorsi a te, figlio diletto, reputando con prudente valutazione che tu possa assumere quel ministero e sapendoti dotato in misura eccellente di convenienti virtù, di dottrina e di esperienza pastorale. Pertanto, accogliendo il parere della Congregazione per i Vescovi, in forza della nostra apostolica potestà, ti nominiamo e costituiamo Arcivescovo di Monreale, con tutti i diritti concessi e, insieme, con tutti gli annessi doveri, che a norma dei sacri canoni competono a te e al tuo stato.

         Potrai quindi ricevere la consacrazione episcopale da parte di qualunque Vescovo cattolico fuori Roma. Ma prima dovrai fare la professione di fede e pronunciare il giuramento di fedeltà a Noi e ai nostri Successori, secondo le leggi e le norme della Chiesa.

         Informerai poi della tua elezione il clero e il popolo dei fedeli, che esortiamo a lasciarsi tutti guidare da te, pastore e maestro, in un rinnovato impegno di vita religiosa e di pietà.

         Inoltre, tenendo sempre presenti la storia e le memorie di questa illustre Sede, sostenuto dall’aiuto e dalla luce di Dio, ti premurerai di ricordare senza sosta alla tua comunità ecclesiale gli insegnamenti salvifici di Cristo Signore, affinché essa ne tragga frutti copiosi e spirituali vantaggi.

         Dato a Roma, presso San Pietro, il 18 ottobre 2002, XXV° del nostro pontificato.

                                                                                                                                       Giovanni Paolo II

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CURRICULUM VITAE

            Monsignor Cataldo Naro è nato a san Cataldo, Diocesi di Caltanissetta, il 6 gennaio 1951. ha compiuto gli studi umanistici nel Seminario di Caltanissetta e quelli di teologia nella Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale, a Napoli, Sezione San Luigi, conseguendo il baccellierato.

            Ha frequentato la Pontificia Università Gregoriana laureandosi in Storia della Chiesa, ed ha partecipato al corso di Archivistica presso l’Archivio Segreto Vaticano conseguendo il relativo diploma.

            E’ stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1974 per il clero della diocesi di Caltanissetta.

            Ha svolto un intenso impegno pastorale nella sua diocesi di origine: nel 1977 venne incaricato di dirigere l’Archivio storico diocesano, ed assegnato come Vicario coadiutore a San Cataldo – dal 1977 al 1979; è stato prima Vice Assistente e poi Assistente diocesano della Compagnia di S. Angela Merici, dal 1978 al 1991, prima di essere nominato Vice-Assistente della Federazione delle Compagnie Meridiane.

            Ha insegnato Storia e Filosofia presso il Liceo del seminario di Caltanissetta e rettore della Chiesa di S. Giuseppe in San Cataldo, dal 1986-89 ha ricoperto l’incarico di Prefetto degli Studi dell’Istituto teologico Diocesano e dal 1989 al 1991, ha collaborato con il suo Vescovo nella preparazione e nello svolgimento del Sinodo diocesano, in qualità di Segretario del Sinodo.

            Ha pure tenuto corsi di Storia della Chiesa, Patristica, Archivistica, Storia dell’Arte Cristiana e Metodologia nell’Istituto Teologico diocesano di Caltanissetta.

              Mons. Naro è ben conosciuto in Sicilia per la sua attività accademica, essendo stato Assistente incaricato di Storia della Chiesa presso l’Istituto teologico S. Giovanni Evangelista di Palermo – oggi Facoltà Teologica di Sicilia – dal 1978 al 1993 anno in cui divenne Professore, prima incaricato e poi ordinario della stessa materia. Nello stesso anno fu nominato Vice- Preside della facoltà teologica, incarico che ricoprì fino al 1996, allorché ne fu eletto Preside per due mandati consecutivi.

            La Conferenza Episcopale Italiana lo ha nominato consulente del Servizio nazionale per il progetto Culturale nonché del Consiglio d0’Amministrazione del quotidiano “Avvenire” e del Comitato scientifico delle Settimane Sociali.

            Oltre a collaborare con i giornali “La Sicilia”, “L’Osservatore Romano” e “Avvenire” – ha pubblicato studi aventi carattere prevalentemente storico e riguardanti la storia della Chiesa in Sicilia, tra i quali ricordiamo: Il movimento cattolico a Caltanissetta, Caltanissetta 1977; Spiritualità dell’azione e cattolicesimo sociale, Caltanissetta 1989; Chiesa e Società a Caltanissetta tra le due guerre,3 voll., Caltanissetta-Roma 1991; Preti sociali e pastori d’anime, Caltanissetta-Roma 1993.

            E’ molto nota anche la sua attività editoriale, dato che per un decennio, - dal 1977 al 1986 – ha collaborato alle Edizioni del Seminario di Caltanissetta ed è stato Direttore del “centro Studi Cammarata” di San Cataldo, dalla sua fondazione al 1984.

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Lo Stemma di Mons. Cataldo Naro

stemma episcopale

         Secondo la tradizione araldica ecclesiastica, lo stemma di un Arcivescovo è composto da:

Ø     Uno scudo (preferibilmente a forma di calice);

Ø     Una croce in palo (ovvero posta verticalmente, dietro lo scudo), di oro a due traversi (che indica il grado arcivescovile);

Ø     Un cappello prelatizio, con cordoni a dieci fiocchi (1.2.3.4.), di grado arcivescovile pendenti su ciascun lato, il tutto di verde;

Ø     Un cartiglio inferiore in oro, con una scritta in nero.

Descrizione araldica dello stemma

         Inquantato di rosso e di oro: nel primo una stella ad otto punte, di oro; nel secondo un’aquila di nero ad ali spiegate, aureolata e linguata di rosso, che poggia su un libro di rosso; nel terzo un fuoco rosso; nel quarto tre spighe di oro.

Spiegazione dello stemma

         La stella ad otto punte era il simbolo dell’antica Comunità Benedettina Cassinese di Monreale, che ha marcato la spiritualità della regione. Benché sparita col tempo, essa ha lasciato la sua impronta nella spiritualità della Chiesa di Monreale ed ha lasciato il suo simbolo, la stella, nello stemma del Comune di Monreale. E’ di oro su rosso, per indicare la fede che brilla nel campo della carità.

         L’aquila aureolata posata su un libro indica San Giovanni Evangelista, dal quale prende nome la Facoltà Teologica di Sicilia, in cui Mons. Naro ha insegnato per tanti anni.

         Il fuoco ricorda il nome di famiglia di Mons. Naro tratto dall’etimologia araba (Nar = fuoco).

         Le spighe di grano sono elementi dello stemma del Comune di San Cataldo, luogo di origine di Mons. Naro.

         Il motto “Miserationum Domini recordabor” è tratto da Isaia 66,7 .

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SALUTO ALLA CHIESA DI MONREALE

dell’arcivescovo eletto mons. Cataldo Naro

            Ho accolto la scelta del Santo Padre di nominarmi arcivescovo di Monreale, succedendo a mons. Pio Vigo, come una chiamata del Signore a cui non ho voluto sottrarmi. Non nascondo di essere piuttosto confuso ed anche un po’ spaventato della responsabilità affidatami. Ho un’alta idea del ministero episcopale e conosco i miei limiti. E non ignoro le difficoltà che comporta oggi il suo esercizio anche in una terra di antiche e gloriose tradizioni cristiane. Ma sento che non sarà un’avventura solitaria. C’è il Signore che col suo Spirito guida e assiste la Chiesa. E c’è tutta una Chiesa particolare che, nelle sue varie componenti, ha la consapevolezza di una sua grande tradizione spirituale e pastorale. Una Chiesa a cui vengo nel nome del Signore e che so che mi accetta nella fede.

            E’ in questa fede che dobbiamo continuare a camminare. C’è una storia di fede di cui siamo portatori ma che, prima ancora, ci porta. Le tante figure di santità che la Chiesa di Monreale ha espresso nel passato ed ancora nel secolo scorso – ricordo almeno la figura, a me tanto cara, del venerabile mons. Antonio Augusto Intreccialagli, che fu anche vescovo di Caltanissetta – ci dicono l’importanza di una ricchezza di vita di fede e di operosità cristiana che dobbiamo trasmettere alle nuove generazioni. Ma conosciamo anche i limiti e le povertà della nostra vita ecclesiale. Limiti che siamo chiamati a meglio discernere e generosamente superare. La conversione resta un compito permanente. Ed è una conversione delle persone ed, oggi, anche dello stile dell’esercizio della missione. I più recenti documenti della Chiesa italiana parlano dell’urgenza di una “conversione pastorale”. E Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemporis missio ha scritto che “la missione è solo agli inizi”. I rapidi e radicali mutamenti del nostro tempo aprono nuovi e amplissimi spazi all’evangelizzazione. E’, di fatto, un appello all’intraprendenza dell’annuncio cristiano. Anche per la Chiesa di Monreale.

            L’ordinazione episcopale mi configurerà in pienezza a Cristo Pastore e, quindi, mi costituirà interamente al servizio della Chiesa di Monreale. Chiedo al Signore di corrispondere alla grazia del sacramento in una visione di fede sempre più pura, in una volontà di dedizione senza riserve, in una libertà interiore che mi apra a ogni persona e a ogni problema, in un’attenzione che non escluda nessuno e prediliga quanti ne hanno più bisogno, quanti a Lui sono prediletti: malati e poveri. E chiedo a tutti, nella Chiesa di Monreale, di accompagnarmi con la loro preghiera in questa vigilia dell’ordinazione episcopale. Lo chiedo ai sacerdoti e ai diaconi, la cui unione col vescovo e tra di loro è modello ed esempio di comunione per tutti nella comunità ecclesiale. E lo chiedo ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose, ai membri delle associazioni e dei movimenti e a tutto il popolo di Dio. E con affetto a tutti do il saluto della pace.

            Sentimenti di filiale devozione esprimo a Giovanni Paolo II, vescovo di Roma e successore di Pietro, che presiede alla comunione delle Chiese e che ha voluto nominarmi per la Chiesa di Monreale.

            Un saluto pieno di riconoscenza rivolgo a mons. Pio Vigo che si è speso nel servizio della Chiesa di Monreale e ora si accinge a guidare quella di Acireale. Si tratta per me di continuare il suo lavoro e per tutti di percorrere un cammino già tracciato. Il Signore lo ricolmi di ogni consolazione spirituale. Anche a lui chiedo di essere ricordato al Signore. Ed anche a mons. Cassisa, arcivescovo emerito di Monreale, chiedo di essere accompagnato con la preghiera. E la stessa richiesta rivolgo ai vescovi tutti della Sicilia, tra cui quelli che provengono dal presbiterio della Chiesa monrealese – mons. Bommarito, mons. Catarinicchia e mons. Miccichè – e il vescovo di Caltanissetta, mons. Garsia, che mi ha ordinato presbitero. Alla Chiesa di Caltanissetta devo tanto e so di poter contare in essa sull’affetto e sulla preghiera di tanti. E la stessa cosa so per la comunità accademica della Facoltà teologica di Sicilia, in cui ho intrecciato tanti legami d’amicizia.

            Un saluto rispettoso e cordiale desidero rivolgere, infine, alle autorità civili dei vari comuni dell’arcidiocesi di Monreale. Il Signore conceda alla nostra comunità ecclesiale di collaborare fattivamente con tutti gli uomini di buona volontà e di dare un apporto leale alla ricerca del bene comune e alla crescita civile della nostra terra.

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OMELIA DEL CARD. SALVATORE DE GIORGI
ARCIVESCOVO DI PALERMO

ORDINAZIONE EPISCOPALE DI S.E. MONS. CATALDO NARO

 

Eminenza Reverendissima e carissima

Venerati Confratelli nell’Episcopato

Amati Presbiteri e Diaconi
Onorevoli Autorità

Carissimi fratelli e sorelle amati dal Signore

1. Il cammino dell’Avvento incontro al Signore, che viene a salvarci, oggi è illuminato e riscaldato dal “Vangelo della gioia”.

La gioia! E’ il sentimento che sgorga esuberante e travolgente da tutti i pori della liturgia di questa terza domenica d’Avvento, chiamata domenica “Gaudete” dall’invito paolino dell’Antifona d’Ingresso: “Gaudete in Domino semper. Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino”. Lo abbiamo ascoltato anche nella seconda lettura.

Ma per la Chiesa di Monreale l’invito alla gioia questa sera ha una ulteriore, e direi storica, motivazione, per un evento che ha la radice più profonda nel Mistero trinitario e la spiegazione più piena nell’Avvento del Signore: l’ordinazione e l’inizio del ministero episcopale del suo nuovo Pastore, S.E. Mons. Cataldo Naro, che succede al degnissimo Arcivescovo S.E. Mons. Pio Vigo, che per 5 anni l’ha servita con l’amore grande di Cristo buon Pastore.

2. “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore”. Il canto di Maria, che abbiamo riascoltato nel salmo responsoriale, esprime il nostro ringraziamento a Dio e la nostra esultanza per questo dono. E in realtà l’esultanza è di tutti.

Esultiamo noi Vescovi, che con immensa gioia accogliamo il carissimo confratello nel collegio episcopale, a cominciare dal mio venerato predecessore Sua Eminenza il Card. Salvatore Pappalardo e dal Nunzio Apostolico in Italia S.E. Mons. Paolo Romeo, che in questa celebrazione rende visibile la presenza del Santo Padre Giovanni Paolo II, Capo del Collegio episcopale, al quale va il nostro pensiero grato e orante.

Esulta la Santa Chiesa di Monreale, che accoglie con fede il suo nuovo Pastore, che viene nel nome del Signore, lieta di partecipare al “Natalis Episcopi” ossia al mistero della sua nascita sacramentale all’episcopato in questa stupenda Cattedrale, ricca di arte e di storia, illustrata da Pastori insigni per pietà, per cultura, per impegno pastorale.

3. Esulta la Chiesa di Caltanissetta, insieme al suo Pastore, S.E. Mons. Alfredo Garsia, perché uno dei suoi figli migliori è stato elevato alla dignità episcopale, e per giunta in una sede già onorata dal Venerabile Mons. Antonio Augusto Intreccialagli, già Vescovo di Caltanissetta.

La Chiesa nissena ha rigenerato nella vita cristiana Mons. Naro, nato a S. Cataldo, la città delle spighe, cinquantuno anni fa. Lo ha avviato al sacerdozio nel Seminario diocesano durante gli studi ginnasiali e liceali. Lo ha accompagnato in quelli teologici nella Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale di Napoli, coronati con il Baccellierato in Teologia e successivamente con la laurea in Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana e col diploma di Archivista presso l’Archivio Segreto Vaticano. Nella sua Cattedrale, infine, lo ha visto ordinato come primo sacerdote da Mons. Garsia il 29 giugno 1974.

A servizio della sua Chiesa a Mons. Naro sono stati affidati molteplici uffici presbiterali, compiti pastorali, educativi, culturali, che qui sarebbe molto lungo enumerare ma che egli ha svolto con grande amore alla sua Chiesa, con alto profilo professionale, con generosa carità pastorale e soprattutto con esaltante umiltà evangelica, schiva dei palcoscenici e dei riflettori.

4. All’esultanza delle Chiese di Monreale e di Caltanissetta si aggiunge quella della Facoltà Teologica di Sicilia, della quale Mons. Naro è stato Professore, Vicepreside e Preside, grata soprattutto perché, nei sei anni della sua presidenza, con lungimirante saggezza, con vasta ricchezza dottrinale, con dedizione appassionata e con instancabile dinamismo costruttivo, Mons. Naro ha contribuito notevolmente a elevarne il livello scientifico, a dilatarne gli spazi accademici e ad aprirla ad altre Facoltà e ad altri Istituti universitari, ecclesiastici e non. L’essere stato chiamato dalla Conferenza Episcopale Italiana, quì degnamente rappresentata dal Segretario Generale, S.E. Mons. Giuseppe Betori, a dare il suo contributo sia al servizio del “Progetto culturale” sia all’impegno promozionale di “Avvenire” è una conferma di quanto Mons. Naro sia stimato e apprezzato anche al di fuori della nostra Regione.

5. Ma il riconoscimento più autorevole delle eccellenti doti spirituali, dottrinali e pastorali del nuovo Arcivescovo di Monreale è venuto dal Santo Padre, Giovanni Paolo II, come abbiamo ascoltato dalla lettura della Bolla di nomina.

In essa il Papa ha esortato il Clero e il popolo dei fedeli a lasciarsi guidare dal nuovo pastore e maestro in un rinnovato impegno di vita religiosa e di pietà, e il nuovo pastore e maestro a ricordare senza sosta alla comunità ecclesiale monrealese gli insegnamenti salvifici di Cristo Signore, tenendo presenti la storia e le memorie di questa illustre Sede.

Credo che sia molto significativo il forte riferimento pontificio al compito dottrinale dell’Arcivescovo e alla memoria storica dell’Arcidiocesi: riflette indubbiamente l’aspetto più saliente del nuovo pastore, che porterà sempre con sé, nell’impegnativa e non facile missione episcopale, l’esperienza illuminante del professore di Storia della Chiesa, maestra di discernimento evangelico, di sapienza cristiana, di ottimismo umano e perciò fonte di speranza. E della speranza, il Vescovo è chiamato ad essere annunziatore, seminatore e testimone, in quanto servitore del Vangelo di Gesù Cristo, la speranza che non delude.

6. Questa è la missione che oggi con la consegna del pastorale la Chiesa ti affida, fratello carissimo, e che tu dovrai attuare come espressione della benevolenza e della misericordia di Dio, che si estende – come ha cantato Maria nel Magnificat - di generazione in generazione e il cui ricordo nei momenti più importanti della tua vita hai scelto come motto episcopale: “Miserationum Domini recordabor”.

Anche tu, come Gesù nella Sinagoga di Nazareth, puoi applicare a te la missione di misericordia, di liberazione e di speranza che abbiamo ascoltato nella prima lettura dal terzo Isaia: “Lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione, mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di misericordia del Signore”.

Sono questi i tratti fondamentali della missione pastorale del Vescovo, per la quale fra poco, attraverso l’imposizione delle mani di noi Vescovi e la preghiera, sarai consacrato con la stessa unzione di Cristo, il Pastore dei Pastori, per esserne in pienezza l’icona sacramentale nella triplice funzione pastorale di maestro, di santificatore e di guida e nel più evangelico stile del servizio, convinto con S. Agostino che il ministero episcopale è un “amoris officium”.

7. Come profeta di speranza, sei mandato a portare a tutti, ma in modo particolare ai poveri, agli emarginati, agli ultimi - i prediletti del Signore che saranno anche i tuoi prediletti -, il lieto annunzio della liberazione, della consolazione, della speranza, del quale ha sempre bisogno, per il suo definitivo riscatto culturale, morale e sociale, la nostra terra.

La speranza cristiana è intimamente congiunta all’annuncio coraggioso e integrale del Vangelo, che eccelle tra le funzioni principali del Vescovo, come è espresso significativamente dall’imposizione dell’evangeliario sul tuo capo durante la preghiera consacratoria.

La tua ricca e profonda preparazione dottrinale ti faciliterà questo primario compito episcopale. E sono certo che per te il criterio ispiratore sarà sempre quello indicato da S. Paolo a Timoteo: “Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e inopportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina… Compi la tua opera di annunziatore del Vangelo, adempi il tuo ministero. Proponendo queste cose ai fratelli, sarai un buon ministro di Cristo Gesù, nutrito come sei dalle parole della fede e dalla buona speranza nel Dio vivente” (1Tm 4,2-6).

8. Seminatore di speranza, sii soprattutto come dispensatore dei misteri di Dio ed economo della grazia del Supremo sacerdozio, nell’esercizio, nell’ordinamento e nella promozione della vita liturgica, che ha la fonte e il culmine nell’Eucaristia, cuore di ogni Vescovo perché cuore della Chiesa.

Per questo, continua ad essere uomo di contemplazione e di preghiera, come ti ricorda nella stella a otto punte l’origine monastica della tua Chiesa, con quella forte tensione alla santità, che la mitra continuamente richiama, per esserne segno vivo, perfezionatore e promotore in mezzo ai fedeli. “La (tua) vita, - come si esprime S. Ilario di Poitiers -, sia ornata dalla dottrina e la dottrina dalla vita”.

9. Sarai così testimone di speranza, quale guida del popolo di Dio.

A somiglianza di Giovanni Battista, anche tu sei “un uomo mandato da Dio come testimone” del suo Figlio, il Pantocratore, luce del mondo, “per rendere testimonianza alla luce”, col “fuoco” della Pentecoste, messo in evidenza nel tuo stemma episcopale, non solo perché rievocativo dell’etimo arabo del tuo cognome, ma anche e prima ancora perché espressivo dello Spirito del Signore che fra poco farà di te il principio e il fondamento visibile della comunione missionaria nella Chiesa di Monreale, quale icona della Trinità.

Per questo, al di sopra dei molteplici doveri e compiti che ti attendono, al di sopra di tutte le preoccupazioni e le difficoltà che sono inevitabilmente legate al fedele lavoro quotidiano nella vigna del Signore, nella tua missione apostolica continua a lasciarti animare dalla speranza, fondata sulla perenne presenza di Cristo, Signore della storia.

La tua missione di pastore è guidare il popolo a te affidato sulla strade del Signore che tu, come battistrada a somiglianza di Giovanni Battista, dovrai continuamente preparare raddrizzandone i sentieri culturali, morali e sociali, oggi divenuti particolarmente tortuosi a causa degli scenari mondiali che sono profondamente mutati.

Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia non è facile. Ma tu lo farai, anzitutto con la totale fiducia nello Spirito del Signore che ti consacra e ti manda, ma anche con quella capacità di lettura dei segni dei tempi e di discernimento personale e comunitario che intellettualmente e spiritualmente ti caratterizzano, memore della esortazione di S. Paolo ai Tessalonicesi rivolta anche a noi questa sera nella seconda lettura: “Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie, esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono”, in modo che il gregge di Cristo possa procedere irreprensibile sulla via della santificazione, della comunione e della pace nell’attesa della venuta del Signore.

10. Nell’esercizio della missione apostolica, protesa in questo inizio del nuovo millennio a prendere il largo verso gli orizzonti più alti della santità e verso le nuove e molteplici frontiere dell’evangelizzazione, dell’ecumenismo, del dialogo interreligioso e interculturale, a te congeniali, ti seguirà la Chiesa di Monreale nelle sue diverse componenti.

Ti saranno di sostegno anzitutto i sacerdoti, necessari consiglieri e cooperatori dell’ordine episcopale insieme con i diaconi: amali tutti e sempre come i tuoi fratelli più cari, gli amici più intimi, i figli più vicini al tuo cuore di fratello e di padre.

Ti saranno di conforto i membri di vita consacrata, “posta nel cuore della Chiesa come elemento decisivo per la sua missione” (VC, 3).

Ti saranno di aiuto i fedeli laici il cui ruolo, nella varietà dei carismi, dei ministeri e delle realtà associative a servizio dell’unica missione della Chiesa, hai sempre valorizzato e promosso.

Ti accompagnerà soprattutto, insieme agli Angeli, ai Profeti, agli Apostoli, ai Santi che risplendono nelle icone musive della tua Cattedrale, la Vergine Santa, che la Chiesa invoca “speranza nostra” e “fonte della nostra gioia”.

Regina degli Apostoli, che assunta in cielo ricapitola in sé tutte le gioie e vive la gioia perfetta promessa alla Chiesa, brilli sul tuo episcopato “quale segno di sicura speranza e di consolazione”.

Non è senza significato che la tua nomina a Vescovo sia avvenuta all’inizio dell’Anno del Rosario, di questo “tesoro” che il Santo Padre ha voluto riconsegnare alla Chiesa, soprattutto a noi Vescovi, perché, facendo esperienza personale della bellezza del Rosario, ne diventiamo solerti promotori.

Illuminato dalla luce di Cristo, il tuo episcopato sia come un rosario vivente che, nelle ore della gioia come in quelle immancabili del dolore, si orienti unicamente verso la gloria del Risorto, in modo che tu e la Chiesa di Monreale, nel vincolo più sacro dell’amore sponsale, espresso dall’anello, possiate ripetere ogni giorno, come oggi, col profeta Isaia: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia, come uno sposo che si cinge di diadema e come una sposa si adorna di gioielli”. E’ questo il nostro augurio, Mons. Naro! E’ questa la nostra preghiera. Amen.

Monreale, 14 dicembre 2002

                                                                                                            † CARD. SALVATORE DE GIORGI
                                                                                                                ARCIVESCOVO DI PALERMO

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Testo del ringraziamento

dell'Arcivescovo mons. Cataldo Naro

a conclusione della sua ordinazione episcopale

Duomo di Monreale 14 dicembre 2002

 

Eminenza reverendissima, Cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo metropolita di Palermo, venerato ed amato per una consuetudine di rapporto che mi ha a Lei legato negli ultimi anni, quelli della presidenza della Facoltà teologica di Sicilia; Eminenza Reverendissima, Cardinale Salvatore Pappalardo, arcivescovo emerito di Palermo che ho imparato a molto stimare e voler bene nell'esercizio del Suo ufficio di Gran Cancelliere della Facoltà teologica di Sicilia in cui mi chiamò ad insegnare oltre vent'anni fa; Eccellenza Reverendissima, mons. Paolo Romeo, Nunzio Apostolico in Italia, che ha voluto prendere parte all'ordinazione rendendo in qualche modo presente il papa Giovanni Paolo II che mi ha nominato arcivescovo di Monreale e a cui va il mio pensiero di filiale devozione; e Loro, vescovi secondo e terzo ordinanti, mons. Vigo che si è speso generosamente fino ad oggi nel servizio della Chiesa di Monreale, e mons. Garsia, di cui sono stato il primo presbitero ordinato nella e per la Chiesa di Caltanissetta e che mi ha accompagnato negli anni del ministero presbiterale; ed ancora Loro, vescovi delle Chiese di Sicilia, qui convenuti per impormi le mani e accogliermi nel collegio dei vescovi, e mons. Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, e mons. Bagnasco, arcivescovo di Pesaro e presidente del Consiglio d'amministrazione di «Avvenire», ai quali mi legano vincoli di affetto personale e di collaborazione al servizio delle Chiese d'Italia; e Loro tutti, presbiteri delle Chiese di Monreale e Caltanissetta ed anche di altre Chiese di Sicilia e di fuori dell'Isola, seminaristi, religiose e religiosi, fedeli laici, insieme alle distinte autorità civili e militari, con a capo lo stesso presidente della Regione.

Tutti e singolarmente ringrazio di cuore per la loro partecipazione tanto numerosa e così piena di una gioia che mi onora ma che -- lo vedo con chiarezza -- è motivata primariamente non da un apprezzamento per la mia persona ma dall'amore per la Chiesa e dalla fede nel Signore Gesù, il Risorto, che si rende presente nella figura del vescovo. Abbiamo celebrato un evento di grazia. Il Signore Gesù, per l'azione del suo Santo Spirito, mi ha configurato in pienezza a Sé buon Pastore. E la gioia di tutti nasce dal vedere continuare il ministero episcopale in una persona che l'ha avuto affidato per grazia, senza alcun suo merito, ed anzi a fronte di una sua evidente inadeguatezza, e che, perciò, non agisce in suo nome ma in quello di Cristo e, quindi, è al servizio di tutti nella Chiesa.

La grazia del sacramento ha legato la mia vita indissolubilmente al servizio del Vangelo e della Chiesa, di questa Chiesa particolare di Monreale. Per me è davvero un nuovo inizio. La mia vita cambia radicalmente. Chiedo a tutti -- a cominciare da mia mamma così preoccupata ma, penso, anche intimamente contenta, da mio fratello sacerdote, da mia sorella e dagli altri fratelli -- di continuare a ricordarmi nella loro preghiera perché mi lasci plasmare dalla grazia del sacramento e -- come ho promesso con le parole del rito -- ricerchi costantemente nella preghiera l'unione col Cristo e diventi un'immagine credibile di Lui buon Pastore, sollecito prima di tutto dell'annuncio del Vangelo e capace di reale attenzione a tutti, specialmente a quanti ne hanno più bisogno e che il Cristo stesso predilige, cioè gli ammalati, i più deboli e più umiliati.

Certamente il ricordo di questo momento così solenne e così gioioso mi accompagnerà e mi sosterrà nell'esercizio del ministero. Mi vengono alla mente le parole che Paolo VI pronunciò nell'omelia di una sua ordinazione di vescovi nel 1966: «È vero. Vi attendono gravi responsabilità, grandi doveri, molte difficoltà, fors'anche dispiaceri e dolori; così è la sequela di Cristo, così è la vocazione di essere suoi apostoli e suoi ministri. Ma nolite timere; non abbiate davanti a voi la prospettiva degli ostacoli e delle prove, che sono proprie dell'ufficio episcopale; ma abbiate piuttosto davanti a voi: gli uomini da amare e da servire e da salvare; il mondo vi è aperto davanti! Se mai dubbio, delusione, stanchezza vi sorprenderanno nel cammino che state per intraprendere, vi sorregga il ricordo di quest'ora incomparabile: dobbiamo servire, servire per amore: le anime, la Chiesa, il mondo, Cristo».

Come lasciano intravedere questo parole di Paolo VI e come appare con tutta chiarezza dalla pagina del Vangelo di Giovanni sul conferimento a Pietro del compito di guidare la Chiesa, c'è un nesso misterioso ma ben reale tra la richiesta di un amore più grande e la consapevolezza della fragilità umana (tre volte Gesù fa a Pietro la domanda se lo ama più degli altri come tre volte egli l'aveva rinnegato) e tra l'affidamento dell'ufficio di pascere il gregge di Cristo e la prospettiva della partecipazione alla croce del Signore («un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi»). E tuttavia resta vero e confortante l'invito di Paolo VI a non temere, un invito che s'accorda con la liturgia di questa terza domenica di Avvento, che è tutta un invito a gioire perché il Signore è venuto, viene e verrà. Un invito a non temere e a gioire che è, anche, un invito a ricordare.

† Cataldo Naro
Arcivescovo

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 RELIQUIARIO DELLE LACRIME DELLA MADONNA DI SIRACUSA

OMELIA PRONUNCIATA NELLA CATTEDRALE DI MONREALE

10.01.2003

Nella preghiera colletta abbiamo chiesto insieme al Padre perché conceda che gli uomini, “scossi” dalle lacrime della madre del suo Figlio, abbandonino gli errori, rigettino le opere delle tenebra e si lascino ricondurre al suo amore. Tra gli uomini per i quali abbiamo pregato includiamo naturalmente anche noi che questa sera accogliamo nella nostra cattedrale il reliquiario della Madonna delle lacrime di Siracusa che, nel cinquantesimo dell'evento prodigioso della lacrimazione, sosta nelle cattedrali delle Chiese di Sicilia, quasi a significare il particolare legame che quell'evento ebbe ed ha non solo con Siracusa ma anche con l'intera Sicilia.

Si tratta, dunque, anche per noi, innanzitutto, di essere scossi dalle lacrime della Madre del Signore. Occorre che esse ci dicano qualcosa, parlino al nostro cuore di credenti.  E non per superficiale commozione, ma sulla base della nostra stessa fede, in forza di ciò che crediamo, in forza della nostra comprensione del mistero cristiano. Vorrei con semplicità dire qualcosa che ci aiuti a lasciarci scuotere dalle lacrime di Maria all'interno di questa comprensione credente.

Nell'importante omelia tenuta nel santuario della Madonna delle lacrime a Siracusa il 6 novembre 1994, Giovanni Paolo II affermò che “le lacrime della Madonna appartengono all’ordine dei segni: esse testimoniano la presenza della Madre nella Chiesa e nel mondo”.

Mi sembra che la prima cosa su cui dobbiamo riflettere è proprio questa presenza materna di Maria nella vita della Chiesa e dell’umanità e, quindi, nella nostra vita, di ciascuno di noi che partecipa a questa liturgia. Per lasciarci scuotere dalle sue lacrime si impone che teniamo conto della sua presenza, di cui le lacrime sono appunto soltanto un segno.

Maria è presente nella nostra vita di credenti ed anzi nella vita di ogni uomo perché, con la sua assunzione in cielo, è stata associata alla gloria del suo Figlio Risorto. Gesù risorto, non più limitato dallo spazio e dal tempo, è presente nella Chiesa, è presente nel cuore dei credenti, si rende presente nei segni sacramentali, nell’ascolto della Scrittura, in ogni uomo e specialmente in quelli più piccoli e più bisognosi d’aiuto.

Maria, la Tutta Santa, creatura come tutti noi, ma “redenta in modo più sublime”, conte dice Pio IX nella bolla della definizione dell’Immacolata concezione, unita in modo speciale alla redenzione del Cristo, partecipa ora della sua presenza nella vita della Chiesa e dell’umanità. E come quella del Cristo, la sua presenza è una presenza d’amore. Ella non può non amarci. É la madre del Cristo, non può non amare il suo Figlio, cioè ciascuno di noi, perché siamo una sola cosa col suo Figlio, figli nel Figlio. E l’amore che ha per noi non è diverso da quello che ha per il Cristo suo Figlio.

Anzi, se proprio dobbiamo parlare di diversità, forse sbagliando, ma con una certa verità, possiamo dire che ci ama con una cura e un’assistenza verso di noi che è maggiore di quella che possa avere per il suo Figlio che ora non ne ha bisogno. Siamo noi che, proprio nella misura che siamo più peccatori e più miseri, abbiamo maggiore bisogno della sua tenerezza di madre, della sua assistenza, del suo soccorso, del suo perdono, affinché siamo da lei portati davanti a Gesù e Gesù ci perdoni e ci accolga, nonostante quello che siamo.

Maria è la madre dei peccatori, è l’aiuto per chi ha bisogno, è il sostegno dei deboli. E non può non essere così. Tutto ella ha ricevuto per grazia. Niente di quello che è, deriva dal suo merito. Tutto in lei è frutto della misericordia di Dio. Non può avere verso di noi un sentimento diverso da quello che ella sente che Dio ha avuto per lei. Per noi ella è madre di misericordia, tanto più vicina agli uomini quanto più essi sono lontani da Dio.

Se pensiamo e viviamo questo senso della presenza di Maria nella nostra vita, allora le sue lacrime potranno parlarci, potranno scuoterci. Sempre nell’omelia del 6 novembre 1994,  Giovanni Paolo II ha detto che le lacrime di Maria sono lacrime di dolore, di preghiera e di speranza. Dolore per il rifiuto che gli uomini oppongono all’amore di Dio, per la violenza che regna nei rapporti umani, per le sofferenze morali e fisiche di tanti uomini e donne, giovani e vecchi, per le ingiustizie. Preghiera di intercessione presso il Padre per quanti non pregano, per quanti sono sordi al richiamo dell’amore del Signore. Speranza nell’attesa che i cuori si sciolgano nella loro durezza proprio in forza del mistero di quelle lacrime materne.

Le lacrime di Maria a Siracusa - ma anche in altre località e in altri tempi (possiamo ricordare che anche nella nostra diocesi a Chiusa Sclafani, nel 1835, avvenne una lacrimazione della Vergine, la cui autenticità fu verificata con un processo dall’autorità ecclesiastica del tempo) - sono, dunque, un segno della sua presenza materna nella Chiesa e dei suo interesse per le sorti dell’umanità ma anche della sua potenza di intercessione che ci apre alla speranza del superamento delle angustie e dei peccati dell’umanità del nostro tempo.

Voglio dire che le lacrime di Maria non ci segnalano soltanto il male che c’è nel mondo e che addolora la Madre del Signore, ma ci dicono che non siamo soli a fronteggiare questo male in noi e attorno a noi, che c’è la presenza materna di Maria che ci ama più di quanto noi possiamo riuscire a pensare, più di quanto ogni mamma che noi conosciamo su questa terra possa amare di fatto i propri figli.

Le lacrime di dolore di Maria ci fanno avvertire la distanza attuale dell’umanità dal disegno che Dio ha per essa. E contribuiscono a fare più acuto in noi credenti il senso di una distanza o sproporzione tra la piccolezza delle nostre forze e possibilità e la grandezza della missione che il Cristo ha affidato alla sua Chiesa. Come portare il Vangelo a tutti gli uomini, come riuscire a dire la nostra fede nel Signore Risorto in questo nostro tempo, come venire incontro, seppure in parte, agli enormi bisogni degli uomini nostri contemporanei? È facile scoraggiarsi quando misuriamo la distanza tra il compito assegnato alla Chiesa dal suo Signore e le concrete sue possibilità di adempierlo.

Ma è anche vero che non siamo soli. La nostra missione è quella stessa del Cristo. E il Signore, assieme a sua Madre, è con noi. Anzi: è il Signore che opera in realtà, che realizza la sua missione di salvezza degli uomini, ma Egli non opera senza di noi, senza la sua Chiesa: ha voluto associare gli uomini alla sua opera di salvezza. Come dobbiamo essere certi di una continua presenza del Signore nella vita e nella missione della Chiesa! Come dobbiamo avere e coltivare la certezza che la Madre del Signore è presente nella nostra vita. Le lacrime di Maria a Siracusa - ha detto Giovanni Paolo II -, oltre che lacrime di dolore, sono lacrime di preghiera. Questo significa che possiamo contare sulla potenza della sua intercessione. E questo - come ha ancora detto il papa - ci apre a una grande speranza per noi stessi, per il nostro tempo, per la Chiesa intera, per l’umanità. È vero che c’è il male nel mondo e che noi abbiamo esperienza del suo dilagare. Ma è anche vero che Dio è più forte del male del mondo. Abbiamo appena celebrato il Natale e siamo ancora nel ciclo liturgico natalizio, che si concluderà domenica con la festa del Battesimo di Gesù.  E il Natale è l’annuncio che Dio si è fatto uomo, e se si è fatto uomo, se si è coinvolto con gli uomini fino a questo punto non è stato per vedere distrutta l’umanità o semplicemente per osservare la sua autodistruzione, ma per condurla a sé, per salvarla. Ma è ancora vero che, se Dio vuole operare attraverso noi, allora si richiede che noi ci apriamo sempre più a lui, che, cioè, cresca la nostra fede nella sua presenza nella storia e nella sua volontà di salvezza per tutti gli uomini. Quanto più cresce il male del mondo, tanto più deve crescere la nostra fede. Dio vuole salvare il mondo, ma non lo salverà che nella misura in cui noi, nella fede, accettiamo di essere suoi collaboratori, accettiamo di essere associati alla sua opera di salvezza.  Le lacrime di Maria ci fanno certi della sua presenza

nella Chiesa e ci spingono ad una fede più grande nella presenza del Signore nella storia.  Non dobbiamo essere tristi come i discepoli di Emmaus, che si sentivano soli, abbandonati da Gesù, e camminavano lungo la strada senza speranza.  Non possiamo essere tristi, perché il Signore è con noi, ed anche sua Madre, e la nostra speranza è grande.

Per aiutare ad accrescere la nostra fede e ad alimentare la nostra speranza, oggi sosta nella nostra cattedrale il reliquiario delle lacrime di Maria a Siracusa. È il segno della presenza di Maria tra noi, nella nostra Chiesa di Monreale, per gli uomini e le donne delle città e dei paesi dell’intera arcidiocesi. Sentiamo viva la sua presenza tra noi. E avvaliamoci della sua preghiera.  Chiediamole cose grandi. Non esitiamo a domandare molto. Penso che offendiamo la Madonna se ci limitiamo a chiedere piccole cose. É la Madre del Signore e la sua intercessione è potente.  Chiediamo, innanzitutto, che cresca la nostra fede, che ci facciamo davvero santi, che cioè il nostro legame col Signore, nella fedeltà al Vangelo, diventi forte e indistruttibile, come è stato per l’apostolo Pietro, nonostante la sua debolezza e il suo peccato. Preghiamo per i nostri sacerdoti, perché il loro servizio sia generoso e la loro carità pastorale li rafforzi nel loro amore al Signore. Preghiamo per i nostri seminaristi, perché si preparino con convinta serietà al compito grande che li attende. Preghiamo per le nostre famiglie, perché siano ambienti di crescita umana e cristiana. Preghiamo per i nostri giovani, perché la vita non li deluda troppo.  Preghiamo per gli anziani, perché la vita non sia loro troppo pesante. Preghiamo per i responsabili della cosa pubblica, per quelli che abbiamo eletto, perché la loro volontà di procurare il bene comune trovi vie di concreta realizzazione. Invochiamo il dono grande della pace per tutti i popoli.  Supplichiamo il Signore, per l’intercessione di Maria, perché non permetta che l’umanità conosca l’esperienza distruttiva della guerra. E preghiamo ancora perché la Chiesa viva nella concordia e possa assolvere con tranquillità al compito dell’annuncio del Vangelo. Se, alla presenza di Maria, ci impegniamo questa sera in una preghiera dai vasti orizzonti, in un’invocazione per tutti gli uomini, in una supplica per i bisogni dei vicini e dei lontani, allora significa che le lacrime di Maria ci hanno scosso, ci hanno in qualche modo contagiato.  

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