Omelia del Card. Salvatore De Giorgi (ordinazione episcopale)
Discordo di ringraziamento di Mons. Naro (ordinazione episcopale)
Omelia (reliquiario delle lacrime della Madonna di Siracusa)
GIOVANNI PAOLO II VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO
al diletto
figlio Cataldo Naro, del clero della diocesi di Caltanissetta, fino ad ora
docente di storia della Chiesa presso la Facoltà Teologica di Sicilia “San
Giovanni Evangelista”, nominato Arcivescovo di Monreale, salute ed apostolica
benedizione.
Volendo adempiere con attenta sollecitudine
l’ufficio di Pastore della Chiesa universale, rivolgiamo ora, con particolare
ragione, il nostro animo alla Sede di Monreale, che aspetta una guida religiosa,
dacché il venerabile fratello Pio Vittorio Vigo è andato a reggere la Chiesa
di Acireale.
Ritenendo di non dover prolungare l’attesa, siamo
ricorsi a te, figlio diletto, reputando con prudente valutazione che tu possa
assumere quel ministero e sapendoti dotato in misura eccellente di convenienti
virtù, di dottrina e di esperienza pastorale. Pertanto, accogliendo il parere
della Congregazione per i Vescovi, in forza della nostra apostolica potestà, ti
nominiamo e costituiamo Arcivescovo di Monreale, con tutti i diritti concessi e,
insieme, con tutti gli annessi doveri, che a norma dei sacri canoni competono a
te e al tuo stato.
Potrai quindi ricevere la consacrazione episcopale
da parte di qualunque Vescovo cattolico fuori Roma. Ma prima dovrai fare la
professione di fede e pronunciare il giuramento di fedeltà a Noi e ai nostri
Successori, secondo le leggi e le norme della Chiesa.
Informerai poi della tua elezione il clero e il
popolo dei fedeli, che esortiamo a lasciarsi tutti guidare da te, pastore e
maestro, in un rinnovato impegno di vita religiosa e di pietà.
Inoltre, tenendo sempre presenti la storia e le
memorie di questa illustre Sede, sostenuto dall’aiuto e dalla luce di Dio, ti
premurerai di ricordare senza sosta alla tua comunità ecclesiale gli
insegnamenti salvifici di Cristo Signore, affinché essa ne tragga frutti
copiosi e spirituali vantaggi.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 18 ottobre 2002, XXV° del nostro pontificato.
Giovanni Paolo II
Monsignor Cataldo Naro è nato a san Cataldo, Diocesi di
Caltanissetta,
il 6 gennaio 1951. ha compiuto gli studi umanistici nel Seminario di
Caltanissetta e quelli di teologia nella Pontificia Facoltà dell’Italia
Meridionale, a Napoli, Sezione San Luigi, conseguendo il baccellierato.
Ha frequentato la Pontificia Università Gregoriana laureandosi in Storia
della Chiesa, ed ha partecipato al corso di Archivistica presso l’Archivio
Segreto Vaticano conseguendo il relativo diploma.
E’ stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1974 per il clero della
diocesi di Caltanissetta.
Ha svolto un intenso impegno pastorale nella sua diocesi di origine: nel
1977 venne incaricato di dirigere l’Archivio storico diocesano, ed assegnato
come Vicario coadiutore a San Cataldo – dal 1977 al 1979; è stato prima Vice
Assistente e poi Assistente diocesano della Compagnia di S. Angela Merici, dal
1978 al 1991, prima di essere nominato Vice-Assistente della Federazione delle
Compagnie Meridiane.
Ha insegnato Storia e Filosofia presso il Liceo del seminario di
Caltanissetta e rettore della Chiesa di S. Giuseppe in San Cataldo, dal 1986-89
ha ricoperto l’incarico di Prefetto degli Studi dell’Istituto teologico
Diocesano e dal 1989 al 1991, ha collaborato con il suo Vescovo nella
preparazione e nello svolgimento del Sinodo diocesano, in qualità di Segretario
del Sinodo.
Ha pure tenuto corsi di Storia della Chiesa, Patristica, Archivistica, Storia dell’Arte Cristiana e Metodologia nell’Istituto Teologico diocesano di Caltanissetta.
La Conferenza Episcopale Italiana lo ha nominato consulente del Servizio
nazionale per il progetto Culturale nonché del Consiglio d0’Amministrazione
del quotidiano “Avvenire” e del Comitato scientifico delle Settimane
Sociali.
Oltre a collaborare con i giornali “La Sicilia”, “L’Osservatore
Romano” e “Avvenire” – ha pubblicato studi aventi carattere
prevalentemente storico e riguardanti la storia della Chiesa in Sicilia, tra i
quali ricordiamo: Il movimento cattolico a Caltanissetta, Caltanissetta
1977; Spiritualità dell’azione e cattolicesimo sociale, Caltanissetta
1989; Chiesa e Società a Caltanissetta tra le due guerre,3 voll.,
Caltanissetta-Roma 1991; Preti sociali e pastori d’anime, Caltanissetta-Roma
1993.
E’ molto nota anche la sua attività editoriale, dato che per un decennio, - dal 1977 al 1986 – ha collaborato alle Edizioni del Seminario di Caltanissetta ed è stato Direttore del “centro Studi Cammarata” di San Cataldo, dalla sua fondazione al 1984.
Lo Stemma di Mons. Cataldo Naro
Secondo la tradizione araldica ecclesiastica, lo stemma di un Arcivescovo
è composto da:
Ø Uno scudo (preferibilmente a forma di calice);
Ø Una croce in palo (ovvero posta verticalmente, dietro lo scudo), di oro a due traversi (che indica il grado arcivescovile);
Ø Un cappello prelatizio, con cordoni a dieci fiocchi (1.2.3.4.), di grado arcivescovile pendenti su ciascun lato, il tutto di verde;
Ø Un cartiglio inferiore in oro, con una scritta in nero.
Descrizione araldica dello stemma
Inquantato di rosso e di oro: nel primo una stella ad otto punte, di oro; nel secondo un’aquila di nero ad ali spiegate, aureolata e linguata di rosso, che poggia su un libro di rosso; nel terzo un fuoco rosso; nel quarto tre spighe di oro.
Spiegazione dello stemma
La stella ad otto punte era il simbolo dell’antica Comunità
Benedettina Cassinese di Monreale, che ha marcato la spiritualità della
regione. Benché sparita col tempo, essa ha lasciato la sua impronta nella
spiritualità della Chiesa di Monreale ed ha lasciato il suo simbolo, la stella,
nello stemma del Comune di Monreale. E’ di oro su rosso, per indicare la fede
che brilla nel campo della carità.
L’aquila aureolata posata su un libro indica San Giovanni
Evangelista, dal quale prende nome la Facoltà Teologica di Sicilia, in cui
Mons. Naro ha insegnato per tanti anni.
Il fuoco ricorda il nome di famiglia di Mons. Naro tratto
dall’etimologia araba (Nar = fuoco).
Le spighe di grano sono elementi dello stemma del Comune di San
Cataldo, luogo di origine di Mons. Naro.
Il motto “Miserationum Domini recordabor” è tratto da Isaia 66,7 .
SALUTO ALLA CHIESA DI MONREALE
dell’arcivescovo eletto mons. Cataldo
Naro
Ho accolto la scelta del Santo Padre di nominarmi arcivescovo di
Monreale, succedendo a mons. Pio Vigo, come una chiamata del Signore a cui non
ho voluto sottrarmi. Non nascondo di essere piuttosto confuso ed anche un po’
spaventato della responsabilità affidatami. Ho un’alta idea del ministero
episcopale e conosco i miei limiti. E non ignoro le difficoltà che comporta
oggi il suo esercizio anche in una terra di antiche e gloriose tradizioni
cristiane. Ma sento che non sarà un’avventura solitaria. C’è il Signore
che col suo Spirito guida e assiste la Chiesa. E c’è tutta una Chiesa
particolare che, nelle sue varie componenti, ha la consapevolezza di una sua
grande tradizione spirituale e pastorale. Una Chiesa a cui vengo nel nome del
Signore e che so che mi accetta nella fede.
E’ in questa fede che dobbiamo continuare a camminare. C’è una
storia di fede di cui siamo portatori ma che, prima ancora, ci porta. Le tante
figure di santità che la Chiesa di Monreale ha espresso nel passato ed ancora
nel secolo scorso – ricordo almeno la figura, a me tanto cara, del venerabile
mons. Antonio Augusto Intreccialagli, che fu anche vescovo di Caltanissetta –
ci dicono l’importanza di una ricchezza di vita di fede e di operosità
cristiana che dobbiamo trasmettere alle nuove generazioni. Ma conosciamo anche i
limiti e le povertà della nostra vita ecclesiale. Limiti che siamo chiamati a
meglio discernere e generosamente superare. La conversione resta un compito
permanente. Ed è una conversione delle persone ed, oggi, anche dello stile
dell’esercizio della missione. I più recenti documenti della Chiesa italiana
parlano dell’urgenza di una “conversione pastorale”. E Giovanni Paolo II
nell’enciclica Redemporis missio ha scritto che “la missione è solo
agli inizi”. I rapidi e radicali mutamenti del nostro tempo aprono nuovi e
amplissimi spazi all’evangelizzazione. E’, di fatto, un appello
all’intraprendenza dell’annuncio cristiano. Anche per la Chiesa di Monreale.
L’ordinazione episcopale mi configurerà in pienezza a Cristo Pastore
e, quindi, mi costituirà interamente al servizio della Chiesa di Monreale.
Chiedo al Signore di corrispondere alla grazia del sacramento in una visione di
fede sempre più pura, in una volontà di dedizione senza riserve, in una libertà
interiore che mi apra a ogni persona e a ogni problema, in un’attenzione che
non escluda nessuno e prediliga quanti ne hanno più bisogno, quanti a Lui sono
prediletti: malati e poveri. E chiedo a tutti, nella Chiesa di Monreale, di
accompagnarmi con la loro preghiera in questa vigilia dell’ordinazione
episcopale. Lo chiedo ai sacerdoti e ai diaconi, la cui unione col vescovo e tra
di loro è modello ed esempio di comunione per tutti nella comunità ecclesiale.
E lo chiedo ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose, ai membri delle
associazioni e dei movimenti e a tutto il popolo di Dio. E con affetto a tutti
do il saluto della pace.
Sentimenti di filiale devozione esprimo a Giovanni Paolo
II, vescovo di
Roma e successore di Pietro, che presiede alla comunione delle Chiese e che ha
voluto nominarmi per la Chiesa di Monreale.
Un saluto pieno di riconoscenza rivolgo a mons. Pio Vigo che si è speso
nel servizio della Chiesa di Monreale e ora si accinge a guidare quella di
Acireale. Si tratta per me di continuare il suo lavoro e per tutti di percorrere
un cammino già tracciato. Il Signore lo ricolmi di ogni consolazione
spirituale. Anche a lui chiedo di essere ricordato al Signore. Ed anche a mons.
Cassisa, arcivescovo emerito di Monreale, chiedo di essere accompagnato con la
preghiera. E la stessa richiesta rivolgo ai vescovi tutti della Sicilia, tra cui
quelli che provengono dal presbiterio della Chiesa monrealese – mons.
Bommarito, mons. Catarinicchia e mons. Miccichè – e il vescovo di
Caltanissetta, mons. Garsia, che mi ha ordinato presbitero. Alla Chiesa di
Caltanissetta devo tanto e so di poter contare in essa sull’affetto e sulla
preghiera di tanti. E la stessa cosa so per la comunità accademica della Facoltà
teologica di Sicilia, in cui ho intrecciato tanti legami d’amicizia.
Un saluto rispettoso e cordiale desidero rivolgere, infine, alle autorità civili dei vari comuni dell’arcidiocesi di Monreale. Il Signore conceda alla nostra comunità ecclesiale di collaborare fattivamente con tutti gli uomini di buona volontà e di dare un apporto leale alla ricerca del bene comune e alla crescita civile della nostra terra.
OMELIA
DEL CARD. SALVATORE DE GIORGI
ARCIVESCOVO DI PALERMO
ORDINAZIONE
EPISCOPALE DI S.E. MONS. CATALDO NARO
Eminenza Reverendissima e
carissima
Venerati Confratelli
nell’Episcopato
Amati Presbiteri e Diaconi
Onorevoli Autorità
Carissimi fratelli e sorelle
amati dal Signore
1. Il cammino dell’Avvento
incontro al Signore, che viene a salvarci, oggi è illuminato e riscaldato dal
“Vangelo della gioia”.
La gioia! E’ il sentimento che
sgorga esuberante e travolgente da tutti i pori della liturgia di questa terza
domenica d’Avvento, chiamata domenica “Gaudete” dall’invito paolino
dell’Antifona d’Ingresso: “Gaudete in Domino semper. Rallegratevi sempre
nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino”. Lo abbiamo
ascoltato anche nella seconda lettura.
Ma per la Chiesa di Monreale
l’invito alla gioia questa sera ha una ulteriore, e direi storica,
motivazione, per un evento che ha la radice più profonda nel Mistero trinitario
e la spiegazione più piena nell’Avvento del Signore: l’ordinazione e
l’inizio del ministero episcopale del suo nuovo Pastore, S.E. Mons. Cataldo
Naro, che succede al degnissimo Arcivescovo S.E. Mons. Pio Vigo, che per 5 anni
l’ha servita con l’amore grande di Cristo buon Pastore.
2. “L’anima mia magnifica il
Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore”. Il canto di Maria, che
abbiamo riascoltato nel salmo responsoriale, esprime il nostro ringraziamento a
Dio e la nostra esultanza per questo dono. E in realtà l’esultanza è di
tutti.
Esultiamo noi Vescovi, che con
immensa gioia accogliamo il carissimo confratello nel collegio episcopale, a
cominciare dal mio venerato predecessore Sua Eminenza il Card. Salvatore
Pappalardo e dal Nunzio Apostolico in Italia S.E. Mons. Paolo Romeo, che in
questa celebrazione rende visibile la presenza del Santo Padre Giovanni Paolo II,
Capo del Collegio episcopale, al quale va il nostro pensiero grato e orante.
Esulta la Santa Chiesa di
Monreale, che accoglie con fede il suo nuovo Pastore, che viene nel nome del
Signore, lieta di partecipare al “Natalis Episcopi” ossia al mistero della
sua nascita sacramentale all’episcopato in questa stupenda Cattedrale, ricca
di arte e di storia, illustrata da Pastori insigni per pietà, per cultura, per
impegno pastorale.
3. Esulta la Chiesa di Caltanissetta, insieme al suo Pastore, S.E. Mons. Alfredo
Garsia, perché uno
dei suoi figli migliori è stato elevato alla dignità episcopale, e per giunta
in una sede già onorata dal Venerabile Mons. Antonio Augusto Intreccialagli, già
Vescovo di Caltanissetta.
La Chiesa nissena ha rigenerato
nella vita cristiana Mons. Naro, nato a S. Cataldo, la città delle spighe,
cinquantuno anni fa. Lo ha avviato al sacerdozio nel Seminario diocesano durante
gli studi ginnasiali e liceali. Lo ha accompagnato in quelli teologici nella
Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale di Napoli, coronati con il
Baccellierato in Teologia e successivamente con la laurea in Storia della Chiesa
presso la Pontificia Università Gregoriana e col diploma di Archivista presso
l’Archivio Segreto Vaticano. Nella sua Cattedrale, infine, lo ha visto
ordinato come primo sacerdote da Mons. Garsia il 29 giugno 1974.
A servizio della sua Chiesa a
Mons. Naro sono stati affidati molteplici uffici presbiterali, compiti
pastorali, educativi, culturali, che qui sarebbe molto lungo enumerare ma che
egli ha svolto con grande amore alla sua Chiesa, con alto profilo professionale,
con generosa carità pastorale e soprattutto con esaltante umiltà evangelica,
schiva dei palcoscenici e dei riflettori.
4. All’esultanza delle Chiese
di Monreale e di Caltanissetta si aggiunge quella della Facoltà Teologica di
Sicilia, della quale Mons. Naro è stato Professore, Vicepreside e Preside,
grata soprattutto perché, nei sei anni della sua presidenza, con lungimirante
saggezza, con vasta ricchezza dottrinale, con dedizione appassionata e con
instancabile dinamismo costruttivo, Mons. Naro ha contribuito notevolmente a
elevarne il livello scientifico, a dilatarne gli spazi accademici e ad aprirla
ad altre Facoltà e ad altri Istituti universitari, ecclesiastici e non.
L’essere stato chiamato dalla Conferenza Episcopale Italiana, quì degnamente
rappresentata dal Segretario Generale, S.E. Mons. Giuseppe Betori, a dare il suo
contributo sia al servizio del “Progetto culturale” sia all’impegno
promozionale di “Avvenire” è una conferma di quanto Mons. Naro sia stimato
e apprezzato anche al di fuori della nostra Regione.
5. Ma il riconoscimento più
autorevole delle eccellenti doti spirituali, dottrinali e pastorali del nuovo
Arcivescovo di Monreale è venuto dal Santo Padre, Giovanni Paolo II, come
abbiamo ascoltato dalla lettura della Bolla di nomina.
In essa il Papa ha esortato il
Clero e il popolo dei fedeli a lasciarsi guidare dal nuovo pastore e maestro in
un rinnovato impegno di vita religiosa e di pietà, e il nuovo pastore e maestro
a ricordare senza sosta alla comunità ecclesiale monrealese gli insegnamenti
salvifici di Cristo Signore, tenendo presenti la storia e le memorie di questa
illustre Sede.
Credo che sia molto significativo
il forte riferimento pontificio al compito dottrinale dell’Arcivescovo e alla
memoria storica dell’Arcidiocesi: riflette indubbiamente l’aspetto più
saliente del nuovo pastore, che porterà sempre con sé, nell’impegnativa e
non facile missione episcopale, l’esperienza illuminante del professore di
Storia della Chiesa, maestra di discernimento evangelico, di sapienza cristiana,
di ottimismo umano e perciò fonte di speranza. E della speranza, il Vescovo è
chiamato ad essere annunziatore, seminatore e testimone, in quanto servitore del
Vangelo di Gesù Cristo, la speranza che non delude.
6. Questa è la missione che oggi
con la consegna del pastorale la Chiesa ti affida, fratello carissimo, e che tu
dovrai attuare come espressione della benevolenza e della misericordia di Dio,
che si estende – come ha cantato Maria nel Magnificat - di generazione in
generazione e il cui ricordo nei momenti più importanti della tua vita hai
scelto come motto episcopale: “Miserationum Domini recordabor”.
Anche tu, come Gesù nella
Sinagoga di Nazareth, puoi applicare a te la missione di misericordia, di
liberazione e di speranza che abbiamo ascoltato nella prima lettura dal terzo
Isaia: “Lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha
consacrato con l’unzione, mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di misericordia del
Signore”.
Sono questi i tratti fondamentali
della missione pastorale del Vescovo, per la quale fra poco, attraverso
l’imposizione delle mani di noi Vescovi e la preghiera, sarai consacrato con
la stessa unzione di Cristo, il Pastore dei Pastori, per esserne in pienezza
l’icona sacramentale nella triplice funzione pastorale di maestro, di
santificatore e di guida e nel più evangelico stile del servizio, convinto con
S. Agostino che il ministero episcopale è un “amoris officium”.
7. Come profeta di speranza, sei
mandato a portare a tutti, ma in modo particolare ai poveri, agli emarginati,
agli ultimi - i prediletti del Signore che saranno anche i tuoi prediletti -, il
lieto annunzio della liberazione, della consolazione, della speranza, del quale
ha sempre bisogno, per il suo definitivo riscatto culturale, morale e sociale,
la nostra terra.
La speranza cristiana è
intimamente congiunta all’annuncio coraggioso e integrale del Vangelo, che
eccelle tra le funzioni principali del Vescovo, come è espresso
significativamente dall’imposizione dell’evangeliario sul tuo capo durante
la preghiera consacratoria.
La tua ricca e profonda
preparazione dottrinale ti faciliterà questo primario compito episcopale. E
sono certo che per te il criterio ispiratore sarà sempre quello indicato da S.
Paolo a Timoteo: “Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e
inopportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina…
Compi la tua opera di annunziatore del Vangelo, adempi il tuo ministero.
Proponendo queste cose ai fratelli, sarai un buon ministro di Cristo Gesù,
nutrito come sei dalle parole della fede e dalla buona speranza nel Dio
vivente” (1Tm 4,2-6).
8. Seminatore di speranza, sii
soprattutto come dispensatore dei misteri di Dio ed economo della grazia del
Supremo sacerdozio, nell’esercizio, nell’ordinamento e nella promozione
della vita liturgica, che ha la fonte e il culmine nell’Eucaristia, cuore di
ogni Vescovo perché cuore della Chiesa.
Per questo, continua ad essere
uomo di contemplazione e di preghiera, come ti ricorda nella stella a otto punte
l’origine monastica della tua Chiesa, con quella forte tensione alla santità,
che la mitra continuamente richiama, per esserne segno vivo, perfezionatore e
promotore in mezzo ai fedeli. “La (tua) vita, - come si esprime S. Ilario di
Poitiers -, sia ornata dalla dottrina e la dottrina dalla vita”.
9. Sarai così testimone di
speranza, quale guida del popolo di Dio.
A somiglianza di Giovanni
Battista, anche tu sei “un uomo mandato da Dio come testimone” del suo
Figlio, il Pantocratore, luce del mondo, “per rendere testimonianza alla
luce”, col “fuoco” della Pentecoste, messo in evidenza nel tuo stemma
episcopale, non solo perché rievocativo dell’etimo arabo del tuo cognome, ma
anche e prima ancora perché espressivo dello Spirito del Signore che fra poco
farà di te il principio e il fondamento visibile della comunione missionaria
nella Chiesa di Monreale, quale icona della Trinità.
Per questo, al di sopra dei
molteplici doveri e compiti che ti attendono, al di sopra di tutte le
preoccupazioni e le difficoltà che sono inevitabilmente legate al fedele lavoro
quotidiano nella vigna del Signore, nella tua missione apostolica continua a
lasciarti animare dalla speranza, fondata sulla perenne presenza di Cristo,
Signore della storia.
La tua missione di pastore è
guidare il popolo a te affidato sulla strade del Signore che tu, come
battistrada a somiglianza di Giovanni Battista, dovrai continuamente preparare
raddrizzandone i sentieri culturali, morali e sociali, oggi divenuti
particolarmente tortuosi a causa degli scenari mondiali che sono profondamente
mutati.
Comunicare il Vangelo in un mondo
che cambia non è facile. Ma tu lo farai, anzitutto con la totale fiducia nello
Spirito del Signore che ti consacra e ti manda, ma anche con quella capacità di
lettura dei segni dei tempi e di discernimento personale e comunitario che
intellettualmente e spiritualmente ti caratterizzano, memore della esortazione
di S. Paolo ai Tessalonicesi rivolta anche a noi questa sera nella seconda
lettura: “Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie, esaminate ogni
cosa, tenete ciò che è buono”, in modo che il gregge di Cristo possa
procedere irreprensibile sulla via della santificazione, della comunione e della
pace nell’attesa della venuta del Signore.
10. Nell’esercizio della
missione apostolica, protesa in questo inizio del nuovo millennio a prendere il
largo verso gli orizzonti più alti della santità e verso le nuove e molteplici
frontiere dell’evangelizzazione, dell’ecumenismo, del dialogo interreligioso
e interculturale, a te congeniali, ti seguirà la Chiesa di Monreale nelle sue
diverse componenti.
Ti saranno di sostegno anzitutto
i sacerdoti, necessari consiglieri e cooperatori dell’ordine episcopale
insieme con i diaconi: amali tutti e sempre come i tuoi fratelli più cari, gli
amici più intimi, i figli più vicini al tuo cuore di fratello e di padre.
Ti saranno di conforto i membri
di vita consacrata, “posta nel cuore della Chiesa come elemento decisivo per
la sua missione” (VC, 3).
Ti saranno di aiuto i fedeli
laici il cui ruolo, nella varietà dei carismi, dei ministeri e delle realtà
associative a servizio dell’unica missione della Chiesa, hai sempre
valorizzato e promosso.
Ti accompagnerà soprattutto,
insieme agli Angeli, ai Profeti, agli Apostoli, ai Santi che risplendono nelle
icone musive della tua Cattedrale, la Vergine Santa, che la Chiesa invoca
“speranza nostra” e “fonte della nostra gioia”.
Regina degli Apostoli, che
assunta in cielo ricapitola in sé tutte le gioie e vive la gioia perfetta
promessa alla Chiesa, brilli sul tuo episcopato “quale segno di sicura
speranza e di consolazione”.
Non è senza significato che la
tua nomina a Vescovo sia avvenuta all’inizio dell’Anno del Rosario, di
questo “tesoro” che il Santo Padre ha voluto riconsegnare alla Chiesa,
soprattutto a noi Vescovi, perché, facendo esperienza personale della bellezza
del Rosario, ne diventiamo solerti promotori.
Illuminato dalla luce di Cristo,
il tuo episcopato sia come un rosario vivente che, nelle ore della gioia come in
quelle immancabili del dolore, si orienti unicamente verso la gloria del
Risorto, in modo che tu e la Chiesa di Monreale, nel vincolo più sacro
dell’amore sponsale, espresso dall’anello, possiate ripetere ogni giorno,
come oggi, col profeta Isaia: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima
esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha
avvolto con il manto della giustizia, come uno sposo che si cinge di diadema e
come una sposa si adorna di gioielli”. E’ questo il nostro augurio, Mons.
Naro! E’ questa la nostra preghiera. Amen.
Monreale, 14 dicembre 2002
† CARD. SALVATORE DE GIORGI
ARCIVESCOVO DI PALERMO
dell'Arcivescovo mons. Cataldo Naro
a conclusione della sua ordinazione episcopale
Duomo di Monreale 14 dicembre 2002
Eminenza reverendissima, Cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo metropolita di Palermo, venerato ed amato per una consuetudine di rapporto che mi ha a Lei legato negli ultimi anni, quelli della presidenza della Facoltà teologica di Sicilia; Eminenza Reverendissima, Cardinale Salvatore Pappalardo, arcivescovo emerito di Palermo che ho imparato a molto stimare e voler bene nell'esercizio del Suo ufficio di Gran Cancelliere della Facoltà teologica di Sicilia in cui mi chiamò ad insegnare oltre vent'anni fa; Eccellenza Reverendissima, mons. Paolo Romeo, Nunzio Apostolico in Italia, che ha voluto prendere parte all'ordinazione rendendo in qualche modo presente il papa Giovanni Paolo II che mi ha nominato arcivescovo di Monreale e a cui va il mio pensiero di filiale devozione; e Loro, vescovi secondo e terzo ordinanti, mons. Vigo che si è speso generosamente fino ad oggi nel servizio della Chiesa di Monreale, e mons. Garsia, di cui sono stato il primo presbitero ordinato nella e per la Chiesa di Caltanissetta e che mi ha accompagnato negli anni del ministero presbiterale; ed ancora Loro, vescovi delle Chiese di Sicilia, qui convenuti per impormi le mani e accogliermi nel collegio dei vescovi, e mons. Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, e mons. Bagnasco, arcivescovo di Pesaro e presidente del Consiglio d'amministrazione di «Avvenire», ai quali mi legano vincoli di affetto personale e di collaborazione al servizio delle Chiese d'Italia; e Loro tutti, presbiteri delle Chiese di Monreale e Caltanissetta ed anche di altre Chiese di Sicilia e di fuori dell'Isola, seminaristi, religiose e religiosi, fedeli laici, insieme alle distinte autorità civili e militari, con a capo lo stesso presidente della Regione.
Tutti e singolarmente ringrazio di cuore per la loro partecipazione tanto numerosa e così piena di una gioia che mi onora ma che -- lo vedo con chiarezza -- è motivata primariamente non da un apprezzamento per la mia persona ma dall'amore per la Chiesa e dalla fede nel Signore Gesù, il Risorto, che si rende presente nella figura del vescovo. Abbiamo celebrato un evento di grazia. Il Signore Gesù, per l'azione del suo Santo Spirito, mi ha configurato in pienezza a Sé buon Pastore. E la gioia di tutti nasce dal vedere continuare il ministero episcopale in una persona che l'ha avuto affidato per grazia, senza alcun suo merito, ed anzi a fronte di una sua evidente inadeguatezza, e che, perciò, non agisce in suo nome ma in quello di Cristo e, quindi, è al servizio di tutti nella Chiesa.
La grazia del sacramento ha legato la mia vita indissolubilmente al servizio del Vangelo e della Chiesa, di questa Chiesa particolare di Monreale. Per me è davvero un nuovo inizio. La mia vita cambia radicalmente. Chiedo a tutti -- a cominciare da mia mamma così preoccupata ma, penso, anche intimamente contenta, da mio fratello sacerdote, da mia sorella e dagli altri fratelli -- di continuare a ricordarmi nella loro preghiera perché mi lasci plasmare dalla grazia del sacramento e -- come ho promesso con le parole del rito -- ricerchi costantemente nella preghiera l'unione col Cristo e diventi un'immagine credibile di Lui buon Pastore, sollecito prima di tutto dell'annuncio del Vangelo e capace di reale attenzione a tutti, specialmente a quanti ne hanno più bisogno e che il Cristo stesso predilige, cioè gli ammalati, i più deboli e più umiliati.
Certamente il ricordo di questo momento così solenne e così gioioso mi accompagnerà e mi sosterrà nell'esercizio del ministero. Mi vengono alla mente le parole che Paolo VI pronunciò nell'omelia di una sua ordinazione di vescovi nel 1966: «È vero. Vi attendono gravi responsabilità, grandi doveri, molte difficoltà, fors'anche dispiaceri e dolori; così è la sequela di Cristo, così è la vocazione di essere suoi apostoli e suoi ministri. Ma nolite timere; non abbiate davanti a voi la prospettiva degli ostacoli e delle prove, che sono proprie dell'ufficio episcopale; ma abbiate piuttosto davanti a voi: gli uomini da amare e da servire e da salvare; il mondo vi è aperto davanti! Se mai dubbio, delusione, stanchezza vi sorprenderanno nel cammino che state per intraprendere, vi sorregga il ricordo di quest'ora incomparabile: dobbiamo servire, servire per amore: le anime, la Chiesa, il mondo, Cristo».
Come lasciano intravedere questo parole di Paolo VI e come appare con tutta chiarezza dalla pagina del Vangelo di Giovanni sul conferimento a Pietro del compito di guidare la Chiesa, c'è un nesso misterioso ma ben reale tra la richiesta di un amore più grande e la consapevolezza della fragilità umana (tre volte Gesù fa a Pietro la domanda se lo ama più degli altri come tre volte egli l'aveva rinnegato) e tra l'affidamento dell'ufficio di pascere il gregge di Cristo e la prospettiva della partecipazione alla croce del Signore («un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi»). E tuttavia resta vero e confortante l'invito di Paolo VI a non temere, un invito che s'accorda con la liturgia di questa terza domenica di Avvento, che è tutta un invito a gioire perché il Signore è venuto, viene e verrà. Un invito a non temere e a gioire che è, anche, un invito a ricordare.
† Cataldo Naro
Arcivescovo
OMELIA PRONUNCIATA NELLA CATTEDRALE DI MONREALE
10.01.2003
Nella preghiera colletta
abbiamo chiesto insieme al Padre perché conceda che gli uomini, “scossi”
dalle lacrime della madre del suo Figlio, abbandonino gli errori, rigettino le
opere delle tenebra e si lascino ricondurre al suo amore. Tra gli uomini per i
quali abbiamo pregato includiamo naturalmente anche noi che questa sera
accogliamo nella nostra cattedrale il reliquiario della Madonna delle lacrime di
Siracusa che, nel cinquantesimo dell'evento prodigioso della lacrimazione, sosta
nelle cattedrali delle Chiese di Sicilia, quasi a significare il particolare
legame che quell'evento ebbe ed ha non solo con Siracusa ma anche con l'intera
Sicilia.
Si tratta, dunque, anche per
noi, innanzitutto, di essere scossi dalle lacrime della Madre del Signore.
Occorre che esse ci dicano qualcosa, parlino al nostro cuore di credenti.
E non per superficiale commozione,
ma sulla base della nostra stessa fede, in forza di ciò che crediamo, in
forza della nostra comprensione del mistero cristiano. Vorrei con semplicità
dire qualcosa che ci aiuti a lasciarci scuotere dalle lacrime di Maria
all'interno di questa comprensione credente.
Nell'importante omelia tenuta
nel santuario della Madonna delle lacrime a Siracusa il 6 novembre 1994,
Giovanni Paolo II affermò che “le lacrime della Madonna appartengono
all’ordine dei segni: esse testimoniano la presenza della Madre nella Chiesa e
nel mondo”.
Mi sembra che la prima cosa su
cui dobbiamo riflettere è proprio questa presenza materna di Maria nella vita
della Chiesa e dell’umanità e, quindi, nella
nostra vita, di ciascuno di noi che partecipa a questa liturgia. Per lasciarci
scuotere dalle sue lacrime si impone che teniamo conto della sua presenza, di
cui le lacrime sono appunto soltanto un segno.
Maria è presente nella nostra
vita di credenti ed anzi nella vita di ogni uomo perché, con la sua assunzione
in cielo, è stata associata alla gloria del suo Figlio Risorto. Gesù risorto,
non più limitato dallo spazio e dal tempo, è presente nella Chiesa, è
presente nel cuore dei credenti, si rende presente nei segni sacramentali,
nell’ascolto della Scrittura, in ogni uomo e specialmente in quelli più
piccoli e più bisognosi d’aiuto.
Maria, la Tutta Santa,
creatura come tutti noi, ma “redenta in modo più sublime”, conte dice Pio
IX nella bolla della definizione dell’Immacolata concezione, unita in modo
speciale alla redenzione del Cristo, partecipa ora della sua presenza nella vita
della Chiesa e dell’umanità. E come quella del Cristo, la sua presenza è una
presenza d’amore. Ella non può non amarci. É la madre del Cristo, non può
non amare il suo Figlio, cioè ciascuno di noi, perché siamo una sola cosa col
suo Figlio, figli nel Figlio. E l’amore che ha per noi non è diverso da
quello che ha per il Cristo suo Figlio.
Anzi, se proprio dobbiamo
parlare di diversità, forse sbagliando, ma con una certa verità, possiamo dire
che ci ama con una cura e un’assistenza verso di noi che è maggiore di quella
che possa avere per il suo Figlio che ora non ne ha bisogno. Siamo noi che,
proprio nella misura che siamo più peccatori e più miseri, abbiamo maggiore
bisogno della sua tenerezza di madre, della sua assistenza, del suo soccorso,
del suo perdono, affinché siamo da lei portati davanti a Gesù e Gesù ci
perdoni e ci accolga, nonostante quello che siamo.
Maria è la madre dei
peccatori, è l’aiuto per chi ha bisogno, è il sostegno dei deboli. E non può
non essere così. Tutto ella ha ricevuto per grazia. Niente di quello che è,
deriva dal suo merito. Tutto in lei è frutto della misericordia di Dio. Non può
avere verso di noi un sentimento diverso da quello che ella sente che Dio ha
avuto per lei. Per noi ella è madre di misericordia, tanto più vicina agli
uomini quanto più essi sono lontani da Dio.
Se pensiamo e viviamo questo
senso della presenza di Maria nella nostra vita, allora le sue lacrime potranno
parlarci, potranno scuoterci. Sempre nell’omelia del 6 novembre 1994,
Giovanni Paolo II ha detto che le lacrime di Maria sono lacrime di
dolore, di preghiera e di speranza. Dolore per il rifiuto che gli uomini
oppongono all’amore di Dio, per la violenza che regna nei rapporti umani, per
le sofferenze morali e fisiche di tanti uomini e donne, giovani e vecchi, per le
ingiustizie. Preghiera di intercessione presso il Padre per quanti non
pregano, per quanti sono sordi al richiamo dell’amore del Signore. Speranza
nell’attesa che i cuori si sciolgano nella loro durezza proprio in forza del
mistero di quelle lacrime materne.
Le lacrime di Maria a Siracusa -
ma anche in altre località e in altri tempi (possiamo ricordare che anche nella
nostra diocesi a Chiusa Sclafani, nel 1835, avvenne una lacrimazione della
Vergine, la cui autenticità fu verificata con un processo dall’autorità
ecclesiastica del tempo) - sono, dunque, un segno della sua presenza materna
nella Chiesa e dei suo interesse per le sorti dell’umanità ma anche della sua
potenza di intercessione che ci apre alla speranza del superamento delle
angustie e dei peccati dell’umanità del nostro tempo.
Voglio dire che le lacrime di
Maria non ci segnalano soltanto il male che c’è nel mondo e che addolora la
Madre del Signore, ma ci dicono che non siamo soli a fronteggiare questo male in
noi e attorno a noi, che c’è la presenza materna di Maria che ci ama più di
quanto noi possiamo riuscire a pensare, più di quanto ogni mamma che noi
conosciamo su questa terra possa amare di fatto i propri figli.
Le lacrime di dolore di Maria ci
fanno avvertire la distanza attuale dell’umanità dal disegno che Dio ha per
essa. E contribuiscono a fare più acuto in noi credenti il senso di una
distanza o sproporzione tra la piccolezza delle nostre forze e possibilità e la
grandezza della missione che il Cristo ha affidato alla sua Chiesa. Come portare
il Vangelo a tutti gli uomini, come riuscire a dire la nostra fede nel Signore
Risorto in questo nostro tempo, come venire incontro, seppure in parte, agli
enormi bisogni degli uomini nostri contemporanei? È facile scoraggiarsi quando
misuriamo la distanza tra il compito assegnato alla Chiesa dal suo Signore e le
concrete sue possibilità di adempierlo.
Ma è anche vero che non siamo
soli. La nostra missione è quella stessa del Cristo. E il Signore, assieme a
sua Madre, è con noi. Anzi: è il Signore che opera in realtà, che realizza la
sua missione di salvezza degli uomini, ma Egli non opera senza di noi, senza la
sua Chiesa: ha voluto associare gli uomini alla sua opera di salvezza. Come
dobbiamo essere certi di una continua presenza del Signore nella vita e nella
missione della Chiesa! Come dobbiamo avere e coltivare la certezza che la Madre
del Signore è presente nella nostra vita. Le lacrime di Maria a Siracusa - ha
detto Giovanni Paolo II -, oltre che lacrime di dolore, sono lacrime di
preghiera. Questo significa che possiamo contare sulla potenza della sua
intercessione. E questo - come ha ancora detto il papa - ci apre a una grande
speranza per noi stessi, per il nostro tempo, per la Chiesa intera, per
l’umanità. È vero che c’è il male nel mondo e che noi abbiamo esperienza
del suo dilagare. Ma è anche vero che Dio è più forte del male del mondo.
Abbiamo appena celebrato il Natale e siamo ancora nel ciclo liturgico natalizio,
che si concluderà domenica con la festa del Battesimo di Gesù.
E il Natale è l’annuncio che Dio si è fatto uomo, e se si è fatto
uomo, se si è coinvolto con gli uomini fino a questo punto non è stato per
vedere distrutta l’umanità o semplicemente per osservare la sua
autodistruzione, ma per condurla a sé, per salvarla. Ma è ancora vero che, se
Dio vuole operare attraverso noi, allora si richiede che noi ci apriamo sempre
più a lui, che, cioè, cresca la nostra fede nella sua presenza nella storia e
nella sua volontà di salvezza per tutti gli uomini. Quanto più cresce il male
del mondo, tanto più deve crescere la nostra fede. Dio vuole salvare il mondo,
ma non lo salverà che nella misura in cui noi, nella fede, accettiamo di essere
suoi collaboratori, accettiamo di essere associati alla sua opera di salvezza.
Le lacrime di Maria ci fanno certi della sua presenza
nella Chiesa e ci spingono ad
una fede più grande nella presenza del Signore nella storia.
Non dobbiamo essere tristi come i discepoli di Emmaus, che si sentivano
soli, abbandonati da Gesù, e camminavano lungo la strada senza speranza.
Non possiamo essere tristi, perché il Signore è con noi, ed anche sua
Madre, e la nostra speranza è grande.
Per aiutare ad accrescere la
nostra fede e ad alimentare la nostra speranza, oggi sosta nella nostra
cattedrale il reliquiario delle lacrime di Maria a Siracusa. È il segno della
presenza di Maria tra noi, nella nostra Chiesa di Monreale, per gli uomini e le
donne delle città e dei paesi dell’intera arcidiocesi. Sentiamo viva la sua
presenza tra noi. E avvaliamoci della sua preghiera. Chiediamole cose grandi. Non esitiamo a domandare molto.
Penso che offendiamo la Madonna se ci limitiamo a chiedere piccole cose. É la
Madre del Signore e la sua intercessione è potente. Chiediamo, innanzitutto, che cresca la nostra fede, che ci
facciamo davvero santi, che cioè il nostro legame col Signore, nella fedeltà
al Vangelo, diventi forte e indistruttibile, come è stato per l’apostolo
Pietro, nonostante la sua debolezza e il suo peccato. Preghiamo per i nostri
sacerdoti, perché il loro servizio sia generoso e la loro carità pastorale li
rafforzi nel loro amore al Signore. Preghiamo per i nostri seminaristi, perché
si preparino con convinta serietà al compito grande che li attende. Preghiamo
per le nostre famiglie, perché siano ambienti di crescita umana e cristiana.
Preghiamo per i nostri giovani, perché la vita non li deluda troppo. Preghiamo per gli anziani, perché la vita non sia loro
troppo pesante. Preghiamo per i responsabili della cosa pubblica, per quelli che
abbiamo eletto, perché la loro volontà di procurare il bene comune trovi vie
di concreta realizzazione. Invochiamo il dono grande della pace per tutti i
popoli. Supplichiamo il Signore,
per l’intercessione di Maria, perché non permetta che l’umanità conosca
l’esperienza distruttiva della guerra. E preghiamo ancora perché la Chiesa
viva nella concordia e possa assolvere con tranquillità al compito
dell’annuncio del Vangelo. Se, alla presenza di Maria, ci impegniamo questa
sera in una preghiera dai vasti orizzonti, in un’invocazione per tutti gli
uomini, in una supplica per i bisogni dei vicini e dei lontani, allora significa
che le lacrime di Maria ci hanno scosso, ci hanno in qualche modo contagiato.