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3 Agosto
Questa mattina
non ci possiamo lasciare scappare l'occasione di fare un salto a Barcelos
per dare un'occhiata al locale mercato, che si tiene appunto di Giovedì.
La presenza di tante macchine e la difficoltà a trovare un parcheggio
sembrano garantire l'interesse per questo spaccato di vita portoghese.
Effettivamente il mercato è molto colorato e probabilmente riflette parte
della vera anima del popolo lusitano. Al mercato di Barcelos vendono il
bacalhau da cucinare in uno dei mille modi suggeriti dalle ricette portoghesi;
al mercato di Barcelos ti propongono olive, cereali, sementi mai viste
e frutti colorati; al mercato di Barcelos ti chiedono la disponibilità
per completare la squadra per il tiro alla fune. Al mercato di Barcelos
ho scattato una foto, anche se sarebbe meglio dire una non-foto. Non-foto,
perché il soggetto principale in realtà è seminascosto. Un bambino che
suona la fisarmonica, troppo grande per lui, che fa grandi sforzi per
ricavare un suono decente dal suo strumento, affidando al cagnolino che
gli sta seduto davanti l'onere di recuperare qualche spicciolo che qualche
buon'anima gli depositerà nel minuscolo cestino di vimini che stringe
tra i denti. Eccomi qua allora, ad acquistare emozioni a basso prezzo
e poco dopo a chiedermi se questa non-foto magari non sarebbe stato meglio
scattarla con la macchina fotografica che so usare meglio, la mia memoria...
Di ritorno
a Braga visitiamo la bella cattedrale, facciamo un giretto a piedi per
il centro storico ed infine andiamo a visitare il monastero di Bom Jesus.
Questo si trova alla sommità di una collinetta che domina la città; i
pellegrini la raggiungono solitamente salendo a piedi i tanti scalini
che la collegano. Noi tre, irrinunciabili peccatori, prendiamo invece
la più comoda funicolare, riservando al ritorno la discesa a piedi, tanto
si sa "in discesa tutti i santi aiutano"!
Nel pomeriggio
ci spostiamo a Ponte de Lima. Dopo avere percorso qualche chilometro,
iniziamo a sentire una inequivocabile puzza di bruciato. Ci fermiamo allarmati
e scopriamo di avere lasciato parzialmente inserito il freno a mano! Sperando
di non dovere pagare troppe conseguenze per questa dimenticanza, arrivati
a Ponte de Lima decidiamo comunque di affidare la macchina ad un meccanico.
Questo è un tipo piuttosto folcloristico, con un baffo prominente; il
suo giovane figlio lo aiuta in quest'officina dal sapore di tempi andati.
E' dura cercare di fargli capire ciò che è successo alla macchina: nessuno
di noi tre mastica il portoghese e lui non spiaccica una parola di inglese
o italiano. Quando non può la lingua, possono invece i gesti, in quel
linguaggio universale in cui noi italiani siamo maestri. Ed allora via!
Ad arricciare il naso per indicare la puzza di bruciato, a dimenare braccia
per indicare il movimento del freno a mano e a dondolare la testa verticalmente
ed orizzontalmente per rispondere ai gesti altrui. Dopo qualche minuto
di ispezione il simpatico meccanico esclama "No problema"! Non
sappiamo se esultare per lo scampato contrattempo o preoccuparci di non
essere stati sufficientemente chiari ed in grado di spiegarci. Intanto
noi comunque andiamo avanti! Ovviamente dopo aver pagato il costo dell'intervento;
ma il meccanico sembra non sentirci, non vuole assolutamente niente! Allora
lasciamo una cospicua mancia al figlio che ringrazia con un bellissimo
sorriso...
Il fiume
che attraversa Lima ha acque che sembrano piuttosto pulite. La spiaggia
fluviale non è male e il ponte romano sullo sfondo con la chiesa donano
a questo borgo un'atmosfera di serenità che in un attimo anche noi condividiamo,
stendendo gli asciugamani sulla spiaggetta e crogiolandosi al tiepido
sole di questo pomeriggio d'agosto. Solo l'orologio che segna le 19.30
ci distoglie da questo angolo di paradiso, che lasciamo volentieri ai
gabbiani venuti qui probabilmente in cerca di qualcosa da infilare in
mezzo al becco...
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4 Agosto
Ponte de Lima ormai l'abbiamo lasciato. Siamo già in macchina per dedicare
la mattinata all'attraversamento del Parque National da Peneda-Geres,
zona dell'alto Minho, con sconfinamento in terra spagnola. I paesaggi
variano abbastanza e nel giro di pochi chilometri mi sembra di attraversare
diverse regioni italiane. In un attimo dalla Valle d'Aosta mi ritrovo
in Toscana; una capatina in Abruzzo per terminare poi in Trentino.
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E'
questa una terra scarsamente popolata, soprattutto dai giovani, che tendono
ad abbandonarla a favore delle più attive Lisbona e Porto. E' inoltre
la parte più isolata del paese, quasi dimenticata a causa delle poche
vie d'accesso, problema al quale il governo centrale negli ultimi anni
ha cercato di porre rimedio, magari sfruttando adeguatamente i contributi
forniti dalla Comunità Europea. Magari anche il turismo potrebbe risollevare
le sorti di questo fazzoletto di Portogallo, perché alcuni angoli meritano
veramente e regalano panorami mozzafiato. Inoltre resistono ancora antiche
tradizioni; per esempio gli espigueiros, piccoli casottini di granito
in cui il grano viene messo a dimora, che assomigliano più a vecchie urne
funerarie, anche perché spesso sormontati da una croce. Tutti questi piccoli
granai sono sollevati dal terreno, probabilmente per evitare l'accesso
ai topi; alcuni sono stati restaurati, in altri si riconosce inevitabilmente
lo scorrere del tempo...
Il
tour del parco si conclude nella città di Montalegre, dopo che uno stupendo
bovino con due altisonanti corna per un po' ci ha sbarrato la strada.
Anche a Chaves facciamo una breve sosta a dare un'occhiata alla Torre
de Menegem, ma soprattutto per sgranchire un po' le gambe. Una sosta enologica
invece ci attende a Boticas, che di per sé invece non avrebbe molto da
offrire.
Sì,
perché nel dettagliato programma proposto da Stefano c'è scritto chiaramente:
Boticas: degustazione vinhos dos mortos! Il vino dei morti quindi,
così chiamato perché viene fatto invecchiare in vecchi tumuli sotto terra.
Bello pimpante, Stefano, da me accompagnato, entra nel primo bar e ordina
due bicchierini di questa suggestiva bevanda. I due ragazzi al bar si
guardano un po' stupiti, e dopo aver confabulato un po' tra loro vuotano
nel bicchiere del vino bianco. Strano, penso io, mi sarei immaginato piuttosto
un rosso, tracannandomi nel frattempo il bicchiere . Stefano assaggia,
la sua esperienza in materia di vini si fa sentire: "Questo non es
il vinhos dos mortos!", esclama ai due giovanotti, che molto candidamente
replicano "No, ma es vinhos!". Stefano è deluso, ma non si dà per
vinto. Cerca un altro bar, ne trova uno un po' demodè, forse ci siamo!
Stavolta chiede però prima al vecchio gestore se lui serve il famoso vino.
Questi annuisce, si assenta un attimo e torna poco dopo con in mano una
bottiglia senza etichette al cui interno si trova un vino scuro. Finalmente
degustiamo, anche se l'assaggio ci lascia un po' delusi.
In
serata arriviamo a Bragança. Siamo nella regione del Tràs-os Montes,
"Oltre i monti".
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5 Agosto
Questa mattina
visitiamo la cittadella di Bragança, la parte fortificata della città
che ne conserva i suoi tratti storici. Le sue mura medievali conservano
al loro interno il possente castello, la piazza ombreggiata con l'immancabile
pelourinho e la bella domus municipalis, una costruzione pentagonale dove
il re teneva le sue riunioni. Al suo interno una grande cisterna serviva
per approvvigionare di acqua la città durante gli interminabili conflitti
con i cugini spagnoli.
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La nostra
enomania ci porta poi a Solar de Mateus, dove si trova la villa immortalata
nelle etichette del celebre vino. In realtà il vino viene prodotto altrove,
ma anche una visita alla villa la si fa volentieri, nonostante il costo
del biglietto non sia troppo allineato agli standard portoghesi. La passeggiata
all'interno del parco della villa è piuttosto rilassante; siamo inoltre
accompagnati dagli accordi di musiche classiche che scaturiscono da una
sala in cui alcuni suonatori stanno provando un concerto che probabilmente
si terrà in serata. Effettivamente l'ambientazione non poteva essere scelta
meglio, in questo vecchio maniero che dona tranquillità e ti fa immergere
nella natura. Il parco circostante è molto curato e presenta nella parte
più lontana un'ambientazione inquietante: una serie di alberi che intrecciando
le loro sommità formano un fresco bunker; fortunatamente le stradine laterali
portano invece verso verdi campi, facendone valvola di sfogo.
Le strade
che ci accompagnano a Lamego ci riportano verso il Sud, dopo avere toccato
le estremità settentrionali del Portogallo. Sono queste le strade che
si affacciano sul Douro, il fiume lungo le cui rive si estendono le vigne
per la produzione del Porto. Infatti la peculiarità di queste terre, separate
dal mare e protette dai venti dell'oceano, ed il suo clima secco favoriscono
la crescita delle uve che, opportunamente preparate, diventeranno poi
li famoso vino, che andrà ad invecchaire nelle fresche cantine di Vila
Nova de Gaia. Queste sono terre di una bellezza selvaggia, con ripidi
gradoni su cui si estendono le ordinate vigne. Fa tristezza vedere il
verde di questi alberi interrotto talvolta dalla terra bruciata dagli
incendi che d'estate minacciano questo suolo.
A Lamego
non c'è tantissimo da vedere. Però sulla sommità di una collinetta c'è
un santuario che decidiamo di visitare. Per arrivare in cima occorre salire
a zigzag delle ripide scale, che affrontiamo con piglio deciso, quasi
a volere espiare i nostri peccati, insomma una sorta di purificazione
della nostra anima peccatrice. Fatti i primi dieci gradini, viste scendere
un gruppetto di splendide ragazze, la nostra coscienza è già macchiata,
i nostri pensieri sono già diventati impuri... Arrivati in alto constatiamo
come questo santuario sia un po' una fabbrica di matrimoni. L'accesso
al pubblico è infatti in questo momento vietato perché se ne sta celebrando
uno, il riso sparso sul sagrato non lascia dubbi sul fatto che almeno
un altro sia già stato celebrato e l'aitante giovane impomatato e imbrillantato
che sta attendendo la sposa è un chiaro segno di un'ulteriore cerimonia
nuziale. Una foto giusto per dire che siamo stati qui, poi di nuovo in
macchina.
Arriviamo
a Viseu abbastanza presto, c'è tempo per dare un'occhiata a questa cittadina
che però è in completo stato di rifacimento. Molte strade sono squartate
e anche la cattedrale è in restauro; i lavori in corso contribuiscono
purtroppo a dipingere un quadro d'insieme un po' deludente di questo posto.
Comunque possiamo passare sopra a questi problemi, soprattutto dopo esserci
seduti a tavola ed avere gustato i deliziosi piatti locali...
6 Agosto
Oggi attraversiamo
la Serra De Estrela, la catena montuosa più alta del Portogallo. Sarei
molto contento se il giro equivalesse in bellezza all'attraversamento
della Serra de Peneda - Geres dell'altro giorno. In realtà i paesaggi
sono alquanto differenti. Molto verdi là, quanto brulli e spogli qua,
nonostante ogni tanto si affacci sul percorso qualche cascata e qualche
laghetto, talvolta artificiale. L'arrivo a Torre corrisponde al punto
più alto del Portogallo, 1911 metri sul livello del mare, su cui pochi
giorni orsono sono transitati i ciclisti impegnati nel Giro del Portogallo,
come testimoniano le scritte bianche sull'asfalto.
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La discesa
ci porta a Covilha per ammirare la facciata di azulejos della chiesa di
Sao Francisco e per alimentarci al bar con una squisita pasta. Nel pomeriggio
la visita prosegue a Belmonte, città natale di Cabral, involontario scopritore
del Brasile. Questo posto ci offre la visita al castello con bei panorami
sui territori circostanti, da cui in almeno due punti si leva purtroppo
un fumo grigiastro, segno inequivocabile di qualche incendio che giustifica
la presenza di molti bombeiros, le caserme dei vigili del fuoco.
Una piccola
deviazione dal percorso principale ci conduce poi attraverso una deliziosa
stradina a Sortelha, un paesino veramente carino, che offre al viaggiatore
non più delle mura e di un castello. L'atmosfera però è veramente genuina,
come la mezza forma di formaggio di capra che compro insieme ad una ciambella
di pane fatto a mano da cui si sprigiona l'intenso sapore di oliva. Deliziosi!
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Penultima
tappa della giornata è Monsanto. Anche questo paesino presenta case molto
caratteristiche e per raggiungere il castello si può notare l'abilità
degli abitanti che tra le rocce hanno ricavato pollai, granai e piccoli
depositi. La cosa che invece stona decisamente è l'antenna ripetitrice
per la telefonia piazzata proprio nel mezzo dell'area occupata dal castello.
Sapevo che i telefonini sarebbero entrati nella storia, ma immergerveli
dentro in maniera così brutale è molto triste!
A fine giornata
arriviamo a Castelo Branco che sembra non offrire niente di particolare,
a parte un comodo rifugio per la notte e il caldo che inizia a farsi preoccupante,
dopo gli ultimi giorni passati con una temperatura assai gradevole.
7 Agosto
Anche oggi
ci aspetta una giornata piuttosto intensa. La prima meta che ci attende
sul percorso è Castelo De Vide, che ci accoglie più che degnamente con
le sue bianchissime abitazioni, tanto fitte nel loro avvicendarsi quanto
eleganti nel loro splendido candore. La vista della città dal castello
fornisce armonia e senso di pace, ma non possiamo fermarci più di tanto,
altre visite ci attendono! Percorrendo in discesa le strette stradine
si arriva alla judiaria, il quartiere ebreo, con la sua vecchia
sinagoga; proseguendo oltre si arriva ad una piazzetta al centro della
quale si erge la fonte da Vila, una fontana con una strana urna
da cui fuoriescono quattro getti di acqua fresca, sotto l'ombra di un
porticato sorretto da sei colonne. Ovunque portali coloratissimi rompono
la splendida monotonia del bianco delle case, rafforzando la positiva
impressione che mi sto facendo di questa città.
Per raggiungere
Marvao occorrono solo dieci minuti. La salita al castello è impegnativa,
ma poi una volta arrivati si può vedere tutto il mondo intorno. Infatti
c'è qualcuno che vigila sul mondo intorno, una ragazza armata di cannocchiale,
radio e quaderno per appunti che fa da vedetta sulla torretta più alta
del castello, probabilmente per tenere sotto controllo la situazione incendi.
Elvas la
riconosci da lontano. La prima costruzione che si nota è l'enorme Acqueduto
de Amoreira che raggiunge un'altezza di trenta metri; se lo si vuole
fotografare bisogna uscire dalla città. Nell'eventuale foto compariranno
senz'altro gli ulivi, costante compagnia nel nostro attraversamento dell'Alentejo.
Elvas è circondata da un'elegante cinta muraria che racchiude al suo interno
la bella cattedrale, la vivace Praça da republica e l'immancabile
castello.
Un'altra
cinquantina di chilometri ed arriviamo ad Estremoz. L'idea sarebbe quella
di pernottarvi, però è Lunedì e gran parte delle attrazioni turistiche,
qui come nel resto del Portogallo, sono chiuse. Una sbirciatina alla parte
alta della città, quella medievale, al castello che si affaccia sull'immensa
Praça de Camoes, e alla famosa pousada che si trova ai suoi piedi,
una delle più belle, recita la guida. La forzata rinuncia alle visite
ci fa risparmiare un paio d'ore sulla tabella di marcia. Decidiamo così
di anticipare l'arrivo ad Evora, dove invece dovremmo incontrare un po'
più di movimento. Effettivamente già il trovare un parcheggio risulta
impresa piuttosto ardua; infine decidiamo di piazzare la macchina davanti
ad un portone (in sospetto divieto di sosta) sperando di non vedercela
portare via da qualche carro attrezzi, mentre nel frattempo cerchiamo
un posto per dormire. Le lingue che si parlano lungo i viali, i prezzi
dei negozi, i menu esposti all'esterno dei ristoranti ci confermano che
Evora rientra nei classici itinerari turistici del Portogallo. D'altronde
ad un primo sguardo, seppur superficiale, questa accogliente città sembra
meritare tutto questo interesse. Dopo avere riservato l'ultima camera
disponibile al centrale Residencial Rivera, facciamo un giretto di perlustrazione
nella piazza centrale, Praça do Giraldo, molto elegante e piena di vita,
contornata da palazzi rinascimentali e portici, che ci invita immediatamente
a goderci una bella birra fresca seduti ad un tavolino, facendo due chiacchiere
ed osservando la gente al passeggio.
Trovare un
ristorante per la cena risulta un compito più difficile del previsto.
I ristoranti sono quasi tutti al completo, ma alla fine anche noi riusciamo
a trovare un posto abbastanza accogliente che ci propone i classici sapori
della cucina locale, tra i quali spicca per originalità la carne de porco
alentejana, dove pezzi di filetto di maiale vengono mischiati ad aglio,
spezie, strutto e vongole.
8 Agosto
La giornata
è dedicata alla visita vera e propria della città. Il nostro residencial
costituisce un ottimo punto di partenza. Visitiamo così la grande Cattedrale
con l'immancabile chiostro interno. Stranamente ci scappa anche una visita
al museo d'arte sacra che vi si trova all'interno ed una passeggiata sulla
torre che domina l'intera città.
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Proseguendo si incontra il Tempio Romano di Diana, risalente al secondo
secolo e la chiesa dos Loios, a cui è annessa una delle pousadas più belle
dell'intero Portogallo, se non la più bella. Poi la parte universitaria,
Largo de Porta de Mouro, la Chiesa de Graça che rendono sempre più interessante
questa bella città. In particolare, alla sommità della facciata di quest'ultima
chiesa siedono due giganti che sembrano volere sorvegliarla incutendo un
certo timore verso chi guarda. Simpatico allora che questi due colossi siano
chiamati qui affettuosamente meninos, bambini. |
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Si prosegue
in questo tour circolare. La prossima tappa prevede la visita alla Chiesa
di São Francisco cui è annessa la Capela dos Ossos. Per accedere alla
cappella e per potere fotografare liberamente occorre pagare un supplemento
di 50 escudos. Ma cosa c'è di così particolarmente interessante? Beh,
interessante non so, particolare sicuramente. La cappella è infatti decorata,
se così si può dire, con le ossa di più di 5000 persone, ben fiere cinque
secoli fa di offrire i loro resti per un così macabro addobbo. Nella stranezza
e suggestione di questa cappella non si può non notare un deciso ordine
ed un'accurata simmetria nella disposizione delle ossa. Mi diverto allora
ad immaginare chi ha provveduto a sistemare tutti i pezzi, alle prese
con la selezione del cranio più appropriato per completare l'arco piuttosto
che la scelta della tibia adatta a riempire un buco rimasto. L'uscita
e la vista del sole fanno dimenticare in fretta l'angoscia procurata da
questa visita. Tra l'altro sarebbe anche ora di addentare qualcosa, ma
soprattutto di bere una birra rinfrescante all'ombra degli alberi del
giardino pubblico. Ci stanno anche un paio d'ore di classico relax, che
non può mancare in una scarpinata che si rispetti, così come ci sta anche
un giro al mercato, in mezzo a facce di venditori stanchi, indecisi se
chiudere la bancarella o continuare l'agonia sotto questo torrido sole
nella speranza di racimolare qualche altro escudo.
Nel pomeriggio
facciamo una passeggiata verso l'antico acquedotto che delimita la città
di Evora. Decidiamo di tornare alla Cattedrale per fare qualche fotografia
che questa mattina non avevamo fatto a causa del sole. Stefano ci lascia
per andare a riposare in albergo, così io e Alessandro iniziamo il reportage.
Nella scelta dell'inquadratura migliore l'occhio cade ben presto su un
trio di ragazze, evidentemente italiane, anche loro in procinto di scattare
fotografie. "Ma riesci a inquadrare tutta la cattedrale?", Alessandro
rompe il ghiaccio. "No, devo accontentarmi di fotografare Jolanda"
risponde sorridendo la ragazza. "Che è sempre un bel soggetto!",
aggiungo io. Le tre ragazze entrano poi per una visita; ovviamente io
e Alessandro le seguiamo.
Jolanda,
Wendy e Alessandra sono in Portogallo da due giorni, provenienti dall'Algarve
e dirette verso Lisbona. Vengono dalla provincia di Venezia e sembrano
piuttosto simpatiche. Per quanto lo si possa fare all'interno di una chiesa,
si parla del loro programma di viaggio e noi consigliamo loro dove andare.
Sfortunatamente sono piuttosto di fretta, in quanto vogliono finire di
visitare Evora, e oramai è già tardi. Le salutiamo senza avere la sfacciataggine
di invitarle a cena, dopo soli cinque minuti che le conosciamo. Dopo altri
cinque minuti io e Alessandro non la smettiamo invece di darci dei coglioni...
Questa volta
è Alessandro che mi lascia per tornare in albergo, mentre Stefano invece
mi raggiunge per bere una birra. Ci si diverte a vedere la gente che passa,
stando seduti al banco del bar. Bambini, adulti, ragazzi, ragazze, stranieri,
italiani, veneziane... "Sì, sono loro!" annuncio a Stefano, a cui
avevo descritto il nostro incontro precedente con le ragazze. Le invitiamo
a sedersi a bere qualcosa e dopo due chiacchiere accettano ben volentieri
il nostro pronto invito per la cena di stasera.
Il ristorante
scelto si trova lungo una laterale di Praça do Giraldo, quasi di fianco
al nostro Residencial. La cameriera, che non è nata ieri e parla pure
italiano, prende in mano le redini della situazione e ci invita ad assaggiare
la Cataplana, un piatto di pesce servito in una voluminosa padella,
accompagnandolo con un buon vino alentejano. La scelta si rivela decisamente
azzeccata. L'atmosfera è allegra; le ragazze sono proprio simpatiche e
ci regalano una serata piacevole, terminata con un'altra birra e un'ulteriore
passeggiata lungo le vie di Evora. Ci scambiamo i numeri di cellulare,
ripromettendoci di sentirci una volta tornati in Italia.
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