Filatoio a Monsaraz

9 Agosto

Una veloce ma abbondante colazione, ed è già ora di metterci in macchina.

Destinazione Monsaraz. Anche Monsaraz si trova a un tiro di schioppo dal confine spagnolo e come altri borghi posti lungo il confine possiede il suo bel castello, un tempo utilizzato per difendersi dal nemico castigliano. In realtà Monsaraz non è solo il castello, anzi. E' un agglomerato ordinato di case dai cui terrazzi spuntano eleganti viluppi di fiori colorati, a far da netto contrasto con la arida terra che li circonda; è una panchina all'ombra dove simpatici vecchietti con il bastone ti accolgono sorridenti; è lo scantinato dove una signora governa con sicurezza una vecchia macchina in legno per filare la lana che sembra uscita da una foto dei primi del '900. Sì, Monsaraz è anche tutto questo; il suo bello forse è proprio un certo senso di tranquillità che riesce ad infonderti mentre passeggi per le sue semplici strade proibite alle auto.

Il caldo si fa via via più insistente, e quasi diventa un sollievo mettersi in macchina, lì almeno c'è l'aria condizionata! Si attraversano immensi spazi ed i colori variano dal giallo al marrone, qualche sprazzo di stanco verde degli ulivi insieme al bianco candore delle case ad interromperne il monopolio. Più di cento chilometri ed arriviamo a Mertola. Se possibile qui il caldo è ancora più caldo, quasi soffocante! L'uscita dalla macchina costituisce un piccolo calvario, ma ormai siamo qui e l'intenzione è quella di fare un giretto per il paese. Mertola si erge sopra le acque del rio Guadiana e quello che offre è il solito castello ed una chiesa purtroppo chiusa che una volta era una moschea. Una bella immagine ce la regala invece una bianca torre, non molto alta, che si affaccia sul fiume, con l'orologio fermo da chissà quanto tempo e su cui una cicogna ha costruito il suo immenso nido.

Esaurita in una mezz'ora la visita al paese ci concediamo dieci minuti di ristoro prima di ripartire. Un po' di frutta ed una bibita ghiacciata comprati in una specie di mercatino al coperto sono quello che ci vuole. Anche un caffè, a bica, serve per condurci verso la costa sud lusitana.

Adesso è veramente tempo di mare. L'asfalto brucia sotto di noi, ma le ruote della nostra Opel corrono veloci verso la costa. La temperatura però risente dell'influenza dell'Oceano, quindi man mano che ci avviciniamo ad Albufeira i gradi indicati dal termometro della macchina diminuiscono considerevolmente, fino ad assestarsi ad un confortante +28°C.

Albufeira si presenta subito caotica. Noi non abbiamo la minima idea di dove si trovi il nostro residencial, l'unico che abbiamo prenotato da casa durante tutta la nostra permanenza, quindi ci fermiamo in centro a chiedere informazioni al vigile. Impossibile parcheggiare la macchina, quindi scendo io e mi avvicino all'uomo in divisa. Le risposte alle mie domande sono abbastanza precise, ma il ghigno che mi fa non lascia ben sperare sulla possibilità che la meta sia poco distante. Infatti servono altri dieci minuti di macchina per raggiungere il Residencial Santa Eulalia, dove ci fermeremo tre notti. Un po' di disappunto, speravamo infatti di potere lasciare la macchina e scorrazzare a piedi, ma alla fine va bene anche così.

Un primo bagno, quasi a voler lavare via il sudore e la stanchezza accumulata fin qui, precede la prima serata in questa pazza città. Ovviamente ristorante con pesce a volontà, poi via nelle strette strade a farsi trasportare dall'onda umana che qui si forma nelle notti d'estate. Il rito è sempre lo stesso: entrare nei bar disco pub, vedere come gira, fare due salti in pista e magari cercare complicità sul volto di qualche ragazza. Come spesso succede gli italiani si fanno sentire, ma si respira un'aria del tutto internazionale con gente che arriva un po' da tutta Europa.

10 / 11 Agosto

Si fa presto a raccontare i due giorni di Albufeira. Un trionfo di mare, sole, tette, folla, birra, vinho, cocktail, gente, bimbi, gelati, mariscos, calca, andovai, uotsiorneim, ahi ahi ahi corazon espinal, ressa... In effetti non mi dispiace poi neanche troppo dirottare queste giornate nell'ozio più totale, dove il problema principale è quello di non scottarsi la pelle, la discussione più importante riguarda il prossimo campionato di calcio, l'attività fisica più intensa è quella di andare a prendere un bottiglione d'acqua ghiacciata al bar.

Così, dopo avere assistito ad una lite tra alcuni locali ed un inglese sfociata in uno scazzottamento, dopo avere tentato di approcciare con scarsi risultati un gruppetto di amiche teutoniche, sfoderando reminiscenze ormai lontane di un corso di tedesco a cui partecipai alle scuole superiori, dopo esserci arrostiti per bene al sole, terminiamo anche questi giorni di Algarve. Domani saremo a Lisbona.

12 Agosto

"Forza ragazzi, oggi è una giornata intensa!" avverte Stefano, svegliando me e Alessandro da un profondo sonno che avremmo volentieri proseguito. In effetti oggi lasciamo l'Algarve per arrivare finalmente a Lisbona. Abbiamo in programma due soste. La prima è a Sagres, dove ci attende la visita alla Fortaleza, in cui Enrico il Navigatore, "padre spirituale" dei grandi navigatori portoghesi stabilì la sua sede. Ben poco rimane di questa scuola di navigazione, giusto l'enorme rosa dei venti impressa sul terreno. E allora meglio ritagliarsi una mezz'ora di meditazione, percorrendo la lunga stradina che circonda la fortezza affacciandosi sull'Oceano. Lascio gli amici e inizio a passeggiare. Percorrendo questo sentiero sul mare ripercorro anche le immagini di questa bella vacanza che sta per concludersi, le foto che la mia memoria ha scattato e i suoni che le mie orecchie hanno registrato, per esempio lo sciabordio di queste onde che si scagliano sugli scogli, suoni forti, pesanti che ti percuotono come schiaffi sulla faccia, che però non fanno male. Fa male invece il "Per favore, ci fai una foto?" del padre di famiglia che interrompe questo mio momento di trance meditativa...

La seconda sosta è a Cabo de São Vicente, l'estremo angolo sud - occidentale del paese. Altre foto, altri tentativi di approccio con il gruppo di tedesche che avevamo già visto ad Albufeira, altro sole...Ed allora mettiamoci in macchina, ci aspettano oltre trecento chilometri di strada prima di arrivare a Lisbona...

Ci affianchiamo alla costa atlantica e le facciamo compagnia per qualche chilometro, prima di sterzare un po' verso l'interno. Ad un certo punto suona il telefonino di Stefano. "Ciao ragazzi, come va?". Se non l'avesse segnalato il display del telefonino, sarebbe stato l'inconfondibile accento a fare riconoscere Jolanda. Le tre amiche venete conosciute a Evora stanno tornando verso l'Algarve dopo avere visitato Lisbona, Coimbra e Porto, mentre noi stiamo facendo il percorso opposto. Ed allora dovremmo proprio incrociare il nostro cammino! Dopo avere chiesto la loro esatta posizione, Stefano si arma di biro, foglio e carta stradale e dopo un attimo con fare risoluto afferma "Ok, appuntamento ad Alcacer do Sal tra due ore!".

Alcacer do Sal si trova a circa settanta chilometri a sud di Lisbona. Questo paesello è situato sulle sponde del fiume Sado e sembra che non abbia proprio molto da offrire, a parte forse un castello che non visiteremo, ma riesce a fornire un senso di tranquillità a cui, dopo i giorni di Albufeira, non ero più abituato.

Stranamente dobbiamo aspettare solo cinque minuti prima di intravedere la sagoma della Citroen delle ragazze che alla nostra vista strombazzano il clacson, probabilmente scuotendo dal torpore una buona fetta di popolazione locale. Le ragazze sono cariche e decisamente in forma. Diciamolo bene, anche noi non ci difendiamo mica male, se non altro per l'abbronzatura che possiamo sfoderare. L'incontro è veramente piacevole, ma il tempo è più di altre volte tiranno. Una foto, un ultimo bacio, nella speranza che non resti tale, la promessa di rivederci in Italia. E dopo un'ora è gia Lisbona.

Un'ora dopo è già Lisbona; facile da scrivere, meno facile da organizzare, dal momento che le lancette dell'orologio segnalano che mancano solo cinque minuti alle 20.00, orario di chiusura del Tourist Office che si trova in Praça Do Restauradores. Arriviamo proprio nell'attimo in cui il custode sta chiudendo il portone. Gli chiedo se può lasciarci entrare, ma l'eloquente movimento della testa anticipa una risposta negativa. Stefano non si dà però per vinto e alzando la voce mostra l'orologio fissato sulle 19.57, insieme alla sua faccia infuriata. Eccola la chiave che ci apre le porte dell'ufficio, dove peraltro siamo accolti con estrema gentilezza dall'impiegata. Questa però ci informa che ormai i residencial in città sono quasi tutti pieni e quello che ci può offrire a quest'ora è una stanza allo Sheraton. Dopo avere colto l'espressione di smarrimento sulle nostre facce ci avverte che comunque prenotando a quest'ora, abbiamo diritto alla stanza a sole 27000 escudos a notte, circa novantamila lire a testa, che per un cinque stelle non è poi male. Ma sì, dai, per una notte ci può anche stare.

Dopo pochi minuti godiamo dei servizi offerti in albergo: bagni spaziali, tv satellitare, frigobar, radiodiffusione. Verrebbe quasi voglia di sdraiarsi per ore e ore, ma anche l'appetito reclama. C'è giusto il tempo allora per una doccia veloce che precede la ricerca del ristorante. Decidiamo di seguire le indicazioni della guida che suggerisce di cercare un ristorantino nella zona del Bairro Alto. Non siamo comunque gli unici ad avere seguito l'indicazione e in questo quartiere formato da strette stradine ci ritroviamo quindi in tanti. Non so se è senso della posizione, istinto o fortuna, ma al primo locale in cui proviamo ad entrare troviamo subito posto. Una buona mangiata è ciò che serve per chiudere in bellezza questa giornata intensa.

Tornando a casa, mentre si commentano le comodità dell'albergo, ci chiediamo se questo è un prezzo che potrebbero fare anche per le altre due notti in cui staremo qui. Improvvisamente la lampadina si accende sulla testa di ciascuno di noi; un'idea folgorante e folle allo stesso tempo che ci trova complici: sistemarci allo Sheraton anche per le notti successive, in una sorta di imborghesimento che a questo punto della vacanza, ormai giunta alla fine ci può anche stare. Chiediamo informazioni alla reception e all'assicurazione che anche per le notti successive ci verrà confermato lo stesso prezzo decidiamo di fermare la camera.

13 Agosto

Lo Sheraton garantisce un soggiorno decisamente piacevole; garantisce anche un trattamento coi fiocchi; non garantisce però il bel tempo. Così ci alziamo e dopo giorni e giorni di sole ci accoglie una giornata piuttosto grigia. Ricca colazione e poi via in macchina verso la parte occidentale di Lisbona, a visitare la torre di Belem. E' Domenica mattina e l'accesso è libero. Ovviamente in tanti hanno pensato di approfittare di questa occasione, così ci ritroviamo insieme a tanta gente. Dovendo riconsegnare la macchina entro mezzogiorno, dobbiamo affrettarci e purtroppo rimangono solo pochi minuti per la visita del Monastero dos Jeronimos. Con il senno di poi avremmo fatto bene a dedicare più tempo a questo edificio che si rivela piuttosto interessante.

La Torre di Belem

Riconsegniamo la macchina. Abbiamo così la scusa per affrontare tranquillamente una passeggiata per le stradine di Lisbona, non prima di avere fatto una puntatina al museo Gulbenkian. Purtroppo il museo è chiuso per restauri, così decidiamo di anticipare la nostra scarpinata. Come al solito Stefano ha predisposto un itinerario interessante; io mi affido alla sua guida cercando di assaporare l'atmosfera che rende così affascinante Lisbona, almeno così in tanti mi hanno raccontato. Ma oggi è una domenica di Agosto e probabilmente tanti tra i residenti hanno deciso di andare a fare un giro fuori porta. Siamo in pochi in queste stradine, scaldate da un sole che improvvisamente ha deciso di farsi sentire; sento che Lisbona potrebbe offrirmi perle ma non riesco a trovarle, o semplicemente non riesco ad afferrarle. E allora continuo a camminare in questi stretti vicoli, dal Rossio al Bairro Alto, proseguendo verso il Rato, raggiungendo il Tago a Cais do Sodré, prima di ritrovare un po' di movimento a Praça do Comercio e nella Baixa.

Una birra a rinfrescare anche i miei pensieri in questa calda domenica. Seduti al famosissimo Caffè La Brasileira, Fernando Pessoa a tenerci compagnia, forse ad ispirarci un po' di poesia. Un barbone seduto poco lontano ulula la sua canzone, accompagnandosi con una pianola a batterie ormai desolatamente scariche; è una canzone francese di cui percepisco solo una parte del ritornello, "Je crois l'amour". "Je crois l'amour", una risposta che può dire tutto e niente, e mi chiedo se anche questa è poesia, prima che il passaggio di una ragazza con dei lunghissimi capelli neri mi riporti alla realtà. E forse anche questo è poesia...

La camminata ci ha tolto un po' di parole, ma non l'appetito. Replichiamo la ricerca di un ristorante nella zona del Bairro Alto; anche stasera è piuttosto difficile trovare un ristorante con dei posti liberi. Dopo una ricerca di un buon quarto d'ora ed altrettanta attesa in fila riusciamo ad entrare al ristorante "A Baiuca". Il posto è molto semplice, come buona parte dei ristorantini che ci sono in questa zona. Il menù propone pochi piatti di pesce e di carne. Stasera optiamo decisamente per il pesce, e nessuno ci può dissuadere dall'ordinare un abbondante Arroz de mariscos. Benedetto il momento in cui abbiamo deciso di scegliere questo piatto! Una portata sontuosa, servita senza troppi formalismi da una simpatica signora che, dopo avere liberato la tavola, entrando in cucina non può fare a meno di mostrare ai cuochi il piatto letteralmente ripulito, esclamando visibilmente orgogliosa "Los Italianos!". Ma forse non sa che per noi questo è solo un abbondante antipasto; allora ordiniamo anche un'altra portata di pesce alla griglia e quasi non si sorprende più. Facciamo anche in tempo ad assistere al classico equivoco a cui vanno incontro gli Italiani un po' sprovveduti. Succede che di fianco a noi due ragazze ordinano il peixe espada, e quando si vedono arrivare un piatto con un pesce scuro richiamano l'attenzione della signora cercando di farle capire che loro avevano ordinato il pesce spada. Dopo un approssimativo tentativo di fare valere le loro ragioni, interveniamo spiegando alle ragazze che quello che da noi è conosciuto come pesce spada, in Portogallo si chiama espadarte, mentre il peixe espada non è altro che un pescetto con la vaga rassomiglianza di una spada. E' abbastanza forte il loro disappunto, ma noi dantescamente non ci curiamo di loro e proseguiamo con la nostra abbuffata.

14 Agosto

Questa mattina siamo in giro di buon'ora. E' Lunedì e molti posti che si potrebbero visitare sono chiusi. Ci dirigiamo con il metrò verso il quartiere dell'Alfama e raggiungiamo il Castelo Sao Jorge che domina la città. Sembra che tutta la gente in visita a Lisbona oggi si sia data appuntamento qui, magari per approfittare della bellissima vista panoramica che il castello concede. Poco dopo ci immergiamo di nuovo nel dedalo di strette stradine che mi ricordano tanto alcuni angoli di Genova (la mia guida suggerisce Napoli) e raggiungiamo la prima fermata utile per prendere il tram n. 28. I tram rappresentano un carattere distintivo di Lisbona e percorrono stradine anche molto strette. Ci hanno detto che anche salendo su questi coloratissimi mezzi si riesce ad annusare la vera anima di Lisbona e noi proviamo a farlo. Il giro ci porta fino al capolinea e percorriamo molti chilometri su questa vettura affollata per buona parte del tragitto. A volte c'è qualcuno che si aggrappa dall'esterno e percorre una parte del viaggio senza pagare, e chissà che non sia questa l'origine dell'espressione "Fare i portoghesi".

Stradina di Lisbona

Ormai sentiamo che il tour in giro per il Portogallo è arrivato agli sgoccioli: domani è già Italia! Nel pomeriggio allora qualcosa di abbastanza tranquillo, un giro all'Oceanario, nella zona dedicata all'Expo tenutosi qui a Lisbona nel 1998. L'area dedicata a questo evento è piuttosto vasta ed è ovviamente diversa dalla Lisbona che abbiamo visto in questi due giorni. E' probabilmente il frutto del tentativo di questa gente di proiettarsi decisamente verso il futuro, riconvertendo le infrastrutture portuali da tempo abbandonate.

Una lunga coda ci accoglie all'entrata di questa struttura che ricorda vagamente una nave. Non abbiamo troppa voglia di metterci in fila, ma giunti fino qua e lontani da qualsiasi altra attrattiva decidiamo comunque di entrare. In realtà la lunga colonna umana si dipana abbastanza in fretta ed in poco meno di un quarto d'ora siamo davanti alla cassa. Davanti a me sento parlottare in francese. Capisco che il turista d'Oltralpe discute per ottenere uno sconto a cui non ha diritto, insistendo fino a quando la cassiera non minaccia di chiamare la sicurezza, almeno così mi pare di capire, dopodiché il francese desiste. Cercando di risollevarle il morale, esprimo alla ragazza la mia solidarietà dicendo "Eh, questi Francesi!", picchiettando allo stesso tempo l'indice della mano destra sulla mia fronte accaldata. Finalmente lei sorride e staccando il mio biglietto esclama "Voila' ton billet!". Oh, non ti ho beccato proprio la cassiera francese! Beh, a questo punto non posso fare altro che allargare le braccia e scuotere la testa con un sorriso.

La visita all'Oceanario è molto bella. Sarà che non ho mai visto strutture simili, sarà che mi affascina tutto ciò che ha a che fare con il mondo del mare ma le due ore passate in questo immenso complesso passano molto piacevolmente. Sono qui dentro ricostruite varie ambientazioni marine, dall'Oceano Atlantico al Pacifico, e dall'Oceano Indiano a quello Antartico, presentando miriadi di specie marine che si esibiscono proprio di fronte a te. In mezzo un grande acquario dove nuotano pesci di grandi dimensioni, facendoti vivere in un'atmosfera magica. Non c'è che dire, una visita veramente gradevole.

Poco lontano dall'uscita notiamo un bel prato verde, abbastanza raro trovarlo in queste aride lande, quello che serve per riposarci un po'. Il riposo si prolunga per più di un'ora, dopodiché decidiamo di fare ritorno in centro a Lisbona per raggiungere l'albergo e trovare il ristorante per la nostra ultima cena portoghese.

15 Agosto

Anche per questa vacanza, inesorabile è arrivato l'ultimo giorno. Come tutti gli ultimi giorni di un bel viaggio si presenta triste e malinconico, come la strada che percorriamo per arrivare all'aeroporto di Lisbona, che invece è affollato da gente vociante. Le ultime banconote spese per qualche regalo, gli ultimi spiccioli offerti alla Croce Rossa sono le consuetudini che ci accompagnano sull'aereo.

Ed in men che non si possa dire, o scrivere, siamo di nuovo a Bologna; il padre di Stefano è già lì che ci aspetta. Poche parole, pochissime, sulla via del ritorno, soffocanti in questo umido giorno di Ferragosto. Solo Alessandro mostra una certa vivacità, scrivendo l'ennesimo SMS, e non c'è bisogno di chiedergli se ci sono di mezzo delle donne...