SUDAFRICA 2003

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14 Settembre

Ieri è stato un giorno stupendo. Di certo non una cosa da niente, anzi, una di quelle che (solitamente) fai una volta nella vita. Sì, insomma, io e Alessandra ci siamo sposati. La festa è stata bella, sembrava che tutti fossero a proprio agio, e questo è quello che speravamo. Allegria, gioia, spensieratezza, pur se tanti, in precedenza, ci avevano invitato a riflettere bene prima di compiere questo passo. E' poi comunque vero che in questo clima festoso ti ritrovi a baciare gente che non conosci, a sopportare gli scherzi degli amici, a girare lungo i tavoli per salutare gli invitati, perdendoti così le sontuose portate del ristorante. Ad un certo punto, mio malgrado, mi sono anche ritrovato alla testa di un trenino umano danzante che si muoveva sulle note di "A, e, i, o, u, ipsilon": nell'ultimo anno non mi ero mai vergognato tanto, neanche quando in un momento di follia acquistai un CD di Max Pezzali. Nonostante tutto ciò, lo confermo, ieri è stata una giornata splendida, soprattutto perché mi ha legato per la vita alla persona che amo.

 
Marco e Alle a sulla R44 nei pressi di Pringle Bay

Anche oggi comunque è un giorno niente male: si parte per il viaggio di nozze, meta Sudafrica! La giornata sarà lunghissima. In fase di preparazione del viaggio non avevamo dato troppo peso al fatto che l'aereo partiva da Bologna alle 11.30 di mattina. Quindi alle 8 siamo già in piedi per affrontare questa nuova avventura. Il volo da Bologna arriva a Londra; qui cambiamo aeroporto (da Gatwick a Heathrow), attendiamo qualche ora e poi prendiamo l'aereo per Città del Capo.

15 Settembre

Il volo è stato lungo, ma tutto sommato il tempo è passato abbastanza velocemente, sarà stata la voglia di arrivare! Atterriamo verso le 8 di mattina e, dopo avere espletato le formalità doganali, ci rechiamo al banco della Europcar, per ritirare le chiavi della macchina che avevamo prenotato via Internet.

Non vediamo l'ora di cominciare la nostra vacanza! Così, in fretta e furia, ci dirigiamo verso il Bed and Breakfast che avevamo riservato anch'esso via Internet per depositare i bagagli. L'alloggio è bello, ma sul sito faceva una figura decisamente migliore! Perdiamo un'oretta ad attendere che la stanza ci venga messa a disposizione ed in questo lasso di tempo riusciamo ad addormentarci su un divano. D'altronde è da più di ventiquattr'ore che siamo in movimento.

Il programma per la giornata di oggi prevede una visita tranquilla al centro di Cape Town, proprio per non stancarci ulteriormente. Ma la giornata è molto bella, e sarebbe un peccato non approfittarne per salire sulla Table Mountain, la montagna che svetta nel centro della città, spesso avvolta in una tovaglia di nuvole. Oggi invece è completamente sgombra. Saliamo quindi con la cabinovia e passeggiamo tranquillamente per diversi sentieri che si irraggiano dalla sommità. Le vedute sulla città iniziano a farci assaporare il gusto di essere finalmente e veramente in viaggio. In breve raggiungiamo la gola di Plattenklip ed il Maclears Beacon, punto più alto dell'area metropolitana di Cape Town, con i suoi 1087 m. Gli occhi guardano l'Oceano, le gambe camminano su sentieri di montagna, la bocca respira aria pura. Iniziamo ad innamorarci di questa città.

I primi animaletti che impariamo a conoscere sono le procavie; viene da ridere a pensare che sono imparentate con gli elefanti. Le vedremo poi spesso nel resto del nostro giro, soprattutto su scogliere e formazioni rocciose in genere. Ci sono poi svariati uccelli: alcuni sicuramente della famiglia dei colombi, altri dovrebbero essere storni neri con una striscia arancione sulla coda, i quali si divertono a zampettare sui tavoli del bar all'aperto che si trova sulla cima della montagna per tentare di sottrarre agli avventori un po' di cibo.

Prima di salire, ci eravamo proposti di lasciare la Table Mountain percorrendo in discesa uno dei sentieri che riportano alla partenza della teleferica. Purtroppo si è fatto ormai tardi, o forse più realisticamente il nostro spirito pantofolaio prende il sopravvento; così compriamo anche il biglietto di ritorno e torniamo in macchina per dirigerci verso la spiaggia di Bloubergstrand.

Arrivando verso questa località, che si trova a nord di Città del Capo, si apprezzano le imponenti forme della Table Mountain, quelle che chiunque abbia dato un'occhiata ad un po' di depliant sulla città non fatica a riconoscere. La spiaggia ci offre una sabbia bianchissima e morbida, sulla quale per qualche minuto riusciamo a schiacciare un pisolino. Poi, un vento forte e abbastanza fresco ci sveglia e ci induce a seguire lo spettacolo dei kite-surfer, ragazzoni locali che utilizzano un surf a cui è attaccato con delle corde un aquilone che permette loro di sfidare l'Oceano, librandosi in volo per qualche secondo dopo avere valicato le sue maestose onde. Deve essere molto divertente questo sport, ma non è male neanche rimanere a guardarlo, soprattutto quando il sole sembra volere andare a tuffarsi nell'acqua, decidendo di perdersi all'Orizzonte e offrendoci un suggestivo tramonto, con le sagome umane che sembrano diventare figure di un cartone animato. Nel frattempo però il vento si è fatto freddo, d'altronde siamo solo all'inizio della primavera a queste latitudini; decidiamo quindi di cercare un ristorante e, come spesso accade, la Lonely Planet è buona suggeritrice: la cena da Teo è veramente ottima e abbondante, spaziando dalla carne al pesce. Quando torniamo al B&B fa già buio da un po' e solo una doccia ci separa dal meritato riposo.

16 Settembre

La seconda mattina a Cape Town ci accoglie con un cielo plumbeo, ma noi confidiamo nella variabilità meteorologica che caratterizza la città in questo periodo, decidendo di spostarci verso Cape Point ed il Capo di Buona Speranza, attraversando il Good Hope Nature Reserve, il primo dei parchi nazionali che visiteremo. E guarda caso, dopo pochi chilometri, il cielo si apre ed il sole inizia a fare capolino. Percorriamo la M6 sperando di riuscire a fare almeno un tratto del Chapman's Peak Drive per ammirare spettacolari panorami, almeno così assicurano tutte le guide. Purtroppo però la realtà conferma ciò che d'altronde sapevamo già, cioè che la strada è bloccata per lavori in corso. Svoltiamo la macchina e percorriamo così le strade più interne che non sono poi così male.

Arrivati sulla costa facciamo una breve fermata a Witsand Bay, una bellissima spiaggia con sabbia bianchissima da sembrare farina. Il cielo si fa sempre più limpido ed anche il sole si fa sentire, anche se il vento soffia forte. L'entrata al parco ci vede piuttosto emozionati. La possibilità di vedere dal vivo animali conosciuti solo sui libri ci riempie di gioia; infatti raggiungiamo velocemente l'orgasmo quando sorprendiamo una coppia di struzzi sulla strada, è il nostro primo avvistamento! In realtà non immaginiamo neanche lontanamente quanto proprio gli struzzi diverranno i nostri compagni di viaggio abituali nelle prossime due settimane: li vedi ovunque, sono un po' come da noi le galline! In ogni caso, decidiamo di percorrere un po' disordinatamente le strade che si addentrano nel parco e la scelta sembra rivelarsi azzeccata, dal momento che riusciamo a scorgere, pur dovendoci aiutare con il binocolo, una coppia di zebre del Capo. Comunque l'attrattiva maggiore del parco è la visita alle due punte, Cape Point e Cape of Good Hope che regalano scenari molto belli sul circostante Oceano. Dopo avere atteso che un gruppo di babbuini, del tutto indifferenti ai turisti, liberasse la strada, lasciamo il parco e ci dirigiamo lungo la parte orientale della costa, verso Simon's Town, dove, all'altezza di The Boulders, visitiamo la colonia di pinguini africani, i Jackass Penguins, così chiamati a causa del loro verso acuto, simile al raglio di un asino. I pinguini si muovono liberamente sulla spiaggia, mentre la visita viene effettuata passeggiando su una passerella in legno adeguatamente predisposta.

Torniamo poi verso Città del Capo, seguendo alcune arterie interne lungo le quali anche i locali fanno ritorno a casa dopo una giornata di lavoro; il traffico è comunque scorrevole. Anche oggi si è ormai fatto tardi e decidiamo quindi di andare direttamente a cena senza passare da casa. La scelta oggi è quasi obbligata: dopo tanto mare diventa quasi d'obbligo mangiare del buon pesce. Ci fermiamo in un ristorante della catena Ocean Basket, dove facciamo fuori una padella all'interno della quale non manca niente, dall'aragosta ai gamberetti, da molluschi vari a scampi e pesci diversi. La giornata è ormai agli sgoccioli; probabilmente la stanchezza, l'oscurità e forse anche un bicchiere di troppo ostacolano il nostro ritorno a casa. Facciamo fatica a trovare la strada e solo dopo qualche inversione e retromarcia imbocchiamo la direttrice giusta, non prima di esserci fatti dare la buonanotte da un piccolo cerbiatto impaurito e disperso, incontrato ad un certo punto sulla via.

17 Settembre

Anche questa mattina il programma prevede di spostarci dal centro di Cape Town; la meta è il West Coast National Park, un centinaio di chilometri più a nord. Uscendo tutto sommato facilmente dalla viabilità del centro, apprezziamo immediatamente la tranquillità della R27 che ci conduce a destinazione: le vetture sono poche, la corsia è molto ampia e permette agli automobilisti di spostarsi per favorire il sorpasso. Chi sorpassa poi ringrazia attivando le quattro frecce, è un'usanza normale da queste parti. Ci godiamo quindi la serenità di questa giornata, anche se un po' grigiastra: oltre le nuvole c'è il sole che però non si decide a fare capolino.

La scelta di visitare questo parco, di certo non tra quelli più frequentati (stando almeno ai racconti di viaggio letti prima di partire), è dovuta al fatto che esso dovrebbe offrire, in questi mesi di inizio primavera, delle vedute strepitose sulla fioritura della costa occidentale. Purtroppo quest'anno le precipitazioni sono state alquanto scarse e la vegetazione non è così rigogliosa come speravamo. Il parco si estende su una superficie piuttosto ampia e la visita richiede tutta la giornata, anche perché durante la guida si è impegnati a cercare di individuare gli animali. Non solo. Tante tartarughe si divertono ad attraversare la strada, costringendo a rallentare ma soprattutto ricordando che se vuoi osservare la natura è giusto rispettarne anche i suoi tempi. Gli struzzi non si fanno di certo cercare, li trovi spesso ai bordi della strada; iniziamo anche a fare conoscenza con un goffo volatile grigiastro a pallini bianchi con la cresta colorata che somiglia ad una faraona. Lo troveremo poi molto spesso anch'esso sul ciglio delle strade o anche come animale da giardino. Il suo nome inglese è Guineafowl. E così, osservando qua e là, riusciamo ad avvistare vari animali, tra i quali diverse specie di antilopi (riconosciamo lo springbok e il bontebok) e zebre. La nostra attenzione cade anche su simpatici uccellini gialli, che poi scopriremo chiamarsi weaver, che costruiscono nidi tondi sui quali si aggrappano a testa in su. Raggiungiamo anche una postazione di avvistamento dalla quale è possibile osservare una colonia di splendidi fenicotteri rosa. Peccato che siano molto lontani.

West Coast National Park, ore 14.00
Alessandra: Marco, guarda, c'è una balena!
Marco: Ma dai, Alle. Non vedi che è uno scoglio?
Alessandra: Scusa Marco, ma da quando in qua uno scoglio si muove?
Marco: Sì, si, okay. E` una balena! Tanto la vuoi sempre vinta tu! Dai, passa il binocolo!
Alessandra: Tieni!
Marco: Orpo! Ma è davvero una balena! Fantastico!

Per il pranzo ci fermiamo in una casa in stile coloniale che funge da bar / ristorante. Nonostante molti degli avventori consumino il loro pasto nel giardino esterno, noi preferiamo entrare nella sala al caldo (c'è pure il camino acceso) per sfuggire al vento insistente. Assaggiamo carpaccio di struzzo e di springbok, ed il sapore non è niente male.

Anche nel pomeriggio prosegue la visita al parco fino verso le 17.00, quando ormai stanchi ci dirigiamo verso Città del Capo. Raggiungiamo il Waterfront (immenso centro commerciale sul vecchio porto) che è già buio da un pezzo e la ricerca di un ristorante è l'ultima fatica che ci concediamo prima di una buona dormita.

18 Settembre


Ormai è quasi una costante. Il mattino ci sorprende con un tempo incerto. Le nuvole sono grigie ed il cielo minaccia pioggia; siccome però le previsioni anche per domani non promettono nessun miglioramento, decidiamo ugualmente di seguire il programma di massima che avevamo stabilito. Lungo belle strade raggiungiamo quindi i giardini botanici di Kirstenbosch, tra i più belli al mondo. Neanche il tempo di fare il biglietto e dirigerci verso il cancello di ingresso che si scatena un violento temporale, dopo che invece qualche spiraglio di luce ci aveva fatto sperare in un aggiustamento meteorologico. L'unica cosa che rimane da fare è visitare le piante ospitate in una grande serra coperta, dove trovano rifugio anche gli altri avventori del parco, tra i quali vi sono due o tre classi di una scuola materna. Nel vedere la macchina fotografica, i bambini si scatenano per farsi ritrarre con splendidi sorrisi e noi accontentiamo i loro desideri.

 

Bimbi al parco di Kirstenbosch


Fortunatamente la pioggia cessa, o quantomeno diminuisce, così possiamo dare inizio alla visita vera e propria. I colori del parco sono fantastici, alcuni scorci sembrano quadri dipinti con maestria da abili pittori. Rimaniamo circa un'oretta all'interno del parco ad ammirare svariate specie di fiori e piante, oltre a qualche uccellino che ogni tanto si posa su una protea e anch'esso si concede all'obiettivo della macchina fotografica.

Lasciamo i giardini e ci dirigiamo al Waterfront per un giro tra i negozi del centro commerciale. "Alle, ma tu non sei un po' stanca?", chiedo sperando in una risposta affermativa. "Sì, effettivamente sono state giornate assai intense!". La strada verso il bed and breakfast la conosciamo e così decidiamo di concederci un riposino di tre ore che precede la cena presso l'Atlantic Express, un ristorantino ospitato all'interno della carrozza di un vecchio treno.

19 Settembre

Questa mattina la dedichiamo alla visita del centro di Cape Town. Parcheggiamo l'automobile nei pressi del castello, dove si tiene anche un vivace mercato. La mattina è soleggiata e fresca, quel che serve per una bella passeggiata. L'itinerario è quello che ci suggerisce la Lonely Planet e pur non vedendo cose mirabolanti riusciamo a passare un paio d'ore veramente piacevoli. In particolare il quartiere musulmano e le sue casette multicolori regalano tinte molto simpatiche ed una tranquillità sorprendente soprattutto se paragonata al caos che abbiamo lasciato solo duecento metri prima. In realtà mi chiedo ancora se questa tranquillità non sia solo apparente, dopo che una vecchietta mi borbotta qualcosa e gesticola ad ampi cenni indicando la macchina fotografica che porto al collo, che interpreto come se mi dicesse "Ehi, bello, attento alla tua attrezzatura fotografica!". Non so se la mia supposizione è esatta, in ogni caso scattiamo solo poche fotografie e abbastanza velocemente ci avviamo verso zone più affollate.

Verso le 13.30 arriviamo al Ticket Office per la barca che porta a Robben Island, l'isola dove Mandela ed altri prigionieri politici furono detenuti nel corso degli ultimi anni bui della storia sudafricana. Ci mettiamo educatamente in fila e quando arriva il nostro turno la solerte impiegata ci avverte che è rimasto un solo biglietto disponibile per le partenze odierne. "Che culo!", penso io con sarcasmo; rimaniamo un po' in attesa per vedere se qualcuno rinuncia al proprio biglietto ma sembra che proprio non ci sia niente da fare. La visita all'isola deve quindi saltare, anche perché oggi è l'ultimo giorno in città. Inutile negare che sono stato un pollo a ritardare l'acquisto del biglietto, con cinque giorni che avevo a disposizione per farlo. Insomma, come si dice dalle nostre parti, ne devo ancora mangiare di crostini per diventare un vero turistafaidatenoalpitour, ma penso che anche da questi piccoli episodi si possa imparare per i viaggi futuri. Per fortuna la giornata è splendida e rimediamo al cambio di programma con un rilassante spuntino che precede la visita alla spiaggia di Camps Bay, dove sopra una sabbia bianchissima rimaniamo ad ammirare l'oceano davanti a noi, con le imponenti montagne dei Twelve Apostles che sonnecchiano alle nostre spalle.


La spiaggia di Camps Bay con i Twelve Apostles alle spalle


Torniamo a casa per iniziare a preparare le valigie, domani infatti inizia il tour itinerante che ci riporterà a Cape Town tra una dozzina di giorni. Ormai siamo anche a secco di valuta, così decidiamo di preparare alcune banconote in euro da scambiare l'indomani in rand, la valuta locale. Togliamo l'intero malloppo dalla cassaforte della camera e scopriamo che dall'importo totale che avevamo lasciato mancano una cinquantina di euro. Siamo anche sicuri di questo in quanto avevamo notato in un foglio a parte l'esatto ammontare della somma, così come siamo più che certi di non avere effettuato alcun prelievo. Andiamo alla reception del bed and breakfast per chiedere spiegazioni, ma il ragazzo ci propone di rimandare il contenzioso al momento della partenza, quando sarà presente la titolare. Tornando in camera cade l'occhio su un cartellino lasciato tutte le mattine dopo il riassetto della camera, il quale avverte che la camera è stata pulita a dovere. "Minchia!", penso io, "più che pulita l'avete ripulita a dovere!".

20 Settembre

Appena svegliati procediamo per il breakfast mattutino, evitando al tavolo di parlare dell'accaduto con la titolare, non ci sembra il caso di farlo in mezzo ad altre persone! Terminata la colazione, la nostra ultima a Città del Capo, ci avviciniamo alla reception per saldare il conto, curiosi di vedere come potrà essere risolto il problema dei nostri soldi mancanti, ammesso e non concesso che lo vogliano effettivamente risolvere. La signora esordisce dicendo che è costernata e che è la prima volta che le capita una cosa simile, e che le chiavi della cassaforte le abbiamo solo noi ed altre inutili chiacchiere che lasciano il tempo che trovano. Costretto quindi a scavare nel mio limitato dizionario inglese una qualche frase che possa risultare accettabile, ribadisco che siamo assolutamente sicuri che ci sia un ammanco di denaro e che di fronte a questa situazione non siamo disposti a chiudere gli occhi. Il tono è solenne e deciso, per quanto io ne sia capace, l'intenzione sarebbe quella di dire "Sì, è vero che siamo italiani, ma non siamo mica dei pirla!". La signora chiede di pazientare un minuto per potersi consultare con qualcuno, non capiamo bene chi; dopo poco torna e ci dice che ci detrarrà dal conto finale un'intera notte, praticamente l'importo dell'ammanco. Contenti almeno di avere recuperato quello che ci era stato sottratto, ci infiliamo in macchina e partiamo per il nostro primo spostamento.

Percorriamo verso est la N2, la quale mostra spietata per alcuni chilometri l'altra faccia della città, quella delle township, dove migliaia di neri vivono in baracche ammassate l'una sull'altra. Da qui fiotti di uomini e donne si riversano sui lati della strada per raggiungere forse una giornata di lavoro o magari solo un pasto caldo. Raggiunta la città di Strand lasciamo la strada principale per deviare sulla R44 e seguire la costa. Ben presto il torpore legato alla sveglia mattutina lascia spazio all'eccitazione nel vedere paesaggi splendidi e nel godere di sensazioni nuove e piacevoli. Il sole fa capolino qua e là divertendosi a fare risplendere le onde mosse dalle forti correnti dell'oceano. Tra la schiuma delle onde ed il bianco delle spiagge sfuma il blu del mare, dove ogni tanto si insinua una macchia scura: sarà forse una balena? La strada prosegue tra declivi rocciosi, scogliere che dolcemente vanno a bagnarsi nell'acqua fresca di inizio primavera e verdi colline dall'altra parte della strada. Godendo di questi magnifici scenari, arriviamo presto ad Hermanus, forse il posto più conosciuto e turistico per l'avvistamento delle balene. In effetti c'è una gran folla che approfitta della stagione propizia all'osservazione per animare un paese che altrimenti sarebbe probabilmente un sonnecchiante puntino sulla cartina. Dopo esserci fatti sorprendere da un improvviso temporale, durante il quale ci rifugiamo in un bar per un pranzo leggero, lasciamo Hermanus e la costa procedendo verso l'interno prima sulla R326 e poi sulla R316.

 

Sono queste strade che ci fanno scoprire un'Africa non Africa, almeno per ciò che abbiamo sempre immaginato, scenari spettacolari costruiti da dolci colline che alternano diversi colori, dai verdi intensi ai gialli fuoco, sfiorando il marrone della terra che passa con disinvoltura dalle tonalità arancioni a quelle rosse. Anche il cielo sterza improvvisamente dal gioioso azzurro al grigio scuro di enormi nuvoloni che minacciano pioggia. Ogni tanto sulla strada spunta una sagoma umana, talvolta un bambino, altre volte un adulto, sempre rigorosamente a piedi. E' lecito chiedersi da dove vengano e dove vanno perché tutt'intorno non c'è niente e nessuno, almeno così ci sembra, solo campi sconfinati talvolta abitati da struzzi. Segnalano la loro presenza agitando in alto la mano in segno di saluto, poi piano scompaiono alla nostra vista, portandosi dietro una storia fatta forse di povertà e dolore, o magari di libertà e gioia, quasi sicuramente di dignità.

 


Sulla R316 verso Swellendam



Arriviamo a Swellendam dove il giorno prima avevamo prenotato una stanza al Klein Drotsdy, antica costruzione che più di due secoli fa era parte del drostdy del paese, luogo dove risiedeva il landdrost, rappresentante del governatore della Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Ad accoglierci all'arrivo troviamo un attempato signore che ci introduce nella sua bella dimora. Il suo nome è Peter e ci risulta subito simpatico. Entriamo nel suo B&B dove tutto profuma di antico, ma niente è giù di posto e non vedi un granello di polvere. In casa c'è solo lui - si lamenta infatti che la donna delle pulizie in questo periodo si è presa una vacanza - e ci domanda dell'Italia, dell'Euro, del nostro programma di viaggio. Lui racconta dei suoi trascorsi di giocatore di rugby e di cricket che gli hanno lasciato vari acciacchi, testimoniati da un'andatura leggermente traballante, insieme ad una serie di vecchie foto ingiallite appese ordinatamente alle pareti. Si parla di tutto, sorseggiando prima un tè, poi un bicchiere di vino bianco ed è una di quelle volte in cui ti rammarichi di non potere parlare in modo più fluente l'inglese. Peter domanda, consiglia, avverte, e senza dubbio lo fa con piacere e discrezione. Solo nei suoi occhi, ogni tanto, scorgo un sottile velo di malinconia.