UN POEMA CIVILE. Dalla "BALLATA DELLA FIAT" 1962. Chi mai dirà di questa antica foschia. che nessun realista, nessun manierista. padano, formica di Longobardia,. mai attinse, pur nella sua mania. di rustica dolcezza, di precisione mistica? Ah, neanche Salimbene, forse, e, oggi, Bertolucci,. o qualche ignoto, in opere perdute... Una foschia che sa di muschi, e di cappucci,. di brine tiepide: con dietro, enorme lucciola. rossa, il sole, stupendamente inutile. Copre tutto, sostanza assoluta, d'oro. Sfuma, laggiù, dove si fa azzurrino. il fondo, e gli edifici mutano colore,. in scorci dove non è pensabile il dolore:. e, là, allude a un'altra, dolce Torino,. imposseduta, sede d'esistenze pure. Di Barriera in Barriera, non ha fine. quel suo sfumare, sopra le cascine. superstiti, sopra le costruzioni future. Si deprime in tinte umili, marrone. o nocciola, o malva: si fa suprema. in ori rosei, scoprendo il rione. che cede alla campagna, oltre un bastione,. una chiesa sabauda, atrocemente serena. Anche i viventi, coi loro cuccioli scolari,. nella foschia, sembrano dei fossili. preziosi, con quei loro gesti millenari,. visti di spalle, nei nuovissimi viali,. lungo il filo verde dei vecchi fossi. E nel sublime, umile fumo che il Po. spira da millenni, ed è cultura. superstite almeno da quando affrancò,. dal terrore feudale, noi cisalpini (...). la Libertà - nel sublime, umile averno. della foschia, ecco il primo ed esterno. sintomo di te: operai che camminano... * EPIGRAMMI E STROFE. di PIER PAOLO PASOLINI. Analisi tardiva fine anni '60. So bene, so bene che sono in fondo alla fossa;. che tutto quello che tocco l'ho già toccato;. che sono prigioniero di un indecente interesse;. che ogni convalescenza è una ricaduta;. che le acque sono stagnanti e tutto sa di vecchio;. che anche l'umorismo fa parte del blocco inamovibile;. che non faccio altro che ridurre all'antico il nuovo;. che non intendo ancora riconoscere chi sono;. che ho perso perfino l'antica pazienza di orefice;. che la vecchiaia mette in mostra per impazienza solo le miserie;. che non uscirò mai da qui per quanti sorrisi faccia;. che giro su e giù per la terra come una bestia in gabbia;. che di tante corde che ho finisco col tirarne una sola;. che mi piace infangarmi perché il fango è materia povera e perciò pura;. che adoro la luce soltanto se è senza speranza. * L'Italia fascista. 1972-74. La voce di Dante risuonava in aule disperate. Poveri uomini erano incaricati a insegnare. come essere eroi, nelle palestre;. nessuno ci credeva. Poi le piazze si riempivano di questi increduli. bastavano due stanghe, un tavolato. della cattiva tela colorata di rosso. di bianco e di verde; e di nero; bastavano. pochi simboli straccioni, aquile e fasci di legno o stagno;. mai spettacolo fu più economico che una parata in quei tempi. I vecchi e i giovani di comune accordo. desideravano grandiosità e grandezza;. migliaia di ragazzi sfilavano,. alcuni di loro "scelti", altri semplice truppa;. come in una stasi perduta in mezzo ai secoli. erano mattine di maggio o di piena estate. e il mondo rurale intorno. L'Italia era come una povera isola in mezzo a nazioni. dove l'agricoltura era in declino,. e il poco grano era un oceano immenso. dove cantavano tordi, allodole, gli attoni ti uccelli del sole. Le adunate si scioglievano sui palchi cadeva la brezza. e tutto era vero,. le bandiere continuavano a sventolare. al vento che non le riconosceva. A Giovanni XXIII. Vecchio Roncalli, sei allora solo un Palazzeschi un po' duro:. lasciarti divertire? Certo divertiti pure. La Chiesa è brutta, anche dietro la tua bella faccia:. lei resterà: del tuo sorriso si perderà ogni traccia. A Virdia. Essere servo di Andreotti, beh, lo si può anche capire:. ma essere servo di Pasquale Festa Campanile! Al finanziatore. dello Specchio. Parlano sempre di froci, i tuoi cuochi dello Specchio:. ma a te, finanziatore, non fischia un po' l'orecchio? * A Moravia. Evviva, mio caro, generoso, intelligente amico! Il Nobel mancato ti ha ringiovanito. * Al cuore di Omero. Ho quasi finito un romanzo, sono alle ultime pagine:. rileggo, correggo, copio, rifaccio, penso, mi accuso. Nessuno sa queste cose, nessuno vuol saperle. Lo spettacolo del dolore è spina senza rose. Ma tu, sopraggiunto attraverso non so che lettura,. col colore puro di un antico mare assoluto,. cuore di Omero, canta, come una rondine, su queste pagine. confuse, barbare, impure, disperate, ambiziose:. fammi riavere fiducia in un mistero marmoreo,. nelle buie speranze, negli sconforti magici. * A Ungaretti. La fiamma scugnizza che guizza nel tuo vecchio occhio. incenerisce la povera mosca sul cocchio. * A Vittorini. Quasimodo vedette? Ma sì: la nostra gloria nazionale. sia, com'è giusto, un vano barbiere provinciale. * A Quasimodo. Prima del Nobel c'era su te un silenzio sepolcrale:. oggi di te un po' si parla: ma solo per dirne male. * A Elsa Morante. Grazie della tua gioia, che dà gioia alla vita! * A Asor Rosa. Meglio portare, nel marxismo, una radice mistica. che una radice piccolo-borghese moralistica. * L'impuro al puro. appunti maggio-giugno 1972. Non ho banda, Montale, sono solo. Non ti rimprovero di aver avuto. paura, ti rimprovero di averla giustificata. Male forse ne voglio: ma il mio. Ti ha ottenebrato la tua un po' troppo italiana. Musa Oscura. Astuto poi non lo sono:. di solito è astuto chi ha paura. * Penati italiani. Nell'inventarmi un nomignolo. l'unica attesa delusa, quanto a poesia,. sarà stata quella di Jakobson:. ti sei fatto portavoce della borghesia,. con alle spalle Saragat e il Maligno. * Pauperismo evangelico. Ah Montale,. hai fatto una mezza denuncia al fisco. col tuo mezzo parlare.