Enrico Janin - Il grosso e il minuto
Da "A Compagna" anno XXVI n.3 Maggio/Giugno 1994 - Art. n.6


IL GROSSO E IL MINUTO. Prosegue l'attività della zecca genovese

La zecca di Genova non conia solo le monetine di mistura e di rame di cui già si è parlato.

A partire dal 1172 ha inizio la coniazione o meglio, la battitura delle monete d'argento, con la produzione del "grosso" del valore di 4 denari. Abbiamo detto battitura perché all'epoca la fabbricazione delle monete ha come fase finale la battitura di un colpo (talvolta anche più di uno) di martello sul punzone.

Il grosso è una moneta che ha lo stesso soggetto, sia al diritto che al rovescio, del denaro primitivo già descritto, ma in buon argento (titolo 958 millesimi), del diametro di circa 20 mm. e del peso di circa gr. 1,4. Essa ha inoltre come caratteristica una fattura molto più accurata e precisa di quella dei denari. (Vedi Foto n. 1).

Foto 1

Poco dopo (1217) compare un altro tipo di grosso, che ha il valore di 6 denari, a differenza del precedente. Oltre che per piccole differenze nelle caratteristiche delle lettere, è da ricordare anche un limitato aumento del diametro e del peso (rispettivamente mm. 21 e gr. 1,6).

Caratteristica, per la definitiva identificazione, una piccola differenza: la presenza di un taglietto verticale ben visibile nella barretta centrale della "E" di "REX" (Permettetemi, cari amici, una brevissima autocritica: come siamo pignoli, noi numismatici!). Anche in questo caso compaiono molte varianti di conio e talvolta la presenza di segni particolari (stellette, punte, spine, etc.) nelle leggende.

E a proposito de grosso è interessante ricordare un'interpretazione per così dire linguistica relativa a questa moneta, la quale in quell'epoca, con lo stesso peso e lega, ancorché con raffigurazioni differenti, venne battuta da molti altri Comuni italiani.

Foto 2 Foto 3

Sembra che l'espressione "vendita all'ingrosso" unita (anzi, contrapposta) a quella di "vendita al minuto", derivi proprio dal fatto che nelle transazioni commerciali di una certa importanza i pagamenti venissero effettuati usando i grossi, mentre nelle piccole operazioni quotidiane di acquisto e vendita si usavano i denari i quali, lentamente ma inesorabilmente, con l'andar del tempo perdevano valore e perciò venivano detti denari minuti o anche solo "minuti". Questi, appunto, servivano per la compra e vendita "al minuto". Il tutto con beneficio d'inventario, naturalmente.

E col termine abbreviato di minuti vengono comunemente definiti, (abbandonando così il termine "denaro") i denari battuti dopo il 1339, anno in cui — come vedremo — la forma istituzionale della Repubblica dei consoli, dei podestà e dei capitani del popolo viene modificata, con la nascita della carica del "Doge perpetuo" (o Doge a vita).

Anche i minuti (Foto n. 2 e n. 3) hanno la stessa tipologia-base delle altre monete genovesi, ma la coniazione risulta di qualità nettamente inferiore: i tondelli hanno forma quasi sempre irregolare e spesso sono di dimensioni inferiori a quelle del conio cosicché sul tondello ne rimane impressa solo una parte, con conseguenti difficoltà (spesso insormontabili) di identificazione e classificazione. Anche il titolo in argento scende presto a 150 e poi a 125 millesimi. Persino il peso, notoriamente ben definito per ciascun tipo di moneta è — per i minuti — abbastanza variabile, tanto che i minuti al controllo venivano pesati a sacchetti (da 1200 pezzi ciascuno) e non singolarmente, con forti multe, tuttavia, qualora lo scarto superasse i tre denari per sacchetto. Ma forse è proprio per queste ragioni che (ve l'ho già detto) io sono un patito di queste monetine, le quali mi ricordano sempre che era proprio con esse che la povera gente andava a procurarsi il cibo quotidiano o magari anche il bicchiere di vino (che più spesso era addirittura un vinello).

Ma, direte voi, a Genova la Zecca coniava solo monete umili o comunque di poco valore? Ben presto Vi intratterrò sulle coniazioni di oro della Zecca genovese, molte e splendide.

 


Ultimo aggiornamento Nov.2000

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