Enrico Janin - Arte e storia nella collezione CARIGE: l'antica monetazione
Da "La Casana" anno XXXVII n.4 Ott./Dic 1996


Arte e storia nella collezione CARIGE: l'antica monetazione

E` fuori da ogni dubbio che gli appassionati della numismatica genovese e ligure abbiano sempre pensato con amarezza al fatto che due tra le più prestigiose collezioni di monete e medaglie relative alla nostra terra siano state, verso la fine del secolo scorso, vendute all'asta e quindi disperse.

La prima é costituita dalla collezione di Luigi Franchini (più di 1000 monete genovesi, oltre a monete romane e bizantine, medaglie di prevalente interesse ligure e una ricca biblioteca numismatica) dispersa all'asta nel 1879. La seconda é la collezione dell'avv. Gaetano Avignone, pure dispersa all'asta nel 1895, composta da ben 2354 monete di Genova (di cui 325 d'oro e 475 d'argento), da altre monete di zecche italiane, medaglie e libri di numismatica.

Particolarmente amaro per noi é il fatto che, in rispetto al desiderio dell'Avignone, gli eredi offrirono ripetutamente in vendita la collezione (il cui valore era stato stimato in circa cinquantamila lire di allora) al Comune di Genova che perse purtroppo (speriamo solo a causa di mancanza di fondi) l'occasione di assicurarsi in blocco la collezione, da affiancare alle altre monete già conservate a Genova, attualmente al Museo di Palazzo Rosso in Via Garibaldi.

E` stata quindi accolta con vera soddisfazione la notizia (1974) che la Cassa di Risparmio di Genova e Imperia (ora Banca Carige) aveva acquisito nel 1973 un notevole insieme di monete genovesi e liguri (925 esemplari) provenienti da una importante collezione privata che andava ad aggiungersi ad un minore quantitativo di altre monete (circa 20 pezzi) acquistate precedentemente in più riprese, negli anni 1964, 1965 e 1966.

Doverosamente, dal momento che qui si parla di ciò che fa parte del patrimonio della Banca, occorre ricordare i 155 esemplari battuti dalle zecche dei Savoia, acquistate nel 1965, le quali però non hanno mai avuto (al contrario delle monete liguri) l'onore di essere oggetto di una mostra, pur nella loro indubbia importanza storica oltre che puramente numismatica, entrambe sempre strettamente legate.

Nel 1986, infine, ebbe luogo la più recente acquisizione di monete da parte della Banca: 84 esemplari provenienti anch'essi da una importante collezione privata genovese, tutti relativi alle zecche minori liguri nonché alle rare monete battute ad opera di movimenti indipendentisti corsi, o relative a stanziamenti genovesi nel Mediterraneo orientale, nel Mar Nero e sul Mar d'Azof. Monete tutte di importanza essenziale al fine di completare il quadro di assieme sia delle zecche controllate dalla Repubblica, come anche di quello delle officine monetarie che operarono per conto delle Signorie feudali della Liguria.

Primo pubblico avvenimento (importantissimo per i cultori genovesi di numismatica) fu l'esposizione tenutasi dal 27 maggio al 7 giugno 1974 nel Salone di rappresentanza della Cassa, di 717 monete genovesi, più 25 di zecche minori liguri e dell'isola di Corsica, oltre ad una sezione staccata nella quale erano esposti 36 pesi monetari (fabbricati fra il XVII e il XIX secolo) ed alcuni astucci contenti pesi monetari e bilancine, usati allora per controllare il peso delle monete, riuniti ed esposti grazie alla disponibilità e collaborazione di privati collezionisti locali.

Dal 16 settembre al 18 novembre 1992 nell'ambito delle celebrazioni del V centenario colombiano, vennero esposte a Palazzo San Giorgio circa 300 monete (per la precisione 303) della collezione Carige.
Il successo di questa mostra (nella quale vennero esposti anche, in una sezione apposita, preziosi documenti bancari di molte nazioni riuniti sotto il titolo "Credito e banca dall'Italia all'Europa - Secoli XII - XVII") portò poi alla decisione di allestire un'esposizione permanente di 652 monete scelte tra le più rappresentative, sistemata nel salone della sede centrale della Banca Carige, liberamente visitabile da chiunque, negli orari di apertura della Banca. Per l'allestimento di queste mostre, che costituirono per loro un notevole impegno, finché ebbero vita, corre l'obbligo (e per chi scrive anche l'affettuoso ricordo personale) di non dimenticare l'opera appassionata e competente dei compianti Dott. Franco Dodero, preziosissimo funzionario della Cassa, e del Dott. Giovanni Pesce, presidente del Circolo Numismatico Ligure "Corrado Astengo" e mio indimenticabile Maestro. Sento di poter affermare che senza di loro non saremmo arrivati a far sì che chiunque possa vedere questi tesori, testimoni vivissimi dell'intelligenza e intraprendenza dei nostri lontani predecessori.

L'esposizione permanente è stata temporaneamente trasferita (dal 5 al 27 settembre 1997) presso il "Theater aan het Vrijthof" della città olandese di Maastricht, nell'ambito di manifestazioni culturali volute dalla CARIGE e dal Comune di Genova.
Il compito del trasferimento a Maastricht (e il ritorno a Genova) è stato affidato a tre cortesissimi ed efficientissimi funzionari dell'ufficio relazioni esterne della CARIGE: Dott. Guido, Dott. Cavicchioli e Dott.ssa Fioravanti, oltre che al sottoscritto, incaricato di controllare e anche di collaborare materialmente alla sistemazione delle monete. Presente, per l'espletamento delle pratiche relative alla temporanea esportazione, la Dott.ssa Giuliana Algeri della Sovrintendenza per i beni artistici e storici della Liguria. Alle cerimonie ufficiali hanno partecipato anche il Presidente CARIGE Prof. Fausto Cuocolo e il Dott. Emilio Molinari della stessa, oltre agli assessori dell'amministrazione comunale genovese Prof. Giovanni Meriana e Dott. Alessandro Guala.

Tra le monete esposte, occorre limitarsi ad un accenno ai pezzi più rari e prestigiosi, ricordando che la sempre incombente tirannia dello spazio può spesso costringere a cancellare appellativi come "pezzo raro" o "pezzo rarissimo" che sarebbero i più appropriati per quasi tutti i pezzi della collezione. Chi osservi le monete non potrà non rimanere impressionato dalla quantità di pezzi d'oro ed argento di grandi dimensioni e peso (fino a 6 cm. di diametro e centinaia di grammi di peso), espressione tangibile della ricchezza, anche di ostentazione (e Venezia non fu in questo da meno) che caratterizza la monetazione genovese di quei secoli, cui faremo cenno più avanti.



Primo periodo: Podestà e Capitani del popolo (1139 - 1339)

Occorre però ricordare alcune monetine umili per peso e lega, tuttavia altamente rappresentative di epoche e di avvenimenti storici di grandissima importanza. Proprio una di queste è il denaro, prima moneta battuta dalla neonata zecca di Genova ( sita presso la chiesa di S.Lorenzo) a partire dal 1139 su concessione di Corrado II di Svevia e battuta per ben due secoli, e cioè sino alla fine del governo dei Consoli e dei Capitani del popolo, prima dell'avvento dei Dogi nel 1339. Umile monetina d'argento a basso titolo ( circa 300 millesimi), che porta al diritto il Castello genovese a tre torri e la scritta "IANVA" mentre sul recto vi è la Croce e la scritta "CVNRADI REX".

Di notevole interesse il coevo quartaro, la moneta genovese di più basso nominale (¼ di denaro) ma che è la prima a riprodurre il Grifo, il mitico animale ancora oggi parte integrante dello stemma cittadino.

genovino I tipo 'IANVA'
Foto 1

Le prime coniazioni d'oro (prima metà del 1200) sono presenti con l'ottavino (primo soldo d'oro, peso gr. 0,42) la quartarola suo doppio e col bellissimo, nella sua sobria, inimitabile eleganza, (foto 1) genovino primo tipo (legenda IANVA), il genovino secondo tipo (1252, legenda CIVITAS IANVA) e il terzo tipo di stile più ricercato (1280, legenda IANVA QVAM DEVS PROTEGAT).

Notare le rarissime varianti documenti delle lotte locali tra guelfi e ghibellini, con l'alternanza del leoncino guelfo e dell'aquiletta ghibellina.
Notevoli anche i pezzi d'argento, detti "grossi", base delle normali transazioni commerciali.

Secondo periodo: Dogi a vita (1339 - 1528)

Moltissimi i pezzi che documentano il secondo periodo della monetazione genovese, quello dei Dogi a vita e delle dominazioni straniere (1339-1528).

Sono le monete battute dalle famiglie genovesi (soprattutto Adorno e Campofregoso) che si alternarono al potere con lotte furibonde e con l'alternarsi delle dominazioni straniere (i re di Francia Carlo VI, Carlo VII, Luigi XII e Francesco I) e i Duchi di Milano, i Visconti e gli Sforza, che correvano in soccorso (con evidente tornaconto) della fazione genovese loro favorevole.

Da ricordare, non solo perché le prime dei Dogi, le monete di Simone Boccanegra, specie il genovino d'oro e il grosso d'argento, come pure genovino e grosso a nome di Antoniotto Adorno doge settimo, eletto e deposto nello stesso giorno. Genovino e grosso anche di Leonardo Montaldo doge X, che donò a Genova il "Volto Santo" o "Sacro Mandillo".

ducato di Paolo Campofregoso
Foto 2

Nelle monete emesse durante le già citate dominazioni straniere, rimane ancora bene in evidenza il Castello genovese, (che faceva apprezzare la nostra moneta sugli altri mercati) pur se in presenza del biscione milanese o del gigliato stemma di Francia. Una sola eccezione: lo scudo d'oro battuto nel 1507 da Luigi XII di Francia durissimo nel reprimere la sollevazione di Genova del mese di marzo. La moneta è in tutto simile a quella francese, con in più la scritta "IANVE D.", Signore di Genova. Insolito il genovino (foto 2) battuto da Paolo di Campofregoso (1483-88) che fu Arcivescovo di Genova, Cardinale, Doge, Governatore per il Duca di Milano ed anche, lo si deve dire, disinvolto avventuriero: sopra al Castello campeggia il galero cardinalizio.

Presente anche il "Testone da 20 soldi o lira" battuto da Gian Galeazzo Maria Sforza, Signore di Genova dal 1488 al 1494 - quindi in piena epoca colombiana - che costituisce la prima moneta effettiva da una lira battuta a Genova.

L'avvio della riforma costituzionale voluta da Andrea Doria (1528) è documentato dalle introvabili monete dette del "Governo dei 12 riformatori di libertà" (15 settembre - 11 ottobre) e cioè il soldino e il pezzo da due soldi.

Terzo periodo: Dogi biennali (1528 - 1797)

Dopo il 1528 (istituzione del dogato biennale) si ha un importante cambiamento nel tipo monetale, rimane il Castello e il nome di Re Corrado, ma compare (spesso abbreviata) la scritta "DUX ET GVBERNATORES REIPUBLICAE GENVENSIS". E, importantissimo, compare la data: dal 1541 per l'oro, dal 1554 per l'argento, dal 1556 per la mistura (lega a basso titolo d'argento).

25 doppie col Castello
Foto 3

Notare che poco dopo lo scudo d'oro compare il pezzo da 2 scudi (sempre d'oro) che viene chiamato "doppia". Quindi, lo scudo d'oro da gr. 3,5 diventa la "mezza doppia" e così via per la denominazione degli altri multipli. Possiamo osservare esposti scudi d'oro, testoni d'argento, testoni della benedizione (prima moneta d'argento con la data e con soggetto di tipo veneto) altre monete minori (cavallotti e loro frazioni) e poi, la straordinaria serie degli scudi d'argento e dei meravigliosi multipli d'oro.

Ricordiamo lo scudo d'argento, battuto a partire dal 1567, del valore di 4 lire, diametro di oltre 40 mm., peso circa 38 gr. e le relative frazioni.

Parallela, a partire dallo scudo, la cosiddetta "serie larga" del diametro di circa 60 mm., ma dello stesso peso e lega, e relativi multipli (come il 2 scudi).

Per l'oro, con la comparsa dei multipli di cui si è detto sopra, si arriva fino al pezzo da 25 doppie, che pesa grammi 167,40, con diametro di 60 mm., esemplare con tutta probabilità unico, certo fra le più belle perle della collezione. (foto 3) Anche per l'argento si hanno multipli da scudi 1½, 2 e 4, sempre dello stesso diametro ma con pesi proporzionalmente crescenti.

Nel 1637, dopo quasi 500 anni, l'emblema del Castello viene sostituito dalla rappresentazione della Vergine su nubi, col Santo Bambino e lo scettro. Scompare il nome di Re Corrado, sostituito di regola col motto "ET REGE EOS", tratto dal "Te Deum". Pare che l'Imperatore si fosse molto irritato coi Genovesi per la cancellazione dalle loro monete del nome di Re Corrado ma che l'irritazione sia cessata appena i Genovesi gli fecero pervenire un congruo omaggio in oro.

Si ripete, anzi si amplia con il cambiamento del tipo, la splendida sequenza d'argento costituita da due serie: la cosiddetta serie "stretta" che comprende ottavo, quarto, mezzo scudo e scudo, il quale ha le stesse caratteristiche di dimensioni peso e lega degli scudi col Castello, e la serie "larga", con diametri proporzionalmente superiori per le frazioni (diciassettesimo, ottavo, quarto, e mezzo scudo) e i diametri uguali (6cm) per lo scudo e i multipli (scudo e mezzo, 2 scudi, 3 scudi, 4 scudi) diversi quindi solo per il peso. Mancano solo i praticamente introvabili pezzi da 5, 6 e 10 scudi. Di questo era noto un solo esemplare appartenente alla collezione reale di Vittorio Emanuele ora scomparso: pesava 382,3 grammi!

da 12 ½ doppie con la Madonna
Foto 4

Il cambiamento di soggetto si riflette anche sulle monete d'oro, le quali hanno come unità di peso la "doppia" (gr. 6,66) del peso cioè di 2 scudi d'oro del '500, eredi a loro volta degli antichi genovini.
Ricordiamo il rarissimo pezzo da 12 doppie e mezzo (foto 4) di cui sono noti solo 2 esemplari, oltre a molti pezzi da 10 e 5 doppie, le quadruple, le doppie e la mezza doppia.

A partire dal 1758, molto probabilmente per iniziativa del Banco di San Giorgio, viene emessa una serie di 4 pezzi d'oro, sempre con la Madonna, che ragguagliata al peso, viene considerata nel suo valore in lire, e quindi corrispondente al sistema decimale: dal pezzo da 100 lire (peso gr. 28,13) a quelli da 50, 25 e 12 e mezzo. In esse la Croce del rovescio è sostituita dallo stemma genovese con i grifi. Nella collezione Carige sono presenti oltre la serie completa del 1758, anche altri 4 pezzi (50 e 25 lire) più due prove di dette monete, di evidente estrema rarità.

Tali monete (come del resto alcune altre monete d'argento coniate nel corso del XVII sec.) non sono più battute col vecchio sistema del martello, ma coniate col metodo del torchio o bilanciere, che permette maggiore accuratezza e anche possibilità di bordi ornati o con scritte. Nel 1792 si torna ad emissioni calcolate sui multipli dello scudo da 4 lire, e cioè tagli da 96, 48, 24 e 12 lire con stemmi di due tipi: detti dello stemma vecchio (1792 e 1793) e dello stemma nuovo, appoggiato su mensola e stilisticamente più moderno; queste, emesse dal 1793 al 1797, sono le ultime emissioni con la Madonna.

Non solo appare la Madonna sulle monete genovesi, ma anche i Santi, tanto cari ai genovesi, e cioè S.Giorgio e S.Giovanni Battista. Da notare che nelle monete con la Vergine come in quelle con S.Giorgio e S.Giovanni non viene mai nominato il titolare, ma si ricorre ad una frase ad esso relativa, cioè "Et rege eos" per la Vergine, "Ex probitate robur" per S. Giorgio e "Non surrexit maior" per S. Giovanni Battista. Da alcuni si sostiene che ciò costituisse una devota protezione contro eventuali insulti o sfregi di non credenti nei riguardi del loro santo nome. Anzitutto, va citata la splendida, rarissima serie emessa nel 1666 e costituita da 4 pezzi d'argento fatti battere per conto del Banco di S.Giorgio secondo il taglio dei "reali" spagnoli: da 8 - 4 - 2 reali e 1 reale (diametri da 42 a 25 mm., pesi da 25,2 a 3,3 gr.), con al diritto S.Giorgio a cavallo che trafigge il drago, al rovescio lo stemma con la scritta "Libertas".

Altrettanto splendida la coppia dello zecchino e del mezzo zecchino d'oro, sempre con S.Giorgio (1718-1725). Del mezzo zecchino sono noti tre soli esemplari, compreso quello della Carige. Molto meno rari i due pezzi d'argento, sempre con S. Giorgio, da 24 e 12 soldi (1722-25) e i comuni tagli spiccioli in mistura (argento a titolo molto basso), da 5 soldi (1792) e da 4 soldi (1736-56).

Le monete con S. Giovanni Battista predicante, tutte d'argento compaiono nel 1671, nei tagli da 4, 2 e 1 lira, nonché da 10 e 5 soldi. Al rovescio, stemma genovese a forma di scudo in cartocci, coronato, tra grifi e rami. Tale serie, per i 4 valori maggiori, verrà ripresa poco diversa, nel 1792.
Notevole la coppia dello zecchino d'oro e del ½ zecchino (coniati dal 1724 al 1739) con S.Giovanni.

Nel 1792 compare l'ultima serie con S.Giovanni Battista in due varianti: la prima ha il cosiddetto stemma vecchio già descritto costituita da 8 - 4 e 2 lire (1792 - 93), la seconda comprende anche la lira (1793 - 97), serie diversa specialmente per la più moderna fattura dello stemma con i grifi. Pesi, rispettivamente gr. 33 - 16,6 - 8,2 - 4.

Per concludere sul periodo dei dogi biennali, brevi cenni su altre emissioni a carattere meno continuativo ma non meno interessanti: dalla serie delle cosiddette "Madonnine" (dal 1745 al 1751, intorno cioè ai tempi di Balilla), ai rari "luigini" emessi nel 1668 - 69 come imitazioni per il Levante (lucrando sul più basso titolo in argento) delle analoghe monete francesi. Genova li battè in ben 4 tipi (Giorgino, Gianuino, Giustino e Ligurino) ben presto ritirati dalla circolazione per non sminuire il buon nome e il credito delle monete genovesi. Rarissimo il Ligurino, presente in collezione ancorché mancante di un pezzetto.

Da notare infine il magnifico Tallero per il Levante, moneta d'argento di 41 mm. di diametro e 27,25 gr. di peso, con al rovescio un superbo Grifo con scettro (1677).
Tre esemplari noti, di cui uno in perfetto stato di conservazione, nella collezione Carige. Così pure dicasi per il cosiddetto "Scudo dell'Unione" (o "della stretta di mano" del 1715).

Quarto periodo: Repubblica democratica ligure (1797 - 1805)

Finisce nel 1797 il lungo periodo di governo dei Dogi biennali. In seguito agli avvenimenti connessi con la rivoluzione francese, il 14 gennaio 1798 a Genova viene proclamata la Repubblica Ligure Democratica e si ha la conseguente coniazione di nuove serie di monete. Per la serie d'oro le quattro monete (lire 96 - 48 - 24 - 12) restano invariate come peso lega e dimensioni.

Al diritto, la Vergine viene sostituita dalla Liguria seduta, con lancia e scudo, al rovescio appare un fascio sormontato da berretto frigio e corona d'alloro. Da notare la firma di Gerolamo Vassallo, l'unico nostro incisore la cui firma appare sulle monete genovesi. Così per le monete d'argento (8 - 4 - 2 - 1 lira) firmate anch'esse da Vassallo il cui soggetto è al diritto, lo scudo tra rami d'alloro, con fascio e berretto frigio, mentre il rovescio ci mostra due figure femminili in piedi.

Tutti pezzi presenti nella collezione, oltre al 10 soldi in mistura; chiude la serie l'umile pezzo di rame da tre denari, di non buona conservazione, ingiustamente poco considerato, dal momento che ne sono noti solo due esemplari: quello della Carige e quello della collezione di Vittorio Emanuele III.

Quinto periodo: Impero francese napoleonico (1805 - 1814)

Il 6 giugno 1805 Genova diventa provincia dell'Impero francese di Napoleone I, fino alla sua caduta e alla liberazione (19 aprile 1814). Durante tale periodo sono in corso in Liguria monete francesi. Solo nel 1813 e 1814 la zecca di Genova batte per conto di Parigi monete francesi da 40 e 20 franchi (oro); da 5 e 2 franchi, da 1 e da ½ franco (argento) caratterizzate dalla presenza di una prora di nave al rovescio, in basso a sinistra della data. Presenti in collezione i 40, 20 e 5 franchi.

Esistono (anch'esse a firma Vassallo) rare prove da 100 franchi eseguite nel 1807, recanti al diritto Napoleone, al rovescio l'aquila, in vari metalli (piombo, rame, rame dorato, oro e argento). Nella collezione, due pezzi.

Sesto periodo: Repubblica genovese del 1814

Il 26 aprile 1814 viene nominato il governo provvisorio della rinata Repubblica, il quale provvede subito a far emettere una serie di monete che purtroppo sarà l'ultima: 10 soldi d'argento con S.Giovanni Battista, 4 soldi in mistura con S.Giorgio, 2 soldi in mistura con l'Immacolata, e 4 denari in rame con legenda del valore e della data. Per tutti i tipi, al diritto lo stemma di Genova.

Come è noto, le decisioni del Congresso di Vienna portarono alla cessazione della Repubblica e all'annessione al Regno di Sardegna della Liguria. Si coronava così il plurisecolare sogno dei Savoia, anche se questa realizzazione avveniva per ragioni politiche e non certo in seguito a conquiste militari. La Zecca di Genova continuò l'attività battendo moneta per i Savoia dal 1824 al 1860, ma questo non ci riguarda, almeno in riferimento alle monete propriamente "genovesi". Resta da fare un cenno su altre preziose monete della collezione, sia delle zecche minori liguri sia di Corsica che delle colonie genovesi.

Isola di Corsica

Le monete dell'isola di Corsica sono più precisamente relative ad emissioni locali o indipendentiste.

Un avventuriero tedesco, Teodoro Neuhof, autonominatosi re di Corsica, fece battere nella locale zecca di Orezza nel 1736 alcuni tipi di monete, piuttosto rozze, con le sue iniziali sormontate da corona, difficilmente reperibili; in collezione tagli da 5 soldi, (foto 11) e da soldi 2 e ½. Dal 1762 al 1768 vennero battuti invece, sotto il governo indipendentista di Pasquale Paoli monete in argento da 20 e 10 soldi e monete in mistura da 4 e 2 soldi, da 1 soldo e da 4 denari.
Tutta la serie è presente nella collezione.

Colonie genovesi nel levante

Tralasciando le notizie storico - economiche sugli insediamenti genovesi nel Levante, tanto importanti e gloriosi quanto complicati, ci limiteremo a segnalare qualcuna tra le monete più importanti presenti. Due esemplari dei noti piccoli aspri bilingui battuti (1420 - 26) a Caffa (Crimea) con simboli genovesi e tartari sulla stessa moneta: brillantissima soluzione per facilitare i traffici con i tartari.

Notevoli le monete d'oro (imitazioni come soggetto dei diffusissimi pregiati zecchini d'oro veneziani) per Fogliavecchia (Anatolia) con lo zecchino battuto per Andreolo Cattaneo (1314 - 31) e quello a nome di Giacomo Gattilusio (1376 - 96), oltre a quello battuto per lo stesso a Metelino. Quattro pezzi simili battuti a Chio (o Scio) nel XV secolo per Filippo Maria Visconti allora signore di Genova, per Tomaso di Campofregoso, per Raffaele Adorno e per Pietro di Campofregoso.

Infine il rarissimo zecchino battuto a Pera o Galata, quartiere di Costantinopoli, per Tomaso di Campofregoso.

Zecche minori di Liguria

Ultimo affascinante capitolo delle monete liguri. Zecche minori sia perché non relative al capoluogo (come Savona per esempio), oche coniarono monete per conto di signori feudali, i quali quasi sempre per ragioni di prestigio, ottenevano dall'Imperatore (naturalmente previo compenso in metalli preziosi, come del resto accadde per Genova e Savona) il "privilegio" di battere moneta propria.

Savona ottenne il diritto di battere moneta da Ludovico il Bavaro (1350) e continuò fino al triste episodio della conquista genovese (1528). Monete sempre rare, fra cui troviamo in collezione il fiorino d'oro (1350 - 96) imitazione della celebre moneta fiorentina, ma con la scritta "Moneta Saone", il "cavallotto" (con personaggio a cavallo) battuto per conto di Francesco I di Francia (1515 - 28) (foto 13) più alcune "petachine", monete da ½ soldo a nome di Spinetta da Campofregoso, Ludovico XII di Francia e Francesco I. Tutte rare, come non comuni gli spiccioli quasi tutti con l'aquiletta imperiale.

Nizza è presente con il rarissimo testone d'argento, unico esempio di moneta ossidionale ligure del 1546.

Un cenno, purtroppo breve, per le altre zecche liguri di tipo feudale le cui monete sono presenti nella collezione.

Loano, feudo dei Doria. A nome di Giovanni Andrea I (1560 - 1606), ecco presente il celebre "scudo della galera" del 1600 (foto 5).

scudo della galera
Foto 5

Monaco, con lo scudo, anch'esso d'argento, di Onorato II Grimaldi (1604 - 1662), battuto nel 1653.

Ronco, con monete che vanno dal magnifico scudo (1669) di Napoleone Spinola e alla sua frazione da ¼ di scudo, oltre al raro "luigino" del 1669, ed anche i pezzi di Carlo Spinola (1669) da ½ e ¼ di scudo.

Seborga, il feudo benedettino dei monaci Lerinensi sulle alture dell'estremo entroterra di ponente, col rarissimo "luigino" del 1669.

Torriglia, marchesato dei principi Doria, con uno dei noti e rari "luigini" (per noi genovesi "torriglini") battuto per conto della Marchesa Violante Doria Lomellini nel 1665.

Campi (in Valtrebbia), feudo degli Spinola, con monete di Gherardo Spinola (1681 - 1697), presenti con ¼ di scudo 1/6 di scudo e un "luigino".

Tassarolo, feudo anch'esso degli Spinola: di Agostino Spinola, Conte Palatino la quartarola d'oro (1604), il ducato d'oro (1614), oltre lo scudo, ½ scudo, ¼ di scudo e l'"ongaro" d'oro (così detto per la sua origine mitteleuropea). Di Filippo Spinola ricordiamo la quadrupla d'oro del 1645, l'ongaro, lo scudo d'argento (1640), e gli assolutamente introvabili pezzi d'argento detti Tallero e ½ Tallero per le Fiandre.

Vergagni, piccolo borgo della Val Borbera anch'esso feudo degli Spinola, col "luigino" a nome di Giovanni Battista.

Chiudiamo con l'accenno a quattro pezzi "fuori tema" ma non di meno di grande rarità: battuti a Roma da Giovanni Battista Spinola Cardinale Camerlengo, durante la Sede Vacante del 1700: scudo d'oro, scudo d'argento , testone e giulio, sempre d'argento.

Sia concesso in chiusura un pensiero personale di chi scrive: un collezionista appassionato ma equilibrato non deve provare invidia per pezzi che non sono suoi, bensì essere contento di ammirarli dal vero. In questo caso, però, mantenere l'equilibrio di cui sopra è parecchio difficile.

 


Ultimo aggiornamento Nov.2000

Home