LA TRIPLICE ALLEANZA

Stipulata nel 1882 e rinnovata nel 1887, con alcune clausole favorevoli all'Italia, nel caso di una modificazione dello "status quo" britannico.



La LL. MM. (*) l'Imperatore d'Austria, Re di Boemia, ecc., e Re Apostolico d'Ungheria, l'Imperatore di Germania, Re di Prussia e il Re d'Italia, animati dal desiderio di accrescere le garanzie della pace generale, di rafforzare il principio monarchico e di assicurare con ciò stesso il mantenimento intatto dell'ordine sociale e politico nei loro rispettivi stati, si sono accordati di concludere un trattato che, per la sua natura essenzialmente conservatrice e difensiva, non persegue che lo scopo di premunirli contro i pericoli che potrebbero minacciare la sicurezza dei loro Stati e la pace dell'Europa...

    Art. I. Le alte parti contraenti si promettono reciprocamente pace ed amicizia, e non entreranno in nessuna alleanza od impegno diretto contro uno dei loro Stati.
    Esse s'impegneranno a procedere ad uno cambio di idee sulle questioni politiche ed economiche di carattere generale che potessero presentarsi, e si promettono inoltre il loro mutuo appoggio nel limite dei propri interessi.

    Art. II. Nel caso che l'Italia, senza provocazione diretta da parte sua, fosse per qualsiasi motivo attaccata dalla Francia, le due parti contraenti saranno tenute a prestare alla parte attaccata aiuto e assistenza con tutte le loro forze.
    Questo stesso obbligo incomberà all'Italia nel caso di una aggressione non direttamente provocata dalla Francia contro la Germania.

    Art. III. Se una o due delle due alte parti contraenti, senza provocazione diretta da parte loro, venissero ad essere attaccate e a trovarsi impegnate in una guerra con due o più grandi potenze non firmatarie del presente trattato, il "casus foederis" (**) si presenterà simultaneamente per tutte le alte parti contraenti.

    Art. IV. Nel caso che una grande potenza non firmataria del presente trattato minacciasse la sicurezza degli Stati di una delle alte parti contraenti e la parte minacciata si vedesse perciò obbligata a farle la guerra, le due altre si obbligano ad osservare verso il loro alleato una benevola neutralità. Ciascuna di esse in questo caso si riserva la facoltà di prendere parte alla guerra, se lo giudicherà opportuno, per fare causa comune con il suo alleato.

    Art. V. Se la pace di una delle alte parti contraenti venisse ad essere minacciata nelle circostanze previste dagli articoli precedenti, le alte parti contraenti si concerteranno in tempo utile sulle misure militari da prendere in vista di una eventuale cooperazione.
    Esse s'impegnano fin da ora, in tutti i casi di partecipazione comune ad una guerra, a non concludere né armistizio né pace né trattato, se non di comune accordo fra di loro.

    Art. VI. Le alte parti contraenti si promettono reciprocamente il segreto sul contenuto e sull'esistenza del presente trattato.

    Art. VII. Il presente trattato resterà in vigore per lo spazio di cinque anni, a partire dal giorno dello scambio delle ratifiche.

    Art. VIII. Le ratifiche del presente trattato saranno scambiare a Vienna entro un termine di tre settimane o poco prima se possibile.


(*) LL. MM.: Loro Maestà.
(**) casus foederis: (dal latino "caso di alleanza"), evento previsto in un trattato di alleanza tra due o più stati al cui verificarsi gli uni dovranno prestare agli altri l'aiuto pattuito.



Anche se il contento di massima dei trattati della Triplice e Duplice (franco-russa) Alleanza, era largamente noto, i loro testi erano destinati a restare rigorosamente segreti: furono infatti pubblicati solo dopo la prima guerra mondiale, in seguito alla decisione del governo rivoluzionario russo di render noti i trattati della Triplice e Duplice alleanza in loro possesso per meglio denunciare la natura "imperialistica" della politica internazionale delle grandi potenze.

L'articolo VII riporta la clausola della quinquennalità del trattato, ma firme successive prorogarono la validità dell'accordo fino al 4 maggio 1915 quando il patto fu infranto da parte dell'Italia che tradì il trattato giustificandosi con l'impronta esclusivamente difensivista dello stesso, sostenendo cioè che l'Austria, "aggredendo" la Serbia, ha fatto cadere i presupposti per la validità dell'intesa.
In realtà l'Articolo IV parla chiaro: "Nel caso che una grande potenza non firmataria del presente trattato" (la Russia) "minacciasse la sicurezza degli Stati di una delle alte parti contraenti" (l'Austria) "e la parte minacciata si vedesse perciò obbligata a farle la guerra," (lotta al terrorismo panslavo della Serbia, diretta alleata della Russia) " le due altre si obbligano ad osservare verso il loro alleato una benevola neutralità. Ciascuna di esse in questo caso si riserva la facoltà di prendere parte alla guerra, se lo giudicherà opportuno, per fare causa comune con il suo alleato."
L'Italia aveva dunque garantito la neutralità e non la pugnalata alle spalle. Perché una cosa è poter non intervenire in difesa dell'Austria, un'altra è attaccarla approfittando dell'impegno asburgico sul fronte russo, entrato in guerra col pretesto della difesa della storica alleata serba.
La dichiarazione di guerra dell'Italia andò contro anche all'Articolo I che definiva espressamente l'impegno a "non entrare in nessuna alleanza od impegno diretto" contro uno degli alleati.

Considerata la prima parte del trattato, quella relativa al "desiderio di accrescere le garanzie della pace generale" e mantenere "intatto l'ordine sociale e politico nei loro rispettivi stati", a nulla servì la promessa di Francesco Giuseppe di "regalare" al re d'Italia gran parte del Trentino in cambio della sua neutralità, che sarebbe già dovuta essere garantita con questo trattato ufficiale diventato invece carta straccia. Il governo italiano preferì spedire al fronte incontro alla morte centinaia di migliaia di italiani, spesso non ancora ragazzi. Gli stessi ragazzi che oggi omaggia ogni 4 novembre non rendendo chiaro il perché; se per ringraziarli di esser stati il braccio esecutivo di un tradimento voluto dall'alto, o per scusarsi con un mea culpa ritenendosi, lo Stato Italiano, responsabile della loro drammatica quanto inutile morte, sicuramente più dei soldati austriaci esecutori materiali e loro stessi vittime di una guerra orribile che col buon senso si sarebbe potuta scongiurare.

m."m".d.







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