D.Goleman

Intelligenza emotiva 

BUR Saggi, Milano 1999

 

Si tratta di un saggio che dovrebbero leggere tutti gli insegnanti, lo consiglio perché, attraverso una trattazione non particolarmente complessa, aiuta a capire l’importanza delle emozioni e della corretta impostazione delle relazioni interpersonali.

Goleman parte dal fatto che ogni giorno le notizie provenienti dalla cronaca mettono in evidenza la disintegrazione della civiltà e l’incremento degli impulsi spregevoli che sfuggono ad ogni controllo. Ne consegue la constatazione che sono le emozioni che cominciano ad essere fuori da ogni controllo.

Il Q.i. (quoziente intellettuale) non è un dato genetico immodificabile dall’esperienza.

Da ciò derivano i seguenti quesiti:

  •  Che cosa possiamo cambiare per aiutare i nostri figli a vivere meglio?

  • Quali fattori sono in gioco quando persone con Q.i. elevato falliscono e quelle con Q.i. modesto danno prestazioni sorprendenti?

La differenza sta nell’intelligenza emotiva, un termine che include autocontrollo, entusiasmo, perseveranza e capacità di automotivarsi.

Queste capacità possono essere insegnate ai bambini mettendoli nelle migliori condizioni per far fruttare qualunque talento intellettuale la genetica abbia dato loro.

L’importanza dell’intelligenza emotiva si impernia sul legame tra sentimento, carattere ed istinti morali. L’impulso è un mezzo dell’emozione: chi è alla mercè dell’impulso, chi manca di autocontrollo è affetto da una carenza morale, difatti la capacità di controllare gli impulsi è alla base della volontà e del carattere. Per lo stesso motivo, la radice dell’altruismo sta nell’empatia, ossia nella capacità di leggere le emozioni degli altri; senza la percezione delle esigenze e della disperazione altrui, non può esserci preoccupazione per gli altri.

L’intelligenza emotiva comprende dunque:

-  la capacità di tenere a freno un impulso;

-  leggere i sentimenti più intimi di un altro;

-  gestire senza scosse le relazioni con gli altri.

L’eredità genetica ci ha dotato di una serie di talenti emozionali che determinano il nostro temperamento, ma i circuiti cerebrali interessati, sono straordinariamente plastici: il temperamento non è un destino. Gli insegnamenti emozionali che si apprendono da bambini a casa e a scuola plasmano i nostri circuiti emozionali rendendoci più o meno abili nella gestione degli elementi fondamentali dell’intelligenza emotiva.

Il rendimento scolastico e la riuscita nella vita e nell’attività lavorativa non sono direttamente proporzionali al Q.i. La grande differenza sta, invece, nelle abilità maturate durante l’infanzia, ad esempio la capacità di superare la frustrazione, controllare le emozioni ed andare d’accordo con gli altri.

Quindi, una persona che è stata uno studente modello rappresenta solo il modello di chi era abile nelle prestazioni scolastiche. Ciò non può dire nulla sul modo in cui reagirà alle vicissitudini della vita.

Il problema è proprio questo, l’intelligenza accademica non offre alcuna preparazione per superare i travagli e cogliere le opportunità che la vita porta con sé. Le scuole, però, si fissano sulle capacità accademiche ignorando l’intelligenza emotiva.

L’attitudine emozionale è una meta - abilità in quanto determina quanto bene riusciamo a servirci delle nostre altre capacità, incluse quelle puramente intellettuali.

Anche se nella vita ci sono molte strade per avere successo, gli individui con capacità emozionali ben sviluppate hanno anche maggiori possibilità di essere contenti ed efficaci nella vita, essendo in grado di adottare gli atteggiamenti mentali che alimentano la produttività; coloro che non riescono ad esercitare un certo controllo sulla propria vita emotiva combattono battaglie interiori che finiscono per sabotare la loro capacità di concentrarsi sul lavoro e di pensare lucidamente.

 

L’autore continua con interessanti argomentazioni sui diversi tipi di intelligenza. Prende in esame innanzitutto gli studi condotti da Howard Gardner, contestandogli il fatto di non aver studiato a fondo il ruolo del sentimento nelle sette tipologie di intelligenza da lui identificate, nonché di non aver considerato la possibilità che l’intelligenza sia presente nelle emozioni e che venga portata in esse.

Segnalo, perché particolarmente interessanti i capitoli che affrontano: