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DALLO SPROFONDO AL SONNO ETERNO

Grecia_marzo_2010.jpg
LA FARLOCCA ISTAT HA AGGIORNATO IL DATO DEL PIL ITALIOTA AL DICEMBRE 2009: DA - 4,8% A - 5,1%. UN CROLLO EPOCALE CHE CI RIPORTA AL 1971 SOLO PERCHE' E' DA QUELL'ANNO CHE INIZIANO LE SERIE STORICHE, ALTRIMENTI IL GRAN BALZO ALL'INDIETRO PROBABILMENTE CI RIPORTA AL SECONDO DOPOGUERRA. Nel mese di gennaio 2010 il debito pubblico è aumentato di 26,7 miliardi di euro. Quasi un miliardo al giorno. Tremorti non si ferma più, è in caduta libera. Dopo una breve sosta nel mese di dicembre 2009, il debito pubblico sta accelerando. Con questo ritmo a fine anno avremo 320,4 miliardi in più. Il 10 marzo 2010 il parlamento italiota approvava un emendamento per l'aumento a 78 SETTIMANE DELLA CASSA INTEGRAZIONE ( E QUESTO PERCHE' SECONDO TESTA D'ASFALTO LA CRISI E' PASSATA), EMENDAMENTO A SUA VOLTA EMENDATO DAL GOVERNO CHE HA POSTO PARERE NEGATIVO. ( VEDI ARTICOLO) In realtà il parere negativo è soprattutto della ragioneria di Stato, in QUANTO SEMPLICEMENTE NON CI SONO PIU' SOLDI. IN BUROCRATICHESE QUESTA E' STATA LA MOTIVAZIONE: "La misura che punta all'allungamento della Cassa integrazione ordinaria produce un ''effetto dicotomico che, in modo rigido e generalizzato per i settori interessati, potenzia tutele già esistenti'' e sottrae invece ''risorse'' che possono servire a garantire i ''lavoratori dei settori e/o tipologie di imprese (piccole e medie) che non possono pienamente usufruire degli ammortizzatori ordinari''. Sfonderemo i DUEMILA miliardi, arriveremo a 2.081,5 miliardi. Accumulare in un solo mese circa cinquantunomila miliardi di vecchie lire di debito è una cifra pazzesca, fuori dalla comprensione umana, da non credere. Nel 2010 l'interesse sul debito aumenterà, più debito, più interessi. più default per tutti. Più elicotteri per qualcuno. In Italia il costo della vita è sempre più alto. I Mondiali di ciclismo del 2008 (su cui indaga la Procura) sono costati OTTO volte di più di quelli svizzeri dell'anno dopo. E' l'effetto della Bertolaso Tax, o forse non sapevate che la Protezione Civile organizza anche le gare in bicicletta?
"A cosa serve Expo2015? Ehhhhh, caro Grillo, é un "grande evento" da non perdere! :-) Proprio ieri qui a Lugano é stato reso noto il consuntivo relativo ai
mondiali di ciclismo 2009 a Mendrisio. Ebbene sono stati spesi circa 8.8 milioni di euro e si é chiuso in pareggio! Ai mondiali di ciclismo di Varese nel 2008 di milioni di euro ne sono stati spesi ...... 71.4! Come mai quelli organizzati in Italia son costati ben 8 volte tanto? Ahhhh ecco, anche quello é stato considerato un "grande evento" dal governo e quindi se ne é occupata la Protezione Civile!". Una Protezione Civile drogata, senatori eletti con voti farlocchi che facevano creste immonde sull'evasione fiscale di società telefoniche coinvolte in pesantissimi scandali di dossieraggio illegale, una nazione che frana con la pioggia e la neve grazie alla speculazione edilizia senza freni resa scomposta con IL PIANO CASA DI TESTA D'ASFALTO, completamente storditi da una informazione
INESISTENTE:Minzolini in dolce colloquio con Berlusconi? Dov’è la novità? Un consigliere dell’Agcom consigliato dal presidente del Consiglio di cancellare “Anno Zero”? E allora? Non c’è bisogno di prove per sapere che le televisioni (pubbliche e private) sono controllate e i direttori sono burattini nelle mani dei politici. Berlusconi è solo più sfacciato, più coglione (lo intercettano da 30 anni e ci casca sempre), più protervo, più abituato a mentire e a far mentire. Televisioni e giornali sono farciti di direttorissimi, di Umilio Fede e di Minchiolini e di Vespasiani. E’ una galleria della lingua felpata, delle notizie scomparse, del palinsesto alla carta con pietanze indigeribili.
Le voci del padrone sono ormai un coro indistinguibile, tutte uguali nella prostituzione della verità. E i peggiori sono quelli meno evidenti, con i cappotti di cammello e la cravatta con il nodo alla Nuvoletti. I tappetini rossi alla De Bortoli della notizia non data e gli stuoini alla Fabio Fazio senza seconda domanda. Gli Scalfari che difendono le aberrazioni costituzionali di Napolitano e i minorati mentali della politica come Veltroni, e i Riotta che premiano motu proprio, ma a nome de Il Sole 24 Ore, Tremorti economista dell’anno. Minzolini è innocuo, non gli crederebbe neppure Gasparri, avrebbe dei dubbi persino Giovanardi. E' a prova di casalinga di Voghera. Ha la faccia da “
Natural Born Killer” del telegiornale. E’ un appuntamento serale della stronzata, aiuta la digestione meglio del confetto Falqui, con lui basta la parola (la sua) per mandarlo a cagare. Togliere Minzolini dallo schermo per ritrovarci Belpietro o Giordano, Feltri o Rossella? Perché accontentarci di sostituti, di portavoce, di ballerini di seconda fila? Berlusconi può tranquillamente sostituire Minzolini, il tempo che passa al telefono con lui lo può dedicare ai telespettatori. Sul Tg2 per par condicio Fini in prima e seconda serata. Per il Tg3, a turno, una sera Bersani e una D’Alema, che in sostanza sono la stessa cosa.
L’informazione di regime si è evoluta in un regime di informazione. Il nulla per esistere ha bisogno dei direttorissimi e di un numero considerevole di coglioni. In Italia non ci facciamo mancare nessuno dei due.

IL GRAN BALZO ALLO SPROFONDO DEL LABORATORIO PUGLIA

Puglia, con la sfida Vendola-Palese qui è finita la seconda Repubblica

Il governatore pugliese SUBCOMANDANTE ZAPATISTA Nichi Vendola

BARI - Nel laboratorio Puglia si vede oggi quello che forse domani sarà la POLTIGLIA italiana. Qui la seconda repubblica è finita il 24 gennaio scorso. Era la notte delle primarie. Con la vittoria di Vendola IL FENOMENO, CAPACE DI DISTRUGGERE L'UNICO SEGGIO COMUNISTA IN PARLAMENTO, e la nomina di Rocco Palese a sfidante, in poche ore è crollata a sinistra l'egemonia di D'Alema e a destra è cominciato il dopo Berlusconi CON IL DUO FITTO/CITO. Fuori gioco il Padrone e lo Stratega DELLE MILLE SCONFITTE NONCHE' MIGLIOR ALLEATO DEL PADRONE, senza i quali in Puglia, ancor più che nel resto d'Italia, non si muoveva foglia da quindici anni, che cosa è rimasto sul campo? Una nuova sinistra di PSEUDO guerriglieri mediatici OCCUPATORI DEL CAVO CATODICO, una vecchia destra di notabili poco telegenici, un centro né nuovo né vecchio a fare da ago della bilancia PERCHE' LORO "CENTRANO" IN UN GABINETTO SEMPRE. Sullo sfondo, un intreccio di affari,LA PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA, scandali, VENDOLA INQUISITO PER TRUFFA NEL SETTORE DELLA SANITA' PUGLIESE,e regolamenti di conti fra potentati economici TRA CUI SPICCANO FITTO E CITO. E il paradosso di una regione da sempre di destra che rischia di finire per la seconda volta nelle mani del più ROSA dei governatori.

"In Puglia almeno abbiamo presentato le liste, peccato non il candidato" dicono che ripeta Berlusconi. Questo Rocco Palese, ombroso braccio destro del ministro Raffaele Fitto, questo candidato in grisaglia, noiosamente onesto e antitelevisivo, al premier non è mai andato giù. "Rocco chi?!" aveva urlato in faccia a Fitto, durante un consiglio dei ministri. "Palese, come l'aeroporto" aveva sussurrato l'altro. "Ah, così la gente se lo ricorda" s'era calmato il Cavaliere. Ma pochi giorni dopo, con i manifesti "Palese presidente" già stampati GRAZIE AI CONTRIBUTI STATALI ETERNI, il premier era tornato alla carica, aveva convocato Fitto e i maggiorenti del partito per dire che "con questo Rocco, come si chiama?, non andiamo da nessuna parte. Per vincere dobbiamo allearci con Casini e appoggiare la Poli Bortone". Ma Fitto si oppose al punto di minacciare una scissione, cosi' come gia' accaduto in Sicilia con Lombardo che governa con l'appoggio esterno del PD, e Berlusconi, per la prima volta, fece lui un passo indietro.

E' partita così la strana sfida fra il Ragioniere e il Poeta, secondo la reciproca definizione. Dove il Ragioniere sta per Palese e il Poeta allude naturalmente a Vendola, il "poeta di Terlizzi", e ad altro. Come si evince dalla greve traduzione del terzo incomodo, Adriana Poli Bortone: "Vuoi vedere che fra un ragioniere e un diverso, stavolta ai pugliesi può piacere una donna?". Tanto per dire del livello.

Il duello fra Vendola e Palese è lo spettacolare rovesciamento degli stilemi che hanno dominato la seconda repubblica. E' la sinistra che detta l'agenda e si diverte, sfrutta l'abilità mediatica, ricorre al populismo, inventa una trovata dopo l'altra, ribalta le accuse in punti di forza. La destra irride al Poeta di Terlizzi? E Vendola risponde con una campagna fatta di slogan, una ventina, tutti in rima baciata. "Si tratta di far mancare il terreno sotto i piedi alla propaganda avversaria" spiega Giovanni Sasso, capo dei trentenni creativi dell'agenzia ProForma, che cura la campagna di Vendola. Lo stesso che ha inventato gli slogan poetici, le videolettere e l'esilarante "mago pidiello" che spopola da settimane su Youtube. UNA PACCOTTIGLIA DI CAZZATE SOPRA CUI la destra è costretta a inseguire, a dire "anche noi siamo contrari al nucleare", "anche noi non vogliamo la privatizzazione dell'Acquedotto pugliese". "Ma l'avete detto a Berlusconi, a Fitto e al governo?" è la facile replica di Vendola.

Quando si va sul territorio, come si dice, sembra di assistere al confronto non fra candidati, ma fra epoche storiche. Incrocio la campagna di Vendola e Palese per la prima volta a Taranto, la più cinica e indolente piazza politica d'Italia, un coacervo a metà tra eredità borbonica e cattedrali industriali sorte a furia di fiumare di danaro pubblico sperperato. L'arrivo del ciclone Nichi è una scarica d'adrenalina, si bloccano le strade del centro nuovo e perfino della città antica, che è un deserto di palazzacci disabitati, percorsi ormai soltanto da bande di spacciatori. Il governatore stringe centinaia di mani, più che un comunista sembra un senatore dell'Illinois. Nelle stesse ore la convention di Palese si svolge nel lussuosissimo Hotel Histò a Mare Piccolo, in un salone dove si raccoglie la vecchia nomenclatura cittadina, ampie nuche democristiane avvizzite, età media sulla sessantina/settantina NON SOLO NELLA MORFOLOGIA MA ANCHE NELLA TESTA. Al tavolo di presidenza spicca la pittoresca figura di Giancarlo Cito, ex sindaco e senatore, condannato per mafia, il proto Berlusconi di Taranto che già negli Ottanta faceva politica con le tv e le squadre di proprietà. E a Palese fa pure la lezione: "Ricordati che la battaglia politica si vince sui media".

Scene simili a Foggia, a Barletta, a Brindisi. Nel Salento, dove la macchina del Pd è ancora nelle salde mani di Baffino, i dalemiani sfottono: "Stasera parla Vendola in piazza, portatevi i fazzoletti". Ma poi le piazze sono piene e la gente piange davvero. Ironizzano pure i berlusconiani sul loro candidato: "Stasera c'è Palese, portate le calcolatrici". E alla sera, al centro congressi, la gente sbadiglia di fronte all'alluvione di cifre da ordinanza regionale, "di cui al comma...".

Il maggior vanto e merito di Palese sta proprio nell'opposizione testarda, meticolosa, da ragioniere secchione ma galantuomo, che ha guidato per cinque anni in consiglio regionale. Non senza ragione, viste le inchieste della magistratura. Il guaio è che la vena moralizzatrice della destra si è fermata al nome del candidato presidente e all'epurazione delle escort, tornate a popolare le notti di corso Vittorio. Per il resto le liste pulite qui non sono pervenute. A destra spicca il nome di Tato Greco, genero dei Matarrese, socio e amicissimo di Giampaolo Tarantini, già sponsor di Patrizia D'Addario. Per proseguire con Francesco Pistilli, ex sindaco di Acquaviva, condannato l'anno scorso per corruzione. Anche la Poli Bortone vanta in lista nientemeno che il ripescaggio di Cosimo Mele, l'ex deputato Udc sorpreso il 27 luglio 2007, in un albergo di via Veneto, nel mezzo di un'orgia a base di cocaina con un paio di prostitute. Oggi è in giro per le parrocchie del brindisino a spiegare il valore della famiglia, MA D'ALTRA PARTE L'UDC E' ANCHE DI CUFFARO APPENA CONDANNATO IN APPELLO PER CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA.

Nel centrosinistra ha fatto discutere, per opposti motivi, la candidatura a capolista dell'Idv di Lorenzo Nicastro, magistrato titolare per nove anni delle inchieste su Fitto e Angelucci. Attaccato dalla destra come "evidente caso di barbara commistione fra politica e giustizia". Difeso a spada tratta da Di Pietro, meno dal Pd e da Vendola, quasi per niente dall'Associazione nazionale dei magistrati. La civile idea che non si debbano candidare in lista delinquenti, corrotti e inquisiti, ma neppure i magistrati che li hanno indagati fino al giorno prima, pare minoritaria anche nei laboratori della Terza Repubblica. "Come sembrano minoritari i problemi concreti" obietta Alessandro Laterza, presidente degli industriali baresi. "In fondo si parla molto della personalità dei candidati, di chi c'è e di chi manca nelle liste. Ma che cosa vogliono fare nella sanità, che rappresenta l'80 per cento del bilancio regionale e il 90 per cento degli scandali, nessuno l'ha ancora ben chiarito. E alla prossima puntata Vendola non potrà più dire che alla sanità ha dovuto accettare l'assessore voluto da D'Alema. Stesso discorso per i miliardi dei fondi europei, gli ultimi, l'ultima occasione per rilanciare l'economia della regione".

Sono tutti d'accordo nel dire che la battaglia fra il rock Vendola e il lento Palese si deciderà nel Salento, dove Poli Bortone rischia di togliere molti voti al centrodestra, e soprattutto a Bari. Qui Vendola e il sindaco Michele Emiliano hanno siglato sabato scorso una spettacolare pace, dopo mesi di conflitti. Si vocifera di un accordo già trovato fra i due per fare in modo che sia Emiliano il successore di Vendola, in caso di vittoria. Fra cinque anni o forse molto prima. Dipende da quando finirà la seconda repubblica anche nel resto d'Italia. 

 

Trani: Berlusconi, Innocenzi e Minzolini indagati
"Pressioni su Tg1 e Agcom, concussione"

BARI - Silvio Berlusconi, il membro dell'Agcom Giancarlo Innocenzi e il direttore del Tg1 Augusto Minzolini sono indagati per concussione dalla procura di Trani, l'inchiesta è nelle mani del sostituto procuratore Michele Ruggiero. Le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza. I magistrati della Procura non hanno voluto commentare la notizia: "Oggi e domani non diciamo nulla, è inutile fare domande". In serata fonti vicine alle indagini hanno confermato che si tratta di concussione. Non confermata né smentita l'iscrizione dei tre nel registro degli indagati.

Il retroscena. Il premier voleva mettere il bavaglio ad Annozero. Lo scrive oggi in prima pagina il Fatto quotidiano, citando l'inchiesta, durante la quale - in maniera del tutto casuale - sarebbero state intercettate le telefonate che dimostrerebbero le pressioni e gli interventi di Berlusconi contro la trasmissione di Santoro. 

Nelle intercettazioni che risalirebbero a circa tre mesi fa, legate a un'inchiesta su carte di credito e tassi di usura, si leggono, a margine del fascicolo, i nomi di Berlusconi, Giancarlo Innocenzi (membro dell'Agcom) e del direttore del Tg1 Augusto Minzolini. Tutti, secondo il Fatto, discutono della tv pubblica e dei suoi talk show. "La procura - scrive il giornale - ascolta in diretta le pressioni e le lamentele del premier per Annozero. Rivolte al membro dell'Agcom Giancarlo Innocenzi". Con inviti molto espliciti a chiudere il programma. In un'altra di queste telefonate il presidente del Consiglio si lamenta della presenza del direttore di
Repubblica Ezio Mauro e di Eugenio Scalfari in un'altra trasmissione da lui odiata

, Parla con me, condotta da Serena Dandini.

Innocenzi avrebbe rassicurato il premier sulla "soluzione" del problema. E visto che per agire contro Annozero l'Agcom deve ricevere degli esposti, lo stesso Innocenzi si sarebbe detto disponibile a mobilitare alcuni suoi funzionari come consulenti sulla materia. Altrettanto clamorose le telefonate di Innocenzi al dg della Rai, Mauro Masi, in cui lamenta le continue pressioni del premier: "Nemmeno nello Zimbabw , è il commento del direttore generale. Secondo l'ipotesi accusatoria in fase di verifica, dalle intercettazioni compiute sui telefoni di alcune delle persone coinvolte nell'indagine, emerge che il reato ipotizzabile è proprio quello inerente la condotta del pubblico ufficiale che abusa della sua qualità o dei suoi poteri per costringere o indurre qualcuno a dare a lui o ad altri utilità.

Chiama Minzolini "Direttorissimo". Disponibilie a venire incontro alle esigenze del capo del governo, sulla base delle rivelazioni del Fatto, è il direttore del Tg1 Augusto Minzolini, che Berlusconi chiama "direttorissimo", e che si sarebbe detto pronto a intervenire, ad esempio, sul caso Spatuzza: e infatti il giorno dopo in tv arriva il suo editoriale, in cui definisce "bugie" le parole del pentito di mafia.

Le reazioni. "L'Agcom è un'autorità indipendente e autonoma che non ha mai esercitato censura preventiva - dichiara il presidente Corrado Calabrò - Noi parliamo attraverso i propri atti e questi atti dimostrano inequivocabilmente la sua indipendenza e autonomia di giudizio".

Si chiama fuori anche Minzolini: "Non so di cosa si parla, non ho ricevuto nesssun avviso di garanzia e quale è il reato? Berlusconi mi avrà telefonato due o tre volte, non di più e comunque quanto Casini e gli altri. Siamo alla follia, credo di essere la persona più cristallina del mondo, quello che penso lo dico in tv".  "Tutto questo è demenziale, insulso, è un'intimidazione, ma non funziona assolutamente. Di fronte a una cosa del genere io vado ancora più dritto - continua il direttore del Tg1 Augusto Minzolini - Poi io con Santoro non c'entro nulla, faccio un'altra cosa, sono da un'altra parte".

Si difende con veemenza anche Giancarlo Innocenzi che annuncia querele e contesta "le illazioni" sottolineando "l'assoluta inconsistenza delle intercettazioni e l'illiceità della loro pubblicazione".

 

Il Cavaliere teme la Caporetto del Pdl
"Dobbiamo evitare il nove a quattro"

ROMA - La sirena a palazzo Grazioli ha iniziato a suonare dopo gli ultimi sondaggi: il rischio che le regionali possano essere una Caporetto per il Pdl a questo punto è più che concreto. A meno di una sterzata, come quella che appunto sta cercando di imprimere il Cavaliere alzando i toni dello scontro, a fine marzo il tabellone segnerà soltanto 4 regioni alla maggioranza contro 9 all'opposizione.

A dispetto del pronostico di Ignazio La Russa - "sarà un successo se raddoppiamo le regioni da noi governate, passando da due a quattro" - per il premier sarà un disastro se le bandierine blu si pianteranno solo in Lombardia, Veneto, Calabria e Campania. Ma un problema più grande - come una sconfitta di questa portata a metà mandato - se ne tira dietro un altro non meno gravido di conseguenze: l'arretramento del Pdl a favore della Lega. I bollettini che arrivano a via dell'Umiltà sono da giorni sempre gli stessi: "I sondaggi - rivela un ministro - stanno dimostrando che la vicenda delle liste porta a un significativo travaso dal Pdl alla Lega". In Veneto ci sarebbero addirittura una decina di punti di distacco, con la Lega vicina al 35% e il Pdl al 26%. Il Carroccio sfonda poi nelle regioni rosse, mentre in Piemonte sono 2 i punti che sottrae al Pdl. E quello che non fa la Lega lo fa l'astensione, che sembra colpire di più gli elettori di Berlusconi. Incontrando due sera fa a cena alcuni senatori, dopo aver spento la televisione al terzo goal del Manchester United contro il suo Milan ("basta, mi fa solo incazzare"), il premier ha confessato che finora il Pdl "ha perso 4 punti a livello nazionale".



Reagire è quindi l'imperativo, invertire la rotta prima che i dati si consolidino. Il Cavaliere lo fa a modo suo, caricando la campagna con accuse ai giudici e all'opposizione "sovietica" e, di fatto, sostituendo se stesso ai candidati governatori. Ci vorrebbe qualche provvedimento da spendersi in campagna elettorale, ma Giulio Tremonti resta una sfinge. Tanto che ieri mattina, sedendosi al grande tavolo del ministero dell'Economia insieme a "Giulio", il premier l'ha fulminato con il sorriso sulle labbra: "L'ampiezza di questo tavolo è l'emblema della distanza che c'è tra il tuo ministero e il Paese".

Dunque occorre una mobilitazione generale. "Non potrò andare dappertutto - ha spiegato ai senatori - ma cercherò di fare molte conference call. Il problema è la sicurezza: dovunque vada mi aspettano 50-60 contestatori organizzati". L'altra emergenza è la manifestazione di Roma. A chi la deve organizzare stanno venendo i sudori freddi per il rischio flop, visto che piazza San Giovanni senza 300 mila persona sembra vuota. "L'altra volta - si sfoga uno dei capi Pdl - ci sono voluti 3 mesi di tempo. Ora abbiamo appena dieci giorni". Il problema è anche la "freddezza" degli elettori: "Mentre contro Prodi e Visco era molto facile portare la gente in piazza - confessa un ex forzista del Nord - adesso dovremmo rinunciare all'ultimo week end di campagna elettorale per venire a Roma a manifestare a favore della Polverini". Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl, in un corridoio dell'hotel Hilton ammette che "riempire San Giovanni è una grossa sfida... ma siamo il Pdl no? Siamo grossi".

L'altro problema resta il rapporto con Gianfranco Fini. Ricevendo a cena i senatori, giacché alcuni provenivano da An, Berlusconi li ha tranquillizzati: "Con Gianfranco ho un rapporto più che decennale. Quando c'è un problema ci parliamo e mettiamo tutto a posto". Giorni fa tuttavia, scherzando con Ignazio La Russa, il Cavaliere aveva usato un altro registro: "Se potessi tornare indietro rifarei Forza Italia". Al che La Russa non ha resistito alla battuta: "Presidente, ma lo sai che Fini dice esattamente lo stesso?". 

 

PIIGS E DEFICIT: UNO SHOCK PER L'ECONOMIA MONDIALE

Il deterioramento delle finanze pubbliche delle economie industrializzate potrebbe compromettere l'intensita' e la rapidita' della ripresa mondiale piu' di quanto non ci si aspetti. A lanciare l'appello e' Mohamed A. El-Erian, al fianco di Bill Gross a capo del fondo obbligazionario maggiore del mondo.

"L'importanza dello shock alle finanze pubbliche delle economie industrializzate e' sottovalutata e male interpretata", ha scritto El-Erian in un articolo pubblicato sul sito Internet del Financial Times e poi ripreso dall'agenzia Bloomberg. Il danno potenziale di un incremento dei debiti governativi dei Paesi dell'Unione Europea e' "attualmente visto principalmente -- ed eccessivamente -- attraverso lo stretto prisma della Grecia".


Dopo essersi indebitati in maniera eccessiva per far fronte alla crisi finanziaria mondiale - avverte El Erian, 51 anni - i governi saranno costretti ad alzare le tasse e ridurre le spese per riportare i livelli di deficit su livelli normali.

Un fallimento nel portare a compimento in tempo tali misure fiscali finirebbe per aumentare il rischio che i governi cerchino di risanare il debito eccessivo tramite l'inflazione o un default.

Pimco ha fatto notare che i problemi finanziari di Grecia, Portogallo, Spagna (e Italia) confermano le previsioni secondo cui il 2010 sara' un anno di crescita sotto la media e come il ruolo e l'apporto dell'economia statunitense alla ripresa mondiale finira' per essere di secondo piano.


 

 

SOLE 24 ORE: UN BUCO SPAVENTOSO
di WSI
La combinazione esplosiva di recessione e pessima gestione aprono una voragine "ufficiale" di 52.6 milioni di euro nei bilanci del quotidiano di Confindustria. Crollano diffusione (-18.6% in 12 mesi) e pubblicita'. Costi alle stelle.

Il Gruppo Sole 24 ore ha chiuso il 2009 con una perdita netta di 52,6 milioni di euro, rispettto a un utile di 16,1 milioni nell'anno precedente. E' quanto si legge in una nota diffusa al termine del Cda che ha anche conferito i poteri di gestione all'amministratore delegato Donatella Treu.

Nonostante il "buco" di dimensioni senza precedenti in Italia e nel mondo per un'azienda editoriale (quanti anni ci vorranno per tornare al pareggio?) il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, proporra', nella sua qualita' di azionista di controllo, la riconferma di Giancarlo Cerutti come presidente del Sole 24 ore Spa per il prossimo triennio.

La perdita record di bilancio e' da attribuirsi al crollo delle vendite in edicola e al parallelo tracollo della raccolta pubblicitaria sia cartacea che online. I ricavi sono scesi da 244,6 milioni del 2008 a 187,6 milioni del 2009. Motivi: 1) la combinazione esplosiva di recessione e pessima gestione aziendale (qualche testa tra i manager sta per saltare); 2) l'infelice scelta da parte di Emma Marcegaglia di Gianni Riotta come direttore, un giornalista serio ma senza alcun background economico-finanziario; 3) infine, per l'intero Gruppo editoriale di Via Monterosa ha pesato la zavorra di costi fissi astronomici.

Nei 12 mesi dal dicembre 2008 al dicembre 2009 "Il Sole 24 Ore" ha accusato una discesa a picco della diffusione pari a -18.6%, da 324.221 a 263.803 copie (parliamo di diffusione, non di vendita effettiva). Soltanto tre anni fa le copie diffuse erano oltre 400.000. Alla luce di questa drammatica situazione, dall'8 marzo "Il Sole 24 Ore" ha proclamato formalmente con tanto di accordo firmato dalle controparti (azienda e sindacati) lo "stato di crisi" per la durata di 2 anni.
COPIE DIFFUSE DEI PRINCIPALI QUOTIDIANI ITALIANI

Dicembre 2009 / Dicembre 2008 / variazione %

1) E-Polis 499.500, 497.160, 0%
2) Corriere della Sera 485.203, 578.879, -16,2
3) la Repubblica 479.805, 460.574, + 4,2
4) La Stampa 291.000, 297.400, -2,2
5) Gazzetta dello Sport 289.481, 329.263, -12,1
6) Il Sole 24 Ore 263.803, 324.221, -18,6
7) Il Messaggero 186.800, 190.000, -1,7
8) Il Giornale 186.655, 167.791, + 11,2
9) Avvenire 105.405, 103.315, + 2,0
10) Libero 102.866, 115.908, -11,3
11) Il Secolo XIX 85.184, 91.956, -7,4
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

Peggiorano i conti del gruppo Sole 24 Ore che chiude il 2009 con una perdita di 52,6 milioni, dopo aver realizzato un utile di 16,1 milioni nell'anno precedente. In calo anche i ricavi, soprattutto quelli pubblicitari, passati da 244,6 milioni del 2008 a 187,6 milioni dello scorso anno. I ricavi consolidati sono invece scesi da 573 milioni a 502,7 milioni di euro. In peggioramento poi la reddivita', con l'Ebitda che mostra un valore negativo per 24,7 milioni di euro.

La posizione finanziaria netta del gruppo al 31 dicembre e' positiva per 98,8 milioni di euro, in riduzione rispetto ai 149,0 milioni di euro al 31 dicembre 2008, come conseguenza dell'andamento della gestione operativa dell'esercizio cui si aggiungono la distribuzione di dividendi per 10,2 milioni di euro e investimenti netti per 20,4 milioni di euro.

Il Cda che ha approvato il bilancio ha deciso di sottoporre all'Assemblea degli azionisti, convocata per il 14 Aprile, la proposta di non distribuire alcun dividendo e di ripianare la perdita dell'esercizio della Capogruppo Il Sole 24 Ore pari a oltre 46 milioni mediante utilizzo di alcune poste del patrimonio netto.
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Dicembre positivo per la Repubblica, che diffonde una media di quasi 480.000 con un incremento rispetto allo stesso mese del 2008 del 4,2%. Il quotidiano diretto da Ezio Mauro si avvicina così sempre di più al Corriere della Sera, leader storico del ranking, con un distacco che si è ridotto a poco più di 5.000 copie. Il giornale diretto da Ferruccio De Bortoli perde il 16,2% con una media di 485103 copie. Sul risultato però, bisogna ricordarlo, pesa la politica di riduzione delle copie promozionali avviata da RCS, tra l'altro, dopo gli altri editori con la riduzione della distribuzione nel canale estero e in quello delle scuole.

Il gruppo poi sottolinea il buon andamento in edicola della testata, con una crescita di un paio di punti percentuali. Il taglio delle operazioni promozionali colpisce poi, sempre in casa RCS, la Gazzetta dello Sport, che vede le sue copie (la media è di 289.481) calare del 12,1%. Il Giornale di Milano chiude l'anno mettendo a segno un altro boom. L'attentato a Berlusconi, in particolare, spinge le vendite del quotidiano affidato a fine agosto alla direzione di Feltri: con una media di 186.655 la testata vede crescere il suo dato dell'11,2%.

La Stampa lascia sul campo il 2,2% di copie e precede il Sole 24 Ore (-18,6%). Su questo risultato, fa sapere l'editore, pesa ancora una volta la politica di contenimento dei costi avviata ad aprile. Dopo il quotidiano di Confindustria si posiziona il Messaggero, in calo dell'l,7%. Male Libero, che perde 1'11,3%di copie. Positivo l’Avvenire: il quotidiano della Cei si mantiene abbondantemente sopra le 100.000 copie e cresce del 2%. Risultato negativo per Il Secolo XIX, che perde il 7;4% di copie diffuse. Stabile infine il sistema Epolis, il quotidiano a distribuzione mista (le copie sono perlopiù diffuse gratuitamente): a dicembre la diffusione media è stata di 499.500, di cui 2.100 vendute, mentre lo scorso anno la media era stata di 495.100 copie, con 1.960 copie pagate.

 

Stop ai processi Mills e Mediaset
più difficile bloccare Mediatrade

MILANO - Nuovo stop al processo Mills, identico destino per quello sulle presunte frodi fiscali Mediaset. Più complicato bloccare immediatamente il nuovo troncone Mediatrade, in cui il premier è indagato di appropriazione indebita e frode fiscale.

La legge sul "legittimo impedimento" approvata ieri dal Senato, avrà comunque ripercussioni pesanti sul destino processuale del presidente del consiglio. Quello che si può azzardare è che Silvio Berlusconi, con tutta probabilità eviterà qualsiasi tipo di sentenza sia per la corruzione Mills che per l'affaire Mediaset. Nel caso della falsa testimonianza "comprata" dell'avvocato inglese, i termini di prescrizione si sforeranno nel febbraio del 2011. Undici mesi, per tre gradi di giudizio, sono un termine impensabile per capire da quale parte sia la ragione. Nel merito, la Cassazione si è già espressa il 25 febbraio scorso, a Sezioni Unite. Ci fu corruzione, è stato sentenziato, ma per Mills il reato è prescritto per una manciata di settimane. Il processo milanese, già sospeso per undici mesi grazie al Lodo Alfano, azzerato per il necessario cambio di collegio, riprenderà la sua faticosa marcia il 26 marzo. Allora, di fronte alla scontata richiesta di applicazione della nuova norma da parte del collegio difensivo del Cavaliere (composto dal senatore Piero Longo e dall'onorevole Niccolò Ghedini), il pm Fabio De Pasquale, con tutta probabilità, si opporrà chiedendo il giudizio sulla riforma da parte della Corte Costituzionale. Mossa che non è ufficiale, ma che pare scontata. E, sebbene i termini di prescrizione si dovranno congelare, gli undici mesi di tempo restano un termine davvero risibile.


Più o meno lo scenario non cambia per la frode fiscale Mediaset. In questo caso, i termini della prescrizione sono leggermente più ampi. Si va al 2013. Ma, comunque vada, di fronte all'applicazione della nuova legge il processo dovrebbe essere azzerato e riprendere davanti a un nuovo collegio solo per il premier.

Discorso a parte, infine, l'ultimo troncone che coinvolge Berlusconi. La presunta appropriazione indebita e la frode fiscale per i diritti televisivi gonfiati Mediatrade. L'indagine, proprio in questi giorni, sta approdando alla richiesta di rinvio a giudizio. Il pm De Pasquale contesta reati fino al 2006 e i termini di prescrizione scadono nel 2013. Il tempo per arrivare ad accertare responsabilità, o ad assolvere nel merito il Cavaliere, ci sono tutti.

Bisogna capire quando potrà essere applicata la nuova riforma. Nel testo approvato ieri, non si fa riferimento alle udienze preliminari. Con tutta probabilità, a meno di ripensamenti, la riforma dovrebbe entrare in vigore solo nel caso di un rinvio a giudizio. Sempre che il premier non sia sempre impegnato in impegni istituzionali.

Su tutte queste ipotesi, anche tante varianti, come una nuova bocciatura sulla legge da parte della Consulta che potrebbe arrivare non prima di un anno. Un'infinità per accertare definitivamente se ci siano state responsabilità penali del presidente del Consiglio, nei tre processi che lo riguardano.

 

 

 

Violenze a Bolzaneto, 44 condanne
Reati prescritti, le vittime saranno risarcite

GENOVA - Nella caserma di Bolzaneto, durante il G8 dell'estate 2001, i no-global furono picchiati, umiliati, sottoposti a "trattamenti inumani e degradanti". Ci fu tortura, e gli imputati sono colpevoli. Generali della polizia penitenziaria, guardie carcerarie, ufficiali dell'Arma e militari, agenti e funzionari di polizia, persino quattro medici: questa sera la Corte d'appello del tribunale di Genova li ha condannati tutti e 44. A nove anni dai fatti la maggior parte dei reati è prescritta, ma i responsabili pagheranno comunque risarcendo le vittime delle violenze. E con loro metteranno mano al portafogli anche i ministeri di appartenenza (Giustizia, Interno, Difesa), che dovrebbero sborsare una cifra superiore ai dieci milioni di euro.

Sono state inflitte sette condanne a complessivi dieci anni di reclusione nei confronti di quattro guardie carcerarie responsabili di falso  -  reato non prescritto  - , e di tre poliziotti che avevano rinunciato alla prescrizione. I sette imputati condannati sono: l'assistente capo della Polizia di stato Massimo Luigi Pigozzi (3 anni e 2 mesi), gli agenti di polizia penitenziaria Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia (1 anno) e il medico Sonia Sciandra (2 anni e 2 mesi). Pene confermate a 1 anno per gli ispettori della Polizia di Stato Matilde Arecco, Mario Turco e Paolo Ubaldi.

"Sono stati accolti tutti i motivi del nostro appello e della procura generale", hanno commentato soddisfatti i pubblici ministeri Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati. "Questa sentenza è due volte importante, perché fatti come quelli accaduti a Bolzaneto non dovranno ripetersi. Mai più". Alla fine della lettura della sentenza un imputato presente in aula ha inveito contro i giudici - "Avete voluto condannare tutti e basta, senza fare distinzioni" - ed è stato allontanato.



La sentenza di primo grado è stata completamente ribaltata. Allora, nel luglio del 2008, erano state pronunciate 15 condanne e ben 30 assoluzioni. Il reato di "tortura", non previsto dal nostro codice penale, era stato indirettamente riconosciuto con la condanna a 5 anni di reclusione di Biagio Antonio Gugliotta, sottufficiale della polizia penitenziaria. Dei "simbolici" 76 anni di prigione chiesti dalla procura ne era stato riconosciuto meno di un terzo.

I giudici  si sono riuniti in camera di consiglio alle 9:40 di questa mattina. Per i 44 imputati autori delle violenze nella caserma di Bolzaneto avvenute nel luglio del 2001 a Genova durante il G8, la pubblica accusa aveva chiesto 36 prescrizioni e 8 condanne.

Immediata la presa di posizione del comitato "Verità e giustizia" che da anni segue le vicende del G8 di Genova. Il comitato ha chiesto la sospensione per tutti gli imputati: "Il messaggio dei giudici d'appello, con le 44 condanne per i maltrattamenti e le torture su decine di cittadini detenuti nella caserma-carcere di Bolzaneto nel luglio 2001, è chiarissimo e dev'essere colto immediatamente dalle istituzioni. Tutti i condannati nelle forze dell'ordine devono essere immediatamente sospesi dagli incarichi, in modo che non abbiano contatti diretti con i cittadini; gli Ordini professionali devono agire sui propri iscritti con la sospensione: non è più possibile restare nel terreno dell'ambiguità... Se buona parte delle pene è caduta in prescrizione è solo perché in Italia non ha una legge sulla tortura (reato che per la sua gravità non prevede prescrizione), nonostante l'Italia si sia impegnata oltre vent'anni fa ad approvarne una. Il Parlamento ora non ha più scuse: la sentenza di oggi dimostra che abbiamo assoluto bisogno di quella legge".

 

Caso Aldrovandi, condannati tre poliziotti per presunti depistaggi e rinviato a giudizio un quarto

Per la morte di Federico erano già stati condannati l'estate scorsa altri quattro agenti della questura di Ferrara

Federico Aldrovandi

 

Federico Aldrovandi

Il gup Monica Bighetti ha condannato tre poliziotti, e rinviato a giudizio il quarto, nel processo 'Aldrovandi bis' sui presunti depistaggi nelle indagini per la morte del diciottenne Federico Aldrovandi, durante un intervento di polizia il 25 settembre 2005 a Ferrara.

Per la morte del ragazzo erano già stati condannati l'estate scorsa altri quattro agenti della Questura di Ferrara. La decisione sui depistaggi, che conferma l'ipotesi accusatoria dell'intralcio alle indagini fin dal primo momento, è giunta, dopo quasi tre ore di camera di consiglio, a conclusione dell'udienza preliminare.

Paolo Marino, dirigente dell'Upg all'epoca, è stato condannato a un anno di reclusione (per lui il pm Nicola Proto aveva chiesto un anno e quattro mesi) per omissione di atti d'ufficio, per aver indotto in errore il pm di turno, non facendola intervenire sul posto. Dieci mesi poi a Marcello Bulgarelli, responsabile quella mattina della centrale operativa (l'accusa aveva chiesto due anni e sei mesi), per omissione e favoreggiamento (caduta la falsa testimonianza); otto mesi inoltre a Marco Pirani (chiesto un anno e mezzo), ispettore di polizia giudiziaria, collaboratore del primo pm dell'inchiesta, Mariaemanuela Guerra che poi lasciò per incompatibilità, accusato di non aver trasmesso, se non dopo diversi mesi, il brogliaccio degli interventi di quella mattina. Per il quarto poliziotto, Luca Casoni, unico a non scegliere il giudizio abbreviato, il giudice ha fissato il processo per il 21 aprile. E' coinvolto per una telefonata con Bulgarelli che, quando apprese da lui che il ragazzo era morto, chiese "in che modo" e Casoni gli disse di interrompere la registrazione ("stacca").

DA REPUBBLICA DICONO CHE IL MERCATO IMMOBILIARE RIPARTE:

Immobiliare, il mercato si "normalizza"
Quotazioni stabili, ripartono le vendite

ROMA -Migliorano le prospettive del mercato immobiliare. Secondo un sondaggio congiunto effettuato da Banca d'Italia e Tecnoborsa, la società che fa capo alle Camere di Commercio e che si occupa dello sviluppo del mercato immobiliare, nell'ultimo trimestre del 2009 ci sono stati un parziale recupero del numero delle compravendite e una riduzione del volume degli incarichi di vendita rimasti inevasi. Una svolta incoraggiante che si riflette anche sulle quotazioni, che dopo un lungo periodo di calo tendono ora alla stazionarietà. Il sondaggio si avvale delle interviste effettuate a un campione di 921 agenti immobiliari.

Negli ultimi tre mesi del 2009 la quota di agenti che segnalano una diminuzione dei prezzi è scesa in modo cospicuo dal 61,4 d'inizio d'anno al 45,4%. Nello stesso periodo, si legge nel Supplemento al Bollettino Statistico diffuso oggi dalla Banca d'Italia, "si è ampliata la quota di coloro che ne riscontrano una stabilità, che per la seconda volta consecutiva si colloca sopra il 50 per cento (rispetto a 37,1% registrato per il primo trimestre 2009). Più pessimisti gli agenti immobiliari che operano nelle regioni del Sud e del Nord Est, mentre scommettono sul mercato in misura maggiore nel Nord Ovest e nel Centro Italia.

La quota di operatori che hanno venduto almeno un immobile è salita intorno al 69%, il valore più alto dall'inizio delle rilevazioni congiunte Tecnoborsa-Banca d'Italia, nel dicembre 2008. Il numero totale di compravendite effettuate mediante intermediazione ha segnato un recupero ancora una volta soprattutto nelle aree urbane localizzate nel Nord Ovest e al Centro, dove più decisa è stata l'attenuazione delle tendenze al ribasso delle quotazioni.



Quanto alle prospettive del mercato nazionale, "sono prevalenti le opinioni di una normalizzazione delle condizioni del mercato di riferimento degli operatori". A dimostrarlo il fatto che il saldo negativo tra le attese di miglioramento e di peggioramento a tre mesi si è ridimensionato a -8,9 punti percentuali (da -16,9 punti nel trimestre precedente). Le prospettive per i prossimi due anni sono giudicate positive dal 66,1 per cento delle agenzie (contro il 59,8 dell'inchiesta precedente) e in peggioramento dal 12,2 (contro il 16 per cento).

In media un agente ha impiegato nell'ultimo trimestre del 2009 sette mesi a vendere una casa, un po' di più che nella precedente rilevazione (6,7 mesi), e il margine di riduzione del prezzo di vendita si è lievemente ampliato, passando al 12,1% dall'11,3 rilevato nel trimestre precedente. Fra le principali cause di ritiro del mandato di vendita ci sono l'attesa di prezzi più favorevoli da parte del venditore e le scarse richieste di acquisto a fronte di un prezzo ritenuto troppo elevato.

Il 70% degli acquirenti ha chiesto un mutuo; il valore del prestito corrisponde in media al 71 per cento del valore dell'immobile.

POI ANDIAMO SUL BLOG DI GRILLO E LEGGIAMO:

Testo "Chaos economy" di Eugenio Benetazzo.

"Questa settimana parliamo del mercato immobiliare e delle sue possibili evoluzioni. Abbiamo visto come i Paesi occidentali abbiano subito una profonda contrazione. Mi riferisco per esempio a Inghilterra, Stati Uniti, Spagna etc., anche per l’Italia possiamo prevedere una situazione scoraggiante per i prossimi anni. Lo dicono fior di disamine dalla stampa di settore e non. Cominciamo da quello che è stato il mercato immobiliare in Italia negli ultimi 10 anni, di fatto un vero e proprio boom edilizio grazie soprattutto a un costo dell’indebitamento contenuto. Fino a 4/5 ani fa i tassi di interesse e le richieste di mutuo erano particolarmente appetibili grazie al costo modesto dell’indebitamento.
Secondariamente, il sistema bancario ha offerto forme cosiddette di intervento integrale, vale a dire i famosi mutui 90/100/110/120%. Fino a 3, 4 anni fa richiedevate un mutuo di 100 mila euro per comprare un miniappartamento, andavate in banca e senza grande difficoltà la banca lo erogava, anzi c’era letteralmente la corsa da parte di tutti gli istituti di credito sulle singole piazze a dimostrare chi era più competitivo sia in termini di erogazione, la banca che prestava di più per il singolo intervento, e sia per le condizioni tutto sommato straordinarie, ricordiamo spread su mutui a tasso variabile dello 0,7/0,8% anche a 20/25 anni, condizioni che oggi possiamo sognarci.
Provate a andare in banca in questo periodo e richiedere un mutuo di intervento integrale, è impossibile che vi venga erogato! Anzi si è tornati indietro, a prestare razionalmente come una volta e questo è un bene perché la banca per definizione non si può esporre integralmente nell’acquisizione di un bene immobile, quindi un appartamento, una villetta per ovvie ragioni di rischio imprenditoriale, perché qualora il mutuatario non sia in grado di rimborsare secondo le scadenze prestabilite le rate del mutuo, la banca si troverebbe in difficoltà.
Il mercato immobiliare negli ultimi 10 anni ha subito un boom immobiliare legato al ricorso facilitato e quasi regalato del debito da parte di quasi tutti i gruppi bancari, forse si sono salvate alcune piccole banche territoriali e popolari, alcuni crediti cooperativi che hanno mantenuto una politica di affidamenti particolarmente rigida e questo è un bene. Invece, i grandi gruppi bancari hanno letteralmente spinto in termini commerciali di marketing, ricordate le pubblicità di 4 o 5 anni fa quando un ragazzo entrava in banca e chiedeva un mutuo portandosi dietro, magari, il water da casa dicendo questo è il mio 5%, per cortesia dammi l’altro 95%? Oggi è impensabile perché le banche si trovano nelle condizioni di ridimensionare profondamente il prestito e di come gestire il prestato degli anni precedenti. Tantissimi istituti di credito hanno iniziato a gestire discrezionalmente, attraverso profili professionali o interlocutori sul territorio, la vendita di appartamenti che andranno in asta da qui a fine anno.
Se un’azienda bancaria porta in asta un appartamento per 100 mila euro, è ora impossibile che quell’appartamento vada via a 100 mila euro, statisticamente può essere assorbito dal mercato per 60, 70 mila euro, quindi per una banca un rischio non indifferente.
Se aprite qualsiasi giornale della vostra città avrete notato come negli ultimi sei mesi sono aumentate vistosamente le inserzioni pubblicitarie di procedimenti fallimentari legati a immobili portati all’asta a seguito dell’incapacità di soggetti di continuare a pagare il debito pregresso perché hanno perso il posto di lavoro, perché guadagnano di meno, ecc. Da qui a 18/24 mesi dubito che potremo tirare un sospiro di sollievo, nella maggior parte delle città che ho visitato ci sono migliaia di appartamenti nuovi, invenduti sul mercato, chi costruisce adesso sulla carta ha un prezzo in offerta al pubblico inferiore a quello dichiarato, senza dimenticare il ricorso al debito. Se una giovane coppia richiede un mutuo come veniva erogato 4 o 5 anni fa, praticamente si trova le porte chiuse in faccia. I mutui vengono erogati con maggiore razionalità, vale a dire un buon rapporto congruo, tra reddito disponibile e peso della rata, non oltre il 20/25%, una capacità di intervenire per l’erogazione del mutuo che porta il peso del mutuo intorno a un intervento tra il 40 e il 60%. Se voglio comprare un appartamento di 100 mila euro, adesso devo metterci 40 mila o 60 mila euro per trovare una controparte bancaria.
Poi abbiamo una serie di conseguenze dal fatto che il mercato è stato saturato in termini immobiliari, questo comporterà nel medio termine l’abbassamento delle rendite, quindi chi vuole andare in affitto cominci a prenderla in considerazione come opportunità.
L’aspettativa è simile a quella di altri Paesi: un sostanziale deprezzamento in molte aree residenziali, soprattutto periferiche, in cui si è costruito tanto e male, in cui l’offerta ha portato alla saturazione e alla presenza di soluzioni abitative di cui adesso non c'è più bisogno. Tutto questo porta a uno scenario ribassista per il valore degli immobili di natura abitativa in contesti residenziali generici, fanno stato a parte i contesti turistici, alcuni contesti turistici e gli immobili di prestigio o in contesti storico – culturali. Un sostanziale ridimensionamento del mercato immobiliare, sia in termini di compravendita è già in atto e anche un abbassamento dei livelli medi della compravendita. Comincia ad allargarsi in maniera preoccupante il cosiddetto spread, il differenziale tra il prezzo di chi mette in vendita un’abitazione e il primo prezzo di chi è disposto a comprare. Fino a due anni fa lo spread oscillava intorno al 10%, oggi arriva anche oltre il 30%, vale a dire che chiedo 100 mila euro per il mio appartamento e la prima offerta è di 70 mila euro. Per quello che ho visto in questi ultimi mesi l’aspettativa è di un mercato in profonda contrazione, con almeno 6, 7 anni al pari di altri Paesi come la Spagna per una ripresa. Dubito comunque che rivedremo un mercato in rialzo del prezzo degli immobili nei prossimi anni anche a fronte dello scenario sociale e economico che sta colpendo il Paese di cui avremo modo di trattare nelle prossime occasioni".

 

 

I verbali della 'ndrangheta in Senato
"Di Girolamo vide le schede false, rideva"

di MARINO BISSO, CARLO PICOZZA ed ELSA VINCI

ROMA - "Rideva, rideva... Era proprio contento, contentissimo... Io gli ho fatto vedere pure le immagini (delle schede elettorali "votate"; ndr).... Era felicissimo". È Nicola Di Girolamo, detto Nic, così come esce dalla descrizione di Roberto Marcori e Gennaro Mokbel che il 9 aprile 2008, al telefono, raccontano dei "voti" procurati ad arte per il loro sodale che è già entrato nei panni di senatore della Repubblica italiana, "eletto" nella circoscrizione Estero, con anticipo di qualche giorno sui risultati dei voti in Italia. È quanto emerge dalle carte dell'inchiesta che ha travolto l'ex senatore Pdl, e due società come Telecom e Fastweb.

Le schede elettorali portate con il furgoncino. È il 7 aprile 2008 quando Gennaro Mokbel, grande sostenitore di Di Girolamo, chiama Roberto Marcori (che si autodefinisce "rappresentante del senatore" in un incontro "con l'onorevole Romagnoli"). Marcori riferisce che "uno è arrivato con un furgone che gli ha portato 320 schede elettorali". Ed è proprio Marcori il trait d'union tra Mokbel al vertice dell'organizzazione elettorale pro Di Girolamo, e gli italiani in Germania, aiutato in questo compito da Giovanni Gabriele, domiciliato a Stoccarda e da altri calabresi. Molti di questi, per gli inquirenti, "fanno parte dell'entourage delinquenziale".

I ringraziamenti del "senatore" e i 2 mila euro per il "lavoro". In una conversazione del 10 aprile 2008, Marcori chiama Gabriele e gli passa Di Girolamo che lo ringrazia per il "lavoro". Marcori lo informa di aver fatto delle foto al Consolato e che quasi sicuramente il suo interlocutore diventerà senatore: "Ieri notte siamo andqati al consolato e abbiamo fatto l'ultimo sforzo fino a fotografare l'evento. Comunque, qua l'aspettano". Di Girolamo conferma e annuncia che presto andrà in Germania per ringraziare. Quindi Marcori chiede i dati anagrafici di Gabriele per spedirgli 2 mila euro.



La telefonata con il capo clan. Marcori il 12 aprile chiama Gabriele e gli passa Franco Pugliese, riferimento della 'ndrangheta in Germania. Questo manifesta la gratitudine sua e degli "amici": "Ti ringrazio io, il senatore che è qui presente, l'avvocato Paolo Colosimo e tutti gli amici... Grazie veramente per quello che hai fatto". Poi Pugliese passa il telefono a Di Girolamo che dopo averlo ringraziato gli promette di andarlo a trovare in Germania "in qualità di neoeletto". La conferma dei risultati elettorali arriva il 16 aprile. Colosimo si congratula con Di Girolamo e chiede se può avvisare i loro "amici".

Mokbel, Di Girolamo e l'eversione di destra. I magistrati romani dedicano centinaia di pagine ai rapporti di Gennaro Mokbel con esponenti dell'estremismo di destra. Sono decine le telefonate intercettate tra la coppia e i notissimi Francesca Mambro e Valerio Fioravanti. Il 3 luglio 2007 Giorgia Ricci riceve una telefonata dalla Mambro, che chiede informazioni sul tesseramento per l'adesione ad Alleanza federalista, il progetto politico di Mokbel. Mambro: "Ma i miei parenti li volete?". Ricci: "Perché no?".

I rapporti tra Focarelli e Cable&Wireless. Da una telefonata dell'11 gennaio 2007 tra Carlo Focarelli, considerato dagli inquirenti la mente finanziaria della truffa al Fisco, e una donna inglese, tale Janet, emergerebbe un accordo tra le società di Focarelli e la stessa Cable & Wireless, guidata fino al 2006 da Francesco Caio, già manager di Omnitel insieme con Silvio Scaglia. Janet: "Abbiamo ricevuto una lettera da Kislos... ". Focarelli: "Sì quella lettera in realtà non diceva niente, o quasi niente. Quello che voglio sapere è se questo è permesso dall'accordo". Janet: "Va bene". Focarelli: "Quello che vorrei sapere è prima di tutto, questo è certo, se noi annulleremo l'accordo con loro, e se interromperemo l'acquisto del traffico". Janet: "Giusto". Focarelli"Nonostante ciò, quello che vorrei fare, perché lui mi ha telefonato appena prima di Natale, dicendo che Cable&Wireless ha deciso di togliere dal mercato "Santilina". Ora questo mi sembra una gran cavolata, va bene? È una presunzione".

I soldi del riciclaggio ai dirigenti Fastweb. Le indagini hanno permesso di ricostruire il passaggio di fondi provenienti dal riciclaggio dell'operazione Phuncard sui conti personali di una banca a Hong Kong intestati a Bruno Zito (ex responsabile ufficio marketing di Fastweb) e al suo collaboratore Giuseppe Crudele. A disporre la dazione che gli inquirenti definiscono come "compensi per la frode fiscale" è Carlo Focarelli, che gira sui conti della Standard Chartered nell'ex-colonia britannica 900mila euro a testa il 25 luglio 2006, assieme ad altri pagamenti fino a un massimo di 4,1 milioni disposti a ottobre dello stesso anno. Allo stato delle attuali consulenze investigative, sottolineano le carte dei Ros, "non sono emersi bonifici bancari riconducibili a soggetti di Telecom Italia Sparkle".

I rapporti tra Mockbel e Coppola. Dalle carte dell'inchiesta emergono anche "non meglio definiti" - come scrive il Ros - rapporti tra Gennaro Mockbel e l'immobiliarista Danilo Coppola. La conoscenza tra i due è provata dalle parole di Roberto Macori, braccio destro di Mockbel che il 23 marzo 2007, giorno in cui Coppola ha cercato di suicidarsi in carcere, scherza al telefono con Paul Colosimo, il suo legale: "Ahh senti un'altra cosa... - dice - io c'ho Rh positivo e c'ho pure la tessera dell'Avis, se serve la donazione per quell'amico nostro". I rapporti però, dicono le carte, andrebbero oltre la pura conoscenza. A confermarlo è lo stesso Mockbel al telefono con l'ex senatore Nicola Di Girolamo, che ha assistito sia lui che Coppola in un complesso contenzioso fiscale con Equitalia Gerit. "Ma che sta a combinà? - chiede all'avvocato riferendosi all'immobiliarista - . Lo voglio capì pure io scusa, visto che a quello gli ho dato, cioè c'ho rimesso dei soldi. .. c'ho fatto rimette tempo a quello che sta con me... Ohu! Io con questa storia non voglio avere più un cazzo a che fare proprio!". Quanto emerge dalle conversazioni sopra riportate - scrivono i Ros - e dalla rocambolesca soluzione dei loro guai con l'erario "seppure non evidenzi sufficienti elementi per comprendere i possibili intrecci economici tra i due, fa emergere ancora una volta il grado di infiltrazione dell'organizzazione indagata nella pubblica amministrazione".

Scaglia dai pm. 13 marzo 2007, Silvio Scaglia, fondatore di Fastweb e numero uno dell'azienda venne convocato per la prima volta dai pm. È indagato. Scaglia nega di conoscere uno dei promotori della frode (Carlo Focarelli), ma mostra di conoscere benissimo sia la società che proponeva l'affare (Cmc) sia il modo in cui funzionava. "Il tema Focarelli non è mai esistito per me o per Fastweb in generale", mette a verbale Scaglia. "La domanda fondamentale è, ma ci guadagniamo veramente o no. E anche qui eravamo un po' al limite. Nel senso che era un business dove noi all'inizio pagavamo per ogni 100 lire, 100 più Iva e incassavamo 100 più 7 di margine, andando a credito di Iva. Il vero tema era: ce la faremo a recuperare l'Iva in tempi coerenti con il margine?". A un certo punto Scaglia decide di chiudere il business perché era diventato finanziariamente pericoloso. Per evitare che il fatturato esplodesse, visto che i ricavi reali erano enormi rispetto al fatturato di Fastweb si decise anche di cambiare il contratto e fare un mandato di rappresentanza, per cui venivano iscritti a bilancio solo i margini e non i ricavi interi. "In base alla ricostruzione di allora era un business reale ed esistente".

La denuncia di Parisi. Dopo l'uscita dell'articolo di Repubblica, l'ad di Fastweb, Stefano Parisi, denuncia alla Consob e alla procura di Milano manovre speculative sul titolo. "Appare evidente - scriveva nella missiva Parisi - che qualcuno si sta avvalendo di tali artifici nell'ottica di un'operazione di rastrellamento". Nella lettera, Parisi sottolineava che Fastweb era coinvolta "solo in via marginale" nell'inchiesta.

Le promesse al telefono con Matteoli
Il gip: così Verdini aiutò la cricca

 Le promesse al telefono con Matteoli Il gip: così Verdini aiutò la cricca

Denis Verdini con il ministro La Russa

ROMA - Con la nuova ordinanza del gip di Firenze Rosario Lupo, una storia di gelatinosa malversazione, di uso arbitrario delle risorse pubbliche, mostra definitivamente le stimmate di una storia politica. Diventa ritratto di un pezzo di classe dirigente di questo Paese. Perché nell´album di famiglia della "cricca" appaiono ora nitidi i profili di Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl, e Altero Matteoli, ministro delle infrastrutture. Accusato di concorso in corruzione, il primo. «Privo di ruolo penalmente rilevante», il secondo. Eppure, entrambi presi, a tratti persi, comunque «a disposizione» della frenesia che anima i protagonisti della tela corruttiva che li circonda. Su tutti, Angelo Balducci, Riccardo Fusi, Francesco De Vito Piscicelli, Fabio De Santis.

Il «banale traffico di influenze», «un favore fatto a un vecchio amico come Fusi» (argomenti con cui Verdini si è sin qui difeso) per la Procura di Firenze non sono questioni neutre. «Una raccomandazione interessata», chiosa oggi il Procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi, «può ben essere l´utilità di una nuova forma di corruzione in cui la tangente» ha perso la volgarità della mazzetta, ma assume le vesti dello scambio di rendite di posizione. Nel mercato della politica, degli appalti, delle burocrazie (arbitrati, commissioni di collaudo, consulenze).

E ignorarlo, per un uomo politico, se non è manifestazione di cattiva fede, diventa allora ammissione di disarmante superficialità. Scrive Lupo: «Anche volendone dare una benevola lettura, le dichiarazioni difensive di Verdini fanno riflettere sulla scarsa consapevolezza da parte di soggetti che ricoprono cariche pubbliche e comunque ruoli pubblici molto rilevanti circa la negatività delle raccomandazioni. Specie quando queste riguardano posti di potere non di natura politica, ma tecnica».

Denis Verdini e Altero Matteoli, dunque. Le loro mosse, il peso e la diversa responsabilità (penale e non) nell´incrociare la "cricca" hanno nella nuova ordinanza una loro linearità. Rispondono a una sequenza logica. Riccardo Fusi e il suo numero due nella "Btp" Roberto Bartolomei, a fronte di un´esposizione bancaria «pari a 900 milioni di euro» (tra gli istituti esposti, anche il "Credito Cooperativo Fiorentino", di cui Verdini è presidente) bussano, già a partire dal febbraio 2008, alla porta del «vecchio amico Denis Verdini», perché possa reimmettere la Btp nel possesso dei cantieri della Scuola dei Marescialli, appalto da oltre 200 milioni di euro diventato oggetto di contenzioso e unica speranza per evitare un fallimento tecnicamente già in atto.

«La strada Verdini - si legge nell´ordinanza - si rivela per Fusi decisiva. Infatti, Verdini, grazie alle sue conoscenze altolocate, in ragione del suo ruolo politico di grande livello, mette Fusi direttamente in contatto con il ministro Matteoli (che è bene sottolineare, non ha nessun ruolo penalmente rilevante, ma entra in gioco per le competenze funzionali del suo ministero) ed è decisivo nel favorire la nomina di Fabio De Santis a Provveditore della Toscana, con tutto ciò che ne consegue».

L´aiuto di Verdini all´amico «di vecchia data» è tutt´altro che distratto o altalenante. È costante. Nel maggio 2008, «È Verdini che, come si legge nelle intercettazioni, procura un appuntamento a Fusi con "il nostro" (si ritiene il ministro Matteoli). Ed è a giugno di quello stesso anno che viene fissato un nuovo incontro con il ministro («Se lo chiami tu vale doppio», si raccomanda Fusi. «Va bene... Lo chiamo io? Lo chiamo io»). Mentre ad agosto, la confidenza è ormai tale che Verdini discorre con Fusi di un ennesimo abboccamento con Matteoli avendo il ministro al suo fianco (Matteoli dice a Verdini: «Digli che sono a Palazzo Chigi, che c´è il consiglio dei ministri. Mi chiami o un minuto prima delle sette o dopo le otto»).

Del resto, in quell´estate del 2008, si consuma un passaggio cruciale. La "cricca" e l´uomo che ne viene indicato come "il capo", Angelo Balducci, celebra il suo matrimonio di interesse con Verdini. Il luogo delle "nozze" è il circolo della caccia in piazza Fontanella Borghese a Roma, dove Francesco Piscicelli, che di Verdini è amico, convince il coordinatore nazionale del Pdl a suggellare il patto che segnerà di lì in avanti i destini di Fusi da una parte, Balducci, De Santis e Piscicelli dall´altra. Leggiamo: «Verdini, a fine luglio 2008, entra direttamente in contatto con Angelo Balducci. E tra i due, che non si conoscevano, si realizza immediatamente una convergenza di interessi.

Verdini garantisce a Balducci una copertura politica che gli consenta almeno di attenuare le resistenze che incontra sul "territorio" nell´esecuzione delle opere concernenti i Grandi Eventi. Balducci, inoltre, ottiene un facile accesso al ministro Matteoli, con cui Verdini ha uno stretto rapporto. Tra i due nasce subito un feeling». A cascata, ce ne sarà per tutti. La Btp rientrerà in possesso dell´appalto della scuola dei Marescialli, e avrà con consorzio Federico II una fetta di lavori per la ricostruzione dell´Aquila, Piscicelli avrà la promessa di accesso agli appalti per i 150 anni dell´Unità d´Italia e in quelli del post-terremoto. Fabio De Santis, oscuro dirigente di seconda fascia, diventerà, a dispetto della qualifica che non glielo consentirebbe e con l´intervento decisivo di Matteoli, prima collaudatore del cantiere della scuola dei Marescialli, perché ne venga disposto il blocco (condizione necessaria alla Btp per rientrare in gioco), quindi provveditore alle opere pubbliche della Toscana.

E il gioco funziona a meraviglia. Al punto - per dirne una - da vedere Verdini impegnato a trasmettere un fax riservato a Fusi prima di uno dei suoi incontri al ministero delle Infrastrutture utile a convincere funzionari riluttanti sul destino del cantiere dei "Marescialli".

Ebbene, tutto questo nella memoria e nel racconto fatto il 15 febbraio da Verdini ai pm di Firenze, cui si presenta spontaneamente come indagato, assume i toni minimali propri di chi - le parole sono del gip Lupo - «decontestualizzando le circostanze, che pure non nega, ritiene in fondo di essere intervenuto solo per aiutare un amico». Dice Verdini a verbale: «Balducci? Sapevo che era un funzionario di punta del ministero, uno che sa come fare per risolvere i problemi. De Santis? L´ho conosciuto a un pranzo e mai più rivisto. Da lui ho ricevuto un messaggino dopo la nomina a Provveditore». Certo, ammette «De Santis me lo chiedeva Fusi, ma me lo chiedevano anche esponenti fiorentini, romani. Ne ho parlato anche con il senatore Cingolati della Commissione Lavori pubblici. Poi, ho chiesto a Matteoli: "Vedi se lo puoi nominare". Lui, dopo un mese, mi ha chiamato: "Quella cosa te l´ho fatta". Io ho telefonato a Fusi e gli ho detto: "Ora sarai contento. È stato nominato. Ora fai quello che ti pare».

Tutto qui, insomma. Con una chiosa. Ancora di Verdini. Questa volta sulla sua grama vita di coordinatore nazionale del Pdl. Meglio, di novello Figaro del partito: «Me lo faccia dire qua, signor giudice, io adesso sono uno dei tre coordinatori del Pdl e in realtà uno è ministro della Difesa (Ignazio La Russa), l´altro è ministro dei Beni Culturali (Sandro Bondi). Io sto al partito dalla mattina alla sera e quindi, di fatto, pur avendo questo triumvirato, io sto là. Mi chiamano tutti, mi cercano tutti, mi parlano tutti».

 

 

Formigoni per ora escluso dal voto
E a Roma anche il Pdl resta fuori

ROMA - Maggioranza sempre più nel caos elettorale. La Corte d'appello di Roma ha bocciato il ricorso - il secondo - presentato dal Pdl dopo l'esclusione della propria lista di Roma e provincia, a causa di un ritardo nella presentazione. E da Milano arriva un'altra pessima notizia, per il centrodestra: la Corte d'appello del capoluogo lombardo non ha riammesso la lista per la Lombardia di Roberto Formigoni, respingendo il ricorso contro il precedente provvedimento di esclusione (dovuto all'irregolarità di alcune firme). Un doppio stop che hanno fatto scattare il ricorso al Tar per cercare di recuperare la situazione.

Le due bocciature. La più grave, da un punto di vista tecnico, è quella lombarda: al momento, senza il "suo" listino, il candidato del Pdl è escluso dalla competizione. Non può insomma essere votato. Analoga sorte per le liste a lui collegate. Ma i promotori hanno già annunciato un ulteriore ricorso, stavolta al Tar. Dal punto di vista politico, però, il caso Roma è altrettanto grave: l'esclusione del partito di maggioranza dalla capitale è una ferita difficile da sanare. Anche in questo caso, comunque, è stato annunciato il ricorso al Tar. 'Confidiamo nel Tar - dice il  ministro della Difesa Ignazio La Russa - Per quel poco che so di diritto amministrativo credo che il principio di conservazione prevalga su irregolarità meramente formali. Ma vi pare possibile che milioni di elettori possano essere privati del loro diritto perchè il bollo è quadrato invece che tondo?". mentre Formigoni chiede che "venga fatta una verifica firma su firma su tutte le liste".

La lista civica Polverini.

I giudici della Corte d'appello di Roma hanno riammesso invece il ricorso della lista civica regionale per il Lazio di Renata Polverini, esclusa ieri. Per un altro caso, quello del 'listino' respinto della candidata governatrice (a cui mancava la firma del vicecoordinatore del Pdl) bisognerà invece attendere almeno domani: ma tra i promotori c'è grande ottimismo.  "Pronunciamento atteso - dice la Polverini - aspettavamo solo la conferma. ma adesso siamo fiduciosi che al Tar le cose andranno diversamente". Questo l'iter previsto: ricorso entro domani e udienza martedì o giovedì della prossima settimana.

Milano, le ragioni dei giudici.
Nel motivare la bocciatura del ricorso della lista 'Per la Lombardia' i giudici della Corte di Appello di Milano, ricordano che l'autenticazione delle sottoscrizioni delle firme "deve essere compiuta con le modalità" previste dalle normative specifiche. Queste formalità, non sarebbero state rispettate. "Queste modalità - è scritto ancora nella decisione di 5 pagine - costituiscono quindi il minimo essenziale per assicurare la certezza della provenienza della sottoscrizione dal soggetto che figura averla apposta e devono coesistere tutte". Per i giudici "la richiesta del legislatore di autenticazione delle firme dei sottoscrittori risponde all'imprescindibile necessità di verificare che la presentazione della lista corrisponda effettivamente alla volontà della quota di elettori in essa indicata".

Roma. le ragioni dei giudici.
"Alle 12 non c'era nessuno della Pdl in sala e alle 12.30 tutto è stato chiuso". E' quanto rende noto la Corte d'Appello di Roma che ha respinto il ricorso del Pdl contro l'esclusione della lista Pdl Roma dalle elezioni regionali.

Piemonte.
Sono cinque le liste provinciali escluse dalle prossime elezioni regionali dalla Corte d'appello di Torino e comunque sempre per l'insufficienza di firme raccolte. In tre casi, nelle province di Asti, Cuneo e Torino, a essere messa fuori corsa è stata la lista Fiamma Tricolore Destra Sociale. Nei due restanti, nelle province di Asti e Alessandria, invece, è toccato alla lista Lega Padana Piemont. Tutte le liste escluse sostengono il candidato presidente Renzo Rabellino. Resta invece in corsa la lista di Nadia Cota, sempre a sostegno di Rabellino, che inizialmente era stata esclusa. Dal simbolo, infatti, è stata cancellata la scritta "Pdl".

 

Le belle notizie dall'Italonia. Nel giorno del lancio dell'esercito della libertà del cazzo di quella merda a capo del governo, che si inventa le liste pulite, avete capito bene, le liste pulite di sto cazzo, grazie anche agli auto gol eterni della merdosa sinistra che fa vomitare anche peggio di chi merda è al governo, ecco la nuova star alla ribalta:Di Girolamo smentito dalle foto Verbali: diamanti ed eversione. Quell'unica, perentoria, affermazione "non ho mai avuto contatti con mafia, camorra e 'ndrangheta" viene tuttavia smentita da un servizio fotografico pubblicato in esclusiva nel prossimo numero de "L'espresso" e che qui anticipiamo. Il servizio documenta una cena elettorale svoltasi nell'aprile 2008 durante la quale il senatore Di Girolamo è ritratto in atteggiamento amichevole insieme al boss Franco Pugliese e questi, a sua volta, con Gennaro Mokbel (considerato l'ambasciatore delle famiglie mafiose calabresi nel potere politico romano): tutti coinvolti nella maxi inchiesta che vede implicati i vertici di Fastweb e Telecom. Tutti gli uomini della galassia di estrema destra di MARINO BISSO. E questo è niente: Processo Mills, oggi l'ultimo atto. Arriva la sentenza della Cassazione. Ma Bertolaso che fine ha fatto?? Le sue massaggiatrici, il numero due del PDL in tangente con il ginnico delle emergenze, tutta sta merda in prima pagina solo una settimana fa che cazzo di fine ha fatto?? Un articolo del "The New York Times" del 13 febbraio è passato quasi inosservato in Italia. Eppure è la campanella che segna la fine della ricreazione per l'economia italiana. Il titolo "Wall St. helped to mask debt fueling Europe 's crisis" (Wall Street ha aiutato a nascondere il debito pubblico europeo) riassume la tesi dei tre autori, L. Story, L. Thomas, N. Schwartz. Le banche americane e tra tutte la Goldman Sachs hanno permesso ad alcuni Paesi europei di nascondere il deficit di bilancio alla UE. La più esposta è la Grecia che ha sottoscritto con Goldman almeno due contratti di derivati "swaps" dai nomi mitologici Arianna e Eolo nel 2000 e nel 2001 per fare subito cassa in cambio di ipoteche sugli incassi futuri dalle tasse aeroportuali e dalle lotterie. Il governo greco classificò i contratti come vendite e non come prestiti (rischiosi) a lunga scadenza. Nessuno sa quanti di questi contratti sono stati stipulati e per quale entità.
Angela Merkel ha dichiarato che sarebbe uno scandalo se la Grecia avesse occultato il suo debito. Secondo l'agenzia
Bloomberg sono almeno 15 le banche che hanno accordato prestiti sotto forma di swap nei quali il rischio di controparte è a carico della Grecia. Con gli swap in sostanza vengono anticipate dalle banche delle somme di denaro in funzione di un evento che può o non può manifestarsi e (di solito) non si manifesta. Il cliente si ritrova quindi a dover ripagare il prestito con corposi interessi come sta avvenendo per molti Comuni italiani che si sono indebitati in questi anni. Lo swap serve a spostare più in avanti un debito che però, prima o poi, va pagato. E' come una carta di credito. Il problema si aggrava quando il debito non è dichiarato come tale e emerge all'improvviso dai bilanci degli Stati. La stessa cosa che avvenne con i subprime per le banche può avvenire con i derivati swap con gli Stati.
Le banche sono sempre alla ricerca di ottimi affari e gli Stati in procinto di affogare lo sono. Lo scorso novembre, con la Grecia in piena crisi, la Goldman Sachs è tornata ad Atene sul luogo del delitto per proporre di spostare con l'ennesimo strumento finanziario il debito della sanità nel futuro. La Grecia non ha accettato o, forse, non ha potuto accettare.
L'articolo cita anche l'Italia... "Gli strumenti sviluppati da Goldman Sachs, JP Morgan e da altre banche hanno permesso ai politici di mascherare i prestiti in Grecia, Italia e forse altrove" ... "Stati come l'Italia e la Grecia entrarono nella UE con un deficit superiore a quello permesso dal trattato che creò l'euro. Piuttosto che aumentare le tasse o ridurre la spesa, questi governi ridussero artificialmente il loro deficit con i derivati". Il debito pubblico della Grecia è di 298,5 miliardi di euro a fine 2009, un default greco trascinerebbe con sé anche molte grandi banche. L'economia greca vale comunque solo il 3% del PIL europeo. Un piano di intervento è possibile. La
vera minaccia alla stabilità economica europea secondo Robert Mundell, premio Nobel per l'Economia, è l'Italia. L'Italia ha circa 1.800 miliardi di euro di debito, sei volte la Grecia, un quarto dell'intero debito europeo e potrebbe essere oggetto di attacchi speculativi. I nodi stanno venendo al pettine, purtroppo per gli italioti di merda. Nel frattempo, tanto per RINCOGLIONIRE TUTTI, IL MERDOSO AL GOVERNO SI RUBA ANCHE LE PARTITE DI CALCIO....
la decomposizione del sistema che sta accelerando. La Protezione Civile e Fastweb/Telecom sono solo l'inizio. E' una vecchia generazione di ladri e di personaggi senza valori che ci sta lasciando aggrappata alla zattera delle leggi ad castam, delle omissioni e dei silenzi dei media, degli inciuci. I partiti sono arrivati a destinazione e non lo sanno ancora. Avranno un brutto risveglio. Ogni appiglio è buono per ritardare gli elicotteri, anche copiare (ma solo a parole) il Programma del MoVimento 5 Stelle. Dall'UDC di Cuffaro che vuole "onestà e trasparenza", agli impuniti del PDL che parlano di "liste pulite", alle anime morte del PDmenoelle con il no al nucleare e alle rinnovabili (con Bersanertor sponsor dell'acqua privatizzata e degli inceneritori).

Chiesto arresto per Scaglia e Di Girolamo

Il senatore del Pdl è coinvolto nell'indagine per via della sua elezione in un collegio all'estero favorita dalla 'ndrangheta
E il gip punta il dito contro Telecom Italia Spa: "O c'è stata omissione di controlli o piena consapevolezza"

 "Una colossale truffa allo Stato"  Chiesto arresto per Scaglia e Di Girolamo

Silvio Scaglia

ROMA - "Una delle più colossali frodi poste in essere nella storia nazionale". Così il gip di Roma nelle 56 ordinanze di custodia cautelare emesse su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, definisce l'operazione di riciclaggio di denaro sporco per un ammontare complessivo di circa due miliardi di euro scoperta dai carabinieri del Ros e dalle Fiamme Gialle. Tra gli ordini d'arresto anche quelli per Silvio Scaglia, il fondatore di Fastweb e per il senatore Nicola Di Girolamo (Pdl), eletto nella circoscrizione Estero-Europa. Indagato anche Stefano Parisi, amministratore delegato di Fastweb a partire dal primo novembre 2004. Il filone principale dell'indagine riguarda, oltre Fastweb, anche alti funzionari ed amministratori delle società Telecom Italia Sparkle. E il gip punta il dito contro Telecom Italia Spa: "O si è in presenza di una totale omissione di controlli all'interno del gruppo Telecom Italia Spa sulle gigantesche attività di frode e riciclaggio o vi è stata una piena consapevolezza delle stesse", dice il magistrato. La società risponde dicendo di essere "parte lesa" nella vicenda.
Scaglia latitante. Il provvedimento restrittivo per Scaglia, però, non è stato ancora eseguito perché l'imprenditore non è stato rintracciato dai carabinieri del Ros e dalla Guardia di Finanza. Scaglia, che in una nota inviata alle agenzie di stampa si dice estraneo a qualunque reato, ha dato mandato ai suoi difensori di concordare il suo interrogatorio nei tempi più brevi per chiarire tutti i profili della vicenda.
Telecom Italia Sparkle e Fastweb. Il filone principale dell'indagine riguarda alti funzionari ed amministratori delle società Telecom Italia Sparkle e Fastweb accusati, con riferimento a un arco temporale che va dal 2003 al 2006, di falsa fatturazione di servizi telefonici e telematici inesistenti, venduti nell'ambito di due successive operazioni commerciali dalle compagini italiane Cmc e Web Wizzard srl nonchè da I-Globe e Planetarium, che evadevano il pagamento dell'Iva per un ammontare complessivo di circa 400 milioni di euro, trasferendoli poi fraudolentemente all'estero, dove i soldi venivano reinvestiti in beni come appartamenti, gioielli e automobili.
Associazione per delinquere. Le accuse per tutti gli indagati sono di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e al reimpiego di ingentissimi capitali illecitamente acquisiti attraverso un complesso sistema di frodi fiscali. In manette anche un ufficiale della guardia di Finanza, Luca Berriola, attualmente in servizio al comando di tutela finanza pubblica, che avrebbe incassato una cospicua tangente su una delle operazioni di riciclaggio.
Il senatore Di Girolamo. Richiesta d'arresto anche per il senatore Di Girolamo. L'esponente del Pdl sarebbe collegato con alcuni degli indagati, che avrebbero favorito la sua elezione in un collegio all'estero. In particolare gli inquirenti fanno riferimento a una riunione tenuta dallo stesso Di Girolamo da Gennaro Mokbel (uno dei 56 arrestati) e da esponenti della famiglia Arena, nel corso della quale si concordò di sostenere la sua elezione, facendo confluire su di lui i voti dei calabresi in Germania. La 'ndrangheta riuscì a venire in possesso di moltissime schede elettorali, che compilò direttamente con il nome di Di Girolamo (circostanza che era già emersa da una precedente inchiesta: l'arresto di Di Girolamo era già stato chiesto nel 2008 alla Giunta delle autorizzazioni a procedere). In base alle accuse l'elezione di Di Girolamo doveva servire all'organizzazione criminale per spostarsi, senza problemi nell'ambito delle attività transnazionali di riciclaggio.
Di Girolamo: "Roba da fantascienza". "Stanno cercando di mettermi sulla croce. E' roba da fantascienza. Mi sento paracadutato in territorio di guerra. Mi sento nel frullatore", ha commentato il senatore all'Ansa. Appena rientrato in Italia Di Girolamo ha potuto leggere le notizie: "Domattina terrò una conferenza, probabilmente in Senato. Sono trasecolato", ha detto.
Di Girolamo ha replicato anche alle accuse di contatti con la 'ndrangheta. "Sono stato in Calabria, durante la campagna elettorale, a Pasqua, una sola volta, invitato dall'avvocato Colosimo per un incontro elettorale - ha detto - Se si vanno a consultare gli elenchi dei voti da me raccolti stilati dal ministero dell'Interno ci si accorgerebbe che io a Stoccarda, ho preso gli stessi voti che sono stati da me raccolti in altre città europee. Mi accusano anche di contatti con una realtà che ignoro completamente come quella della telefonia. Io, sì e no, so accendere il cellulare. Nulla di più. Mi sembra una situazione assurda, incredibile, al limite della realtà. Domattina risponderò punto per punto".
Richiesta di commissariamento. Sono indagate anche le società coinvolte, e la procura di Roma ha fatto richiesta formale di commissariamento di Fastweb e Telecom Sparkle. La richiesta di commissariamento è motivata dalla "mancata vigilanza" ed è stata fatta sulla base della legge 231 del 2001 che prevede sanzioni per quelle società che non predispongono misure idonee ad evitare danni all'intero assetto societario.
"Sapevamo delle accuse". "Swisscom sapeva delle accuse di riciclaggio e frode fiscale contro Fastweb quando la comprò nel 2007 e sapeva dei rischi a cui andava incontro", ha detto il capo ufficio stampa Josef Huber, aggiungendo che le accuse contro la società italiana erano di "dominio pubblico".
La struttura. Alcuni indagati sono raggiunti da un provvedimento restrittivo in Usa, Gran Bretagna (Scaglia) e Lussemburgo. Per realizzare la colossale operazione di riciclaggio, il sodalizio si è avvalso di società di comodo di diritto italiano, inglese, panamense, finlandese, lussemburghese ed off-shore, controllate dall'organizzazione indagata.
Il danno per lo Stato. Stando ai carabinieri del Ros e alla polizia valutaria della Guardia di Finanza, lo Stato avrebbe subito un danno per oltre 365milioni di euro derivanti dal mancato versamento dell'Iva, attraverso l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per più di 1.800.000.000 euro da parte delle società di telecomunicazione, che hanno ottenuto fittizi crediti Iva, oltre che un utile pari a quasi 96milioni di euro.
I beni sequestrati. Tra i beni sequestrati 247 immobili per un valore dichiarato di 48 milioni di euro; 133 autovetture e 5 imbarcazioni per un valore complessivo di 3.700.000 euro; 743 rapporti finanziari; 58 quote societarie per un valore di 1.944.000 euro; crediti nei confronti di Fastweb e Telekom Italia Sparkle per complessivi 340 milioni di euro circa; due gioiellerie (il valore degli immobili è calcolato in base a quanto dichiarato negli atti di compravendita). Il valore dei beni localizzati all'estero e colpiti dallo stesso provvedimento, ammonta a circa 15 milioni di euro.
L'ordinanza del gip. Secondo il gip è "una delle più colossali frodi poste in essere nella storia nazionale". Nell'ordinanza il magistrato arriva a questa conclusione valutando "l'eccezionale entità del danno arrecato allo Stato, la sistematicità delle condotte la loro protrazione negli anni e la qualità di primari operatori di borsa e mercato di Fastweb (Fweb) e Telecom Italia Sparkle (Tis)". L'obiettivo principale era creare "ingenti poste passive di bilancio dovute alle apparenti uscite di centinaia di milioni di euro in favore delle società 'cartiere'. Le ingenti somme di denaro apparentemente spese per pagare l'Iva in favore delle 'cartiere' consentivano a Fweb e Tis di realizzare 'fondi neri' per enormi valori". In sostanza, le somme sembravano spese per attività commerciali legittime e venivano riportate nelle uscite registrate nei bilanci societari ma questo movimento "serviva solo ad utilizzare liberamente il denaro incassato attraverso il pagamento dell'Iva versata dai clienti di Fweb e Tis che non era mai stato versato all' erario".
Il ruolo di Di Girolamo. Il gip sottolinea che il gruppo ha "realizzato un salto di qualità" riuscendo a far eleggere il senatore Nicola Di Girolamo, il quale "oltre ad essere uno dei promotori dell'associazione per delinquere, diveniva così un suo diretto esponente all'interno del Parlamento".
"L'estrema pericolosità del sodalizio criminale - scrive il gip - risulta evidente se si considera che esso disponeva di associati che svolgevano funzioni pubbliche, sia all'interno dell'amministrazione civile dello Stato che della polizia giudiziaria, e che ha realizzato un salto di qualità giungendo perfino a determinare l'elezione in Parlamento di uno dei promotori dell'associazione". Il tutto con l'ausilio del clan Arena.
"Terzo livello di associati". L'adesione al sodalizio di esponenti delle forze di polizia costituiva "l'ulteriore passo verso un 'terzo livello' di associati, che fosse rivestito delle pubbliche funzioni indispensabili ad assicurare i profitti dell'associazione". Questo avveniva sia con "attività di intralcio alle indagini che con diretta attività di collaborazione in cambio di elevatissime somme di denaro che costituivano il prezzo della corruzione". L'organizzazione, anche per l'abituale collaborazione con appartenenti alla 'ndrangheta (cui venivano intestati beni di lusso e attività economiche degli associati come nel caso di Franco Pugliese) è giudicata dal gip, nell'ordinanza di custodia cautelare, "tra le più pericolose mai individuate".
Telecom Italia Spa. Le modalità operative di Telecom Italia Sparkle (Tis) "pongono con solare evidenza il problema delle responsabilità degli amministratori e dirigenti della società capogruppo alla quale appartiene Tis, ossia Telecom Italia Spa". Nell' ordinanza il gip spiega che dal momento che Tis era la proprietaria dell' intera dorsale della rete di cui si avvale Telecom Italia ed è sostanzialmene la 'cassa operativa' del gruppo "è evidente che o si è in presenza di una totale omissione di controlli all' interno del gruppo Telecom Italia Spa sulle gigantesche attività di frode e riciclaggio o vi è stata una piena consapevolezza delle stesse".
La Borsa. L'indagine della procura di Roma ha provocato pesanti strascichi in Borsa. Il titolo della società fondata da Scaglia ha ceduto il 7,55% a 15,05 euro dopo aver toccato un minimo infraday di 14,2 euro. Vorticosi i volumi con 1 mln di pezzi passati di mano (pari all'1,26% del capitale) rispetto ad una media mensile di 57 mila. Telecom Italia ha ceduto invece il 2,87% a 1,083 euro con volumi inferiori alla media mensile. Sono infatti stati scambiati 106,2 mln di pezzi rispetto ad una media di 131,8 mln.

Mokbel, Colosimo, Andrini
La galassia di estrema destra

Mokbel, Colosimo, Andrini La galassia di estrema destra

Mokbel (a destra) con boss della 'ndrangheta Franco Pugliese

ROMA - C'è una galassia nera che ruota attorno agli affari oscuri del senatore Nicola di Girolamo, alla truffa da 2 miliardi delle compagnie di telefonia e al riciclaggio di capitali dell 'ndrangheta. Imprenditori, manager e avvocati con alle spalle una militanza nelle file dell'estrema destra e un presente "ripulito" grazie alle amicizie nel Popolo della Libertà, vicine al sindaco Gianni Alemanno, e sponsor di Renata Polverini nelle regionali nel Lazio. C'è innanzitutto Gennaro Mokbel, 50 anni, imprenditore della Camilluccia "già esponente dell'organizzazione eversiva di destra Terza Posizione" amico degli ex Nar, Francesco Mambro e Giusva Fioravanti. Tra le sue vecchie frequentazioni figura Antonio D'Inzillo, killer della Banda della Magliana e dei Nar. Per gli inquirenti è la mente dell'organizzazione criminale. Di lui, i pm dell'Antimafia Giancarlo Capaldo, Giovanni Bombardieri e Francesca Passaniti ne sottolineano la "straordinaria capacità di proporsi nei circuiti legali dell'economia con interessi nel settore dei diamanti estratti in Uganda".
Con le sue società produce i film del regista Stefano Calvagna e promuove i match del pugile Vincenzo Cantatore. Qualcuno giura di averlo visto in compagnia dell'ex avvocato di Berlusconi, Cesare Previti. I pm scrivono che Mokbel vanta di "disporre di finanzieri "affittati" e di essere stato "braccio destro" del generale della finanza Francesco Cerretta, consulente della commissione Telekom Serbia". Il presente di Gennaro Mokbel lo vede al fianco del senatore Di Girolamo. È lui a reclutare i voti dei calabresi in Germania vicini ai clan di Fabrizio Arena e Franco Pugliese. Una persona di sua fiducia con cui fa affari è Paolo Colosimo, avvocato vicino alla destra, difensore di Niccolò Accame, figlio dell'ex deputato Falco ed ex portavoce di Francesco Storace, nel processo Laziogate. Anche per Colosimo, ex legale anche dell'immobiliarista Danilo Coppola, viene chiesto l'arresto.

 

LA MERIDIONALIZZAZIONE DELL'ITALONIA

Tra Roma, L'Aquila e Firenze piccole "mosche del capitale" ronzano sulla gelatina della Protezione civile. Intanto, a Nord, i pezzi grossi del capitalismo si riorganizzano. Nel silenzio discreto dei salotti buoni, l'establishment continua a lavorare alla sua blindatura. Al centro dei giochi, ancora una volta, Cesare Geronzi.

cesare geronzi:cacciato nel 1982 DAL BANCO DI NAPOLI PER TRUFFA, approda ALLA CASSA DI RISPARMIO DI ROMA che si lega a doppio filo alle manovre dell'IRI di PRODI per la liquidazione DEL PATRIMONIO PUBBLICO ALLA FINE DEGLI ANNI OTTANTA.Tra queste proprietà c'è il BANCO DI SANTO SPIRITO. La Cassa di Risparmio di Roma NON HA I SOLDI NECESSARI PER ACQUISIRLA, quindi Prodi permette a Geronzi di prendersi la VENDITA DEGLI SPORTELLI DELLA CASSA DI RISPARMIO ALLA SANTO SPIRITO. Con i soldi della vendita Geronzi (!!!) acquisirà IL BANCO. nEL 1990 alla Cassa di Risparmio di Roma si unisce IL BANCO DI ROMA, che aveva aquisito la BANCA NAZIONALE DELL'AGRICOLTURA. Alla fine dei novanta è il turno DEL BANCO DI SICILIA,nel 2000 DELLA CASSA DI RISPARMIO DI REGGIO EMILIA E DI BRESCIA. Da tutte queste banche impastate Geronzi crea nel 2002 CAPITALIA. Come capo di Capitalia, Geronzi è coinvolto nell'emissione di bond FRAUDOLENTI CIRIO E NEL TRACOLLO ITALCASE (2006). Con la fusione nel 2007 di CAPITALIA CON UNICREDITO, GERONZI DIVIENE PRESIDENTE DI MEDIOBANCA SPA,L'EX BANCA DI CUCCIA. Della corrente andreottiana IPERTRASVERSALE, Geronzi vanta partecipazioni ne IL TEMPO, IN CLASS, NELL'UNITA', NE IL MANIFESTO, NELLA DISASTROSA CONCESSIONARIA PUBBLICITARIA MMP, liquidata nel 1997 per il 70% a carico dello stato. Nel 1996 VERSA AI DEMOCRATICI DI SINISTRA UN GETTONE DI PRESENZA DA 502 MILIARDI DI LIRE. Dal 2000 scattano invece i suoi IMPEGNI CALCISTICI:

Nel 2004 ha acquisito tramite Capitalia il 49% di Italpetroli, la società che controlla l'AS Roma con una quota del 67%, sfruttando la conversione in azioni di crediti per 35 milioni di euro. La banca deteneva inoltre un'opzione a salire al 51% nel caso il piano di risanamento della squadra non avesse successo ma, nel 2008, tale opzione è stata cancellata. Inoltre Capitalia è uno dei creditori della S.S. Lazio, dopo esserne stata anche azionista e averla salvata con un aumento di capitale. Accusato da Gaucci di essere stato responsabile del fallimento del PERUGIA DEL 2004.

LE BEGHE GIUDIZIARIE

  • Parmalat - Eurolat: Nell'ambito del processo per il crac Parmalat è indagato per usura aggravata e concorso in bancarotta fraudolenta. Per l'accusa Geronzi avrebbe costretto Tanzi ad accollarsi la società Ciappazzi, appartenenti al gruppo Ciarrapico. L'investimento sarebbe stato finanziato da Capitalia con tassi da usura.[5] Per il filone Eurolat, Geronzi è stato rinviato a giudizio per estorsione e bancarotta societaria il 5 aprile 2008.[6][7] Secondo l'accusa, Geronzi avrebbe imposto a Tanzi l'acquisto di Eurolat, società del Gruppo Cirio di Sergio Cragnotti ad un prezzo gonfiato, minacciando di chiudere gli affidamenti bancari. Gli atti del processo sono stati trasferiti da Parma a Roma il 20 giugno perché il reato contestato (estorsione in relazione alla vendita di Eurolat dalla Cirio alla Parmalat) sarebbe stato compiuto a Roma.[8][9]
  • Crac Cirio: il banchiere è indagato di frode riguardo l'emissione e collocamento dei 'bond' Cirio tramite Capitalia.[10]

Caso Telecom: frode fiscale operata dalla lussemburghese Bell (controllata da Hopa, la merchant bank di Emilio Gnutti partecipata anche da Geronzi).[13]

La fusione CAPITALIA/UNICREDITO da il via a BANCA UNICREDIT, la banca piu' grossa d'Italia. Unicredito e' la fusione negli anni novanta DEL CREDITO ITALIANO, ROLO BANCA, CASSA DI RISPARMIO DI MODENA, BANCA DEL MONTE DI BOLOGNA E RAVENNA, CASSA DI RISPARMIO DI VERONA,CASSA DI RISPARMIO DI TORINO, TRENTO E TRIESTE. Tutte queste banche si fondono nel 2002. Nel 2005 il Gruppo Unicredito lanciò l'OPA sulla tedesca HVB che a cascata prese l'austriaca BANK AUSTRIA che a sua volta controllava la polacca BHP,il maggiore istituto di credito polacco. L'amministratore delegato PROFUMO DI UNICREDITO nel 2006 firmava un accordo con il governo polacco per l'acquisizione di 200 sportelli Bhp. Nel 2007 la fusione con Capitalia con un rapporto di 1,12 azioni Capitalia per ogni azione Unicredito. Nasce UNICREDIT BANCA.

MEDIOBANCA. Era la banca di Cuccia, un istituto di credito industriale nato nel 1946 come finanziatore a medio termine, posseduto da credito Italiano e Banco di Roma. Banca con Cuccia per quasi 60 anni al centro di tutti i principali movimenti finanziari italiani, nel 2000 vede alla sua presidenza l'erede di Cuccia Maranghi. Come visto Banco di Roma confluì in Capitalia ed il Credito Italiano nel gruppo Unicredito. Questi due colossi finirono per esautorare il patto di sindacato che reggeva Maranghi che nel 2003 fu buttato fuori. Con la fusione del 2007 Unicredit prendeva oltre al suo 9% di Mediobanca anche la dote del 9% di Capitalia. Il nuovo patto sindacale vedeva Geronzi alla presidenza con Unicredit che cedeva ai nuovi "sindacalisti"il 9% della dote Capitalia. Mediobanca ha una rilevante partecipazione in GENERALI.

Ieri, a Milano, è stata una vorticosa giornata di incontri. Il presidente di Mediobanca ha ricevuto il ceo del Montepaschi Siena Giuseppe Mussari, appena designato al vertice Abi. Poi ha visto Diego Della Valle, patron del gruppo Tod's, membro del patto di sindacato di Piazzetta Cuccia e consigliere delle Generali. Subito dopo, nel suo ufficio è entrato il costruttore romano Pierluigi Toti, patron della Lamaro e titolare di un 5% della controllata Rcs. Nelle stesse ore, in attesa del faccia a faccia tra lo stesso Geronzi e Giovanni Bazoli (annunciato ieri da Repubblica e poi rinviato) il direttore generale di Mediobanca Renato Pagliaro (che è anche consigliere di Telecom) ha varcato la soglia di Cà de Sass, per un incontro con il ceo di Intesa Corrado Passera.

Che sta succedendo? Le partite in corso sono due. La prima riguarda Telecom, ed è la più complicata viste le difficoltà tecniche sorte intorno alla già decisa fusione con Telefonica, soprattutto a proposito del destino della rete che, se scorporata, ridurrebbe il gruppo italiano a una mezza scatola vuota e renderebbe meno conveniente l'operazione per gli spagnoli. La seconda partita riguarda il futuro prossimo della Galassia del Nord, cioè del centro di potere che ruota sull'asse Mediobanca-Generali, crocevia delle partecipazioni (incrociate e non) tra i maggiori gruppi industrial-finanziari del Paese: da Intesa a Rcs, da Telecom a Unicredit, da Fiat a Pirelli, da Fininvest a Ligresti. Su questo fronte, in queste ore si va consolidando il progettato "arrocco" di Geronzi. Il banchiere di Marino è sempre più in difficoltà per le sue vicende giudiziarie: mercoledì scorso l'ex direttore finanziario di Parmalat Fausto Tonna ha dichiarato in tribunale che il gruppo di Collecchio subì forti pressioni dalla Banca di Roma e dallo stesso Geronzi per acquistare Eurolat dalla Cirio di Sergio Cragnotti. A questo punto il suo trasloco a Trieste, sulla plancia di comando delle Generali, viene dato quasi per sicuro. Il tentativo dell'83enne Antoine Bernheim di resistere ancora per un anno è fallito. Persino Francesco Gaetano Caltagirone, sabato scorso, gli ha dato un "benservito" pubblico. È il segnale che l'operazione Geronzi è partita. In questa chiave vanno letti gli incontri di ieri a Piazzetta Cuccia: il sempiterno Cesarone della finanza nazionale ha avviato la sua "campagna elettorale" con i soci di Mediobanca.



Ma mentre per Geronzi alla guida delle Generali non ci dovrebbero essere problemi, qualche problema c'è per la "subordinata" che i Poteri Forti avevano in mente: Marco Tronchetti Provera presidente di Mediobanca. Su questo ulteriore giro di poltrone c'è più di un intoppo. Il primo intoppo si chiama Alessandro Profumo: il ceo delegato di Unicredit, socio principale con l'8,7% del capitale, ha detto a Milano Finanza sabato scorso che se ci fossero cambiamenti in Piazzetta Cuccia "non staremmo certo a guardare e faremmo valere il nostro ruolo di azionisti". Il secondo intoppo si chiama Mario Draghi: il governatore di Bankitalia non vede con favore il moltiplicarsi dei conflitti di interesse che si produrrebbe con il passaggio del controllato Tronchetti al vertice del controllante Mediobanca. Il terzo intoppo si chiama proprio Tronchetti: interrogato sul tema e fiutata l'aria non proprio favorevole per lui, dice lapidario "sto bene in Pirelli, altre ipotesi non esistono". Così Geronzi, che come dice un'autorevole fonte milanese "non può trasferirsi in Generali e poi prendere ordini da chi lo sostituirà in Mediobanca", avrebbe già preparato un "piano B". Il suo candidato per la poltrona che fu di Cuccia e di Maranghi sarebbe proprio Pagliaro, suo attuale direttore generale a fianco all'amministratore delegato Alberto Nagel nella complessa governance dell'istituto.

Ma anche questa candidatura non è così agevole da far ingoiare a tutti i soci del patto, e più in generale ad un sedicente Gotha finanziario abituato a considerare Mediobanca una "istituzione", che dunque richiede al suo vertice (con tutto il rispetto dovuto a Pagliaro) una figura "di più alto profilo". Così, secondo i rumors, i dubbi del "rito ambrosiamo" sarebbero superati dalle certezze del "rito romano". Se Pagliaro non superasse l'esame dei Poteri Forti, l'alternativa sussurrata in un orecchio allo stesso Geronzi dal suo storico padrino politico Gianni Letta sarebbe Lamberto Cardia. L'attuale presidente della Consob è amico intimo del Gran Ciambellano del berlusconismo. Scade nella prossima primavera, e stavolta gli sarà impossibile farsi allungare ulteriormente il mandato. Sarebbe perfetto, per presunta autorevolezza e per sicura tempistica, per un passaggio a Mediobanca. Chi meglio dell'ex controllore della Borsa italiana, per guidare un gigantesco ircocervo che riassume su di sé il controllo di mezzo listino azionario del Paese?

Un'operazione del genere suggellerebbe quella marcia del potere romano sulle roccaforti del Nord della quale si parla da settimane. Ma come sempre, quando si palesa un'avanzata capitolina del già onnipotente Gianni Letta si innesca subito una resistenza uguale e contraria nella truppa padana del governo. Giulio Tremonti, infatti, sta cercando un posto per Vittorio Grilli, stanco di guerra alla direzione generale del Tesoro. Gli aveva promesso la poltrona di governatore di Bankitalia, in caso di vittoria di Draghi nella corsa per la Bce. Ma non appena l'ipotesi è trapelata Lorenzo Bini Smaghi, membro del board della Banca centrale europea, ha fatto sapere che, semmai SuperMario raggiungesse l'ambita méta a Francoforte, il soglio di Via Nazionale spetterebbe a lui per ovvie ragioni: dal consiglio Bce, per statuto, non ci si può dimettere se non in presenza di un altro e più alto incarico istituzionale. Per questo, al Divo Giulio di Via XX Settembre sarebbe venuta in mente la suggestione: "dirottare" Grilli su Mediobanca. Il che, per questo capace grand commis dello Stato, sarebbe un fior di dirottamento.

Le manovre sono in pieno corso. Non è ancora certo quale sarà l'esito di questa guerra di posizione. Ma qui, nel campo di Agramante dell'anomalia italiana, si sta consumando l'ultimo, grande scontro di potere che mescola interessi economici e rendite politiche. Comunque vada a finire, sembra chiaro l'"utilizzatore finale": Silvio Berlusconi.

Il dato di dicembre. La flessione è la più marcata dall'inizio del confronto delle serie storiche
Nel settore auto un incremento dell'85,1% rispetto allo stesso mese del 2008

Produzione industriale -17,4% nel 2009
calo record, è il più forte dal 1991

"LE MOTIVAZIONI DI UN CROLLO DI SIFFATTE PROPORZIONI SONO DA RICERCARE ANCHE ALLA MancaNZA  nella maniera più assoluta al pari del Dodo, 4 o 5 secoli fa, della volontà in termini di governance politica di proteggere le risorse e le grandi opportunità che ha il nostro Paese, esclusivamente legate alla capacità di originare e creare prodotti che in nessun’altra parte del mondo esistono, noi italiani stiamo diventando una nuova razza di Dodi, di ingenui che accettiamo sommessamente questo destino che ci viene prospettato, è abbastanza ben definito ormai che c’è una volontà politica occulta, volta a una progressiva opera di deindustrializzazione del Paese e come dice Tito Boeri, da qui a 5, 6 anni avremo una perdita di potenziale manifatturiero tra il 40 e il 50%, significa milioni e milioni di posti di lavoro che in Italia non potranno più essere sostituiti! Auguro a tutti quanti che possa emergere e auguro anche a me stesso, dal basso, nei prossimi anni, una qualche forza, un qualche movimento popolare che si faccia forte nel difendere e soprattutto nel garantire la tutela di quella che è la grande risorsa che ha il Paese, che ha ancora forse per poco, da una parte il Made in Italy e dall’altra i distretti industriali che fino a un decennio fa, sono stati il vanto della intera industria in tutto il mondo!"

Produzione industriale -17,4% nel 2009  calo record, è il più forte dal 1991

ROMA - La produzione industriale nel 2009 è diminuita del 17,4% rispetto al 2008. Lo comunica l'Istat precisando che il calo corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 254 contro i 253 del 2008) è stato del 17,5%. Si tratta della diminuzione più forte dal '91, primo anno di confronto delle serie storiche.  A dicembre l'Istituto di statistica ha rilevato una diminuzione dello 0,7% rispetto a novembre e del 2,3% rispetto a dicembre 2008. Il calo tendenziale corretto per gli effetti di calendario è del 5,6%.

Nel 2009, considerando i dati corretti per gli effetti di calendario, il calo della produzione più consistente si è avuto sui beni intermedi (-24,9%) e sui beni strumentali (-21,2%). Per i beni di consumo la flessione è stata più contenuta (-6,9%) grazie a un calo della produzione dei beni non durevoli del 4,3% e a un calo per i beni durevoli del 17,8%. La produzione di energia ha registrato una diminuzione dell'8,9% sul 2008.

Tra i settori la flessione più forte l'hanno registrata la metallurgia (-28,1%) e la fabbricazione di macchinari (-28,7%) ma anche la fabbricazione di mezzi di trasporto (-25,2%). La diminuzione più contenuta è stata registrata dagli alimentari (-1,6%), mentre l'unico settore che ha registrato un aumento della produzione è la farmaceutica con un +2,8%.

Per quanto riguarda l'auto, a dicembre la produzione industriale è aumentata dell'85,1% rispetto a dicembre 2008. L'Istat precisa che l'aumento corretto per gli effetti di calendario è stato del 59,1%. Nella media annua 2009 si è registrato un calo della produzione auto rispetto al 2008 del 20,5% in termini grezzi e del 21,3% secondo il dato corretto per gli effetti di calendario.

Suicida l'ultimo giorno di lavoro
L'azienda l'aveva messo in cassa

Dramma del lavoro a Vinovo. Un giovane di 28 anni si è impiccato nel magazzino della cooperativa dove lavorava da tempo. L'azienda si occupava della manutenzione degli impianti alla spina di bevande e birra. E.V. , che rischiava la mobilità, avrebbe ricevuto l'indennità per 4 mesi grazie ad un accordo con la Regione Piemonte.

 

Un giovane di 28 anni, E.V., è stato trovato impiccato questa mattina all'interno di un magazzino a Vinovo (Torino). La motivazione del gesto potrebbe essere legata al rischio di perdere il posto di lavoro, considerata la situazione critica in cui versava l'azienda in cui lavorava. Nei giorni scorsi, infatti, la ditta aveva inoltrato domanda di messa in mobilità dei nove dipendenti garantendo la cassa integrazione per 4 mesi. In un biglietto indirizzato alla madre il giovane suicida chiede perdono, ma non aggiunge altro. A versare la cassa integrazione secondo un accordo sarebbe stata la Regione Piemonte che interviene nel caso di crisi in piccole aziende. 

A trovare il cadavere, in un locale in uso alla cooperativa Tecnodrink in via Cervinia, è stato (nella foto) uno dei soci della stessa, che fino a poco tempo fa installava spillatori per birra per il gruppo danese Carlsberg. Dall'inizio dell'anno il gruppo Carlsberg aveva interrotto il rapporto di lavoro con tutte le piccole cooperative che in Italia installavano gli spillatori, passando a un unico appalto con il gruppo Coca Cola. La Tecnodrink, così, si era trovata senza il suo unico committente e i suoi sette lavoratori, tra dipendenti e soci, erano rimasti senza stipendio. Da qualche tempo il ragazzo aveva manifestato cattivo umore per la situazione. Fino al gesto di disperazione di questa mattina. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Moncalieri.

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Allarme pensioni, Berlusconi
"Pesano sempre più sui bilanci degli Stati". LA CRISI NON PASSA, ANCHE TESTA D'ASFALTO VUOLE METTERE MANI ALLE PENSIONI PER TAGLIARE ULTERIORI RISORSE PUBBLICHE DOPO LA PROTEZIONE CIVILE - CHE SI TENTA DI FAR DIVENTARE SPA - SCUOLA, SANITA', E' IL TURNO DELLO STATO SOCIALE. SI PARTE DALLE PENSIONI.

 Allarme pensioni, Berlusconi "Pesano sempre più sui bilanci degli Stati"

BRUXELLES - "Al vertice europeo ho posto il problema dell'età pensionabile visto che c'è l'esigenza da parte di tutti. Le pensioni stanno pesando sempre più sui bilanci di tutti gli stati". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi, nel corso di una passeggiata nella capitale belga, parlando di alcuni temi posti al vertice europeo straordinario. Il presidente del Consiglio ha spiegato che la Ue non esclude "meccanismi di gradualità" per l'aumento dell'età pensionabile.

Proprio oggi la Corte dei Conti ha richiamato, nella relazione sulla gestione 2008, "l'esigenza di una riflessione sulla sostenibilità della spesa previdenziale obbligatoria, indebolita dalla caduta del Pil, e sui tempi di revisione del sistema". La Corte ha rilevato che i risultati positivi dell'Inps poggiano sulle due principali gestioni attive (parasubordinati e prestazioni temporanee) oltre che sugli apporti statali pari a un terzo delle entrate. E pertanto la tenuta dei saldi 2008 e 2009 "rimane esposta alla rallentata dinamica delle entrate contributive, alla marcata dilatazione strutturale delle pensioni e alla forte pressione delle prestazioni a sostegno del reddito".

Inoltre, la Corte ha ricordato che "la consistente risalita delle contribuzioni, collegata all'aumento di iscritti e di talune aliquote (per il lavoro dipendente) ha consentito nel 2008 un primo recupero della gravosa situazione deficitaria del comparto del lavoro dipendente, senza invertire l'andamento negativo di quello del lavoro autonomo". La Corte auspica anche un'approfondita rivisitazione dei singoli fondi dell'Inps, "assicurando la necessaria rispondenza tra contributi e prestazioni".

A rispondere al premier dall'Italia ci pensa il leader della Uil, Luigi Angeletti, secondo il quale l'accordo sulla riforma delle pensioni "è già stato trovato con l'esecutivo". Il riferimento è al collegamento, previsto dalla riforma condivisa in materia, tra l'età pensionabile e le aspettative di vita. Per Angeletti, quindi, " il capitolo riforme è chiuso". 

 

 

TUTTI DENTRO

Balducci e i suoi amici, la cricca degli appalti
Ville, escort, assunzioni e auto di lusso

Il capo della Protezione civile non disdegna i favori sessuali di una certa Francesca
"Oggi pomeriggio sono libero... Verrei volentieri per una ripassata"
di CARLO BONINI

Balducci e i suoi amici, la cricca degli appalti Ville, escort, assunzioni e auto di lusso

Guido Bertolaso

ROMA - Una "cricca dei banditi". Il gip di Firenze racconta la corruzione che ha governato gli appalti della Maddalena e la ricostruzione a L'Aquila. Le escort di Bertolaso e gli imprenditori che la notte del 6 aprile ridono pensando agli appalti.

Il sistema, scrive il gip Rosario Lupo, funzionava così: "Angelo Balducci e Fabio De Santis, pubblici ufficiali presso il Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri, incaricati della gestione dei "grandi eventi" (Mondiali di nuoto di Roma 2009, G8 della Maddalena, 150° anniversario dell'Unità d'Italia) insieme a Mauro Della Giovanpaola, pubblico ufficiale della struttura di missione per il G8 della Maddalena hanno asservito la loro funzione pubblica (alquanto delicata, attesi gli enormi poteri a loro concessi e i rilevantissimi importi di denaro e risorse a carico della collettività) in modo totale e incondizionato agli interessi dell'imprenditore Diego Anemone (e non solo). Tale asservimento veniva ben retribuito con vari benefit di carattere economico e non, anche di grande rilevanza patrimoniale: utilità indirizzate o direttamente ai tre pubblici ufficiali o a loro parenti o a soggetti a loro amici (in particolare Anemone e i suoi collaboratori si mettevano a disposizione dei tre, in particolare di Balducci per risolvere loro qualsiasi tipo di esigenza, anche la più banale)".

E il sistema, scrive ancora il gip, aveva un nome: "Gelatinoso". "Il caso in questione che ben potrebbe essere definito "storia di ordinaria corruzione" viene qui definito "gelatinoso". E non dagli investigatori ma dagli stessi protagonisti di tale inquietante vicenda di malaffare in una delle tante conversazioni telefoniche intercettate: "Il mio ragionamento è questo... Loro evidentemente stanno immersi in un liquido gelatinoso che è al limite dello scandalo" (...). Ma "sistema gelatinoso" non è l'unica definizione del Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Infatti la struttura cosiddetta della Ferratella (luogo dove ha sede il Dipartimento e di cui fanno parte Balducci, De Santis e Della Giovanpaola) viene definito - senza mezzi termini - dalle molto istruttive conversazioni telefoniche intercettate: "Cricca di banditi", "Banda di banditi", "Task force unita e compatta", "squadra collaudatissima", "combriccola", e i suoi componenti "bulldozer", "veri banditi", "gente che ruba tutto il rubabile", "persone da carcerare"".

Anche l'imprenditore Diego Anemone, del resto, a giudizio del gip, si dimostrava all'altezza della qualità della corruzione assicurata dal sistema in ragione del suo network di rapporti, a cominciare da quello con il Capo della Protezione civile e sottosegretario Guido Bertolaso: "È alquanto inquietante - si legge - che sussistano rapporti di collusione (che definire sospetti è mero eufemismo retorico) tra l'introdottissimo (nonostante la giovane età) Diego Anemone e il potente sottosegretario e capo della Protezione civile Guido Bertolaso (coinvolto nella gestione economica degli appalti aggiudicati con la normativa cosiddetta dei "grandi eventi") che, come risulta inequivocabilmente dalle intercettazioni telefoniche, frequenta spesso e volentieri Anemone e le sue strutture, per così dire, di "relax"".

Gli appalti e il prezzo della corruzione. Nell'elenco che ne fa il gip, sono almeno cinque gli appalti pilotati da Balducci e la sua "combriccola" della Protezione civile: "Lo stadio centrale del tennis del Foro Italico (Mondiali di nuoto Roma 2009); il Nuovo museo dello sport italiano di Tor Vergata (Mondiali di nuoto); il completamento dell'Aeroporto internazionale dell'Umbria Sant'Egidio di Perugia (Celebrazioni 150 anni Unità d'Italia); la realizzazione Palazzo della conferenza e area delegati (G8 Maddalena); la residenza dell'Arsenale (G8 Maddalena)". Il prezzo della corruzione sono ristrutturazioni di immobili, auto di lusso a sbafo, assunzioni di domestici e figli, favori sessuali con pagamento di escort a domicilio.

Balducci e i suoi amici, la cricca degli appalti Ville, escort, assunzioni e auto di lusso

Angelo Balducci



Scrive il gip: "Angelo Balducci: utilizzo di due utenze cellulari; personale di servizio nella proprietà di Montepulciano; uso di autovettura Bmw serie 5; messa a disposizione di Rosanna Thau (moglie di Balducci) di una Fiat 500; fornitura di mobili (un divano e due poltrone) per la proprietà di Montepulciano; esecuzione di lavori di manutenzione e riparazione negli immobili di Roma e Montepulciano; assunzione di Filippo Balducci (figlio di Angelo e della sua compagna Elena Petronela Buchila); messa a disposizione di Filippo Balducci di autovettura Bmw del valore di 71mila euro; lavori di ristrutturazione per l'appartamento di Filippo Balducci in via Latina a Roma con fornitura di materiali di arredo in legno e tessuti; viaggi a bordo di aerei privati; numerosi soggiorni su sua richiesta all'hotel Pellicano di Porto Santo Stefano; assunzione, su sua richiesta, di Anthony Smith e messa a disposizione di un'abitazione.

"Fabio De Santis: affidamento di lavori pubblici in subappalto a Marco De Santis; utilizzo di un'utenza cellulare; fornitura di mobili destinati alla sua abitazione; prestazioni sessuali a pagamento a Venezia (17 ottobre e 28 agosto 2008) e Roma (13 novembre 2008).

"Mauro della Giovanpaola: prestazioni sessuali a pagamento a Venezia tra il 17 e il 18 ottobre 2008; uso di un immobile con personale di servizio all'isola della Maddalena; messa a disposizione di tre autovetture Bmw; fornitura di mobili per la sua abitazione".

Bertolaso, il giovane Anemone, i contanti e i favori sessuali. L'iscrizione di Guido Bertolaso al registro degli indagati per concorso in corruzione ha - a giudizio del gip - un fondamento probatorio evidente. "Sono emerse dalle intercettazioni telefoniche conversazioni nelle quali il Bertolaso viene menzionato o è uno degli interlocutori (...) È emerso che lo stesso Bertolaso intrattiene rapporti diretti con l'imprenditore Diego Anemone con il quale si incontra spesso di persona e in previsione dei quali Anemone di attiva di persona alla ricerca di denaro contante, tanto che gli investigatori ritengono abbia una certa fondatezza supporre che detti incontri siano stati finalizzati alla consegna di somme di denaro a Bertolaso".

Il 23 settembre 2008 Anemone si sbatte per cercare 50mila euro in contanti in vista dell'incontro con il capo della Protezione civile, previsto per quella stessa sera. È l'unica traccia dell'ordinanza su un possibile passaggio di denaro. Ma non è chiaro, o quantomeno, gli investigatori non sono riusciti ad accertarlo, se effettivamente i due si vedano e se ci sia o meno consegna di contanti.

È certo al contrario che Guido Bertolaso goda dei favori sessuali messi a disposizione da Anemone. Il 21 novembre 2008 Bertolaso è al telefono con Simone Rossetti (il lenone di Anemone): ""Sono Guido, buongiorno... Sono atterrato in quest'istante dagli Stati Uniti, se oggi pomeriggio, se Francesca potesse... io verrei volentieri... una ripassata". "Perfetto". "Perché so che è sempre molto occupata... siccome oggi pomeriggio sono abbastanza libero, ti richiamo fra un quarto d'ora"". L'appuntamento viene fissato per le 16.

Una seconda prestazione sessuale è del 14 dicembre 2008 e ha luogo nel centro sportivo che è riconducibile Anemone ed è stato aggiudicatario della fetta più importante degli appalti per i Mondiali di nuoto 2009. "Tale prestazione - scrive il gip - è comprovata da intercettazioni con dialoghi del tutto espliciti e fortemente eloquenti e ha avuto luogo con una ragazza brasiliana presso il centro Salaria Sport Village".
Il 17 febbraio 2009, dalle 15 alle 16, Bertolaso è ancora allo Sport Village, per "fare terapia con Francesca", "per riprendermi un pochettino", "per uno dei soliti massaggi". Anemone lo aspetta fuori dalla cabina e al telefono si lamenta con il suo lenone perché il capo della Protezione civile tarda a congedarsi dalla massaggiatrice: "Mannaggia sto a morì de freddo".

Anemone, Balducci e la ricostruzione dell'Aquila. Le indagini - documenta l'ordinanza - accertano che Anemone "è di casa all'interno della Ferratella, dove oltre a Balducci, De Santis e Della Giovanpaola, ha rapporti con altri funzionari di rango minore che pure hanno piena consapevolezza dell'esistenza del "sistema gelatinoso": Maria Pia Forleo, Francesco Pintus e Fabrizio Ciotti. Fino al punto di alimentare una sorta di "cassa comune" per le piccole spese di rappresentanza". Naturalmente c'è dell'altro. A cominciare - scrive il gip - dai rapporti che si intrecciano tra Anemone e Balducci nella Erretifilm srl, società di produzione cinematografica che - come aveva scoperto un'inchiesta firmata da Fabrizio Gatti sull'Espresso del gennaio 2009 - vede come soci la moglie di Balducci (Rossana Thau) e la moglie di Anemone (Vanessa Pascucci).

L'11 aprile 2009, a pochi giorni dal sisma che ha devastato L'Aquila, Balducci, in una lunga conversazione con Anemone "fa pesare il fatto che si è fatto promotore per l'inserimento delle imprese di Anemone nei lavori post terremoto ("Ti rendi conto? Chi oggi al posto mio si sarebbe mosso?") ed esce allo scoperto pretendendo in cambio che il figlio Filippo goda di qualche ulteriore beneficio ("Tra qualche giorno compie 30 anni e io mi chiedo come padre: che ho fatto per lui? Un cazzo")". Filippo troverà una sistemazione.

D'altro canto, già il 6 aprile, in una conversazione tra gli imprenditori Francesco Maria De Vito Piscicelli, direttore tecnico dell'impresa Opere pubbliche e ambiente Spa di Roma, associata al consorzio Novus di Napoli e il cognato Gagliardi si capisce che c'è attesa per le mosse di Balducci sugli appalti: "Alla Ferratella occupati di sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito, non è che c'è un terremoto al giorno". "Lo so", e ride. "Per carità, poveracci". "Va buò". "Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto".
Le pressioni sulla stampa e il procuratore Toro

Nelle intercettazioni della primavera 2009 Anemone e Balducci discutono con grande preoccupazione delle inchieste di Fabrizio Gatti e dell'interesse di Annozero e di Milena Gabanelli (Report). Per provare a contenerle - si legge nell'ordinanza - muovono tale "Patrizio La Bella, amico del giornalista Gatti", che a sua insaputa li informa di quello che il cronista ha in animo di fare. Ma "i contatti tra gli indagati si fanno frenetici e fitti il 28 gennaio 2010, quando il quotidiano "La Repubblica" pubblica un'inchiesta a firma di Paolo Berizzi e Fabio Tonacci".

Gli indagati si muovono anche con Camillo Toro, commercialista e figlio del procuratore aggiunto di Roma Achille Toro, responsabile del pool dei reati contro la pubblica amministrazione (entrambi sono indagati). Il contatto con il magistrato e suo figlio è l'avvocato Edgardo Azzopardi ("Devo parlare con lui", dice a Camillo, che risponde: "Lascialo perdere che ce la vediamo noi"). Azzopardi il 17 dicembre 2009 parla con Toro e fissa un incontro di persona. Il 10 gennaio scorso parla con il figlio Camillo e lo esorta: "Assumi informazioni". Il 30 gennaio l'avvocato, al telefono, sembra aver avuto le informazioni: "Ci sono grossi problemi giudiziari in arrivo".
Malinconico e Masi

Il giovane Anemone rendeva felice anche Carlo Malinconico, in quel momento segretario generale alla presidenza del Consiglio e poi presidente della Fieg. "Su richiesta di Angelo Balducci l'imprenditore contribuiva all'organizzazione e pagamento di più soggiorni vacanza presso l'hotel "Il Pellicano" di Porto Santo Stefano". Naturalmente Malinconico non deve pagare un euro: "Mi raccomando, non è che si distraggono e gli fanno il conto". Anemone asseconda anche le richieste di Balducci perché assuma tale Anthony Smith, un tipo di Anacapri che Mauro Masi, direttore generale della Rai, gli aveva chiesto di sistemare.



 

CASSAZIONE: PARAGONO' PM A TEPPISTI, CONDANNATO CAPEZZONE

Aveva rilasciato dichiarazioni lesive 'dell'onore e della reputazione' del pm di Roma Carlo Lasperanza, titolare del fascicolo sull'omicidio di Marta Russo, parlando di 'comportamenti letteralmente teppistici di alcuni magistrati'. Per questo Daniele Capezzone, allora segretario politico dei Radicali, oggi portavoce del Pdl, e' stato condannato in via definitiva dalla Cassazione . (AGI)

 

Dossier Telecom, l'accusa di Cipriani
"Lavoravo per Tronchetti Provera. Parte il processo per i singoli imputati del caso telecom, dopo che la società ha patteggiato la pena"

Dossier Telecom, l'accusa di Cipriani "Lavoravo per Tronchetti Provera"

Marco Tronchetti Provera

ROMA  - "In molte occasioni il motivo delle indagini era quello di fornire elementi al presidente Marco Tronchetti Provera, che potessero essergli di aiuto in difficili trattative societarie; in affari che dovevano concludersi; nella gestione delle assemblee". Emanuele Cipriani, davanti al gup Mariolina Panasiti, chiama in causa il l'ex presidente di Telecom nel corso dell'udienza preliminare sui dossier illeciti Telecom. Affermazioni che hanno avuto come risultato la convocazione di Tronchetti Provera da parte del guo per il 26 febbraio.

"Se qualcuno ha ipotizzato che in realtà quelle attività investigative potessero essere in qualche modo dirette a ricattare il destinatario delle stesse, ebbene è stato clamorosamente smentito dagli esiti delle indagini che hanno rilevato come nessuno, e ribadisco nessuno fra i soggetti passivi delle stesse, è stato oggetto di richieste economiche e quant'altro da parte mia" continua Cipriani, sottolineando che "in questo senso il sillogismo è chiarissimo: se quelle investigazioni non occorrevano a me, ovvero a Tavaroli, evidentemente occorrevano a chi, nell'ambito delle società Pirelli e Telecom, me le aveva ordinate".


Cipriani non ci sta a passare per l'unico responsabile dell'intera vicenda. E rincara la dose: "Mi chiedo soltanto come si possa pensare che un'azienda mi liquidi fatture per svariati milioni di euro dal 1997 al 2004, per migliaia di pratiche senza avere il benché minimo riscontro circa l'effettività delle operazioni compiute: nessuno sa nulla di niente e sono soltanto io a dover pagare".

Nel memoriale di nove pagine letto da Cipriani, l'investigatore elenca alcune delle attività svolte per conto di Tronchetti Provera. Fornendo spiegazioni tra l'altro su una pratica "dove questi in vacanza a Montecarlo con la moglie Afef frequentava lo yacth del cittadino armeno Manoukian Vatche denominato 'Il signore della guerra' essendo noto ai servizi di intelligence di mezzo mondo come tra i più grandi trafficanti di armi pesanti. Situazione che scopriamo nel servizio di protezione in atto e che riferiamo puntualmente a Tavaroli che si catapulta dal dottore".

Il gup ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura. A quanto si apprende, sembra che ci siano gli estremi per la calunnia. Nell'ambito di questa inchiesta Marco Tronchetti Provera era stato sentito in passato come testimone. La scorsa settimana Telecom e Pirelli, coinvolte nella vicenda in base alla legge 231 sulla responsabilità dei soggetti giuridici, avevano presentato al giudice la richiesta di patteggiamento concordata con i magistrati.

 

Nuove rivelazioni di Ciancimino junior
"Mio padre intervenne per non far liberare Moro"

 

PALERMO  - "Nel 2000 mio padre mi disse che i cugini Salvo e l'on. Rosario Nicoletti, ex segretario della Dc siciliana, si erano rivolti a Salvo Lima dicendo di essere in grado di dare indicazioni sul luogo in cui era tenuto prigioniero Aldo Moro".
 
E' una delle ultime rivelazioni rese da Massimo Ciancimino ai pm di Roma confluite nel processo al senatore del Pdl Marcello Dell'Utri. Le carte sono state inviate alla Dda di Palermo perchè contengono anche dichiarazioni su Dell'Utri e i pm del capoluogo le hanno inviate al pg che sostiene l'accusa nel processo al senatore.

"In seguito - prosegue Ciancimino jr. - a mio padre era stato chiesto di impedire la liberazione dello statista dal segretario della Dc Zaccagnini attraverso Attilio Ruffini. Analoga richiesta gli era giunta da appartenenti a Gladio, nella cui struttura mio padre era inserito, e dai servizi segreti".
 
"Mio padre - conclude il testimone - mi ha detto di avere incontrato Pippo Calò che gli disse che era stato interessato per individuare il covo di Moro, attività che aveva svolto servendosi dei suoi amici della banda della Magliana e che aveva consentito di stabilire che Moro era in via Gradoli. Disse a Calò che non si sarebbe più dovuti intervenire per la liberazione.

Ciancimino: "Forza Italia è nata
grazie alla trattativa mafia-Stato"

Massimo Ciancimino torna in aula, al processo che vede imputato il generale Mario Mori di aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano, e accusa: "La trattativa Stato mafia proseguì anche dopo il 1992". Un pizzino di Provenzano diretto a Dell'Utri e Berlusconi.
di Salvo Palazzolo
Massimo Ciancimino
 

Massimo Ciancimino

"Nel 1994, l'ingegner Lo Verde, alias Bernardo Provenzano, mi fece avere tramite il suo entourage una lettera destinata a Dell'Utri e Berlusconi. Io la portai subito a mio padre, che all'epoca era in carcere: lui mi disse che con quella lettera si voleva richiamare Berlusconi e Dell'Utri, perché ritornassero nei ranghi. Mio padre mi diceva che il partito di Forza Italia era nato grazie alla trattativa e che Berlusconi era il frutto di tutti questi accordi".

GUARDA LA LETTERA DI CIANCIMINO A BERLUSCONI

Massimo Ciancimino torna nell'aula bunker di Palermo, al processo che vede imputato l'ex generale del Ros ed ex capo dei servizi segreti Mario Mori di aver protetto la latitanza del capomafia Bernardo Provenzano. Rispondendo alle domande del pubblico ministero Antonio Ingroia, il figlio dell'ex sindaco ha ripercorso il contenuto di un pizzino che ha consegnato nei mesi scorsi ai magistrati di Palermo.

"E' rimasta solo una parte di quella lettera - dice Ciancimino - eppure, fino a pochi giorni prima della perquisizione fatta dai carabinieri nel 2005 a casa mia, nell'ambito di un'altra indagine, il documento era intero. Ne sono sicuro. Non so cosa sia successo dopo".

In ciò che è rimasto nella lettera si legge: "... posizione politica intendo portare il mio contributo (che non sarà di poco) perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento onorevole Berlusconi vorrà mettere a disposizione le sue reti televisive". Il "triste evento" sarebbe stato un atto intimidatorio nei confronti del figlio di Silvio Berlusconi.

Massimo Ciancimino spiega: "Provenzano voleva una sorta di consulenza da parte di mio padre: questo concetto di mettere a disposizione le reti televisive l'aveva suggerito proprio lui a Provenzano, qualche tempo prima. Mio padre si ricordava di quando Berlusconi aveva rilasciato un'intervista al quotidiano Repubblica. Diceva che se un suo amico fosse sceso in politica lui non avrebbe avuto problemi a mettere a disposizione una delle sue reti".



Vito Ciancimino avrebbe poi rielaborato la lettera di Provenzano: Massimo Ciancimino ha consegnato questa mattina al tribunale il secondo foglio della bozza scritta dal genitore. "La lettera è indirizzata a Dell’Utri e per conoscenza al presidente del consiglio onorevole Silvio Berlusconi – spiega il testimone – io fui incaricato di riportarla a Provenzano. Poi non so che fine abbia fatto e se sia stata consegnata".

Insorge in aula l'avvocato Piero Milio, uno dei legali del generale Mori: "Cosa c'entrano questi argomenti con il processo, che si occupa della presunta mancata cattura di Provenzano nel 1995 a Mezzojuso, provincia di Palermo?". Il presidente della quarta sezione del tribunale, Mario Fontana, respinge l'opposizione e invita il pubblico ministero Ingroia a proseguire nelle domande: “ E' comunque importante accertare cosa sia avvenuto eventualmente prima o dopo”, dice.

Secondo la ricostruzione di Massimo Ciancimino, fatta propria dalla Procura, la trattativa fra mafia e Stato condotta durante le stragi del 1992 avrebbe avuto una "terza fase": "A Vito Ciancimino, nel rapporto con Cosa nostra, si sarebbe sostituito Marcello Dell'Utri”, è l'accusa del figlio dell'ex sindaco. Che aggiunge: "Mio padre mi disse che fra il 2001 e il 2002 Provenzano aveva riparlato con Dell’Utri".

La "bozza Ciancimino" ha un passaggio in più rispetto al documento sequestrato nel 2005. E’ scritto nel finale: "Se passa molto tempo e non sarò indiziato del reato di ingiuria sarò costretto ad uscire dal mio riserbo che dura da anni e convocherò una conferenza stampa". Chiede il pubblico ministero Nino Di Matteo: "Cosa sua padre minacciava di svelare?".

Risponde Ciancimino junior: "L’origine della coalizione che aveva portato in politica Silvio Berlusconi". Chiede ancora il pm: "A quando risaliva la bozza?". Ciancimino: "Il 1994-1995".

I SERVIZI SEGRETI Nell’audizione di Massimo Ciancimino torna il misterioso “signor Franco”, l’agente dei servizi segreti che secondo Ciancimino junior sarebbe stato in contatto con il padre e con Provenzano. “Dopo un’intervista con Panorama, in cui emergeva in qualche modo un mio ruolo nell’arresto di Riina, il signor Franco mi invitò caldamente a tacere e a non parlare più di certe vicende perché tanto non sarei mai stato coinvolto e non sarei mai stato chiamato a deporre. Cosa che effettivamente avvenne – accusa Ciancimino junior - visto che fino al 2008, quando decisi di collaborare con i magistrati, nessuno mi interrogò mai”. Anche durante gli arresti domiciliari Massimo Ciancimino avrebbe ricevuto una strana visita: “Un capitano dei carabinieri – dice il testimone – mi invitò caldamente a non parlare della trattativa e dei rapporti con Berlusconi”.

LA FINE DI DI PIETRO E L'INIZIO DEL GRANDE INCIUCIO D'ASFALTO. CESSA DI ESISTERE L'OPPOSIZIONE IN BERLUSCONISTAN

Di Pietro: "L'Idv è diventata maggiorenne
e adesso sogno la fusione col Pd". L'8% RACCOLTO ALLE EUROPEE DEL 2009 DA ALLA TESTA  ALL'EX MAGISTRATO. PER TESTA D'ASFALTO LA FINE DI UN INCUBO.

 

Di Pietro: "L'Idv è diventata maggiorenne e adesso sogno la fusione col Pd"

Luigi De Magistris e Antonio Di Pietro

ROMA - Si è aperto a Roma il primo congresso nazionale dell'Italia dei Valori. E anche se l'intervento del leader Antonio Di Pietro è previsto solo per domani, con una conferenza stampa a margine l'ex pm guadagna comunque la ribalta: "Per noi - annuncia - inizia l'età maggiorenne, sono orgoglioso di poter dire che ho fondato e portato alla maturità un partito nato spontaneamente". Una forza che ora punta a un risultato a due cifre. E sulle alleanze: "Vogliamo porci all'interno della coalizione di centrosinistra", e dunque "deve essere rafforzata l'alleanza con il Pd: il giorno che si possa arrivare ad una fusione tra Pd e Idv sarà un giorno molto importante".

In platea domani, ad ascoltare Di Pietro, ci sarà il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Mancherà invece l'Udc_ "Il congresso si apre senza la nostra delegazione perchè con il moralismo di Di Pietro non vogliamo avere nulla a che fare - dice Pier ferdinando Casini -. Se parlasse di noi sarei costretto a ricordargli i rapporti che da magistrato ha avuto con gli imputati". Un evidente riferimento alla foto che ritrae Di Pietro con l'allora dirigente dei servizi segreti, Bruno Contrada.

"Di Pietro terrà la barra dritta del partito e con lui mi sento sicuro - dice il presidente dei senatori del partito, Felice Belisario, tra gli oratori di oggi -. La destra italiana è come un gas nervino, che addormenta le coscienze e le uccide con un'informazione a pagamento". Dal capogruppo alla Camera Massimo Donadi arriva un tributo a Di Pietro e un affondo contro quell'aria "intrisa della polvere della menzogna e della disinformazione. Oggi è di nuovo il tempo delle macchinazioni, delle congiure e delle bugie".



Scontato l'esito finale del cogresso. Di Pietro non ha rivali. Ma il deputato campano Francesco Barbato si è candidato alla segreteria. Il perché lo spiega il parlamentare Antonio Razzi, primo firmatario della mozione a sostegno di Barbato: "Si schiera per fermare De Magistris". Ovvero quel l'ex pm di Catanzaro, oggi eurodeputato che propugna l'apertura alla sinistra radicale, ai no global, al 'popolo viola' per andare oltre l'Idv. De Magistris però dal palco è conciliante: "'E' inutile cercare di creare finti dualismi. Sui contenuti non ho visto divergenze che possano portare a cambiamenti di rotta. Ma è importante non reprime il dissenso interno". 

E nella conferenza stampa a margine del congresso, Di Pietro apre anche all'ipotesi di appoggiare Vincenzo De Luca nella corsa a governatore della Campania, magari a patto che il Pd in Calabria sostenga il suo candidato Filippo Callipo: "In Calabria e in Campania - spiega l'ex pm - sia io che il segretario del Partito democratico ci auguriamo che ci sia un punto di incontro. In Campania il Pd ha già fatto una scelta: spetta all'Italia dei valori decidere se può convenire, non convenire o convenire con dei paletti e delle clausole. Sarà il congresso a decidere".

 

"Processo breve sul binario morto
ora pensiamo alle Riforme". IL MONITO DI GIANFRANCA FINI, LA CAMERIERA IN SUB-MUTA DI BERLUSCONI PARLA DEL PROSIEGUO DELLA LEGISLATURA, TRA LEGGI AD PERSONAM, CRISI ECONOMICA ED INCULATE SUBACQUEE.

"Processo breve sul binario morto ora pensiamo alle Riforme"

ROMA -

Con Berlusconi il rapporto attraversa una fase di tregua, tanto che i due hanno avuto modo di parlarsi a lungo per telefono mentre il premier era in Israele e il presidente della Camera negli States (dove incontrava la triade "democrat" Biden, Pelosi, Kerry).
Proprio quando a Montecitorio infuriava lo scontro sul legittimo impedimento. Da lì dunque parte il ragionamento. Per Fini quella legge è un "prezzo giusto" da pagare per evitare uno scontro cieco tra istituzioni. "È un provvedimento necessario per staccare la spina dalle fibrillazioni e provare ad andare avanti. Queste sono le puttanate che ci tocca fare PER ACCONTENTARE IL MIO PADRONE. Adesso ci sarà ancora un mese e mezzo di campagna elettorale in cui i toni resteranno accesi, ma dopo il voto di marzo si aprirà una finestra di opportunità eccezionale: da qui al 2013 non ci saranno più elezioni e può davvero partire qualcosa di positivo ANCHE SE NON SO PROPRIO COSA CI SIA DI POSITIVO IN QUESTO MERDAIO".

E il processo breve? Per Fini sembra finito su un binario morto: "Giulia Bongiorno, la presidente della commissione giustizia, ha previsto audizioni fino a fine giugno. Poi arriverà l'estate... mi sembra chiara l'indicazione di marcia". SOLO CHE TUTTAVIA A FINE FEBBRAIO LA CASSAZIONE SI PRONUNCIA SU MILLS, SE DOVESSE ESSERE CONFERMATA LA SENTENZA IN SECONDO GRADO....Allora cosa fare? "Il legittimo impedimento è una legge-ponte, bisogna vedere questo "ponte" verso quale sponda porterà. Potrebbe essere l'immunità, ma personalmente non credo sia più possibile tornare a uno scudo come quello che c'era prima del '93. Vedremo, anche l'immunità ci sono molti modi di graduarla". Quello che a Fini preme è che non venga sciupata l'occasione di ripartire con il piede giusto: "Si può davvero tornare allo spirito che c'era all'inizio della legislatura. Almeno sulle questioni su cui siamo tutti d'accordo, penso al Senato federale e alla riduzione del numero dei parlamentari, sarebbe incomprensibile se non si andasse avanti".



Ora tuttavia incombe la campagna elettorale e Fini, da "co-leccaculo" del Pdl, tiene molto alla candidatura di Renata Polverini nel Lazio. "Renata deve recuperare un gap di notorietà, mentre Emma (Bonino, Fini le chiama entrambe per nome di battesimo. Ndr) è conosciuta da tutti. Ma la nostra coalizione è più avanti e penso che, alla fine, Renata recupererà il distacco. In ogni caso mi sembra che entrambe siano partite bene, c'è molto fair play. È la prima volta che in Italia si scontrano due donne in un'elezione così importante e, se riusciranno a non trasformarla in un'ordalia come facciamo noi maschi, sarà un esempio per tutto il sistema politico. Chiunque vinca, nulla sarà più come prima". Quanto all'apertura della Polverini sulle coppie di fatto, che ha causato molte polemiche nel Pdl, Fini sostiene che "Renata quelle cose le ha sempre pensate. Le hanno fatto una domanda e ha risposto, che doveva fare? E comunque anche l'elettorato cattolico, su questi temi "sensibili", è molto più avanti di quanto non si creda, lo dimostrano tutti i sondaggi".

Al Nord invece il problema è la Lega e il rapporto con il Pdl. "Un loro successo in Lombardia e Veneto è scontato, semmai si tratta di vedere se Roberto Cota riuscirà a far breccia nella borghesia di Torino, che è ancora legata ai valori e alla tradizione risorgimentale. Perché le elezioni in Piemonte si vincono a Torino.
Comunque io Bossi lo conosco bene, in questa legislatura ha un solo interesse strategico: portare a casa i decreti attuativi del federalismo fiscale. Sono cose complesse, che hanno bisogno del massimo di stabilità politica. Sono certo che, anche nel caso stravinca, non abbia interesse a "scuotere l'albero". Gli serve che la legislatura prosegua tranquilla per iniziare alla chetichella la distruzione della parvenza di unità d'Italia per trasformare il sud in una discarica senza soldi". Anche per questo, rivela Fini, la Lega spingeva per assegnare la presidenza della "bicameralina" sul federalismo fiscale a un esponente del Pd: "Era una bella idea. Eravamo già d'accordo sul nome, Schifani e io avremmo indicato Linda Lanzillotta. Ma lei è passata all'Api di Rutelli e l'operazione è saltata". La presidenza è poi stata data a Enrico La Loggia del Pdl e il Pd ha annunciato le dimissioni in massa dalla commissione. Ecco, il Partito democratico. Fini ne osserva con una certa preoccupazione le lacerazioni interne, teme che possa venir meno uno dei pilastri su cui si regge il bipolarismo. "Ho visto molte difficoltà e scontri interni per le primarie. C'è la Puglia, l'Umbria... me ne rammarico, perché se il progetto del Pd va in crisi è chiaro che ripercussioni potrebbero esserci su tutto il sistema. Compreso il Pdl". Se si parla di una possibile crisi del bipolarismo, il discorso finisce inevitabilmente su Pier Ferdinando Casini, che su quella scommessa ha investito tutto il suo capitale politico. "Per lui - ragiona Fini - la scelta più difficile è stata andare da solo alle Politiche, mentre alle Regionali ha fatto valere un principio semplice: niente alleanze al Nord con la Lega, niente alleanze al Sud dove c'è la sinistra estrema. Al prezzo della perdita di un assessorato in Lombardia e uno in Puglia, ha reso chiara la sua scelta agli elettori". Il bipolarismo si difende anche con una legge elettorale diversa, che magari restituisca agli elettori il potere di scegliere la rappresentanza parlamentare. Fini al momento è prudente: "Certo, ce ne sarebbe bisogno. Ma la riforma elettorale è una tipica materia da fine legislatura anche perché, una volta che è stata approvata, le Camere vengono sciolte".

L'airbus dell'aeronautica militare sta quasi per atterrare. Fini si aggiusta con orgoglio i gemelli con l'aquila presidenziale, regalo del vice di Obama, Joe Biden. E, prima di eclissarsi nella zona Vip dell'aereo, torna ancora una volta su John Kerry: "
A lui piace molto il kitesurf e mi ha chiesto delle immersioni subacquee. Gli ho raccontato di quanto sono andato con il ministro Fazio e mio fratello a Lampedusa A farmi inculare a sessanta metri di profondità. Io mi sono fermato dopo un paio di ore perchè non ce la facevo più di essere sfondato..."

 

 

AVANZA L'IMPASTAMENTO ALL'ITALIOTA. CANDIDATURE REGIONALI, DOPO VICERE' DI LOMBARDIA, INQUISITI PER MAFIA IN CAMPANIA, GENTE SOTTO DUE PROCESSI PENALI, ECCO IL LABORATORIO ALLA VENETA:

Elezioni, Orsoni convince Casini
sì all'alleanza con Rifondazione

Via libera dell’Udc nazionale al laboratorio Venezia. L'accordo dopo l'incontro a Roma tra il candidato sindaco del centrosinistra Giorgio Orsoni e il leader del partito Pier Ferdinando Casini. Della coalizione faranno parte per la prima volta oltre al Pd e agli alleati socialisti, verdi e CARTELLO della sinistra, anche i centristi dell’Udc

di Alberto Vitucci

Pier Ferdinando Casini

 

Pier Ferdinando Casini, QUELLO CHE C'ENTRA IN UN GABINETTO

VENEZIA. Via libera dell’Udc nazionale al laboratorio Venezia. Il candidato del centrosinistra Giorgio Orsoni ha incontrato a Roma il leader del partito Casini. Incontro ufficioso, ma dal vertice dei centristi è arrivato l’ok. Una linea già intrapresa dal partito veneziano, dopo che le richieste di Ugo bergamo erano state rispedite al mittente dal candidato del centrodestra Renato Brunetta. Accordo fatto, dunque. E domattina a Ca’ farsetti Orsoni scioglierà le ultime riserve e presenterà la sua alleanza e il programma definitivo. Della coalizione faranno parte per la prima volta oltre al Pd e agli alleati socialisti, verdi e della sinistra, anche i centristi dell’Udc. Un laboratorio quasi unico in Italia. E un segnale di rinnovamento che il candidato vincitore delle primarie del centrosinistra intende lanciare per cominciare la sua corsa contro l’avversario Brunetta.

Intanto il PD esprime «grande apprezzamento» per il lavoro svolto in questi giorni da Orsoni. «Il nostro candidato», dice il segretario Alessandro Maggioni, «lo hanno scelto 13 mila cittadini, il loro lo ha deciso il capo. Il profilo autorevole di Orsoni è senz’altro quello giusto per costruire un nuovo rapporto con l’Udc, con Rifondazione, con alcune liste civiche. Un progetto che consentirà a Venezia di avvalersi delle più alte esperienze e delle migliori professionalità».

Ultime ore per limare il programma e decidere chi potrà appoggiare Orsoni al primo turno. Sembra ormai tramontata l’ipotesi di alleanza con le civiche mestrine «Una grande città» e «Civica per Mestre di Giampaolo Pighin». Entrambi hanno avanzato richieste giudicate «eccessive» dal candidato. Verso destra si schiera la civica 585 dell’ex leghista Nicola Bottacin, autonome quelle di Indipendenza veneta (Albert Gardin) e Cinque stelle (Beppe Grillo). Potrebbe schierarsi con Orsoni il Movimento civico di Augusto Salvadori. Sempre con Orsoni è il movimento «Venezia metropoli sostenibile», che insieme a Fondamente ha deciso di schierarsi conn il centrosinistra e nella campagna per le primarie ha appoggiato Gianfranco Bettin. Una campagna elettorale che entrerà nel vivo a partire da sabato, in concomitanza con l’avvio del Carnevale.

 

Riforma Gelmini: indirizzi di studio ridotti e tagli vari. Ben 8 miliardi di euro di tagli, 17.000 cattedre, una tempesta di persone per il Personale ATA. Una riforma da Medioevo per una scuola pubblica ridotta ai minimi ALLO SCOPO DI FAR CRESCERE LE PARIFICATE PRIVATE CHE RICEVONO ALTRESI' SOLDI PUBBLICI!!! L'ULTRA FETISH GELMINI MILLANTA CAMBI EPOCALI QUANDO IN REALTA' SIAMO ALLA DISTRUZIONE DELL'OSSATURA CULTURALE NAZIONALE A FAVORE DI UNA ISTRUZIONE PER ELITE.

Indice
Riforma Gelmini: indirizzi di studio ridotti e tagli vari.
Le novità della riforma Gelmini
Altre novità complessivamente introdotte dalla riforma
La nuova organizzazione dei licei:
Tutte le pagine

Decreto Gelmini riforma scuola superiore Il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, insieme al Premier Berlusconi, hanno presentato una riforma delle scuole superiori che vede la drastica riduzione degli indirizzi di studio. Le novità verranno introdotte dal prossimo anno scolastico, 2010.

Rispondendo alle critiche del Partito Democratico, la Germini ha risposto che: «La sinistra è allergica alle riforme e rappresenta solo la conservazione e la difesa ad oltranza dell’indifendibile la scuola cambia e non sarà più un ammortizzatore sociale».

Leggiamo dal sito http://nuovesuperiori.indire.it/
 

"Il numero delle ore di lezione si riduce in tutti gli indirizzi per venire incontro alle esigenze degli studenti, oberati da un carico di ore e materie spesso eccessivo, e alle indicazioni degli organismi internazionali (OCSE). Dunque un quadro orario più snello (si tratta di ore effettive di 60 minuti anziché di 50 come nel precedente ordinamento) che garantisce la giusta autonomia e flessibilità alle scuole (20% nel biennio iniziale e nell’ultimo anno, 30% nel secondo biennio, e ancora di più, fino al 40%, negli istituti professionali), inteso ad avvicinarsi alla scuola di altri paesi europei."
 

Ottimista il Presidente del Consiglio che ha assicurato: «Con queste riforme dal prossimo anno scolastico avremo delle scuole che potranno essere comparate a quelle dei Paesi europei più avanzati»; per il ministro, ad esempio riducendo le ore di lezione sarà possibilie migliorare la qualità della scuola, per questo ha promesso di uniformare i quadri orari a quelli dei paesi che hanno raggiunto i migliori risultati nelle classifiche dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) come la Finlandia, 856 ore all’anno. I ragazzi italiani invece a 15 anni passano a scuola 1.089 ore contro una media europea di 977.

L'evento è stato definito epocale, perché il mondo dell’istruzione superiore non vedeva cambiamenti così radicali da parecchio tempo, e precisamente dal 1923, quando a modificare i licei ci pensò il filosofo e pedagogista italiano Giovanni Gentile, insieme a Benedetto Croce uno dei maggiori esponenti dell'idealismo, e un importante protagonista della cultura italiana nella prima metà del XX secolo.

 

Centrali nucleari, il governo impugna il 'no' di QUATTRO Regioni.Clamoroso braccio di ferro tra governo centrale e regioni, quest'ultime si appellano ad un referendum del 1987 che aveva sancito il no dell'italia al nucleare.

Il Cdm ha deciso di portare alla Corte costituzionale le leggi di Campania, Basilicata, Puglia E SICILIA che negano la possibilità di costruire impianti sul loro territorio

Sondaggio 

 

IMPIANTI HI-TECH 

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Centrali di terza generazione

Ecco i progetti, la prima costruzione forse al Nord

 

NO DELLA SICILIA 

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L'isola dice No al nucleare

L'assemblea regionale compatta: niente centrali sul territorio

 

Il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale le leggi regionali di Puglia, Basilicata e Campania che impediscono di costruire centrali nucleari sul loro territorio. Una scelta fatta dall'esecutivo su proposta del ministro dello Sviluppo Claudio Scajola d'accordo con il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto.

"L'impugnativa delle tre leggi è necessaria per questioni di diritto e di merito - ha affermato Scajola - In punto di diritto le tre leggi intervengono autonomamente in una materia concorrente con lo Stato (produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica) e non riconoscono l'esclusiva competenza dello Stato in materia di tutela dell'ambiente della sicurezza interna e della concorrenza (art. 117 comma 2 della Costituzione)". "Non impugnare le tre leggi - ha continuato il ministro - avrebbe costituito un precedente pericoloso perché si potrebbe indurre le Regioni ad adottare altre decisioni negative sulla localizzazione diinfrastrutture necessarie per il Paese". 

A dire no al nucleare era stata anche tutta la Conferenza delle Regioni, che la scorsa settimana aveva bocciato, con un parere non vincolante, lo schema di decreto legislativo per l'individuazione dei siti dei nuovi impianti. Non avevano votato a favore Veneto e Friuli Venezia Giulia, e la Lombardia si era astenuta.

Sette regioni poi, Toscana, Piemonte, Calabria, Liguria, Umbria, Emilia Romagna e Lazio, a settembre avevano fatto ricorso alla Corte costituzionale contro la legge sviluppo contestando la norma contenuta nel testo in base alla quale il governo può decidere da solo dove collocare nuovi impianti nucleari nel caso in cui non si raggiunga un'intesa con gli enti locali.

 

Telecom e Pirelli patteggiano
sulla vicenda dei dossier illegali. SGANCIATI 7 MILIONI DI EURO PRIMA DELLA SVENDITA A TELEFONICA, IL COLOSSO SPAGNOLO. DOPO ALITAlia ecco un'altra svendita del supermercato italia.

ROMA - Con la richiesta di patteggiamento, Telecom e Pirelli chiudono con la vicenda dei dossier illegali, che ha al centro l'ex capo della security delle due società, Giuliano Tavaroli e per la quale le due aziende sono finite imputate in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. Oggi, alla ripresa dell'udienza preliminare che si sta celebrando davanti al gup di Milano, Mariolina Panasiti, la posizione delle due società dovrebbe essere stralciata. L'istanza di patteggiamento, di cui dà notizia oggi il Corriere della Sera, è stata depositata in Tribunale sabato mattina scorso e porta Telecom e Pirelli a rinunciare al processo breve, qualora dovesse entrare in vigore.

Nell'accordo raggiunto con la Procura di Milano, in particolare con i pm Nicola Piacente e Stefano Civardi, le due società, che in totale verseranno 7 milioni di euro, si sono viste riconoscere dalla magistratura, da un lato, l'assenza di responsabilità, dall'altro l'adozione dei modelli organizzativi imposti dalla legge 231 del 2001 e la piena collaborazione alle indagini. In passato sono stati presentati agli inquirenti sei esposti con al centro le attività interne 'sospette' e commesse, usando le strutture delle società, da Pier Guido Iezzi, l'ex capo della sicurezza di Pirelli, Tavaroli e dall'ex capo della security informatica Fabio Ghioni e dal Tiger Team.

Riguardo alla cifra che verrà versata, quella che riguarda il capo di imputazione a carico delle due "persone giuridiche", ammonta in totale a 1 miliardo e 250 mila euro: 750 mila euro sono destinati alla Presidenza del consiglio e ai ministeri dell'Interno, delle Finanze e della Giustizia. Cifra, questa, a cui bisogna aggiungere 400 mila euro a titolo di sanzione pecuniaria e 100 mila euro come confisca del profitto del reato. Il resto della somma, fino ai sette milioni totali, verrà pagata ai molti dipendenti che sono stati oggetto di 'monitoraggio' da parte di Tavaroli&C: si tratta di una sorta di "contributo volontario", circa 3 mila euro a ciascuno, che le due aziende hanno ritenuto di dover pagare per rinsaldare il rapporto di fiducia.



I vertici di Pirelli e Telecom - i "silenzi colpevoli" della quale chiede conto oggi su Affari e Finanza Paolo Gentiloni, responsabile della Comunicazione del Pd - non sono coinvolti dal punto di vista giudiziario, ma sono finite indagate in qualità di persone giuridiche in relazione al reato di corruzione ipotizzato nei confronti di Tavaroli e Iezzi, ma nello stesso tempo sono parti lese per quello di appropriazione indebita contestato agli imputati. Infine, c'è da registrare che tra i vari patteggiamenti chiesti nei mesi scorsi c'è anche quello di Tavaroli: aveva concordato con i pm 4 anni e 6 mesi di reclusione (ai quali bisogna levare i mesi già trascorsi in carcere e tre anni di indulto) e la messa a disposizione di 70.000 euro a titolo di profitto confiscabile.

 

 

Mediolanum, 50 promotori indagati
fatture false per 10 milioni di euro

Mediolanum, 50 promotori indagati fatture false per 10 milioni di euro

Milano - Cinquanta promotori finanziari di Mediolanum sono indagati per evasione fiscale dalla procura della Repubblica di Milano. Venerdì scorso è stato perquisito lo studio del commercialista Marco Baroni, il consulente dei promotori finanziari. Il suo nome è stato fatto da Giovanni Guastalla, il commercialista svizzero arrestato per riciclaggio e associazione per delinquere nell'ambito di uno dei tronconi di indagini relative alla società Italease. Le fatture riferite a operazioni inesistenti sarebbero state emesse, secondo l'accusa, tra il 2006 e il 2009.

L'inchiesta a carico dei promotori finanziari di Mediolanum (società che conta tra i suoi principali azionisti il Gruppo Fininvest), nasce dagli accertamenti compiuti su Guastalla. Secondo quanto ipotizzano i magistrati, il fiduciario elvetico avrebbe emesso fatture per un ammontare complessivo di 10 milioni di euro a favore dei promotori finanziari di Mediolanum per operazioni inesistenti. Gli indagati hanno in comune come commercialista Baroni, il quale aveva un contratto di consulenza con Mediolanum per i suoi promotori. Nell'inchiesta sono finiti anche una trentina di clienti della società.

Mediolanum fa comunque sapere di essere estranea in quanto società: l'indagine riguarda cioè i singoli promotori finanziari, che hanno comunque  teoricamente ancora tempo per sanare le fatture emesse nel 2009, con la prossima dichiarazione dei redditi.

 

 

Processo Mediaset, Berruti assolto
dalle accuse di riciclaggio

Processo Mediaset, Berruti assolto dalle accuse di riciclaggio

MILANO - Il tribunale di Milano, in uno stralcio del processo per i fondi neri Mediaset, ha assolto il parlamentare del Pdl Massimo Maria Berruti, uomo molto vicino al premier Silvio Berlusconi. Il deputato era accusato di riciclaggio.

Secondo il pm Fabio De Pasquale - che aveva chiesto cinque anni di reclusione - Berruti era il procuratore e il beneficiario economico del conto 'Jasran', tra quelli su cui sarebbero confluite somme derivanti da presunte irregolarità da parte di Mediaset nella compravendita di diritti televisivi e cinematografici. Per questa vicenda è in corso un processo che vede imputati, tra gli altri, Silvio Berlusconi e il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e nel quale la prossima udienza è prevista il primo marzo.

Il legale dell'imputato, Giorgio Perroni, ha sempre sostenuto che, in realtà, il beneficiario economico del conto era un suo collaboratore, Danilo Pezzoni, commercialista, morto nel 2000. "Berruti in questo processo non esiste", aveva detto l'avvocato, sollecitando l'assoluzione.

Il verdetto dei giudici dell'ottava sezione penale è arrivato dopo un'ora di riunione in camera di Consiglio. L'assoluzione con formula piena riguarda i fatti successivi al 1994: per i reati che sarebbero stati commessiprima di questa data, il collegio dei giudici ha dichiarato il ''non doversi procedere'' per la prescrizione.

Dopo la pronuncia della Corte, Berruti ha espresso tutta la sua "soddisfazione" per la sentenza: "Finalmente è emersa la verità, già in primo grado - ha detto - ci sarà probabilmente un secondo grado, perchè il pm presenterà appello, ma io voglio farmi giudicare. Non voglio che si arrivi alla prescrizione, perchè io non ho commesso quei fatti".

 

Perde lavoro e si dà fuoco: morto

Bergamo, vittima un operaio 36enne

 

E' morto al Centro grandi ustionati di Verona l'operaio bergamasco di 36 anni che sabato mattina a Brembate (Bergamo) ha cercato di togliersi la vita cospargendosi di benzina e dandosi fuoco. Nonostante l'intervento di una donna, che ha utilizzato un piccolo estintore, l'uomo aveva riportato gravi ustioni su oltre il 95% del corpo. A spingere il 35enne a compiere il drammatico gesto sarebbe stata la depressione causata dalla perdita del lavoro.

Soltanto l'immediato intervento di alcuni passanti e dei soccorritori aveva strappato alla morte l'operaio, che, però, a neppure 24 ore dal ricovero, non ce l'ha fatta. L'uomo era impiegato in una ditta di Zingonia (Bergamo) che è fallita un paio di mesi fa, costringendolo a casa. 

Sabato mattina intorno alle 10 il 36enne - che viveva a Bergamo insieme alla moglie - ha raggiunto a bordo della sua auto la zona industriale di Brembate, poi è sceso dall'abitacolo, ha afferrato una tanica di benzina, se l'è rovesciata addosso e si è dato fuoco.

Maestra trevigiana diventa pornostar
"Stanca del lavoro precario"

Dopo dieci anni di insegnamento, la quarantenne Michela, nome d'arte Michelle Liò, ha deciso di buttarsi sull'hard e interpretare film a luci rosse. "Ero stufa di aspettare una supplenza"

Michelle Liò

 

Michelle Liò

TREVISO- "Meglio pornostar che maestra precaria". Ha svoltato, Michela, quarantenne trevigiana che, nome d'arte Michelle Liò, ha deciso di buttarsi sull'hard e interpretare film a luci rosse. Il motivo lo spiega lei stessa: "Ero stufa di aspettare una supplenza. Però questo non vuol dire che si possano fare certi film solo per soldi. Bisogna esserci portati, bisogna scoprirsi un talento".

Michelle ha in uscita ben cinque film porno, ben 16 ore di girato. Fra qualche giorno metterà in vendita il primo video al sexy shop "de Sade", di Treviso.

Il lavoro a scuola è ormai solo il passato: "Sì, un passato durato 8-10 anni - racconta - in cui sono stata insegnante di bambini dai 3 agli 11 anni. Mi piaceva e con bimbi e genitori avevo un buon feeling e ottimi riscontri: sono stata una buona maestra".

Treviso continua a far parlare di sè per vicende pruriginose che richiamano il glorioso "Signore e Signori" di Pietro Germi. Dopo gli ex operai che, alla Full Monty, hanno aperto una catena di sexy shop, dopo la "pornononna" che ha fatto parlare di sè per le lettere focose a un vicino quarantenne, ecco l'ultima della serie: l'ex maestra supplente che, stufa di fare la precaria a vita, si butta sul mercato del porno.

Telecom e Pirelli patteggiano
sulla vicenda dei dossier illegali. SGANCIATI 7 MILIONI DI EURO PRIMA DELLA SVENDITA A TELEFONICA, IL COLOSSO SPAGNOLO. DOPO ALITAlia ecco un'altra svendita del supermercato italia.

ROMA - Con la richiesta di patteggiamento, Telecom e Pirelli chiudono con la vicenda dei dossier illegali, che ha al centro l'ex capo della security delle due società, Giuliano Tavaroli e per la quale le due aziende sono finite imputate in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. Oggi, alla ripresa dell'udienza preliminare che si sta celebrando davanti al gup di Milano, Mariolina Panasiti, la posizione delle due società dovrebbe essere stralciata. L'istanza di patteggiamento, di cui dà notizia oggi il Corriere della Sera, è stata depositata in Tribunale sabato mattina scorso e porta Telecom e Pirelli a rinunciare al processo breve, qualora dovesse entrare in vigore.

Nell'accordo raggiunto con la Procura di Milano, in particolare con i pm Nicola Piacente e Stefano Civardi, le due società, che in totale verseranno 7 milioni di euro, si sono viste riconoscere dalla magistratura, da un lato, l'assenza di responsabilità, dall'altro l'adozione dei modelli organizzativi imposti dalla legge 231 del 2001 e la piena collaborazione alle indagini. In passato sono stati presentati agli inquirenti sei esposti con al centro le attività interne 'sospette' e commesse, usando le strutture delle società, da Pier Guido Iezzi, l'ex capo della sicurezza di Pirelli, Tavaroli e dall'ex capo della security informatica Fabio Ghioni e dal Tiger Team.

Riguardo alla cifra che verrà versata, quella che riguarda il capo di imputazione a carico delle due "persone giuridiche", ammonta in totale a 1 miliardo e 250 mila euro: 750 mila euro sono destinati alla Presidenza del consiglio e ai ministeri dell'Interno, delle Finanze e della Giustizia. Cifra, questa, a cui bisogna aggiungere 400 mila euro a titolo di sanzione pecuniaria e 100 mila euro come confisca del profitto del reato. Il resto della somma, fino ai sette milioni totali, verrà pagata ai molti dipendenti che sono stati oggetto di 'monitoraggio' da parte di Tavaroli&C: si tratta di una sorta di "contributo volontario", circa 3 mila euro a ciascuno, che le due aziende hanno ritenuto di dover pagare per rinsaldare il rapporto di fiducia.



I vertici di Pirelli e Telecom - i "silenzi colpevoli" della quale chiede conto oggi su Affari e Finanza Paolo Gentiloni, responsabile della Comunicazione del Pd - non sono coinvolti dal punto di vista giudiziario, ma sono finite indagate in qualità di persone giuridiche in relazione al reato di corruzione ipotizzato nei confronti di Tavaroli e Iezzi, ma nello stesso tempo sono parti lese per quello di appropriazione indebita contestato agli imputati. Infine, c'è da registrare che tra i vari patteggiamenti chiesti nei mesi scorsi c'è anche quello di Tavaroli: aveva concordato con i pm 4 anni e 6 mesi di reclusione (ai quali bisogna levare i mesi già trascorsi in carcere e tre anni di indulto) e la messa a disposizione di 70.000 euro a titolo di profitto confiscabile.

 

 

Mediolanum, 50 promotori indagati
fatture false per 10 milioni di euro

Mediolanum, 50 promotori indagati fatture false per 10 milioni di euro

Milano - Cinquanta promotori finanziari di Mediolanum sono indagati per evasione fiscale dalla procura della Repubblica di Milano. Venerdì scorso è stato perquisito lo studio del commercialista Marco Baroni, il consulente dei promotori finanziari. Il suo nome è stato fatto da Giovanni Guastalla, il commercialista svizzero arrestato per riciclaggio e associazione per delinquere nell'ambito di uno dei tronconi di indagini relative alla società Italease. Le fatture riferite a operazioni inesistenti sarebbero state emesse, secondo l'accusa, tra il 2006 e il 2009.

L'inchiesta a carico dei promotori finanziari di Mediolanum (società che conta tra i suoi principali azionisti il Gruppo Fininvest), nasce dagli accertamenti compiuti su Guastalla. Secondo quanto ipotizzano i magistrati, il fiduciario elvetico avrebbe emesso fatture per un ammontare complessivo di 10 milioni di euro a favore dei promotori finanziari di Mediolanum per operazioni inesistenti. Gli indagati hanno in comune come commercialista Baroni, il quale aveva un contratto di consulenza con Mediolanum per i suoi promotori. Nell'inchiesta sono finiti anche una trentina di clienti della società.

Mediolanum fa comunque sapere di essere estranea in quanto società: l'indagine riguarda cioè i singoli promotori finanziari, che hanno comunque  teoricamente ancora tempo per sanare le fatture emesse nel 2009, con la prossima dichiarazione dei redditi.

 

 

Processo Mediaset, Berruti assolto
dalle accuse di riciclaggio

Processo Mediaset, Berruti assolto dalle accuse di riciclaggio

MILANO - Il tribunale di Milano, in uno stralcio del processo per i fondi neri Mediaset, ha assolto il parlamentare del Pdl Massimo Maria Berruti, uomo molto vicino al premier Silvio Berlusconi. Il deputato era accusato di riciclaggio.

Secondo il pm Fabio De Pasquale - che aveva chiesto cinque anni di reclusione - Berruti era il procuratore e il beneficiario economico del conto 'Jasran', tra quelli su cui sarebbero confluite somme derivanti da presunte irregolarità da parte di Mediaset nella compravendita di diritti televisivi e cinematografici. Per questa vicenda è in corso un processo che vede imputati, tra gli altri, Silvio Berlusconi e il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e nel quale la prossima udienza è prevista il primo marzo.

Il legale dell'imputato, Giorgio Perroni, ha sempre sostenuto che, in realtà, il beneficiario economico del conto era un suo collaboratore, Danilo Pezzoni, commercialista, morto nel 2000. "Berruti in questo processo non esiste", aveva detto l'avvocato, sollecitando l'assoluzione.

Il verdetto dei giudici dell'ottava sezione penale è arrivato dopo un'ora di riunione in camera di Consiglio. L'assoluzione con formula piena riguarda i fatti successivi al 1994: per i reati che sarebbero stati commessiprima di questa data, il collegio dei giudici ha dichiarato il ''non doversi procedere'' per la prescrizione.

Dopo la pronuncia della Corte, Berruti ha espresso tutta la sua "soddisfazione" per la sentenza: "Finalmente è emersa la verità, già in primo grado - ha detto - ci sarà probabilmente un secondo grado, perchè il pm presenterà appello, ma io voglio farmi giudicare. Non voglio che si arrivi alla prescrizione, perchè io non ho commesso quei fatti".

 

Perde lavoro e si dà fuoco: morto

Bergamo, vittima un operaio 36enne

 

E' morto al Centro grandi ustionati di Verona l'operaio bergamasco di 36 anni che sabato mattina a Brembate (Bergamo) ha cercato di togliersi la vita cospargendosi di benzina e dandosi fuoco. Nonostante l'intervento di una donna, che ha utilizzato un piccolo estintore, l'uomo aveva riportato gravi ustioni su oltre il 95% del corpo. A spingere il 35enne a compiere il drammatico gesto sarebbe stata la depressione causata dalla perdita del lavoro.

Soltanto l'immediato intervento di alcuni passanti e dei soccorritori aveva strappato alla morte l'operaio, che, però, a neppure 24 ore dal ricovero, non ce l'ha fatta. L'uomo era impiegato in una ditta di Zingonia (Bergamo) che è fallita un paio di mesi fa, costringendolo a casa. 

Sabato mattina intorno alle 10 il 36enne - che viveva a Bergamo insieme alla moglie - ha raggiunto a bordo della sua auto la zona industriale di Brembate, poi è sceso dall'abitacolo, ha afferrato una tanica di benzina, se l'è rovesciata addosso e si è dato fuoco.

Maestra trevigiana diventa pornostar
"Stanca del lavoro precario"

Dopo dieci anni di insegnamento, la quarantenne Michela, nome d'arte Michelle Liò, ha deciso di buttarsi sull'hard e interpretare film a luci rosse. "Ero stufa di aspettare una supplenza"

Michelle Liò

 

Michelle Liò

TREVISO- "Meglio pornostar che maestra precaria". Ha svoltato, Michela, quarantenne trevigiana che, nome d'arte Michelle Liò, ha deciso di buttarsi sull'hard e interpretare film a luci rosse. Il motivo lo spiega lei stessa: "Ero stufa di aspettare una supplenza. Però questo non vuol dire che si possano fare certi film solo per soldi. Bisogna esserci portati, bisogna scoprirsi un talento".

Michelle ha in uscita ben cinque film porno, ben 16 ore di girato. Fra qualche giorno metterà in vendita il primo video al sexy shop "de Sade", di Treviso.

Il lavoro a scuola è ormai solo il passato: "Sì, un passato durato 8-10 anni - racconta - in cui sono stata insegnante di bambini dai 3 agli 11 anni. Mi piaceva e con bimbi e genitori avevo un buon feeling e ottimi riscontri: sono stata una buona maestra".

Treviso continua a far parlare di sè per vicende pruriginose che richiamano il glorioso "Signore e Signori" di Pietro Germi. Dopo gli ex operai che, alla Full Monty, hanno aperto una catena di sexy shop, dopo la "pornononna" che ha fatto parlare di sè per le lettere focose a un vicino quarantenne, ecco l'ultima della serie: l'ex maestra supplente che, stufa di fare la precaria a vita, si butta sul mercato del porno.

 

Verso il pdNr (Punto di non ritorno)

Disoccupazione all'8,5% record da gennaio 2004

ROMA - A dicembre il tasso di disoccupazione e' salito all'8,5%. Si tratta del record dal 2004. L'Istat ha reso noto che il mese scorso il numero di persone in cerca di lavoro ha superato ampiamente quota due milioni (esattamente 2,138 milioni), in aumento del 2,7% rispetto a novembre (+57mila unità) e del 22,4% nel confronto con lo stesso mese dell'anno prima (+392mila). La disoccupazione e' arrivato quindi all'8,5% dall'8,3% di novembre (+1,5 punti percentuali rispetto a dicembre del 2008), raggiungendo il valore massimo almeno da gennaio del 2004, inizio della serie storica (ma nel primo primo trimestre del 2003 il tasso era all'8,7%). Il tasso e' particolarmente elevato fra i giovani sotto i 25 anni (26,2% di disoccupati) e fra le donne (10%) mentre gli uomini sopra i 25 anni senza lavoro sono il 7,5%. La crisi continua a pesare anche nell'Eurozona: in dicembre la disoccupazione ha raggiunto il 10% contro il 9,9% di novembre e l'8,2% del dicembre 2008. Eurostat ha comunicato che si tratta del dato peggiore dall'agosto 1998. Anche nell'Unione europea a 27 membri i disoccupati sono aumentati e il tasso e' arrivato al 9,6% (9,5% in novembre, 7,6% un anno prima).Nell'Unione europea a dicembre erano disoccupati 23.012.000 di uomini e di donne, di cui 15.763.000 nell'eurozona. Rispetto a novembre, il numero dei senza lavoro e' cresciuto di 163 mila  nell'Ue a 27 e di  87 mila  nell'area dell'euro. Piu' drammatico il confronto anno su anno: rispetto a dicembre 2008, la disoccupazione e' aumentata di 4.628.000 unita' nell'Europa a 27 e di 2.787.000 nell'eurozona; in un anno, tutti gli Stati europei hanno registrato un aumento dei senza lavoro, raggiungendo il livello record dall'agosto del 1998. Fra gli Stati membri, i tassi di disoccupazione piu' bassi sono stati registrati in Olanda (4% ) e Austria (5,4%), e i piu' alti  in Lettonia (22,8%) e Spagna (19,5%). Infine, l'Eurostat ricorda i dati di Stati Uniti e Giappone: negli Usa il tasso di disoccupazione in dicembre e' stato pari al 10%, in Giappone del 5,2% in novembre. Incalza Beppe Grillo: "Nel 2008 gli Stati salvarono le banche dal fallimento, quelle stesse banche che avevano causato la crisi. Da allora e' iniziato un domino mondiale. Dalla crisi finanziaria durata qualche mese, il tempo necessario per iniettare liquidita' nelle banche, si e' passati alla crisi economica con effetti a catena. Chiusura delle aziende, licenziamenti di massa, calo dei consumi, crollo del valore del mercato immobiliare, diminuzione del gettito fiscale. Per evitare il collasso gli Stati hanno usato il debito pubblico. Hanno indebitato i cittadini in modo inconsapevole (il debito pubblico nell'immaginario e' sempre di qualcun altro: ma non e' solo questo il debito pubblico. uno stato non si indebita solo con i prestiti che chiede con i Titoli di Stato. LO STATO SI INDEBITA ANCHE CON L'EMISSIONE DELLA CARTA MONETA AFFIDATA ALLE BANCHE PRIVATE ED INFINE SI INDEBITA CON UNA PESSIMA BILANCIA DEI PAGAMENTI), prima per tenere in vita le banche, poi per le spese correnti. L'innalzamento del debito ha avuto come effetto l'aumento degli interessi che gli Stati devono pagare a chi ha comprato le nuove emissioni di titoli. Gli interessi sono un cappio al collo dello sviluppo del Paese. Piu' interessi dal debito, meno capacita' di politica economica. Piu' cresce il debito, piu' i tagli allo Stato sociale sono l'unica soluzione possibile.
Se uno Stato, prima della crisi, aveva un alto debito pubblico, ha dovuto indebitarsi oltre il punto di non ritorno. La domanda che tutti si pongono e': "Quando si raggiunge il punto di non ritorno?". E' semplice, quando nessuno compra piu' i titoli di Stato. In mancanza di compratori lo Stato deve dichiarare bancarotta, va in default, non paga gli stipendi ai dipendenti pubblici e le pensioni. Un'altra domanda che ci si deve porre e': "Quali Stati hanno piu' probabilita' di fallire?". Anche in questo caso la risposta e' semplice, quelli che oltre a un grande debito pubblico pre crisi e a un suo forte incremento post crisi hanno diminuito la loro capacita' produttiva. Producono di meno (il cosiddetto PIL) e, allo stesso tempo, aumentano il loro debito. Nell'UE gli Stati con queste caratteristiche sono almeno tre: Grecia, Italia e Spagna.
Grecia e Italia sono accomunate dalla stessa strategia, vendere il loro debito agli Stati extra UE, in quanto la UE non riesce a soddisfare l'offerta continua di Temorti e di George Papandreou. Tremorti ha venduto il nostro debito in Cina lo scorso mese PER 5 MILIARDI DI EURO, curiosamente, dato che il debito E' nostro, non sappiamo il valore della vendita. La Cina con il debito ha comprato una parte della nostra sovranita' nazionale, forse Termini Imerese o scivoli privilegiati per il commercio estero. Anche la grande Cina ha pero' i suoi limiti e, dopo aver digerito Tremorti, non ha acquistato i 25 miliardi di euro di titoli greci proposti la scorsa settimana dalla Goldman Sachs.
A Davos stanno discutendo dell'economia mondiale le stesse persone che hanno provocato la più grande bolla degli ultimi 150 anni. Circola una domanda: "Fallira' prima l'Italia o la Grecia?". Gli investitori internazionali hanno gia' dato una risposta tecnica.
I titoli di Stato dei Paesi a rischio sono coperti da un'assicurazione sul loro fallimento detta CDS, Credit Default Swap. L'Italia e' prima assoluta, con molte lunghezze sul secondo in classifica. La Grecia è solo quinta. Alla catastrofe con ottimismo." Stati iper indebitati SENZA CAPACITA' DI  PRODURRE CON UN MILIONE DI CASSAINTEGRATI CENSITI, CINQUE MILIONI DI DIPENDENTI PUBBLICI E 15 MILIONI DI PENSIONATI A VARIO TITOLO. Le cifre non si fermano: "

Un miliardo di ore di cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) autorizzato tra l'ottobre 2008 e il dicembre 2009. Sono queste le cifre rilevate dal rapporto sulla Cig del 2009 stilato dall'osservatorio sulla cassa integrazione della Cgil. La colpa, della crisi che in poco meno di un anno avrebbe portato all'autorizzazione di 634.699.339 ore di cassa integrazione ordinaria e 370.384.779 ore di straordinaria: per un totale di 1.005.084.118 ore complessive.
La crisi economica, e la crisi della disoccupazione. Sono i due fattori, strettamente correlati, che concorrono a spiegare l'ammontare di ore di cassa integrazione registrate per l'anno 2008-2009, in Italia. Ore che hanno coinvolto un numero di lavoratori che, colcolando un livello medio di ricorso alla cassa pari a 25 settimane, ha superato il milione. E dal rapporto della Cgil emerge anche che per questo milione di lavoratori i riflessi della loro condizione sul reddito sono stati molto pesanti. In altre parole "ogni lavoratore che ha usufruito della cassa integrazione (ordinaria o straordinaria) per 5 mesi, ha perso tra i 3.000 e i 3.500 euro". La classifica per regioni. Nella classifica del maggior ricorso alla cassa integrazione ordinaria vincono le regioni del centro-nord: la Lombardia con 182.107.335 ore, per un aumento del 627%, l'Emilia Romagna che registra un piu' 813%, l'Abruzzo (piu' 618%), il Piemonte (piu' 532% ), il Veneto (piu' 567%) e le Marche che registra un più 482%. Ironia della sorte, queste regioni - spiega il rapporto - "sono anche quelle che hanno una struttura industriale piu' consistente, mentre nelle altre, soprattutto per le regioni del mezzogiorno, lo spessore della crisi si evidenzia con altri indicatori".I sindacati alzano la voce. I dati destano la preoccupazione dei sindacati, che alzano la voce. "L'alto ricorso alla Cig - fa notare Susanna Camusso, segretaria confederale della Cgil - ha rappresentato nello stesso tempo una difesa dagli effetti della crisi produttiva ma anche il risultato di una crisi profonda che ha investito il nostro apparato produttivo". Una crisi che per la dirigente sindacale "non e' affatto superata, anche se siamo in presenza di una ripresa minima degli ordinativi almeno sulle esportazioni mentre permane un forte segnale negativo dettato dall'assenza di investimenti in macchine utensili e strumenti da parte delle imprese". E c'e' di piu'. Nelle ultime settimane, infatti, si registrano "aumenti indiscriminati delle richieste di licenziamenti da parte di molte grandi aziende che, pur potendo agire diversamente, approfittano invece della della situazione".L'allarme di Confindustria. Anche il centro studi di Confindustria lancia l'allarme disoccupazione: "A dicembre infatti il tasso di disoccupazione in italia è stato dell'8,5% contro il 10,0% nell'area euro". In altre parole, "includendo tra i disoccupati l'equivalente di forza lavoro delle ore erogate di Cig, il dato italiano sale a 10,1% in linea con quello europeo". Il centro studi di Confindustria parla chiaro: "Il trend resta ascendente: a dicembre la percentuale di imprese che si attendeva una riduzione del numero di addetti (28,6%) era ancora nettamente superiore a quella che prevedeva un incremento (9,7%), benche' si fossero stabilizzate le opinioni sulle condizioni operative aziendali". Niente di nuovo dunque. Gia' ieri infatti i dati dell'Istat e di Eurostat segnalavano una crescita all'8,5% dei senza lavoro. Cifre record dal 2004.Il colpo di grazia potrebbe arrivare anche DALL'EFFETTO DOMINO:"

Tra "Pigs" e Paesi Baltici  Eurolandia teme l'effetto domino

"TOO big to fail", troppo grande per essere lasciato fallire. E' il pericolo che ha piegato i governi di tutto l'Occidente nel 2008 di fronte al collasso dei giganti bancari. Impossibile subìre il crac delle maggiori banche americane, inglesi, svizzere o belghe: gli Stati sono dovuti intervenire, dissanguando le loro finanze.
"Too big to fail", oggi l'incubo si ripresenta sotto un'altra forma, non meno drammatica. Che fare se e' un intero Stato come la Grecia a rischiare la bancarotta, quali le conseguenze per l'Eurozona? Possiamo permetterci di assistere senza intervenire? E se il crollo greco fosse il primo di un effetto-domino, destinato a travolgere altri paesi? Partendo dalla "periferia": perche' lì si trovano paesi che gia' prima della crisi avevano finanze pubbliche più dissestate, Stati meno efficienti, sistemi industriali meno competitivi. Questa nuova emergenza si e' imposta ai leader europei mentre affluivano al World Economic Forum. All'inizio della settimana il premier greco Georgios Papandreou ha dovuto rivolgersi in affanno ai mercati internazionali per finanziare il suo debito pubblico. In apparenza ha guadagnato tempo, collocando titoli del Tesoro per 5 miliardi di euro. A un costo altissimo: un interesse del 6,25% che andra' a cumularsi ai debiti greci. E la tregua e' stata illusoria. Gli stessi investitori internazionali che avevano presentato domande cinque volte superiori all'offerta di Bot greci, 24 ore dopo fuggivano disordinatamente. Vendite in massa di titoli di Atene hanno fatto schizzare i tassi ancora più su, fino a 3,7 punti sopra i Buoni del Tesoro tedeschi: una forbice-record mai raggiunta da quando la Grecia entro' nell'euro. Un segnale tremendo in vista dei prossimi appuntamenti coi mercati. Quest'anno Papandreou deve riuscire a raccogliere altri 54 miliardi, la meta' entro aprile. E se non ce la facesse? Il senso di panico e' accresciuto da un giallo, la voce poi smentita secondo cui la Cina avrebbe rifiutato un salvagente finanziario ad Atene. "Voci interessate  -  ha denunciato Papandreou a Davos  -  manovre speculative orchestrate da interessi potenti. Colpiscono noi ma hanno in mente bersagli più grossi". Dopo la Grecia il Portogallo, poi la Spagna, infine l'Italia? Le accuse di Papandreou, formato alla London School of Economics, hanno colpito la platea dei Vip a Davos. Coincidono con altre coincidenze inquietanti: la volatilità del mercato mondiale dei bond (obbligazioni e titoli di Stato) assomiglia pericolosamente all'estate del 2007, quando si avvertirono i primi segnali premonitori della grande crisi. Sono circolate voci su un'ipotesi "californiana" per tamponare la bancarotta greca: emettere cambiali (come gli I. O. U. con cui Arnold Schwarzenegger paga i suoi fornitori), ma in dracme anzichE' in euro, un passo che potrebbe segnare il primo percorso di fuoruscita dall'euro per un paese membro.
Fantapolitica alimentata da chi sta prendendo posizioni speculative? La confusione del momento ha ricordato a molti il precedente del 1992, quando George Soros fece crollare la lira italiana e la sterlina, costrette a uscire dallo Sme. Al World Economic Forum E' andata in scena una sconcertante cacofonìa delle autorità europee. Di fronte all'emergenza greca si sono levate voci che garantivano un intervento solidale dell'Unione. "Non e' solo una questione nazionale, questa e' una preoccupazione europea", ha detto il presidente della Commissione Jose' Manuel Barroso. "Il club dell'euro e' forte, ha legami di reciproco sostegno", gli ha fatto eco il premier spagnolo Jose' Luis Zapatero che ha la presidenza di turno dell'Unione, ma e' anche il "secondo o il terzo della lista" nel mirino della speculazione. Il premio Nobel dell'Economia Joseph Stiglitz ha incoraggiato Bruxelles a "sospendere le regole che vietano i salvataggi delle nazioni, perche' ora si tratta di stabilizzare l'Europa stessa". Poi dal piu' autorevole rappresentante della Germania a Davos e' arrivato uno stop brutale: "I greci risolvano i loro problemi  -  ha detto il ministro dell'Economia Rainer Bruederle  -  non sta certo al contribuente tedesco o francese farsene carico". E' un atto di egoismo, ma le motivazioni politiche sono comprensibili. I leader tedeschi osservano quel che accade in America: un'ondata populista contro Barack Obama, accusato di avere dissanguato le finanze pubbliche per aiutare Wall Street e l'industria dell'auto. La stessa ondata potrebbe nascere a Berlino e Parigi, se in una congiuntura sociale gia' difficile i contribuenti tedeschi e francesi fossero costretti a pagare per il crac greco, poi quello portoghese o spagnolo o lituano o  italiano. Il populismo si rivolterebbe contro l'idea stessa dell'Europa. La linea della Germania ora sembra vincente.
La Commissione europea starebbe per mandare un ultimatum ad Atene con richieste pesanti: tagli secchi agli stipendi pubblici, tetti alle pensioni. Una terapia-choc ancora piu' severa di quella già varata da Papandreou, che ha annunciato una cura dimagrante nell'amministrazione pubblica e il congelamento delle retribuzioni. La Suddeutsche Zeitung anticipa un memorandum di Bruxelles dove si evocano "rischi a lungo termine di rialzi nei tassi dei Bot in Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia". E' d'accordo il direttore del Fondo monetario internazionale, Olivier Blanchard: "Altri rischiano la fine della Grecia se non adottano tagli ai deficit pubblici". La corsa per evitare il contagio e' scattata. La Spagna prepara 50 miliardi di tagli alle spese. Il Portogallo ha annunciato una manovra per ridurre il deficit pubblico al 9% del Pil. L'Irlanda presenta un piano con riduzioni degli stipendi statali e risparmi di spesa del 6%, il rigore più severo da una generazione. Il fianco orientale dell'Unione si adegua. La Repubblica cèca vara tagli per passare dal 9% di deficit/Pil al 3% entro il 2014, la Bulgaria riduce del 15% le spese statali, la Romania ha un bilancio di austerità che pesa due punti percentuali di Pil. Perfino uno dei paesi più solidi, la Francia, corre ai ripari. Il primo ministro François Fillon ieri si e' detto "determinato a prendere misure senza precedenti, per riportare il disavanzo sotto il 3% entro il 2013". Il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, disegna uno scenario cupo: "Il risanamento delle finanze pubbliche ci affliggera' per i prossimi 5, 6 o 7 anni, a seconda dei paesi". Anche negli Stati Uniti, che pure sono una unione federale da oltre due secoli, la solidarieta' ha dei limiti. Washington non interviene a salvare la California dal crac. Ma l'America ha altri ammortizzatori: il bilancio federale paga almeno le pensioni e la sanita'; gli americani emigrano facilmente dagli Stati in crisi verso quelli più dinamici; e sono disposti a sacrifici per noi inauditi, come il taglio del 10% degli stipendi agli insegnanti californiani. Per il Vecchio continente l'effetto-domino innescato dalla Grecia puo' segnare l'inizio di una lunga e dolorosa ritirata dello Stato sociale, la rimessa in questione di tutto quello che e' stato definito il "modello europeo".

Il PD ormai e' in corsa per scomparire. Da IL FATTO leggiamo: "C’e' un che di pervicacemente odioso nel comportamento degli elettori pugliesi del Pd. Alle primarie di cinque anni fa D’Alema ordina di votare Boccia e loro votano Vendola al 51%. Ora D’Alema riordina di votare Boccia e loro rivotano Vendola, ma al 75%. Percentuale che a Gallipoli, casa D’Alema, sale all’80 e a Fasano, casa Latorre, all’85. Piu' passa il tempo e meno gli elettori capiscono le alte strategie dell’Attila del Tavoliere. Non che Boccia fosse proprio senza speranze: le ha perse quando D’Alema ha deciso di dargli una mano. In quel preciso istante persino Vendola, con tutte le cazzate che ha fatto in questi ultimi mesi, e' parso uno statista. Quando poi Max ha dichiarato che “Vendola ha fallito come leader” e “io non ho mai perso un’elezione in vita mia”, e' apparso chiaro che Nichi avrebbe stravinto. Quando infine Max ha assicurato a Boccia che, alla peggio, avrebbe “perso bene”, il giovanotto ormai terreo si è visto definitivamente perduto. Infatti, candidato di un partito al 30%, s’e' fatto doppiare da quello di un partito al 2%. Un trionfo.
Qualche schizzinoso osserva che non e' stata una mossa geniale contrapporre a Vendola un candidato gia' sconfitto da Vendola e poi, per giunta, meravigliarsi se ha riperso con Vendola. Ma questa e' gente che non capisce l’intelligenza di Max. Che ora, per cosi' poco, non deve darsi per vinto, anzi, insistere nell’opera di rieducazione delle masse. Magari, fra cinque anni, quando si ripresentera' per la terza volta in Puglia con Boccia al fianco, prendera' solo i voti di un paio di anziane prozie, ma nel frattempo i voti complessivi del Pd saranno scesi a tre: vittoria assicurata col 66%.
L’importante e' continuare a seguire gli amorevoli consigli del Pompiere della Sera, che con i suoi Galli della Loggia, Panebianco, Ostellino, Battista e Franco ha gioiosamente sospinto il Pd verso la proficua alleanza con l’Udc di Casini, Cesa e Cuffaro, infinitamente piu' graditi al popolo del centrosinistra che non, poniamo, un Vendola o un Di Pietro. Da anni questi giganti del pensiero si affannano a invitare il Pd al dialogo con Berlusconi e a metterlo in guardia dall’antiberlusconismo, come se il travaso di voti del Pd all’Idv fosse colpa di Di Pietro e non merito del Pd. Ora finalmente assaggiano il risultato dei loro amorevoli consigli: nel giro di un mese l’Attila di Gallipoli ha trasformato il centrosinistra in un campo di Agramante in una delle poche regioni in cui, nonostante lui, aveva ancora un senso e qualche voto. Ma niente paura: nemmeno le primarie in Puglia serviranno da lezione. E’ gia' pronto l’alibi: non potendo dare la colpa a Di Pietro (che si e' detto pronto a sostenere tutti i candidati indicati dal Pd, purche' gli vengano comunicati prima delle elezioni), il capro espiatorio e' già stato individuato nel sindaco di Bari, Michele Emiliano, che per dar retta a Max e' uscito pure lui con le ossa rotte dal Risiko dalemiano. 
 
Come se alle primarie non votasse la gente, ma le nomenklature. Michele Vietti dell’Udc ha le idee ancora più chiare: “Il Pd o abolisce le primarie, o si suicida” (l’Udc le ha abolite prima ancora di farle, anche perche' verrebbero continuamente interrotte da retate delle forze dell’ordine). Ecco, e' colpa delle primarie: finche' si interpelleranno gli elettori, l’Udc non potra' mai allearsi col Pd. E manco col Pdl, visto che Casini, Cuffaro e Cesa sono molto popolari anche a destra. Massimo Franco, sul Pompiere, concorda: guai se il Pd arguisse dalle primarie che i suoi elettori non vogliono l’Udc, guai se tornasse all’“Unione prodiana gia' bocciata dagli elettori alle politiche del 2008” (in realta' nel 2008 non c’era nessuna Unione prodiana, ma il Pd di Veltroni che l’aveva appena fatta cadere). Ora, sempre col Pompiere nel taschino, Attila e' atteso dalla mission piu' impossible della vita: dopo aver perso tutte le elezioni e averle fatte perdere anche a Boccia e al Pd, deve riuscire a perdere pure la Puglia contro un Carneade scelto da quel genio di Raffaele Fitto. Ma, con un po’ d’impegno, ce la può fare."

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A inizio anno le stime di crescita sono come i porcini dopo la pioggia. E' l'unico momento di serenità per Tremorti prima dei consuntivi e delle trimestrali. Frate Indovino, il mago di Arcella e il mago Otelma sono più affidabili delle previsioni degli economisti. Prometeia, "una delle maggiori società italiane di consulenza e ricerca economica e finanziaria" pratica al posto del craxiano ottimismo della volontà, il tremortiano ottimismo dell'economia. Se sbaglia, pazienza, l'economia non è una scienza esatta, ma una branca dell'astrologia applicata ai nostri risparmi. Prometeia prevede un 2010 in crescita dello 0,8% del Pil. Per il 2009 aveva previsto una diminuzione dello 0,4%, è finita con meno 4,8%. Dodici volte più del previsto, belin!
Venerdì 22 gennaio 2010, Prometeia:
"Prometeia stima che il Pil italiano crescerà quest'anno dello 0,8% dopo il -4,8% del 2009, per salire in media dell'1,4% nel 2011 e nel 2012, a fronte di un'inflazione sotto il 2% in tutto il prossimo triennio.

Sempre questa cagata, il 20 ottobre 2008 prevedeva:"

"La fase recessiva dell'economia italiana si estenderà a tutto il 2009, ma dal secondo semestre del prossimo anno inizierà una lenta ripresa. E' quanto emerge dal rapporto di Prometeia ... anche il 2009 chiuderà in negativo, con il pil a -0,4%, un risultato tuttavia mitigato dalla ripresa che si riscontrerà nella seconda meta' dell'anno".

DALL'IMPASTO INFINITO: MEDIATRADE/CINZIAGATE/CUFFAROGATE/BERLUSCONIGATEBROTHER

Inchiesta Mediatrade-Rti
Piersilvio indagato col padre

 

Inchiesta Mediatrade-Rti Piersilvio indagato col padre

Piersilvio Berlusconi

MILANO - C'è anche Piersilvio Berlusconi tra gli indagati nell'inchiesta Mediatrade-Rti sulla compravendita dei diritti televisivi, per la quale oggi il pm di Milano Fabio De Pasquale ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini. Il figlio del premier - sotto inchiesta insieme al padre - è stato consigliere di amministrazione e vice presidente della società finita nel mirino dei pm.

Il reato contestato a Silvio Berlusconi è quello di appropriazione indebita, come già all'inizio dell'inchiesta; mentre per Piersilvio è ipotizzata la frode fiscale. Le persone indagate nel filone di inchiesta Mediatrade sono in tutto 12, tra cui anche Fedele Confalonieri, il banchiere Paolo Del Bue, il produttore Frank Agrama, tre dirigenti di Mediaset e due cittadini di Hong Kong.

La chiusura delle indagini prelude alla richiesta di rinvio a giudizio e a un nuovo processo. L'inchiesta è nata da uno stralcio da quella principale avvenuto nel 2007, anno in cui Berlusconi venne indagato per concorso in appropriazione indebita in concorso con altri. In precedenza, nel corso dell'indagine Mediaset, nell'ottobre 2005, la Guardia di finanza aveva perquisito gli uffici di Rti, società controllata da Mediaset e che ha incorporato Mediatrade, la controllata chel gruppo che dal '99 aveva sostituito la maltese Ims nell'acquisto dei diritti tv. Sempre nell'ottobre di quell'anno, in Svizzera, vennero sequestrati sui conti di una società con sede a Hong Kong di Agrama, ritenuto dagli inquirenti "socio occulto" del premier, una somma in franchi svizzeri equivalente a circa 100 milioni di euro.

L'indagine avrebbe portato alla luce, secondo il magistrato, le modalità con le quali le società televisive del gruppo Berlusconi avrebbero comprato i diritti per trasmettere i film dalle major americane. Invece che contrattare direttamente i diritti ottenendo un prezzo più vantaggioso, le società del premier, è ancora l'ipotesi accusatoria, li avrebbero acquistati a un costo maggiore dalla Wiltshire di Frank Agrama, il presunto socio d'affari di Berlusconi, che, a sua volta, li aveva acquisiti dalle case di produzione americane. La differenza tra quanto pagato dalla Wiltshire e l'esborso del gruppo Fininvest/Mediaset sarebbe, secondo l'accusa, su alcuni conti in paradisi fiscali: circa 34 milioni di dollari.

"La Procura di Milano - ha commentato questa sera l'avvocato Ghedini - ancora una volta continua nella pervicace volontà di sottoporre a processo Silvio Berlusconi. Ed estendere l'incolpazione a Pierslivio Berlusconi, colpevole evidentemente di essere figlio di Silvio Berlusconi, è poi del tutto sconnesso da qualsiasi logica e da qualsiasi realtà fattuale. E' l'ennesimo procedimento, che non potrà che risolversi in una declaratoria di insussistenza dei fatti, alla vigilia di una delicata competizione elettorale". Sono incentrate anche su un bancomat di un consulente informatico del CUP 2000 amico di Flavio Delbono, le indagini degli inquirenti sul cosiddetto Cinzia-Gate. Oltre che su quello gli inquirenti proseguono le verifiche sulle trasferte di Delbono e di Cinzia Cracchi poi contestateNell’attesa dell’interrogatorio del sindaco di Bologna Flavio Delbono continua ad arricchirsi di particolari il cosiddetto Cinzia-Gate. L’inchiesta che vede indagati il primo cittadino e la sua ex segretaria e fidanzata Cinzia Cracchi per presunto uso irregolare di denaro pubblico ai tempi in cui Delbono era vicepresidente della Regione, si è incentrata nelle ultime ore anche sull’uso di un bancomat nella disponibilità della donna. La tessera, pare utilizzata dalla Cracchi dal 2004 al 2008 per spese proprie, è risultata essere intestata a un amico di Delbono, Mirko Divani, consulente informatico del CUP 2000, la stessa struttura dove lavora la donna. In queste ore gli investigatori stanno lavorando per fare luce su da dove arrivassero i flussi di denaro che alimentavano la tessera che il consulente ha affermato di aver dato a Debono ma di non sapere che fosse stata ceduta alla Cracchi. Dal canto suo, Cup 2000 ha smentito di essersi mai servita della Farbanca, il piccolo istituto telematico, rivolto in particolare al settore farmaceutico che ha emesso la tessera. Divani sarà sentito prossimamente nelle prossime ore. Prima che lo stesso Delbono, che aveva chiesto di essere sentito, venga interrogato a sua volta dai magistrati, probabilmente gli inquirenti finiranno di controllare diversi documenti della Regione e sentiranno alcuni partecipanti alle delegazioni a cui Delbono e la Cracchi hanno partecipato, finite sotto esame.

Processo Talpe alla Dda, 7 anni a Cuffaro
riconosciuto il favoreggiamento alla mafia

L'ex governatore: "Il verdetto non modifica il mio percorso politico"

di Alessandra Ziniti

 

Sette anni di carcere e l'aggravante di avere agevolato Cosa nostra. E' questa la condanna inflitta a Salvatore Cuffaro dalla terza sezione della Corte d'appello di Palermo. Un verdetto più pesante rispetto a quello pronunciato dai giudici di primo grado che all'ex governatore della Sicilia, oggi senatore dell'Udc, inflissero una pena di 5 anni senza l'aggravante del favoreggiamento alla mafia.

In appello sono state modificate anche le altre condanne: all'ex manager della sanità privata Michele Aiello è stata inflitta una pena di 15 anni e 6 mesi per associazione mafiosa, in primo grado erano 14 gli anni di reclusione. Ed è stata modificata in concorso esterno all'associazione mafiosa la condanna per favoreggiamento all'ex maresciallo del Ros Giorgio Riolo, per lui 8 anni di carcere: in primo grado aveva avuto 7 anni. La Corte, infine, ha dichiarato prescritto il reato contestato ad Adriana La Barbera per morte dell'imputata. Per il resto la sentenza di primo grado è stata interamente confermata.

"So di non essere mafioso e di non avere mai favorito la mafia. Avverto, da cittadino, la pesantezza di questa sentenza che, però, non modifica il mio percorso politico", ha dichiarato Cuffaro, nell'aula bunker del carcere Pagliarelli subito dopo il verdetto di condanna. "Ciò non vuol dire - ha continuato - che le sentenze non debbano essere rispettate dal momento che sono espresse dalle istituzioni". Poi, in una nota, ha aggiunto: "So di non aver mai voluto favorire la mafia e di essere culturalmente avverso a questa piaga, come la sentenza di primo grado aveva riconosciuto. Prendo atto però della sentenza della corte di appello. In conseguenza di ciò  lascio ogni incarico di partito. Mi dedicherò con la serenità che la Madonna mi aiuterà ad avere alla mia famiglia e a difendermi nel processo, fiducioso in un esito di giustizia".

Nei confronti dell'ex presidente della Regione siciliana è scattata l'aggravante per il cosiddetto "episodio Guttadauro": l'attuale senatore dell'Udc avrebbe messo il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro in condizione di scoprire una microspia nel salotto di casa e questo è un fatto che, secondo l'accusa e secondo la terza sezione della Corte d'appello, presieduta da Giancarlo Trizzino, a latere il relatore Ignazio Pardo e Gaetano La Barbera, ha favorito l'intera associazione mafiosa.

NAPOLI (22 gennaio) - «Sono condanne inutili, grazie al processo breve»: Francesco Caruso, ex leader no global, ex parlamentare del Prc, commenta così la sentenza arrivata oggi in primo grado a Napoli che condanna dieci poliziotti, fra cui due funzionari, Fabio Ciccimarra e Carlo Solimene, relativamente agli scontri che ci furono a Napoli nel marzo 2001 e alle vicende della caserma Raniero.

L'ex disobbediente sottolinea: «È inquietante pensare che quei poliziotti sono rimasti in servizio, e in alcuni casi, come quello di Ciccimarra, sono addirittura stati promossi». «Intanto purtroppo grazie al processo breve anche questo diventa inutile - continua -: risale al 2001 ed è destinato a estinguersi».

Caruso, fra i leader italiani del movimento che nacque a Seattle e che esordì nella sua irruenza, in Italia, proprio nelle strade di Napoli, dopo 9 anni, su quella missione, ammette che oggi «i no global non esistono più». «Il movimento si è disarticolato - dice -, ma quell'impegno è confluito nei comitati, nelle associazioni, in migliaia di gruppi impegnati su territorio per sfide locali». La storia di un fallimento? «No - replica -. C'è stato piuttosto un rovesciamento del metodo di intervento: dalla critica alla globalizzazione su ampia scala si è passati alla critica ai suoi effetti specifici, sul territorio».

Un cambio di prospettiva dovuto anche all'età, forse. «È anche opportuno - dice sul punto - lasciare spazio alle dinamiche che portano nuove generazioni a protestare per ottenere la loro autonomia. Penso all'Onda». Oggi Caruso ha 35 anni, e studia da sociologo a Cosenza: «Ho un dottorato di ricerca e mi occupo del tema della immigrazione». Non è stato a Rosarno, durante gli scontri. «Ci sono stato prima e dopo - dice - sono molto attento a questo tema. Nella piana di Gioia Tauro, ad esempio, sono registrati 1600 braccianti che pagano i loro 51 giorni di contribuzioni solo per ottenere subito dopo i sussidi di disoccupazione. Non lavorano veramente, ma prendono quei soldi sulle spalle degli immigrati».

 

 

Bankitalia: "Senza lavoro al 10%"

"Ripresa debole e prospettive incerte"

 

I conti dell'"Azienda Italia" vanno male: il 2009 si dovrebbe chiudere con un deficit al 5,3%, dal 2,7% del 2008, e con un debito pubblico al 115,1%, in aumento di circa 10 punti percentuali. E le prospettive future non sono così rosee: la ripresa sarà debole, con un Pil a +0,7% nel 2010 e +1% nel 2011. E' quanto prevede la Banca d'Italia nel suo Bollettino economico.

Ma a preoccupare di più i tecnici di Palazzo Koch è il fronte del lavoro. A loro avviso se ai disoccupati si aggiungono le persone in cassa integrazione e coloro che hanno smesso di cercare attivamente un impiego, nel secondo semestre 2009 la quota di forza lavoro inutilizzata era "superiore al 10%", quasi 3 punti percentuali in più del tasso di disoccupazione ufficiale arrivando a un totale di circa 2,6 milioni di persone.
Il tasso di disoccupazione nel terzo trimestre era infatti al 7,3%, in aumento di oltre un punto rispetto al 6,1% della media dei tre mesi precedenti.

Nel 2009 boom di cassa integrazione
Nel 2009 le ore di cassa integrazione hanno quasi raggiunto quota 1 miliardo, ed era almeno dal 1970 che non si arrivava a livelli così elevati. In particolare, per Bankitalia l'anno scorso "sono state autorizzate 918 milioni di ore di Cig, il valore più elevato dall'inizio della serie nel 1970, il 12,5% in più rispetto al precedente massimo (raggiunto nel 1984) e l'81,6% in più rispetto alla media del periodo 1992-93".

Nell'industria in senso stretto, aggiunge Via Nazionale, "l'incidenza degli occupati equivalenti in Cig sul totale è aumentata dell'1,2% nel quarto trimestre rispetto al terzo, un aumento nettamente più contenuto rispetto a quello verificatosi tre mesi prima (75,2%). Il dato medio è il risultato di una diminuzione della componente ordinaria (-7,7%) e di un aumento di quella straordinaria (29%), riservata alle imprese in maggiori difficoltà".

Consumi ai minimi e redditi in calo
A fronte di questi dati sul lavoro le famiglie italiane sono sempre più restie a spendere. E così i consumi rimangono a livelli minimi. "Nel terzo trimestre del 2009 sono aumentati dello 0,4% in termini congiunturali, dopo avere pressoché ristagnato nel periodo precedente.

"L'incremento è stato sostenuto per larga parte dagli acquisti di beni durevoli (2,7%), favoriti dagli incentivi fiscali al rinnovo del parco di autovetture circolanti, nonché da quelli dei prodotti semidurevoli (3,5%). La crescita della spesa in servizi è stata assai contenuta (0,4%), mentre si è accentuato il calo dei consumi di beni non durevoli (-1,2%; -3,1 in termini tendenziali), aggravando la tendenza flettente in atto da circa un triennio.

Nel complesso dei primi nove mesi del 2009 gli acquisti delle famiglie sono diminuiti del 2,1% rispetto al corrispondente periodo del 2008, continuando a subire il freno del reddito disponibile reale che, nello stesso intervallo temporale, e' stimabile in calo per più dell'1,5%".

In presenza di "una dinamica pressoché nulla del deflatore dei consumi, la riduzione del potere d'acquisto delle famiglie ha riflesso la contrazione del reddito nominale, cui ha contribuito in particolare la flessione sia del complesso dei redditi da lavoro, dovuta al netto calo del numero di occupati, sia di quelli da capitale, per larga parte riconducibile alla forte diminuzione dei dividendi e utili distribuiti dalle imprese".

Crescita lenta e prospettive incerte
I conti dell'azienda Italia sono peggiorati, ma meno che negli altri Paesi dell'Euro. Secondo Bankitalia, il "2009 si dovrebbe chiudere con un deficit al 5,3%, dal 2,7% del 2008. L'aumento del disavanzo, però, è significativamente inferiore a quello atteso per l'area dell'euro. L'incidenza del debito pubblico sul prodotto crescerebbe di circa dieci punti".

Secondo le rilevazioni di via Nazionale "gli effetti sul disavanzo pubblico del peggioramento del quadro congiunturale sono stati attenuati dalla flessione della spesa per interessi. Gli interventi volti a ridurre i costi sociali della crisi e a sostenere la domanda, complessivamente stimati nell'ordine di un punto percentuale del prodotto, hanno trovato copertura in riduzioni di precedenti stanziamenti e con l'introduzione di imposte sostitutive una tantum".

Numeri alla mano, "per il 2010 e il 2011 si profila una ripresa debole", con una crescita del prodotto interno lordo in Italia stimata allo 0,7% per quest'anno e all'1% per il prossimo.

Fuori dalla crisi?

La parola d'ordine è: ottimismo. Di fronte al collasso dell'economia mondiale vi è stato il più massiccio intervento delle maggiori nazioni, il più coordinato, il più veloce, il più costoso. E sembra aver avuto risultati, se non positivi, almeno in termini di blocco della catastrofe. Il problema è proprio questo: il blocco. La produzione industriale non ha recuperato ciò che ha perduto; la disoccupazione è al 9% nei paesi OCSE e al 10,5% negli Usa; il costo del denaro è praticamente a zero e facilita semplicemente l'effetto leva della speculazione. Tutti i parametri della produzione e della finanza sono al momento mediamente peggiori di quelli del 1929 (vedi link) e sarà veramente interessante vedere gli effetti dei tanto sbandierati futuri "investimenti produttivi" nel corso di una crisi che è già di sovrapproduzione.

Tuoni in lontananza

Ibrahim M�Bodi, un operaio senegalese cerca di riscuotere due mesi di salario arretrato dal padrone il quale per tutta risposta lo uccide con nove coltellate. Vegim Spahiu, un operaio albanese di 24 anni, fa irruzione in un residence di lusso sequestrando e terrorizzando la famiglia dell'imprenditore presso cui lavorava. Per adesso è stupefacente che certe isole felici per ricchi, dove persiste l'odore dell'erba appena rasata e luccicano le cromature dei SUV, vengano trasformate in territorio di guerra. Non c'erano protezioni in quel residence, "non era mai successo niente", regnava un senso di impunità sociale. Frasi che incominciano ad essere usate con i verbi al passato.

Stato d'assedio

Non è una novità che lo stato d'assedio venga utilizzato come istituzione organica al funzionamento dello Stato. Già a metà Ottocento, in Francia, lo stato d'assedio liberò la società borghese dalla necessità di darsi strumenti articolati di governo. L'esecutivo era tutto ciò di cui aveva bisogno lo Stato per salvaguardare i rapporti sociali capitalistici. Fascismo e stalinismo completarono l'opera, e solo dopo la Seconda Guerra Mondiale s'inventò l'attuale fascismo democratico mantenendo il teatrino dei parlamenti. Ogni tanto la mistificazione cade: negli USA si rispolvera il Patriot Act, in Iran si spara sulla folla, in Grecia il passo pesante dei reparti di polizia e dell'esercito sovrasta le chiacchiere parlamentari. L'eccezione si sta facendo norma ecologica, di pulizia ecologica.

Per noi è evidente che solo l'estinzione dell'esistente  lascerà il posto alla vera ecologia, cioè a un metabolismo naturale che armonizzi la produzione-riproduzione della nostra specie con l'esistenza delle altre specie e l'integrità della biosfera. Altri pensano che sia possibile "fare qualcosa" all'interno di questa società. Ma i sistemi legislativi ed esecutivi attuali non possono far altro che agire su produzione, consumo e profitto, cioè sempre dal punto di vista del capitalismo cui viene aggiunto l'improbabile aggettivo "sostenibile". Oggi il bisogno di ecologia non si trasforma che in bisogno di produrre e consumare ideologia e merce ecologistica.Secondo The Economist l'aumento delle aziende "ibride", cioè operanti a cavallo fra il privato ed il pubblico sarebbe deleterio per la salute del capitalismo (una situazione tipica è quella del settore energetico, dove le 13 maggiori compagnie mondiali sono a controllo statale). Queste tarde lamentazioni liberali fanno sorridere. Nelle sue estreme manifestazioni la società capitalistica, ormai regressiva e conservatrice, non può più fare a meno dell'assistenza dello Stato.(VEDERE IL SISTEMA DELLA RISERVA FRAZIONATA BANCARIA E DEL DOMINIO DELLA IPER BORGHESIA BANCARIA COL SIGNORAGGIO...) Il capitalismo romantico del rischio d'impresa appartiene agli strati fossili del Capitale. Quello affarista attuale vive e prospera solo in simbiosi con lo Stato in quanto garante degli interessi complessivi della borghesia. Quest'intima alleanza ha dimostrato il superamento ''definitivo'' del capitalismo privato. Indietro non si può tornare, né si possono rendere efficienti i mostri statali super-inflazionati.

Phonemedia, il leader dei call center
lascia un esercito di 7mila fantasmi

La denuncia del sindacato: "Settemila famiglie in bilico per le tv non fanno notizia"
"Non siamo licenziati né in cig, è solo tutto fermo e il 'padrone' è scomparso"di SALVATORE MANNIRON

Phonemedia, il leader dei call center lascia un esercito di 7mila fantasmi

Una delle tante manifestazioni dei lavoratori Phonemedia di Trino Vercellese

C'è chi rimpatria milioni di euro evasi al fisco per anni e chi non vede lo stipendio per mesi. I primi resteranno ignoti, protetti dallo scudo fiscale; i secondi, invece, si conoscono bene. Alla Phonemedia, ad esempio, sono in settemila, un elenco lunghissimo di nomi e cognomi, di lavoratori che da dodici città non solo italiane assistono alla lenta agonia della loro azienda; la stessa che fino a pochi mesi fa si definiva sul proprio sito "leader in Italia dei servizi di telemarketing e business process outsorcing".

UNA VICENDA DI CRISI E SOSPETTI

Qui gli stipendi si prendevano in due tranches e l'ultimo mezzo salario, quello di settembre, gli operatori di Phonemedia lo hanno ricevuto ai primi di dicembre. Nel frattempo il colosso dei contact center è diventato un fantasma, nel senso che non c'è uno stato di crisi dichiarato, non è stata richiesta la cassa integrazione, non sono state avviate procedure per la mobilità, eppure il lavoro è fermo, quasi tutte le sedi sparse per l'Italia sono chiuse, la clientela illustre è sparita e dei vertici aziendali non si ha notizia, come non se ne hanno delle prospettive e soprattutto dei salari arretrati.

"A Trino Vercellese abbiamo iniziato lo sciopero a novembre  -  racconta Roberto Croce, rsu Cgil -; dal 2 dicembre siamo in assemblea permanente e abbiamo attivato un presidio simbolo alle porte del paese dove viviamo a turno ormai da 50 giorni in attesa di novità che non arrivano". Il presidio è una tenda messa a disposizione dalla Protezione civile, una cucina da campo offerta dalla pro loco, un bagno chimico. Senza stipendi e quasi sempre con famiglie a carico, ogni giorno bisogna inventarsi qualcosa per finanziare la mobilitazione: "Abbiamo due fondi  -  spiega Croce - : il fondo Tenda verde è alimentato con quello che riusciamo a guadagnare facendo mercatini e con collette tra partiti e associazioni; nell'altro ci sono i sostegni che otteniamo da istituzioni. Ci compriamo il cibo, paghiamo la benzina per i colleghi che vengono da fuori".


La lotta collettiva è una cosa, le situazioni personali sono altro: "Chi lavorava full time, 40 ore a settimana, prendeva poco più di mille euro mensili, chi era part time non arrivava a 600 euro. Da gennaio del 2009, tra l'altro, l'azienda aveva iniziato a pagare il salario in due tranches per cui non ti sembra neppure uno stipendio. In queste condizioni e con tre mesi di ritardo nei pagamenti arrivi alla terza settimana del mese, se va bene, e basta nulla a far saltare i conti. Ogni tanto qualcuno scoppia a piangere. Nei casi di maggiore difficoltà, quando il lavoratore è l'unica fonte di reddito in famiglia o anche il coniuge è in cassa integrazione, con l'aiuto del Comune, chiediamo alle aziende che forniscono i servizi primari di concedere delle proroghe alle bollette in scadenza".

Peggio sta chi ha mutui accesi o ha bisogno di prestiti: "In banca  -  racconta il rappresentante sindacale - ti chiedono: ti hanno licenziato? E tu rispondi no. Sei in cassa integrazione? E rispondi ancora no. Allora ti chiedono le ultime buste paga e tu devi spiegare che non le vedi da mesi".

Un aiuto i lavoratori di Trino Vercellese, come i colleghi di Novara e Biella, sperano di averlo dalla legge regionale che ha costituito un fondo a sostegno di 1.200 lavoratori piemontesi che abbiano un ritardo nei pagamenti di almeno tre mensilità. Le domande si potranno presentare da lunedì prossimo, ma in questa condizione non ci sono solo gli addetti di Phonemedia. Un altro fondo è stato stanziato dalla Provincia di Vercelli, mentre il Banco alimentare ha fornito 120 sacchetti con prodotti alimentari.

Le prospettive dopo 50 giorni in tenda? "Zero  -  dice laconicamente Roberto Croce - . Circolano anche voci che dicono che la clientela è persa. Abbiamo chiesto un incontro con il sottosegretario Letta e a fine mese  presenteremo l'istanza di insolvenza al tribunale di Novara per chiedere il commissariamento dell'azienda".

Quello che intanto i lavoratori Phonemedia vorrebbero subito, per sostenere la loro battaglia, è una ribalta mediatica, soprattutto televisiva, nazionale. Purtroppo, però, non hanno una ciminiera sulla quale salire per minacciare gesti estremi: "A differenza della vertenza Agile-Eutelia  -  lamenta Croce  -  la nostra situazione è  ignorata dalle tv nazionali, malgrado si siano fatte manifestazioni davanti alle sedi Rai e Mediaset. Sembra che settemila famiglie sul lastrico non facciano notizia, ma questa è una bomba sociale pronta a esplodere".

 

Al lavoro a 15 anni invece che in classe
passo indietro sull'obbligo scolastico

Al lavoro a 15 anni invece che in classe passo indietro sull'obbligo scolastico

Al lavoro a 15 anni e scoppia la polemica tra governo e opposizione. "La maggioranza fa carta straccia dell'obbligo scolastico: inaccettabili questi salti all'indietro sul tema della formazione", dichiara l'ex ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni (Pd). Al centro della querelle un emendamento al disegno di legge Lavoro, collegato alla Finanziaria, approvato questa mattina dalla commissione Lavoro della Camera, che prevede che l'apprendistato possa valere a tutti gli effetti come assolvimento dell'obbligo di istruzione. Se il provvedimento dovesse andare in porto gli studenti meno volenterosi potrebbero uscire dalle aule scolastiche un anno prima dell'attuale obbligo scolastico, fissato a 16 anni.

Ma l'Ue e tutti i più recenti studi sul capitale umano ci chiedono il contrario: aumentare la permanenza a scuola dei nostri adolescenti e ridurre la dispersione scolastica. "La maggioranza e il ministro Sacconi - continua Fioroni - hanno deciso di fare carta straccia dell'obbligo scolastico. E' inaccettabile che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, qui si decida di fare un salto all'indietro così macroscopico".  

In effetti, gli ultimi studi di Ocse (l'Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico) e Banca d'Italia raccomandano l'esatto opposto: investire in istruzione. Lo scorso mese di novembre, la Banca d'Italia ha pubblicato uno studio dall'emblematico titolo "Investire in conoscenza". I due economisti Federico Cingano e Piero Cipollone evidenziano tutti i vantaggi connessi con un aumento del grado di preparazione dei cittadini italiani. Un massiccio investimento da parte dello stato in istruzione verrebbe più che compensato dalle entrate fiscali, a parità di prelievo, e dai minori costi derivanti dall'aumento del tasso di occupazione. E un anno in più sui banchi di scuola rende, secondo gli esperti di Bankitalia, nel medio-lungo periodo quasi il 9 per cento in termini di remunerazione del lavoro. I vantaggi maggiori sono per i laureati, il cui titolo di studio può fruttare più del 10 per cento e il diploma di maturità, il 9,7 per cento

Durissimo il commento del senatore Antonio Rusconi, componente della commissione Cultura di  Palazzo Madama. "Si tratta di un provvedimento assurdo che ci allontana ancora di più dai livelli dell'istruzione previsti dal trattato di Lisbona e soprattutto annulla una conquista importante del governo del centrosinistra, ovvero l'obbligo all'istruzione svolta nella scuola superiore o professionale fino a 16 anni, ma comunque nella scuola". "Di fatto  -  prosegue Rusconi  -  il governo Berlusconi sembra orientare la scuola e la società italiana verso indirizzi 'classisti', la serie A dei licei, la serie B degli Istituti tecnici, la serie C dei professionali, e ora per qualcuno, subito dopo la terza media, l'idea di andare subito al lavoro". All'estero, secondo il senatore del Partito democratico, "la crisi economica la si sta combattendo con più investimenti" su scuola, università e formazione.

Nel 2003, una comunicazione della Commissione europea considerava "imperativo categorico" l'investimento efficiente nell'istruzione e nella formazione. Nel marzo 2000 il Consiglio europeo di Lisbona ha fissato all'Ue l'ambizioso obiettivo strategico di diventare entro il 2010 "l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Il Consiglio europeo "ha ribadito che il futuro dell'economia (e della società) europea dipenderà dalle abilità dei suoi cittadini e che queste a loro volta richiedono un aggiornamento continuativo caratteristico delle società basate sulla conoscenza".

E secondo l'ultimo lavoro dell'Osce, "Education at a Glance", in Italia la laurea, in termini di resa salariale, è un affare. In base ai calcoli dell'Ocse un uomo laureato può aspettarsi rispetto a un diplomato un vantaggio salariale durante la carriera superiore a 322 mila dollari, mentre per una donna il beneficio si ferma a 136 mila. La media Ocse è di 186 mila a livello lordo per un uomo e di 134 mila per una donna. E con un titolo di studio più elevato ci si assicura anche meglio contro la disoccupazione.  

"E' l'ultimo atto dello smantellamento di un vero obbligo scolastico": così il segretario della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, commenta l'emendamento. "Siamo decisamente contrari. Prevedere questo - afferma il sindacalista - significa mettere in discussione l'essenza stessa dell'obbligo scolastico che va assolto nei percorsi di istruzione e formazione, e non attraverso l'apprendistato che nella maggior parte dei casi si traduce in un lavoro vero e proprio dove di apprendimento c'è ben poco". E i Cobas della scuola indicono uno sciopero della categoria per il prossimo 12 marzo.

Critiche sono state espresse anche dal segretario confederale della Cisl, Giorgio Santini. "L'emendamento sull'apprendistato approvato dalla commissione Lavoro della Camera, in modo frettoloso e senza nessuna consultazione delle parti sociali, deve essere corretto prima dell'approvazione in Aula del ddl lavoro prevista per la prossima settimana". "In particolare - aggiunge Santini - va attentamente valutato il rischio di un conflitto tra norme, stante la vigente legge 296/06 che fissa l'obbligo di istruzione a 16 anni, che porterebbe alla paralisi operativa". La richiesta del sindacato è quella di "rilanciare l'apprendistato per aiutare concretamente l'occupazione dei giovani", ma di farlo in collegamento con "percorsi di istruzione e formazione professionali nei quali, come previsto dalla legge, si assolva all'obbligo di istruzione".

Ecco quanto ci è costato
il flop del vaccino

LA pandemia fugge. I costi dei vaccini restano. Ventiquattro milioni di dosi acquistate dall'Italia contro il virus H1N1 al prezzo di 184 milioni di euro, 10 milioni di dosi ritirate dalle fabbriche e distribuite alle Asl, 865mila effettivamente inoculate. La stragrande maggioranza delle confezioni resta stoccata nelle farmacie delle Asl, nei centri vaccinali dei distretti o negli studi dei medici di famiglia. Un viaggio tra le aziende sanitarie italiane parla di frigoriferi pieni (i vaccini vanno conservati a 4 gradi pena la loro degradazione) e di scetticismo fra i cittadini al centro della campagna di immunizzazione. Oltre 20milioni di persone rientrano tra la "popolazione eleggibile" da vaccinare secondo il ministero, ma solo 827mila hanno porto il braccio alla siringa, con una proporzione del 3,99%. E se l'Italia ha già deciso di donare il 10% delle proprie dosi (2,4 milioni) all'Oms perché le distribuisca ai paesi poveri, la gran parte delle boccette sembra avviata alla scadenza, prevista 12 mesi dopo la data di produzione e quindi a scaglioni tra settembre e dicembre 2010. A quel punto, non resterà altro da fare che buttarle.

Ma per la Novartis che ha stipulato il contratto con il Ministero della Salute l'incasso sarà pieno lo stesso. I 184 milioni pattuiti nel contratto del 21 agosto 2009 (quando la pandemia colpiva soprattutto le Americhe e non aveva ancora raggiunto l'Italia) saranno versati in toto anche se i vaccini consegnati sono meno della metà di quelli concordati. Nel contratto infatti non esiste una clausola di riduzione a favore del ministero. E se ieri il Codacons ha annunciato una class action a nome dei 60 milioni di utenti del sistema sanitario italiano, anche la Corte dei Conti ha avviato una procedura di controllo sul "decreto direttoriale del 27 agosto 2009 concernente l'approvazione del contratto di fornitura di dosi di vaccini antinfluenzale A(H1N1) stipulato tra il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e la Novartis Vaccines and Diagnostics s. r. l.".



Il Codacons chiede la risoluzione del contratto con l'industria farmaceutica ("Uno spreco immane vista la scarsa adesione alla vaccinazione") e il rimborso ai cittadini dei 184 milioni di euro spesi. In caso di vittoria, a ognuno dei 60 milioni di utenti del sistema sanitario andrebbero 3 euro. "Oltre - prosegue il Codacons - a 50 euro di risarcimento simbolico per ogni iscritto". La Corte dei Conti entra nel dettaglio delle clausole del contratto con Novartis. E si chiede perché "l'articolo 3.1 (ribadito dall'articolo 5.3) prevede la possibilità del mancato rispetto delle date di consegna del Prodotto, senza l'applicazione di alcuna penalità". O perché "l'articolo 9.3 prevede il pagamento alla Novartis di euro 24.080.000 (al netto di Iva) ai fini della partecipazione ai costi in caso di non ottenimento dell'autorizzazione all'immissione in commercio del Prodotto". Per fortuna il vaccino ha superato i test dell'Emea, l'ente europeo incaricato dei controlli di sicurezza. Ma se qualcosa fosse andato storto, il ministero avrebbe comunque dovuto pagare 24 milioni per un farmaco inutilizzabile.

La contestazione dei giudici di viale Mazzini riguarda poi la segretezza del contratto: "L'articolo 10.2 considera Informazioni Riservate anche l'esistenza del contratto e le disposizioni in esso contenute, clausola - in considerazione dell'evidenza pubblica della procedura - impossibile da rispettare". E infine, ipotesi che per fortuna non si è verificata ma che avrebbe potuto comportare un salasso per lo Stato, il contratto prevede che gli eventuali effetti collaterali del vaccino sui pazienti siano a carico del ministero e non come di solito avviene dell'azienda farmaceutica. "L'articolo 4.5 - contesta la Corte - prevede rimborsi al Ministero per danni causati a terzi, limitatamente a causa di difetti di fabbricazione, mentre ai senso dell'articolo 4.6 il Ministero dovrà risarcire Novartis per danni causati a terzi in tutti gli altri casi".

Clausole così squilibrate sono state dettate dalla fretta. Ma sul perché di una spesa tanto elevata a fronte di una campagna di vaccinazione mai decollata, il ministero interrogato ieri si trincerava ancora dietro al no comment. Dalle università alcuni virologi provano a spiegarci cosa è successo, e il perché di tanta sproporzione. "Ora sappiamo che H1N1 è un virus blando. Ma all'inizio della pandemia avevamo ancora fresco il ricordo dell'aviaria, che ha una mortalità intorno al 50%" spiega Giovanni Di Perri, direttore di malattie infettive all'Amedeo Savoia di Torino. "L'influenza mette sempre in difficoltà chi deve fare previsioni. I modelli possono saltare, i virus ci sorprendono spesso" fa notare Pietro Crovari, professore emerito di igiene e medicina preventiva all'università di Genova. E Guido Antonelli, virologo della Sapienza a Roma, non esclude che l'anno prossimo il virus H1N1 venga incluso nella normale vaccinazione stagionale: "All'inizio di ogni anno l'Oms decide contro quali virus influenzali il vaccino stagionale debba essere rivolto. Può darsi che il prossimo inverno ci ritroveremo H1N1 fra i tre ceppi del normale vaccino stagionale".

Anche se la campagna vaccinale di quest'inverno non è ancora finita e il ministero della Salute mette in guardia contro una possibile seconda ondata pandemica, i dati sulla copertura dei vaccini sono davvero bassi. Il personale sanitario cui era stata consigliata l'immunizzazione comprende poco più di un milione di persone: neanche 70mila si sono vaccinati (il 15,1%). Agenti di pubblica sicurezza e operatori dei servizi essenziali non arrivano al 6% (6mila su 723mila). Tra i donatori di sangue addirittura il dato si ferma allo 0,83%. Nelle ultime settimane alcune Asl hanno esteso la campagna di vaccinazione anche agli over 65 con patologie croniche. Ma neanche loro sembrano troppo convinti, e la partecipazione resta ferma all'1,5 per cento. Più che vaccinazioni, ormai, sembrano saldi di fine stagione.

 

TESTA DI MERDA CHIEDE TEMPO E NE HA BEN DONDE, INFATTI E' PRONTO IL PRIMO SCUDO STELLARE TARGATO 2010:

Gasati. Convinti di farcela. Incuranti delle avvisaglie e degli ostacoli. Sicuri di loro stessi. Dal grande capo, ai luogotenenti. Berlusconi si vanta: "Napolitano? Tranquilli. So per certo che il processo breve me lo firma". Ma dai finiani e dal Quirinale spira già il forte vento dell'incostituzionalità. Volutamente inascoltato nel giorno del successo al Senato, messo accuratamente da parte. Per 48 ore meglio illudersi che tutto filerà liscio. Ecco che Giacomo Caliendo, l'ex toga di Unicost passata con il Cavaliere e sottosegretario super attivo alla Giustizia, alle due esce dall'aula di palazzo Madama e sornione prevede: "'Sto processo breve, a metà febbraio, possiamo averlo approvato alla Camera". Esattamente la stessa affermazione fatta dal capo del governo con i suoi collaboratori coi quali s'è detto convinto che il processo breve può essere legge per la metà del prossimo mese. Due stanze più in là il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello dice soddisfatto: "Tutto ci favorisce: Napolitano su Craxi, il Pd che vira sull'immunità ed era favorevole pure al decreto-Consulta, i voti segreti in aula convergenti con noi, siamo sulla strada giusta".

Alla Camera i berluscones già si apprestano a gestire, fatto mai visto, ben due leggi ad personam contemporaneamente, il legittimo impedimento e il processo breve, con l'intento di "regalare" al premier la sorpresa della corsa tranquilla verso le regionali.
Ma la brutta sorpresa è già dietro l'angolo. Ben materializzata. E potente nei suoi effetti. Il processo breve, nella nuova versione tutta decisa ad Arcore, non piace per niente ai finiani. E così com'è stato votato ieri al Senato, quel disegno di legge è indigesto anche per il Quirinale. Ufficialmente, non trapela un fiato. L'unica ammissione è questa: "Come sempre, i tecnici stanno studiando". Ma i dubbi degli esperti giuridici del Colle e quelli dei finiani ancora una volta, com'è avvenuto per le intercettazioni e per la norma blocca processi, convergono. Tre capitoli da declinare: le disposizioni transitorie che salvano Berlusconi da Mills e Mediaset, ma affondano altre migliaia di dibattimenti, il processo corto per la Corte dei conti e per le persone giuridiche. I finiani ne fanno questione sia politica sia tecnica. Loro avevano esaminato un ddl differente, su cui già avevano espresso dei dubbi. Poi tutto è cambiato. E Fini non è stato avvisato per tempo. A casa del premier ne hanno discusso Niccolò Ghedini, Angelino Alfano, il relatore Giuseppe Valentino, il leghista Roberto Castelli. Pronti a dire che Valentino è uomo di Fini. Ma se così era in passato, oggi non è più. Tant'è che il presidente della Camera si è lamentato perfino con lo stesso Berlusconi nell'ultimo incontro. "Silvio, quel testo è incostituzionale" gli ha detto. Ma lui non gli ha dato peso.

Il premier ha volutamente ignorato l'avvertimento di Fini e i boatos che nel frattempo gli sono giunti dal Colle. Al punto che ancora ieri, a chi gli metteva sotto gli occhi il rischio di una bocciatura dall'alto, lui rispondeva con noncuranza con quel "state tranquilli". E invece tutto lascia intendere che il cammino futuro del processo breve è irto di trappole. Se ai finiani non piace affatto un rito corto allargato anche ai reati erariali, in quanto non se ne vede affatto il bisogno e c'è il rischio che lo Stato arrechi un danno a se stesso, e il risvolto penale sulle persone giuridiche, il Colle si concentra soprattutto sulle conseguenze della norma transitoria. La contraddizione che sconfina nell'incostituzionalità è evidente: fulminare i processi per reati commessi prima del maggio 2006, già coperti dall'indulto, equivale di fatto a un'amnistia, che però non sarà votata in Parlamento con i due terzi.

Ma il Cavaliere pensa ad altro. Con Ghedini e Alfano lavora per incassare subito il legittimo impedimento e costruire al più presto, per questa legge ponte, il necessario approdo costituzionale. Qui entra in scena il Pd e il tam tam dell'immunità. Spiegano gli uomini del premier: "Stiamo aprendo dei varchi al loro interno. Sono divisi, molti sono favorevoli allo scudo per tutti. Alla fine però, proprio per non spaccarsi, per uscirne uniti, ripiegheranno su un nuovo lodo costituzionale per le alte cariche. E noi, in un anno, avremo definitivamente risolto il problema non solo per gli attuali, ma anche per gli eventuali processi a venire".

DALL'IMPASTO INFINITO: MEDIATRADE/CINZIAGATE/CUFFAROGATE/BERLUSCONIGATEBROTHER

Inchiesta Mediatrade-Rti
Piersilvio indagato col padre

 

Inchiesta Mediatrade-Rti Piersilvio indagato col padre

Piersilvio Berlusconi

MILANO - C'è anche Piersilvio Berlusconi tra gli indagati nell'inchiesta Mediatrade-Rti sulla compravendita dei diritti televisivi, per la quale oggi il pm di Milano Fabio De Pasquale ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini. Il figlio del premier - sotto inchiesta insieme al padre - è stato consigliere di amministrazione e vice presidente della società finita nel mirino dei pm.

Il reato contestato a Silvio Berlusconi è quello di appropriazione indebita, come già all'inizio dell'inchiesta; mentre per Piersilvio è ipotizzata la frode fiscale. Le persone indagate nel filone di inchiesta Mediatrade sono in tutto 12, tra cui anche Fedele Confalonieri, il banchiere Paolo Del Bue, il produttore Frank Agrama, tre dirigenti di Mediaset e due cittadini di Hong Kong.

La chiusura delle indagini prelude alla richiesta di rinvio a giudizio e a un nuovo processo. L'inchiesta è nata da uno stralcio da quella principale avvenuto nel 2007, anno in cui Berlusconi venne indagato per concorso in appropriazione indebita in concorso con altri. In precedenza, nel corso dell'indagine Mediaset, nell'ottobre 2005, la Guardia di finanza aveva perquisito gli uffici di Rti, società controllata da Mediaset e che ha incorporato Mediatrade, la controllata chel gruppo che dal '99 aveva sostituito la maltese Ims nell'acquisto dei diritti tv. Sempre nell'ottobre di quell'anno, in Svizzera, vennero sequestrati sui conti di una società con sede a Hong Kong di Agrama, ritenuto dagli inquirenti "socio occulto" del premier, una somma in franchi svizzeri equivalente a circa 100 milioni di euro.

L'indagine avrebbe portato alla luce, secondo il magistrato, le modalità con le quali le società televisive del gruppo Berlusconi avrebbero comprato i diritti per trasmettere i film dalle major americane. Invece che contrattare direttamente i diritti ottenendo un prezzo più vantaggioso, le società del premier, è ancora l'ipotesi accusatoria, li avrebbero acquistati a un costo maggiore dalla Wiltshire di Frank Agrama, il presunto socio d'affari di Berlusconi, che, a sua volta, li aveva acquisiti dalle case di produzione americane. La differenza tra quanto pagato dalla Wiltshire e l'esborso del gruppo Fininvest/Mediaset sarebbe, secondo l'accusa, su alcuni conti in paradisi fiscali: circa 34 milioni di dollari.

"La Procura di Milano - ha commentato questa sera l'avvocato Ghedini - ancora una volta continua nella pervicace volontà di sottoporre a processo Silvio Berlusconi. Ed estendere l'incolpazione a Pierslivio Berlusconi, colpevole evidentemente di essere figlio di Silvio Berlusconi, è poi del tutto sconnesso da qualsiasi logica e da qualsiasi realtà fattuale. E' l'ennesimo procedimento, che non potrà che risolversi in una declaratoria di insussistenza dei fatti, alla vigilia di una delicata competizione elettorale". Sono incentrate anche su un bancomat di un consulente informatico del CUP 2000 amico di Flavio Delbono, le indagini degli inquirenti sul cosiddetto Cinzia-Gate. Oltre che su quello gli inquirenti proseguono le verifiche sulle trasferte di Delbono e di Cinzia Cracchi poi contestateNell’attesa dell’interrogatorio del sindaco di Bologna Flavio Delbono continua ad arricchirsi di particolari il cosiddetto Cinzia-Gate. L’inchiesta che vede indagati il primo cittadino e la sua ex segretaria e fidanzata Cinzia Cracchi per presunto uso irregolare di denaro pubblico ai tempi in cui Delbono era vicepresidente della Regione, si è incentrata nelle ultime ore anche sull’uso di un bancomat nella disponibilità della donna. La tessera, pare utilizzata dalla Cracchi dal 2004 al 2008 per spese proprie, è risultata essere intestata a un amico di Delbono, Mirko Divani, consulente informatico del CUP 2000, la stessa struttura dove lavora la donna. In queste ore gli investigatori stanno lavorando per fare luce su da dove arrivassero i flussi di denaro che alimentavano la tessera che il consulente ha affermato di aver dato a Debono ma di non sapere che fosse stata ceduta alla Cracchi. Dal canto suo, Cup 2000 ha smentito di essersi mai servita della Farbanca, il piccolo istituto telematico, rivolto in particolare al settore farmaceutico che ha emesso la tessera. Divani sarà sentito prossimamente nelle prossime ore. Prima che lo stesso Delbono, che aveva chiesto di essere sentito, venga interrogato a sua volta dai magistrati, probabilmente gli inquirenti finiranno di controllare diversi documenti della Regione e sentiranno alcuni partecipanti alle delegazioni a cui Delbono e la Cracchi hanno partecipato, finite sotto esame.

Processo Talpe alla Dda, 7 anni a Cuffaro
riconosciuto il favoreggiamento alla mafia

L'ex governatore: "Il verdetto non modifica il mio percorso politico"

di Alessandra Ziniti

 

Sette anni di carcere e l'aggravante di avere agevolato Cosa nostra. E' questa la condanna inflitta a Salvatore Cuffaro dalla terza sezione della Corte d'appello di Palermo. Un verdetto più pesante rispetto a quello pronunciato dai giudici di primo grado che all'ex governatore della Sicilia, oggi senatore dell'Udc, inflissero una pena di 5 anni senza l'aggravante del favoreggiamento alla mafia.

In appello sono state modificate anche le altre condanne: all'ex manager della sanità privata Michele Aiello è stata inflitta una pena di 15 anni e 6 mesi per associazione mafiosa, in primo grado erano 14 gli anni di reclusione. Ed è stata modificata in concorso esterno all'associazione mafiosa la condanna per favoreggiamento all'ex maresciallo del Ros Giorgio Riolo, per lui 8 anni di carcere: in primo grado aveva avuto 7 anni. La Corte, infine, ha dichiarato prescritto il reato contestato ad Adriana La Barbera per morte dell'imputata. Per il resto la sentenza di primo grado è stata interamente confermata.

"So di non essere mafioso e di non avere mai favorito la mafia. Avverto, da cittadino, la pesantezza di questa sentenza che, però, non modifica il mio percorso politico", ha dichiarato Cuffaro, nell'aula bunker del carcere Pagliarelli subito dopo il verdetto di condanna. "Ciò non vuol dire - ha continuato - che le sentenze non debbano essere rispettate dal momento che sono espresse dalle istituzioni". Poi, in una nota, ha aggiunto: "So di non aver mai voluto favorire la mafia e di essere culturalmente avverso a questa piaga, come la sentenza di primo grado aveva riconosciuto. Prendo atto però della sentenza della corte di appello. In conseguenza di ciò  lascio ogni incarico di partito. Mi dedicherò con la serenità che la Madonna mi aiuterà ad avere alla mia famiglia e a difendermi nel processo, fiducioso in un esito di giustizia".

Nei confronti dell'ex presidente della Regione siciliana è scattata l'aggravante per il cosiddetto "episodio Guttadauro": l'attuale senatore dell'Udc avrebbe messo il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro in condizione di scoprire una microspia nel salotto di casa e questo è un fatto che, secondo l'accusa e secondo la terza sezione della Corte d'appello, presieduta da Giancarlo Trizzino, a latere il relatore Ignazio Pardo e Gaetano La Barbera, ha favorito l'intera associazione mafiosa.

NAPOLI (22 gennaio) - «Sono condanne inutili, grazie al processo breve»: Francesco Caruso, ex leader no global, ex parlamentare del Prc, commenta così la sentenza arrivata oggi in primo grado a Napoli che condanna dieci poliziotti, fra cui due funzionari, Fabio Ciccimarra e Carlo Solimene, relativamente agli scontri che ci furono a Napoli nel marzo 2001 e alle vicende della caserma Raniero.

L'ex disobbediente sottolinea: «È inquietante pensare che quei poliziotti sono rimasti in servizio, e in alcuni casi, come quello di Ciccimarra, sono addirittura stati promossi». «Intanto purtroppo grazie al processo breve anche questo diventa inutile - continua -: risale al 2001 ed è destinato a estinguersi».

Caruso, fra i leader italiani del movimento che nacque a Seattle e che esordì nella sua irruenza, in Italia, proprio nelle strade di Napoli, dopo 9 anni, su quella missione, ammette che oggi «i no global non esistono più». «Il movimento si è disarticolato - dice -, ma quell'impegno è confluito nei comitati, nelle associazioni, in migliaia di gruppi impegnati su territorio per sfide locali». La storia di un fallimento? «No - replica -. C'è stato piuttosto un rovesciamento del metodo di intervento: dalla critica alla globalizzazione su ampia scala si è passati alla critica ai suoi effetti specifici, sul territorio».

Un cambio di prospettiva dovuto anche all'età, forse. «È anche opportuno - dice sul punto - lasciare spazio alle dinamiche che portano nuove generazioni a protestare per ottenere la loro autonomia. Penso all'Onda». Oggi Caruso ha 35 anni, e studia da sociologo a Cosenza: «Ho un dottorato di ricerca e mi occupo del tema della immigrazione». Non è stato a Rosarno, durante gli scontri. «Ci sono stato prima e dopo - dice - sono molto attento a questo tema. Nella piana di Gioia Tauro, ad esempio, sono registrati 1600 braccianti che pagano i loro 51 giorni di contribuzioni solo per ottenere subito dopo i sussidi di disoccupazione. Non lavorano veramente, ma prendono quei soldi sulle spalle degli immigrati».

Discariche, 4 mesi a Paolo Berlusconi
la condanna confermata in Cassazione

La condanna diviene dunque definitiva e va a sommarsi alla pena di un anno e 9 mesi, quindi fa due anni ed un mese, patteggiata da Paolo Berlusconi per concorso in corruzione e reati societari nella gestione della discarica di Cerro, nel luglio 2002 davanti al gip di Milano. I reati sono però coperti da indulto

Paolo Berlusconi

 

Paolo Berlusconi

La Cassazione ha confermato la condanna a quattro mesi di reclusione per Paolo Berlusconi, editore e fratello del presidente del consiglio, comminata in secondo grado per la vicenda delle false fatturazioni emesse tra il '93 e il '95 dalla società Simec, che gestiva la discarica di Cerro Maggiore, in provincia di Milano. La condanna diviene dunque definitiva e va a sommarsi alla pena di un anno e 9 mesi patteggiata da Paolo Berlusconi per concorso in corruzione e reati societari nella gestione della discarica di Cerro, nel luglio 2002 davanti al gip di Milano. I reati sono però coperti da indulto.

L'editore era stato condannato in primo grado, ma la Corte d'appello di Milano, il 6 ottobre 2005, aveva dichiarato prescritto il reato. Il sostituto procuratore generale di Milano, Laura Bertolè Viale, aveva però presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che non poteva esserci prescrizione perché il reato formava "un unico progetto criminoso" da considerarsi, in continuazione, con gli altri reati patteggiati da Paolo Berlusconi, in merito alla gestione della discarica di Cerro Maggiore. La Cassazione aveva poi annullato la sentenza e disposto un nuovo processo d'appello, conclusosi con la condanna a 4 mesi, divenuta definitiva.

Secondo l'accusa, Paolo Berlusconi, in qualità di legale rappresentante della Paolo Berlusconi Finanziaria e beneficiario-contitolare di fatto della Simec, sarebbe stato responsabile di false fatturazioni per circa 5 miliardi di lire dell'epoca. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, attraverso le false fatturazioni si consentiva alla società che gestiva la discarica di Cerro di evadere le imposte, attraverso la deduzione dai propri bilanci di costi inesistenti, inserendo minusvalenze per alcuni miliardi di lire.

L'inchiesta era nata nel '99 come sviluppo di un'indagine più ampia, in corso dal '97, sui profitti della discarica di Cerro, che dal giugno '91 al marzo '96 fu l'unico impianto di smaltimento dei rifiuti a Milano. lA quarta sezione penale della Cassazione, presieduta da Graziana Campanato, ha accolto la richiesta del sostituto procuratore Mauro Iacoviello di conferma della condanna. Il cumulo con la pena già patteggiata è di 2 anni e un mese, e dunque al di sopra dei 2 anni che consentono la sospensione condizionale, ma i reati sono compresi nell'indulto.

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Ieri sera sono riapparso in televisione a Anno Zero. Ho ribadito che gli aiuti di Stato vanno impiegati per creare il futuro, non per tenere in vita dei fossili industriali come la Fiat. Soldi per le rinnovabili, non per le auto a petrolio. E i soldi alle aziende, si chiamino Fiat o Pinco Pallo, vanno dati solo se vengono reinvestiti in Italia. Altrimenti è meglio consegnarli direttamente ai dipendenti per lavori socialmente utili. L'Italia è un immenso parcheggio e di macchine ne abbiamo per le prossime tre generazioni, è sufficiente qualche pezzo di ricambio. La crisi non ci ha insegnato nulla. Chi è stato premiato? Banche, petrolieri, società automobilistiche: quelli che l'hanno causata. Chi è rimasto a casa? I lavoratori.
Cosa ci fanno più di diecimila immigrati irregolari nelle campagne calabresi? E' ovvio, portano benessere a chi li sfrutta. Per farlo vivono in condizioni igieniche da porcile, sono pagati poco e in nero, non hanno nessun tipo di assistenza. La risposta cieca pronta e assoluta del solito coglione terzomondista è sempre la stessa: "Sono qui da noi perché fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare!". Tutto il contrario, pagate gli italiani il giusto e ci sarebbe la fila di calabresi disoccupati per prendere il loro posto.
Gli immigrati lavorano in condizioni disumane che gli italiani non possono più tollerare, per questo sono qui. E allora, ancora, chi ci guadagna? I nuovi latifondisti, la criminalità in cerca di mano d'opera a basso costo, chi affitta dei tuguri a peso d'oro? Questa è solo la prima fascia, quella più visibile. Gli immigrati sono un bacino elettorale, portano voti sia a destra che a sinistra. Sono uno strumento di distrazione di massa usato dai partiti. La Lega e il Pdl vivono dell'uomo nero, del babau. Il Pdmenoelle e dintorni del buonismo a spese delle fasce più deboli della popolazione che vivono a diretto contatto con gli emigrati e si disputano le risorse. Voti a destra, voti a sinistra. In uno Stato dove migliaia di irregolari sfilano esasperati in una cittadina,
Rosarno, e la mettono a ferro e a fuoco è evidente che lo Stato non c'è più. Africani contro calabresi, in mezzo il nulla di chi non si è mai fatto carico dei flussi migratori, dell'accoglienza, dell'integrazione.
Voglio l'immigrato a chilometro zero o l'immigrato integrato. Non abbiamo bisogno di nuovi schiavi, ne abbiamo a sufficienza di autoctoni. E così, una rivolta di Spartacus neri, diventa SOLO
un problema di ordine pubblico, di controllo del territorio. Maroni, dico a lei anche in rappresentanza dei ministri degli Interni precedenti: "Dove erano, dove sono, le Forze dell'Ordine in Calabria, le stesse che riescono a sequestrare con occhiuta precisione un cartello 30 x 50 cm contro Schifani a un cittadino, ieri a Reggio Emilia?".
Gli africani irregolari sono sempre stati lì, splendenti nel sole dei campi del Sud e a marcire nelle topaie. E dov'erano, dove sono le varie istituzioni che fracassanno i coglioni all'ultima bancarella del mercato per l'igiene, lo scontrino, la licenza, la tassa di occupazione, dove sono? E soprattutto perché le paghiamo se vedono sempre e solo il fuscello e non la trave? L'Italia è un piccolo Paese, con poche risorse e un tasso di disoccupazione da far paura. Dobbiamo avere il coraggio di dirci che gli immigrati sono in prevalenza forza lavoro sfruttata, merce per imprenditori senza scrupoli e per politici e giornalisti con la erre moscia che cianciano di pozzi avvelenati. Una risorsa preziosa per i politici che li lasciano al loro destino. E' in corso una guerra, che qualche volta esplode, tra poveri: immigrati e cittadini italiani, entrambi presi per i fondelli. Lo Stato si è fermato a Rosarno.

 

DAL MEDIOEVO AL MEDIOEVO: UNA NAZIONCINA SPEZZETTATA IN 100 STATERELLI SOLO NOMINALMENTE UNITA. L'ESISTENZA DI STATI ENTRO GLI STATI: L'OPUS DEI ED IL POTERE SECOILARE DELLA CHIESA IN ITALIA.

"Cosa avrei detto a Schifani se lo avessi incontrato? Che questo Parlamento è incostituzionale in quanto non permette ai cittadini di scegliere il proprio candidato. E' un Parlamento "nominato" dai segretari di partito che rappresenta solo gli interessi dei partiti, non degli elettori. I "nominati" alla Camera e al Senato sono stati assunti da Berlusconi, Bossi, Casini, Di Pietro e Fini. L'unico che non ha fatto mercimonio delle poltrone è stato Kriptonite Di Pietro. Negli altri casi in Parlamento hanno fatto finire di tutto, come in un letamaio: condannati in via definitiva, figli, amanti, nipoti, condannati in primo e secondo grado, mogli, avvocati e lacchè.
Non c'è democrazia senza rappresentanza e il Parlamento non rappresenta gli elettori. L'Italia è nelle mani di un'oligarchia anti democratica. Si parla di riforme condivise per non mandare in galera una sola persona, ma nessun partito chiede di rivedere la legge elettorale e restituire ai cittadini il controllo delle Istituzioni. Io non mi fermo e neppure i 350.000 firmatari di una legge che vuole reintrodurre la democrazia in Italia, che vuole eliminare i politici di professione come i coniugi Fassino o Mastella o Violante o D'Alema o Gasparri o Cicchitto, con un limite di due legislature, che non vuole condannati in via definitiva a fare le leggi. In un Paese normale queste sarebbero richieste normali, anzi non sarebbero neppure richieste. In un Paese democratico i parlamentari vengono eletti dal popolo, non da pochi individui fuori controllo che, come massima concessione, ti vogliono incontrare, ma solo in privato. Noi andremo avanti, lo faremo con Schifani, con la Corte Costituzionale, con la Comunità Europea e anche all'ONU se necessario. Il Paese deve essere restituito ai cittadini."

 

IL BASTIONE DELL'ANTI DEMOCRAZIA E DEL FIDEISMO ESASPERATO

L'Opus Dei è un'organizzazione che può influenzare le scelte dello Stato. Il suo linguaggio è simile a quello dei puffi, capire i suoi aderenti non è facile. Al posto di "puffare" usano la parola "pitare". Ci sono i "numerari" i "sopranumerari" e i "piani inclinati" e un Presidente al posto del "Grande Puffo". Nell'intervista, Emanuela Provera, autrice di: "Dentro l'Opus Dei" descrive un'organizzazione segreta che mantiene segreti i propri documenti. E spiega che: "Quasi la metà di tutti i collegi universitari legalmente riconosciuti fanno capo all’Opus Dei... Tutto ciò che riguarda l’introduzione nel nostro Paese del credito al consumo in un certo senso è targato Opus Dei". Stalin si chiese: "Quanti divisioni ha il Papa?". Io mi chiedo quanti ministri, banchieri, militari sottosegretari, presidenti di associazioni pubbliche fanno parte dell'Opus Dei? E a chi rispondono: all'Opus Dei o allo Stato?
E come intervengono sulla vita pubblica del nostro Paese?

Intervista a Emanuela Provera, autrice del libro: "Dentro l'Opus Dei".

"Sono Emanuela Provera e ho scritto “
Dentro l’Opus Dei" con Chiarelettere, dopo aver partecipato alla stesura di “Opus Dei Segreta” con Ferruccio Pinotti tre anni fa. Il libro “Opus Dei Segreta” nasce da un’esperienza di forum on-line in cui hanno partecipato persone, uomini e donne che, come me, hanno avuto un’esperienza nell’Opus Dei per vari anni. All’interno del forum ci sono sia persone passate per la prelatura per un periodo breve e persone che hanno vissuto all’interno dell’Opus Dei dieci, venti o più anni. Il forum è stato un’esperienza di confronto e quindi è nato innanzitutto con l’obiettivo di parlare tra noi, perché l’esperienza di uscita dall’Opus Dei è un’esperienza di isolamento, le persone che escono da questa istituzione per lo più pensano di essere le uniche, per cui è difficile creare una situazione di confronto, di dibattito e di discussione. Il secondo obiettivo è stato quello di divulgare le riflessioni e i contenuti del nostro confronto, lo strumento più idoneo, quello che poteva arrivare a più persone possibili sarebbe stato proprio la stesura di un libro.
Perché il libro l’ho scritto io e non altri del forum? Perché generalmente, ad oggi, la maggior parte delle persone che esce dall’Opus Dei preferisce non esporsi pubblicamente e in modo così forte e trasparente, c’è molto timore, probabilmente anche perché siamo in Italia, siamo in un Paese dove ci sono molti intrecci tra il mondo ecclesiastico, il mondo politico e il mondo istituzionale.

Una prelatura personale
Molte delle persone che partecipano al forum hanno posizioni professionali che vogliono tutelare e proteggere, per cui all’interno del libro sono state raccolte delle testimonianze mantenendo e custodendo la riservatezza delle persone. Ci tengo a dire una cosa, uscire dall’Opus Dei non significa abbandonare la Chiesa, la Chiesa Cattolica; sapete che l’Opus Dei è una prelatura personale che fa parte della gerarchia costituzionale della chiesa cattolica e dipende direttamente dal Papa, attraverso la congregazione dei Vescovi. Alcune persone che hanno collaborato a questo libro e che hanno fatto parte del forum mantengono tutt’ora una pratica di vita cristiana: anzi, sono dovute uscire dall’Opus Dei per continuare un percorso spirituale. Uno dei temi di cui abbiamo discusso maggiormente all’interno del forum è stato quello dei giovani indotti a seguire la vocazione all’Opus Dei da parte dei cosiddetti direttori dell’opera, che sono entrati nella prelatura a 14 /15 /16 /19 o 20 anni, ossia in un’età in cui è difficile fare scelte vitali, o meglio è un’età in cui ci si prepara a fare scelte vitali, scelte importanti. Avendo fatto entrare queste persone in un’istituzione così totalizzante, ossia in un cammino vocazionale vero e proprio, si è esercitata una violenza psicologica molto forte: per esempio, vorrei leggere alcuni passi di alcuni di loro, che hanno raccontato la loro storia. “
I miei genitori erano sopranumerari, sei figli, club fin da piccolissimo, messo sul piano inclinato (percorso di cammino vocazionale [ndr]) verso i 14 anni e mezzo, uscito dopo aver pitato (pitare: termine mutuato dallo spagnolo, significa fischiare, o annunciare la propria voglia di unirsi all'Opus Dei [ndr]) prima dei 16”.
Un altro racconta “ho iniziato a frequentare l’Opus Dei a 14 anni all’Aspra di Milano, ho pitato l’anno dopo, nel 1977”, quindi a quindici anni questo ragazzo è diventato dell’Opus Dei. Un’altra ragazza dice “figlia di soprannumerari, ho frequentato la scuola Fais e il club finché, naturalmente, ho chiesto di diventare aspirante numeraria”, che cosa vuole dire aspirante? Vuole dire che ancora non si è giuridicamente dell’Opus Dei, ma si viene formati a una spiritualità che è quella dei numerari.
I partecipanti al forum, da cui è nato questo libro, hanno fatto parte dell’Opus Dei come membri numerari: che cosa significa? E’ una particolare categoria di membri dell’Opus Dei che, per chiamata di Dio - così si dice all’interno della prelatura - rinunciano al matrimonio e conseguentemente perseguono una vocazione al celibato apostolico, ossia dedicano tutte le proprie energie sia interiori che anche i propri possedimenti, il proprio denaro, dedicano tutto ciò allo sviluppo della prelatura dell’Opus Dei nel mondo; proprio per il fatto di essere numerari l’Opera li può mandare in qualunque parte del mondo a aprire nuovi centri dell’Opus Dei e quindi a sviluppare iniziative o attività direttamente legate alla prelatura. Quando una persona entra nell’Opus Dei come numerario o come numeraria, percorrendo il cosiddetto piano inclinato, che è un percorso specifico, viene indotta a lasciare la propria famiglia; senz’altro l’adolescente ha bisogno di staccarsi dal proprio contesto sociale e quindi l’Opus Dei trova un terreno fertile, perché il giovane trova nell’Opus Dei una seconda famiglia, per cui si stacca volentieri dai genitori come senso di emancipazione, per trovare nell’Opus Dei una seconda famiglia per rimanervi tutta la vita, senza mai elaborare un percorso personale di crescita. Ecco perché nell’Opus Dei ci sono numerari e numerarie che restano eternamente bambini: ogni scelta, ogni decisione, ogni attività pratica anche quotidiana i membri numerari e le numerarie la consultano con il proprio direttore. Questa mancanza di libertà nella conduzione della propria vita blocca il processo di consapevolezza, per cui ci sono persone di 30 o 40 anni che sono veramente alienate da sé stesse, per cui a volte purtroppo si arriva a fenomeni anche di sofferenza psicologica.
Le persone che partecipano e hanno partecipato al forum non hanno l’obiettivo di distruggere l’Opus Dei o di fare in modo che non sviluppi più la propria azione nel mondo: l’obiettivo che si propongono è di denunciare queste situazioni di sofferenza psicologica e di persone giovani che entrano a far parte dell’Opus Dei come numerari e come numerarie. Perché l’Opus Dei cessi di condurre un’azione di proselitismo così aggressiva, è importante che modifichi i propri Statuti: per esempio, eliminando il riferimento alla figura dell’aspirante numerario. Non è facile che la prelatura, comunque protetta dalle istituzioni nel nostro Paese, in Italia, affronti un’autocritica così radicale; sicuramente ci sono state persone in Italia che hanno appoggiato l’azione di ex membri dell’Opus Dei: mi riferisco in particolare a due interpellanze parlamentari, ossia quella dell’86, sollevata da Rodotà, Bassanini e Minervini, e l’interpellanza parlamentare del 2007, sollevata invece da Galante e Licandro. Nel libro ho ripreso l’attualità dell’interpellanza dell’86, che voleva fare in modo che l’Opus Dei venisse dichiarata associazione segreta: effettivamente né alla prima interpellanza né alla seconda c’è stata una risposta pertinente da parte delle istituzioni politiche. Le risposte che sono state date a queste interpellanze le definirei come dei comunicati stampa dell’ufficio informazioni dell’Opus Dei. Bisogna invece arrivare alla verità del problema: è vero, secondo l’interpellanza dell’86, che esiste tutta una documentazione secretata, che non è ufficiale e che, per quanto mi risulta, non è conosciuta neanche dalla chiesa cattolica, per cui è interessante che le istituzioni chiedano all’Opus Dei di rendere pubblica questa documentazione. Sono pubblicazioni interne, che vengono editati e pubblicati all’interno della prelatura: vi chiederete: “ma come fanno essere pubblicati e editati i testi e a rimanere segreti?”, esiste una tipografia, ma è una tipografia interna, non è una società, una Srl conosciuta ufficialmente e pubblicamente da tutti e questo è ciò che ha sollevato l’interpellanza dell’86. Nel 2007 sono stati equiparati i collegi universitari pubblici a quelli privati, ai fini dell’ottenimento di alcuni finanziamenti per l’edilizia universitaria: questo che cosa significa? Quasi la metà di tutti i collegi universitari legalmente riconosciuti fanno capo all’Opus Dei, quindi un numero altissimo di centri dell’Opus Dei riceve finanziamenti pubblici.

Sacra potestas e obbedienza
Con il libro che ho scritto, al quale hanno collaborato altri partecipanti del forum, ci interessa in modo particolare rivolgerci alle istituzioni ecclesiastiche: negli Statuti dell’Opus Dei, che sono stati introdotti nel 1982, quando l’Opus Dei è stata eretta da Karol Wojtyla in prelatura personale, all’interno di questi Statuti si dice che i laici della prelatura debbono obbedire a coloro che, nell’Opus Dei, hanno la sacra potestas, ossia il prelato e i suoi vicari. Il prelato dell’Opus Dei attualmente è Monsignor Xavier Cebarria, per quanto riguarda il rispetto del codice di diritto canonico effettivamente è corretto quanto affermato dagli Statuti. Quella che però noi del forum abbiamo riscontrato è stata una prassi vissuta quotidianamente per tanti anni, una prassi che violava le prescrizioni del Codice di diritto canonico, laddove ci veniva detto che i membri laici dovevano obbedire all’interno dell’Opus Dei ai direttori dei membri laici non dotati di sacra potestas che svolgono due funzioni: una funzione di governo vera e propria, di direzione della prelatura, quindi l’organizzazione, chi mando a aprire un nuovo centro a Parigi piuttosto che in Russia. Quindi svolgono una funzione relativa all’organizzazione e al foro esterno, ma anche al foro interno, di direzione spirituale, che i membri direttori laici privi di sacra potestas indirizzano la coscienza delle persone e violano quelli che sono i contenuti del Codice di diritto canonico. Per cui vorremmo che le istituzioni ecclesiastiche conoscessero questa situazione e svolgessero un’indagine appropriata per ristabilire una prassi di normalità e di correttezza all’interno della prelatura. Quindi noi, che abbiamo vissuto dentro, all’interno, ci siamo chiesti: “ma come è possibile che dichiariamo e raccontiamo alle persone esterne una vita, uno spirito e uno stile che poi, all’interno, non viviamo, perché abbiamo un linguaggio nostro e abbiamo dei codici e dei modi di dire che sono sconosciuti a tutti gli altri?”.
Da una parte chiediamo alle istituzioni politiche di intervenire per il controllo di una situazione che non è trasparente e, nello stesso tempo, anche alle istituzioni ecclesiastiche di svolgere un’indagine affinché ritorni una situazione di maggiore dignità nei confronti delle persone che attualmente vivono all’interno di quest’istituzione, un’istituzione che sta acquisendo una forza particolare all’interno dello Stato italiano. Il futuro presidente della Banca Vaticana dello
IOR, Ettore Botti Tedeschi, è un membro di spicco della prelatura in Italia e sappiamo che Ettore Botti Tedeschi è legato in modo particolare al mondo finanziario, è il principale rappresentante del gruppo consiliare Santander in Italia, per cui tutto ciò che riguarda l’introduzione nel nostro Paese del credito al consumo in un certo senso è targato Opus Dei. Conseguentemente, attribuendo a questa persona un incarico così importante, ne viene rafforzata l’immagine della prelatura: non è facile che le istituzioni ascoltino il nostro appello. Il libro è il primo passo verso un percorso di informazione e di divulgazione al quale teniamo molto." Emanuela Provera

BAGLIORI DI CRISI

"La befana vien di notte con le scarpe tutte rotte e le calze con le toppe". Dopo la befana fascista, la befana di Berlusconi.
"
Treviso. Nuove povertà: bimbi a scuola con le scarpe bucate e senza calzini. MONTEBELLUNA (6 gennaio) - Bambini a scuola senza calzini. Piccoli con le scarpe bucate. Alunni che non hanno quaderni, gomme, penne per scrivere. Mamme che evitano accuratamente le gelaterie perché non hanno un euro per il cono del figlio. Non è leggenda. È quello che accade nella ricca Montebelluna e che, probabilmente, succede anche in tante altre città della provincia e del nord est. Qualcosa di più sconvongente e di più eclatante delle note ristrettezze in cui la crisi ha gettato molte famiglie italiane. Povertà con la "P" maiuscola, insomma. La crisi? Un'invenzione dei comunisti."
Beppe A.

IN ASSENZA DI SOVRANITA'

"Chiedo processo per Pollari e Pompa
usarono soldi del Sismi per finti dossier"

Niccolò Pollari

PERUGIA - La Procura di Perugia ha chiesto il rinvio a giudizio dell'ex direttore del Sismi Niccolò Pollari e dell'ex funzionario del servizio segreto Pio Pompa al termine dell'inchiesta sulle presunte irregolarità legate all'archivio riservato scoperto a Roma in via Nazionale. La principale accusa è peculato. Secondo la ricostruzione del pubblico ministero, Sergio Sottani, cospicue quantità di denaro, risorse umane e mezzi in dotazione al Sismi (il servizio segreto militare, che dopo la recente riforma si chiama Aise) sarebbero stati infatti utilizzati per attività non istituzionali. In particolare, per creare un archivio riservato con dossier su numerosi magistrati, giornalisti e funzionari dello Stato. L'origine dell'inchiesta. Il presunto archivio riservato venne individuato nel luglio del 2006, nel corso dell'inchiesta condotta dalla procura di Milano sul sequestro di Abu Omar. L'indagine venne quindi trasferita a Roma e da qui, nell'aprile scorso, a Perugia per la presenza come parti lese di alcuni magistrati romani. La Procura del capoluogo umbro è infatti competente a occuparsi di tutti fascicoli nei quali sono coinvolti i loro colleghi della capitale.

A Pollari e Pompa il pm Sottani ha contestato, oltre al peculato, il reato previsto dall'articolo 260 del codice penale (introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio).
Il magistrato ha inoltre chiesto per i due l'archiviazione per altri reati quali violazione della privacy, calunnia e diffamazione. Dopo avere ricevuto l'avviso di conclusione indagini, Pollari e Pompa hanno chiesto e ottenuto di essere interrogati dal pm Sottani, opponendo però il segreto di Stato, confermato per entrambi dal Governo. Il pm ha poi firmato la richiesta di rinvio a giudizio. "Neutralizzare il dissenso". Fra le carte del dottor Sottani, dalle quali sarebbero emerse le accuse a Pollari e Pompa, ci sono quelle sequestrate il 5 luglio 2006 - come riportato da un
articolo di Giuseppe D'Avanzo - nell'ufficio riservato del direttore del Sismi. Furono scoperti centinaia di report, dossier su politici, magistrati, imprenditori, giornalisti, alti funzionari dello Stato. In particolare, una relazione di una ventina di pagine nelle quali si faceva esplicito riferimento ad un programma per "disarticolare con mezzi traumatici" l'opposizione al governo.

In quelle pagine - trovate nelle carte del braccio destro di Pollari, Pio Pompa - si spiegava in che modo e per quali ragioni si doveva "disarticolare", "neutralizzare", "ridimensionare" e "dissuadere" - anche con "provvedimenti" e "misure traumatiche" - ogni dissenso, autentico o ipotetico. Lo stesso Pompa - come ha scritto D'Avanzo - "il 21 novembre 2001, aveva inviato un fax a Palazzo Grazioli: " (...) Sarò, se Lei vorrà, il suo uomo fedele e leale...". Il progetto di "disarticolazione" fu attuato "fin dalla prima quindicina di settembre (2001)". Ne faranno le spese, magistrati, giornalisti e, alla vigilia delle elezioni del 2006, il competitore di Berlusconi, Romano Prodi. Contro di lui, e con la collaborazione di giornalisti pagati dagli "spioni", il Sismi scatenerà una campagna di discredito con documenti falsi.

 

La prima "class action" italiana
Codacons contro Unicredit e Intesa

La prima "class action" italiana Codacons contro Unicredit e Intesa



ROMA - "Sarà il Codacons a presentare la prima class action italiana, vale a dire l'azione collettiva a tutela dei propri diritti per danni o inadempienze, che riguarderà il settore bancario. Proprio oggi, data di entrata in vigore dell'azione collettiva nel nostro Paese, il Codacons ha notificato due citazioni in Tribunale contro due colossi bancari: Unicredit e Intesa Sanpaolo". Lo annuncia l'associazione dei consumatori in una nota. Firmatario della prima class action è il presidente del Codacons, Carlo Rienzi. "L'azione - si legge nel comunicato - poggia sulle rilevazioni dell'Antitrust secondo le quali le banche avrebbero compensato l'eliminazione della 'commissione di massimo scoperto' introducendo nuove e più costose commissioni a carico degli utenti, anche 15 volte più care rispetto al massimo scoperto". Per il Codacons si tratta di un "comportamento illegittimo che produce un danno economico ingente ai consumatori, come dimostrato anche dall'Autorità della concorrenza e del mercato. Di qui la class action notificata al Tribunale di Torino (per Intesa SanPaolo) e a quello di Roma (per Unicredit) contro le due maggiori banche italiane". "Se i giudici dovessero accogliere le istanze dell'associazione - si legge ancora nel comunicato - migliaia di correntisti dei due istituti potranno aderire alla class action chiedendo di essere risarciti per le maggiori spese sostenute e senza necessità di rivolgersi al Giudice. La somma richiesta in giudizio dai correntisti si calcola che sarà pari a 1 miliardo di euro per ciascuna banca". "Si tratta della prima azione collettiva in Italia sulla base del Codice del consumo - commenta Carlo Rienzi - speriamo serva per disincentivare i colossi economici a fare scorrettezze gravi contro i consumatori che per pochi euro non farebbero mai causa individualmente, anche se la mancanza di forti sanzioni come avviene negli Usa rende questo strumento poco incisivo ed efficace".

Corte dei Conti critica la manovra
"Troppe entrate dall'esito incerto"

Corte dei Conti critica la manovra "Troppe entrate dall'esito incerto"

I videogiochi sono tra le fonti di entrate per lo stato


ROMA - E' rischioso prevedere di colmare il vuoto creato nei conti pubblici da maggiori spese o minori entrate strutturali con "forme di copertura dagli esiti incerti", come la lotta all'evasione fiscale. E' il giudizio espresso dalla Corte dei conti sulle previsioni del gettito 2009 e sulla copertura finanziaria prevista in particolare nella manovra estiva. Le osservazioni della magistratura contabile sono contenute nella periodica "Relazione sulle tipologie delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativi alle leggi pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto 2009". La lotta all'evasione ed all'elusione fiscale, ricorda la Corte dei conti, è una forma di copertura dagli esiti incerti e dunque una manovra fondata su di essa comporta il rischio di "quantificazioni ottimistiche e poco trasparenti e comunque non facilmente verificabili a consuntivo" rispetto alla copertura di maggiori spese o minori entrate strutturali. Inoltre, scrive la Corte, tale incertezza è accentuata dal mancato coordinamento delle norme sul contrasto ai paradisi fiscali, gli arbitraggi fiscali internazionali e sullo scudo fiscale, sul quale il governo ha puntato per un maggior gettito nel 2009; misure che poiché "appaiono insistere sulla stessa base imponibile", dovrebbero essere considerate "legate tra loro da un rapporto di alternatività". Lo stesso ragionamento spinge la magistratura contabile a criticare le misure che vengono coperte con gli attesi incassi da gioco, come per esempio quelle riguardanti gli interventi post-terremoto in Abruzzo.

Anche in questo caso, il problema è l'incertezza delle entrate, legata stavolta a comportamenti individuali. Perché se da un lato è vero, come affermano i Monopoli, che le spese per il gioco sono in aumento e oltre ogni previsione, dall'altro - dice la Corte dei Conti - "non appare comunque ispirata a criteri prudenziali una copertura di oneri così elevati e per un periodo di tempo così lungo affidata all'alea di comportamenti individuali connessi a consumi che presentano comunque un elevato grado di elasticità".
 

 

I dipendenti della Fiat di Pomigliano occupano dal 16 il municipio
Oggi la messa con il vescovo di Nola. Presidiano la fabbrica anche i dipendenti Eutelia
di ROSARIA AMATO

Natale sul tetto o in fabbrica per precari e cassintegrati

I precari sul tetto dell'Ispra


ROMA - Natale in fabbrica, o sul tetto, o all'interno del municipio occupato da giorni: i figli dei precari e dei cassintegrati della Fiat, dell'Ispra, di Agile, del pastificio Russo, non hanno chiesto quest'anno a Babbo Natale un giocattolo, ma il posto di lavoro per i loro genitori. Che anche nella notte tra il 24 e il 25 dicembre hanno continuato a presidiare il posto di lavoro, sperando che il clamore suscitato dalle loro vicende possa portare qualche novit?positiva nel 2010.

Ispra: cancelli chiusi, niente cibo. Per i ricercatori precari dell'Ispra (l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale istituito nel 2008) l'unica novit?? stata la chiusura dei cancelli, con divieto assoluto a chiunque di entrare negli spazi dell'Istituto tranne che per motivi di emergenza. Tanto che questa mattina il senatore del Pd Ignazio Marino, che gi?ieri aveva annunciato che avrebbe passato il Natale con
i duecento precari che il 31 dicembre perderanno il posto di lavoro (come gi?altri loro 200 colleghi nel giugno di quest'anno), per raggiungere i ricercatori che protestavano ha dovuto scavalcare i cancelli.

"Per ora abbiamo ancora un po' di provviste - dice Massimiliano Bottaro, uno dei ricercatori precari che da 32 giorni sta occupando il tetto dell'Ispra, per protestare contro lo smantellamento di fatto dell'Istituto - e per i prossimi giorni ci arrangeremo, vorr?dire che andremo in controtendenza, anzich?ingrassare a Natale per un eccesso di pranzi e cene, dimagriremo un po'...".
Battute a parte, la chiusura dei cancelli dell'Ispra ?stata vista dai ricercatori in sciopero come l'ennesimo atto di disattenzione e di prepotenza: "Siamo stati sentiti in Commissione Ambiente sia della Camera che del Senato, due giorni fa finalmente dopo 30 giorni d'indifferenza c'?stato il comunicato del ministro Prestigiacomo - ricorda Bottaro - che si ?mostrata molto aperta nei nostri confronti, c'invitava a scendere dal tetto e chiedeva per?al governo di valorizzare l'ampio valore delle competenze dell'Ispra. Fino a ieri quindi c'era un clima disteso. Poi ieri s'?cominciato a parlare di sgombero, e dopo lo sgombero ci ?stata annunciata la chiusura dei cancelli, che di fatto ci isola dal resto del mondo. Si sono uniti alle nostre proteste l'onorevole Madia, il Tg3, che segue la nostra protesta, il sindacato RDB Cub. Per cui alla fine ieri sera i cancelli sono rimasti aperti, ma questa mattina li abbiamo trovati chiusi. In teoria, non possono passare neanche le persone che vengono a portarci generi di prima necessit? possono entrare solo le persone autorizzate dalla struttura commissariale. Oggi aspettiamo ancora visite di esponenti politici che ci hanno dichiarato la loro solidariet? alle 15 Furio Colombo, alle 17 Roberto Della Seta, attuale presidente di Legambiente. Siamo anche sorvegliati dalle forze dell'ordine, c'?una pattuglia in borghese. Non capiamo il perch?di un atteggiamento cos? chiuso nei nostri confronti. Noi siamo gente che ha sempre lavorato dentro lo Stato. E per il primo gennaio, quando i nostri contratti saranno scaduti e non avremo pi?titolo per rimanere qui, a questo punto temiano lo sgombero".

A Pomigliano gli operai in municipio. Anche a Pomigliano d'Arco, in Campania,
ci sono 92 lavoratori precari della Fiat che stanno per perdere il posto di lavoro, e che dal 16 dicembre occupano il municipio della citt? Con loro, oltre al sindaco, si ?schierato anche il vescovo di Nola, Beniamino Depalma, che oggi alle 18 celebrer?la messa di Natale nel municipio insieme agli occupanti e alle loro famiglie. Il problema non ?solo di coloro che stanno per perdere il posto di lavoro: anche gli altri 5000 dipendenti sono da tempo in una situazione estremamente incerta, lavorano s?e no una settimana al mese, e per il resto c'?solo la Cassa Integrazione.
Le assicurazioni dell'amministratore delegato della Fiat, fatte il 22 dicembre nel
corso dell'incontro con il governo a Palazzo Chigi, non li hanno affatto tranquillizzati: "Il 30 avremo un nuovo incontro in prefettura, con il prefetto, i sindacati e un paio di sindaci che ci sono vicini. Per?non vediamo novit?immediate, - spiega Domenico Loffredo, Rsu della Fiom - continuiamo a lavorare tre giorni, quattro mesi al mese al massimo, e dalle dichiarazioni che sono state fatte a Palazzo Chigi penso che questa situazione andr?avanti per un bel po'. Certo, nel 2012 dovremo entrare nel ciclo produttivo della Panda e lavorare un pochino di pi? Per? intanto l'altro modello che abbiamo, la 159, tra due anni sar?finito, ci ritroveremo probabilmente nella stessa situazione, visto che la 147 ? ormai praticamente dimessa. Siamo preoccupati, non vorremmo che parlare della Panda fosse solo un modo per tenerci buoni nel frattempo".
Intanto, gli operai di Pomigliano, nonostante abbiano dormito nel municipio, con le loro proteste, non hanno rinunciato al pranzo della vigilia di Natale: "C'?un presidio permanente, ma abbiamo voluto fare lo stesso una minicena di Natale. Anche oggi saremo l?tutta la giornata, e alle 18 ci sar?la messa con il vescovo".
Anche gli operai Fiat di Termini Imerese, stabilimento che verr?chiuso entro il 2011, come ha annunciato Marchionne, hanno organizzato scioperi e proteste anche per i giorni di festa.

Eutelia: "Rimaniamo nell''azienda". Anche i dipendenti dell'Agile (ex Eutelia) di Pregnana Milanese sono rimasti all'interno dell'azienda, occupata da quasi due mesi. Lo hanno deciso ieri, durante l'assemblea organizzata dai sindacati per "valutare le forme di mobilitazione" dopo la decisione del Tribunale civile di Roma di disporre il sequestro dei beni dell'azienda e di nominare tre custodi per gestire l'ordinaria amministrazione. "Siamo soddisfatti di questo passo avanti - ha detto Angelo Pagaria, delegato della Fiom-Cgil - e ci auguriamo di incontrare i custodi subito dopo Natale. In questa fase bisogna agire molto velocemente, ripristinare le attivit?produttive, saldare i debiti con i fornitori e garantire ai dipendenti, da mesi senza stipendio, il pagamento degli arretrati".
I lavoratori rimarranno per?in presidio "fino a quando non verranno date garanzie alle 200 persone che rischiano il licenziamento nello stabilimento di Pregnana", che conta circa 400 dipendenti. "Rimaniamo nell'azienda in turni di 10-15 persone, e qualcuno di noi trascorrer?il Natale in presidio. Porteremo spumante e panettone - ha concluso Pagaria - e cercheremo comunque di festeggiare". "Mi trovo su un tetto come migliaia di italiani ad aspettare Capodanno. Una volta si finiva sotto i ponti, ora si sale sopra i tetti per salvare il proprio posto di lavoro. E non solo sui tetti, anche sulle gru, sul Colosseo. Brunetta, l'uomo che sembra lontano, ha definito i lavoratori licenziati sui tetti un fatto fisiologico, marginale. Nel 2010 dovremo scendere dai tetti e lasciare il nostro posto alla classe politica, ordinare qualche centinaio di elicotteri all'Agusta per la festa nazionale dell'elicottero. Una festa che ha gi?il suo santo: San Ceaucescu e il suo martire latitante: San Bottino Craxi. Migliaia di pale che girano insieme nei cieli d'Italia. Ci sar?un nuovo Rinascimento con le energie rinnovabili, i prodotti a chilometri zero, la diffusione di Internet, la conoscenza. Nel 2009 sono morti pi?di 1.000 lavoratori, molti sono caduti dai tetti per mancanza di protezioni. 1.000 persone sono morte sul lavoro, ma nessuno ha tirato in ballo il partito dell'odio, c'?stato solo il partito del grano: meno investimenti in sicurezza, pi?profitto. Invito i lavoratori senza protezione nel 2010 a scendere dai tetti e far salire chi ce li manda a calci nel culo. Il 2009 ?stato l'anno degli psicolabili, il 2010 sar?l'anno degli psicolabili organizzati. Gli italiani per sopravvivere dovranno dichiararsi malati di mente per fare la spesa proletaria, non pagare il mutuo e le bollette. Non ?difficile, basta fare l'imitazione del 10% di Gasparri. Nel 2010 il debito pubblico arriver?a 2.000 miliardi di euro, i disoccupati a quattro milioni, i poveri a 10 milioni mentre
Lucio Stanca incasser?il doppio stipendio: da parlamentare e da amministratore dell'EXPO 2015, 644.000 euro, e i parlamentari continueranno ad avere la pensione dopo due anni e mezzo. Il 2010 terminer?senza lo psiconano al governo, il primo psicolabile d'Italia, forse Veronica Lario lo far?internare, il miglior pazzo degli ultimi 150 anni. L'anno nuovo si aprir?con l'inseguimento a Schifani che non mette all'ordine del giorno in Senato la proposta di legge: "Parlamento Pulito" che vuole fuori dal Parlamento i condannati in via definitiva, l'elezione nominale del candidato e un massimo di due legislature. Schifani manda a fanculo 350.000 cittadini che hanno firmato di fronte a un pubblico ufficiale. Schifani sar?a Reggio Emilia il 7 gennaio per i 150 anni del Tricolore, ci sar?anch'io per chiedergli conto delle sue azioni. Schifani che onora il Tricolore ?peggio di Bossi che ci si pulisce il culo.
Nessuno parla del MoVimento 5 Stelle, ?nato nel 2009, ha una sua carta fondativa ufficiale: il "
Non Statuto", un suo Programma, decine di migliaia di iscritti on line in pochi giorni. Un MoVimento in cui "ognuno conta uno". Nel 2010 si presenter?in cinque regioni: Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto senza finanziamenti, con tutti i media contro, ma sar?sufficiente inserire un solo consigliere regionale per far saltare il banco per impedire ogni inciucio. Ci sono gi? 40 consiglieri comunali a 5 Stelle eletti in molti capoluoghi di provincia e il MoVimento ha contribuito all'elezione di due parlamentari europei, Sonia Alfano e Luigi De Magistris, il pi?votato in tutta Europa.
Ci ignorano, ma sono gi?morti. Vivono di contributi pubblici, di concessioni governative. Il 2010 sar?il punto di partenza per il ritorno in mano pubblica di acqua, energia, autostrade, connettivit? Questi non solo stanno indebitando di 15 miliardi di euro in pi?al mese il Paese, lo stanno mangiando vivo. L'otto maggio 2010 ci sar?il Vday sull'acqua che ?dei cittadini e a loro deve tornare. Il 2010 ?l'anno dell'elmetto, il cittadino con l'elmetto deve uscire di casa a combattere per non uscire di senno. In questi giorni ?fallita la conferenza di Copenhagen sul clima, stiamo andando alla catastrofe con ottimismo. Io ho incontrato alcuni pi? importanti cervelli del pianeta e gli ho chiesto consiglio, il documentario fatto insieme a Greenpeace sar?distribuito
gratuitamente a tutte le scuole che lo chiederanno, ?sufficiente andare sul blog. Se una volta era proibito parlare male di Garibaldi, oggi ?proibito parlare bene del MoVimento 5 Stelle e di Beppe Grillo. Leggete il Programma, mettetevi l'elmetto e scendete dai tetti. Il toc toc toc delle pale dell'elicottero sar?dolce come il miele. Buon 2010."

IN  UNA MELMA MONOCRATICO-MEDIATICA-NATALIZIA DEL CAZZO

Una nazione diroccata che si blocca per una nevicata in .....inverno....ai disoccupati, ai padri di famiglia senza lavoro, ai precari lasciati a casa a decine di migliaia, ai detenuti uccisi in carcere senza giustizia, ai lavoratori che passeranno le feste sui tetti per difendere la loro azienda, agli studenti senza un futuro, ai ricercatori senza fondi, ai malati senza assistenza e ai loro familiari che si sostituiscono giorno e notte allo Stato, ai giudici che fanno ancora i giudici, ai giornalisti che fanno ancora i giornalisti, agli insegnanti che fanno ancora gli insegnanti, a coloro che pagano tutte le tasse anche per chi non le ha mai pagate e viene condonato da Tremorti con un miserabile 5%, agli emigrati che vengono derisi a causa del loro Paese, agli emigrati il cui conto corrente ?stato svuotato dallo Stato attraverso i conti dormienti, agli emigrati che si fanno passare per greci, francesi, spagnoli per la vergogna, agli italiani che tengono ancora in vita il Paese...Con la finanziaria da 15 miliardi di euro, TREMORTI HA SANCITO LA DEFINITIVA FINE DELLA CRISI IN ITALIA. Insomma in Italia per la maggioranza al 96% dei suffragi NON ESISTE PIU' LA CRISI, anzi, non c'e' mai stata. 15 miliardi di euro sono 30.000 miliardi di vecchie lire, nel 1992 Amato, per salvare l'Italia dall'uscita dalla parit?della lira dalle altre monete var?una finanziaria da 92.000 miliardi di lire ovvero 46 miliardi di euro attuali, ovvero tre volte di pi? e l'Italietta era semplicemente uscita dal serpentone monetario. La cosa strana di Tremorti ?che nel frattempo era corso in CINA, dai comunisti cinesi, a vendere debito italiano: " C'erano una volta i ministri dell'economia ambasciatori delle imprese nazionali. Nei loro viaggi istituzionali all'estero promuovevano imprese come Telettra, Italtel, Telecom Italia, Olivetti, Alfa Romeo. Oggi tutto ?cambiato. Tremorti sponsorizza nei suoi tour internazionali l'unico vero prodotto italiano in continua espansione: il debito pubblico, che ha raggiunto i 1.801 miliardi di euro. Tremorti ? allo stesso tempo, produttore del debito e suo esportatore. Pi?ne ha, pi?ne deve piazzare sotto forma di titoli di Stato. L'ultima disperata missione ?avvenuta in Cina dove ha venduto tutti i titoli di Stato che ha potuto. In cambio di cosa? Sovranit? nazionale. L'equazione ?semplice: chi ?padrone del nostro debito ?padrone della nostra politica economica. Secondo la Banca d'Italia i titoli di Stato in mano straniera sono in forte aumento. La Cina ?vicina, almeno fino al crack." Tremorti si crede americano: vendere debito significa consegnare parte del paese ad un altro paese. Gli USA tuttavia sono un esercito permanente follemente armato: anche il Grande Obama vende tonnellate di debito ai comunisti cinesi, ma pu?ancora permetterselo in virt?della forza bellica che ha, altro che Nobel per la Pace. L'Italietta invece un esercito potente proprio non ce l'ha. Non ha nemmeno una economia decente: "Le fabbriche chiudono e delocalizzano. Gli operai trascorrono le feste sui tetti delle aziende come tanti Babbo Natale in tuta blu.
"Iscrizione fatta. Parliamo di elmetto. Dalle mie parti Rolfo (ditta di trasformazione veicoli commerciali) senza commesse. Centinaia a rischio licenziamento. Abet (laminati) in crisi, cassa integrazione, nessuna luce in fondo a mesi di mancate commesse. Paura per decine di lavoratori. Graziano, ditta che faceva pezzi dei cambi anche per le Ferrari. 154 licenziati, azienda messa malissimo. A qualche Km gli operai Fiat protestano perch? hanno visto che cacchio di piega abbia preso l'azienda (Polonia, USA, Brasile, India, Cina).Mi viene in mente fuori dalla mia provincia la Brembo. Accordo per mega impianto in Cina. Costruir?solo per il mercato cinese, gli stabilimenti produttivi italiano non sono a rischio... La gente delle aziende che ho citato ?disperata.Se lo mettessero anche loro l'elmetto..." Luis F." Tuttavia per la nostra illustrissima classe politica la crisi non esiste. E' vero che esiste un paese a macchia di leopardo: se da una parte ci sono oltre 5 milioni di disoccupati, dall'altra esiste il lavoro nero che "sbarca" la cassintegrazione, le pezze d'appoggio di nonni,zii,genitori, naturalmente per chi ha la fortuna di averli, oppure l'eterno credito al consumo. Il rischio crack forse lo scriviamo solo noi: che fine hanno fatto i No Berlusconi Day, che fine hanno fatto i Fini-Casini-Bersani col patto costituzionale del nulla eterno....Di sicuro a gennaio il Parlamento CHIUSO approver?BEN 4 LEGGI AD PERSONAM, non una sola....

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Il Pdl e' il partito dell'amore. Ama tutti, ma piu' di ogni altro D'Alema che lo contraccambia da sempre. Nessuno ha fatto piu' di lui per Berlusconi, non Gelli, non Craxi, non Dell'Utri. Il Pdl non dimentica e al grido: "il baffetto dove lo metto?" lo ha proposto invano come mister Pesc in Europa. Una "risorsa del Paese" come D'Alema non si puo' pero' lasciare inoperosa. Soprattutto dopo
l'ennesima proposta di inciucio da voltastomaco. Gianni Letta lo vuole al Servizi Segreti. Massimo e' un uomo fidato. Chi meglio di lui? D'Alema e' stato superato a sinistra persino da Fini e da Casini. Bersani, il portavoce di D'Alema, e' diventato afono dalla vergogna. Chi glielo va a dire al popolo delle Primarie che ha votato per l'inciucio? Dopo il miracolo dello scioglimento del sangue di San Gennaro, quello del sangue invisibile di San Silvio?
"Le cose che non tornano sono molte, forse troppe: il sangue dopo pochi secondi appare coagulato (impossibile); alla dimissione con una frattura nasale e due denti rotti non presentava alcun ematoma sotto gli occhi (molto improbabile). Altri aspetti strani:l'oggetto contundente mai ritrovato; il fazzolettone, guarda caso nero, apparso subito; lo strano comportamento della scorta che non lo porta via, ma anzi lo aiuta a salire sul predellino; nessuna ripresa televisiva e nessuna intervista durante il ricovero (cosa molto strana per un uomo-immagine come lui); il ricovero al San Raffaele (10 km) anzich?al Fatebenefratelli (1km); il primario del San Raffaele dice che ha perso mezzo litro di sangue, ma la camicia ?miracolosamente asciutta."

Senato, per salvare Berlusconi
il Pdl presenta una super-legge

 

ROMA - Regalo di Natale per Silvio Berlusconi. Garantito per la prossima settimana. Un anticipo dei botti di Capodanno. Con la "sorpresa" che il premier ha sempre desiderato e tante volte annunciato: un nuovo scudo congela-processi per le alte cariche, l'immunità parlamentare con il ritorno al vecchio articolo 68 della Carta, la separazione delle carriere dei giudici e la conseguente riforma del Csm. Una sola legge, d'iniziativa parlamentare, per non coinvolgere direttamente il governo. Con l'obiettivo finale di andare a un unico referendum in cui giocare la faccia del presidente del Consiglio. Fuori dal pacchetto, attraverso una legge ordinaria, un inasprimento delle attuali norme, che risalgono all'88 dopo il referendum, sulla responsabilità civile dei giudici, e la riforma elettorale del Csm, per la quale i tempi sono ormai strettissimi, al punto che si scoglie un certo scetticismo nel Pdl sull'effettiva possibilità di farcela in vista della consultazione tra le toghe (luglio 2010).

L'"editto di Bonn" del Cavaliere si traduce subito in una zampata parlamentare, in una sfida all'opposizione, in una manovra sulle riforme che straccia, sin dal suo esordio, ogni possibilità di dialogo con il centrosinistra. C'è già, in nuce, una sfida al Quirinale che, a ogni occasione, raccomanda "riforme condivise". Ma nel pacchetto prenatalizio non c'è nulla che può far presagire possibili intese con il Pd, visto che Bersani e Violante hanno chiuso le porte a riforme che non siano "complessive". Il no di Di Pietro è scontato. L'unico margine resta con l'Udc su scudo e immunità. Tra i berluscones l'ordine è mettere da parte gli indugi e lanciare un segnale molto forte, "inondando il Parlamento con una raffica di riforme".


Il lavorio in corso tra gli esperti giuridici del Pdl di Camera e Senato lascia intendere che il "pacco dono" arriverà a metà settimana. Al Senato la riforma costituzionale, alla Camera il resto. Con un intreccio a tenaglia con il processo breve e il legittimo impedimento. Una strategia ben chiara. Andare avanti, subito dopo le feste, con le due leggi ordinarie e iniziare il confronto su quelle costituzionali. Al premier, per via dei due processi milanesi aperti (Mills e Mediaset), sta soprattutto a cuore la norma che può bloccare le sue convocazioni a palazzo di giustizia. Sarà la "legge ponte" che apre la via al nuovo lodo Alfano bis, rimodellato dal vice capogruppo al Senato Gaetano Quagliariello, sulla sentenza della Consulta. Un testo che, per evitare uno stop dal Quirinale e dalla stessa Corte, conterrà le indicazioni puntuali degli impegni istituzionali che possono giustificare di saltare un'udienza ma con l'obbligo di una certificazione da parte degli uffici. Dovrà essere un testo inappuntabile quello che rivede l'articolo 420 del codice di procedura penale soprattutto in rapporto al processo breve. Perché, se da un lato il governo sponsorizza un dibattimento rapido per tutti i cittadini, dall'altro non può costruire una norma irragionevole per allungare a dismisura i tempi del processo per premier, ministri, parlamentari.

Il pacchetto costituzionale, almeno stando per il momento alla pagina dell'indice, non riserva sorprese. Il nuovo lodo, dopo la bocciatura di quello firmato da Alfano, è una necessità imprescindibile per Berlusconi. Prevederà il congelamento dei dibattimenti per le alte cariche. Con l'immunità il premier si augura di acchiappare il pieno consenso dei suoi parlamentari che non potranno più dire quanto lamentano adesso, che si lavora ormai solo per lui. La separazione delle carriere e del Csm è il leit motiv di questa e della precedente legislatura di Berlusconi. Il quale dovrà comunque fare i conti con Fini e con la Bongiorno. Anche se ormai il suo input è raggiungere comunque il risultato.

Come dimostra il caso delle intercettazioni: mentre la legge è ormai bloccata da mesi al Senato, ecco che il Pdl ricorre a un escamotage per legare lo stesso le mani dei pm. Crea un capitolo di bilancio ad hoc, il 1363, "spese di giustizia per l'intercettazione di conversazioni e comunicazioni", che toglie a quello abituale, il 1360 ("spese di giustizia"), gli ascolti. Peccato che con il primo i magistrati potevano mettere un telefono sotto controllo tutte le volte che era necessario farlo. D'ora in avanti dovranno prima chiedere se ci sono ancora fondi a disposizioni. Di fatto un colpo all'azione penale obbligatoria perché, pur di fronte a un reato, i pm non potranno far nulla per mancanza di soldi.

Milano, truccati appalti sul turismo
Arrestato in diretta tv l'assessore Prosperini

 

Milano, truccati appalti sul turismo Arrestato in diretta tv l'assessore Prosperini

L'assessore regionale al Turismo Pier Gianni Prosperini

MILANO - Avrebbe incassato una tangente da 230 mila euro. Arrestato "in diretta tv" per corruzione e turbativa d'asta l'assessore regionale al Turismo della Regione Lombardia Pier Gianni Prosperini in quota al Pdl. Era invitato alla trasmissione "Forte e chiaro" su Antenna Tre quando le agenzie hanno battuto le prime notizie del suo arresto. Prosperini non ha taciuto: "Ci sono delle agenzie che dicono che sono arrestato. Non è così. Sbagliano, sono qua bello paciarotto, bello tranquillo". Ma poi la voce è andata via ed è stato inutile per il conduttore ritentare di contattarlo.

L'ARRESTO IN DIRETTA TV

L'inchiesta che ha portato in carcere l'assessore regionale riguarda presunte irregolarità su un appalto da 7,5 milioni di euro per promuovere in tv il turismo in Lombardia tra il 2008 e il 2010. Insieme all'assessore Pier Gianni Prosperini - conosciuto "predicatore" nelle tv private in Lombardia per le sue invettive moralizzatrici - è stato arrestato anche Raimondo Lagostena Bassi, proprietario di Odeon tv e Telereporter. In carcere pure Massimo Saini della Publicis, una società di consulenza di comunicazione che avrebbe avuto un ruolo di intermediario tra l'assessore e le società per la gestione della promozione del turismo. L'inchiesta conta diversi altri indagati a cui è stata notificata denuncia a piede libero. I reati contestati a vario titolo sono distrazione di fondi, turbativa d'asta, truffa.

Il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, si è detto "certo che l'assessore Prosperini saprà dimostrare la sua innocenza, di cui non ho motivo di dubitare. E confido che la giustizia saprà arrivare a conclusioni certe in un tempo molto rapido".
 

Dirette televisive su internet
serve il via libera del governo
 

Dirette televisive su internet serve il via libera del governo

Il governo viene allo scoperto e conferma - con il viceministro Paolo Romani - che il Consiglio dei ministri di domani cambierà le regole della televisione italiana e anche di Internet. Il provvedimento è complesso, sconfinato: parliamo di 100 pagine fitte di articoli e commi.

Il provvedimento, una volta approvato dal governo, sarà subito operativo e non farà alcun passaggio in Parlamento per verifiche o correzioni. Si tratta di un decreto legislativo che gode di una corsia preferenziale assoluta.

Il provvedimento detta nuove regole per Internet; toglie risorse ai produttori tv italiani ed europei; limita la possibilità di Sky di trasmettere spot, come ieri Repubblica ha anticipato.

Anche la Rete, dunque, è oggetto delle attenzioni del governo. All'articolo 21, il decreto dice che il Garante delle Comunicazioni dovrà scrivere un regolamento sui servizi diffusi in "diretta continua su Internet" anche con la tecnica del livestreaming. Poi, sulla base di questo regolamento, il governo autorizzerà i servizi. Sembra di capire che dovranno ricevere una autorizzazione e l'iscrizione a un registro quei siti che vogliono trasmettere eventi, concerti, sport, manifestazioni in diretta via Internet. Vengono equiparati, dunque, a delle vere e proprie tv.

Cattive notizie anche per i produttori televisivi indipendenti. La legge attuale li protegge. Stabilisce che i network televisivi debbano trasmettere film o fiction recenti - prodotti in Italia o in Europa - per il 10% del tempo, soprattutto nelle fasce di maggiore ascolto. I network inoltre devono produrre o comprare opere recenti con il 10% dei loro introiti netti. Queste regole servono a proteggere l'industria culturale italiane ed europea. Ma ora il governo - con il suo decreto - depotenzia molto queste misure di garanzia "dimostrando - accusano Vita del Pd e Giulietti del Gruppo Misto - una discreta cecità".


Il decreto autorizza, poi, il product placement anche alla tv: i concorrenti del "Grande Fratello" mangeranno in cucine di cui si vedrà la marca, per fare solo un esempio. E poi c'è la pubblicità. Oggi Sky può trasmettere spot per il 18% di ogni ora, proprio come Canale 5 o La7. Il governo abbasserà questo tetto al 12%.

Questa specifica norma preoccupa anche gli editori che forniscono propri canali alla pay-tv. La Fox, che assicura a Sky 12 canali tra i più visti sul satellite, ricorda di essere presente in 90 Paesi al mondo: in nessuno di questi, sono in vigore tetti pubblicitari come quelli immaginati dal governo italiano. Oggi Fox impiega 250 persone in Italia. Alcune di queste dovranno andare a casa se il decreto del governo entrerà in vigore così com'è. Si fa viva, poi, l'Associazione delle Televisioni Digitali Indipendenti, che assicurano a Sky altri 50 canali. Francesco Nespega, il presidente, sottolinea che il governo toglie ossigeno ai canali indipendenti nel pieno di una delle più gravi crisi economiche.

"E' Natale - nota invece il deputato del Pd, Paolo Gentiloni - e a Natale il governo vara sempre una riforma della tv sfruttando la disattenzione generale: nel 2003, salvò Rete4 dal trasferimento sul satellite; oggi prende di mira Sky. E lo fa usando lo strumento del decreto senza alcun confronto parlamentare". Roberto Rao (Udc) si chiede come mai il governo rinunci a battaglie ben più serie, "come il recupero dell'evasione del canone Rai", mentre Pancho Pardi (Idv) collega le leggi salva-premier sulla giustizia a quelle salva-Mediaset, sulla televisione.
 

Nuova battaglia Mediaset-Murdoch
il governo taglia la pubblicità a Sky

ROMA - Un anno fa, era stata la volta dell'Iva per gli abbonamenti alla pay-tv, portata di colpo al 20%. Adesso la sfida tocca i tetti di raccolta pubblicitaria. E' l'ennesima battaglia della guerra tra Mediaset e Sky, tra "Silvio e Rupert". La tv di Murdoch - che oggi potrebbe infilare spot sui suoi canali per il 18% di ogni ora - dovrà scendere al 12. Un taglio che, pur riguardando tutte le emittenti a pagamento, anche Mediaset Premium, colpisce in primo luogo il gruppo del tycoon australiano.

Il governo, dunque, ha predisposto un altro affondo per arginare la tv satellitare. Lo schema di decreto legge - messo a punto dal viceministro Romani - può approdare in Consiglio dei ministri questo giovedì (a meno che l'incidente al premier non porti al suo rinvio). Il tutto inserito in un provvedimento che recepisce la nuova direttiva Ue sulla "Tv senza Frontiere". Per ora è una bozza, ma Palazzo Chigi accende il disco verde per renderla definitivo.

E' un insieme di norme congegnate, insomma, per accogliere le indicazioni europee. Ma diversi articoli sono dedicati alla quantità di pubblicità in onda sui canali non gratuiti. "La trasmissione di spot - si legge - da parte di emittenti a pagamento, anche analogiche, non può eccedere il 12% di una determinata ora d'orologio". Un limite che non riguarda solo Sky ma anche Mediaset Premium o i canali presenti sulla piattaforma satellitare ed editi da altri soggetti come Disney, Fox, Discovery, Rcs, De Agostini.

Al momento, però, Mediaset Premium non supera ancora il tetto del 12% e quindi non subisce alcuna contrazione. Il danno, semmai, si concentra proprio sulla "parabola" di Murdoch e in particolare sulla programmazione sportiva (le partite di calcio) e il cinema. Senza considerare che il rapporto tra la raccolta di Mediaset Premium e Sky è di circa 1 a 10.


Non solo. Gli ideatori del provvedimento, hanno pensato a un ulteriore beneficio. Imporre il tetto del 12% rappresenta un modo efficiente per evitare una sorta di "cannibalizzazione interna": si evita che i canali in chiaro di Mediaset siano danneggiati non solo dalla competizione con Sky ma anche da quella con le reti a pagamento dello stesso gruppo Berlusconi. L'operatore che già raccoglie quasi il 60% della pubblicità tv, in qualche modo è in condizione di conservare il primato.

Contemporaneamente, se il tetto per la Rai rimane quello già stabilito del 12% - nessun beneficio per Viale Mazzini che copre ampiamente la sua raccolta - per le private il limite viene reso più elastico: queste emittenti potranno trasmettere fino al 20% di spot, telepromozioni e televendite - durante una giornata - senza che la legittimità di questo mix di pubblicità sia più messo in discussione (come invece avviene oggi).

Quel tetto (il 20%) e quel mix vengono definitivamente legittimati, ed anzi l'affollamento potrà spingersi fino al 22% nelle ore di maggiore ascolto.
Su molti altri aspetti, le scelte del governo vanno in direzione di una più ampia liberalizzazione: passa da 45 a 30 minuti il tempo minimo di trasmissione per l'inserimento di uno spot nei film. Spuntano pure delle "innovazioni" che agevolano in modo particolare le reti in chiaro.

Durante gli eventi sportivi - si legge al comma 2 dell'articolo 37 - le interruzioni (si pensi alle pause durante le partite di calcio) possono ospitare non solo spot (come fa Mediaset) ma anche televendite. E nei programmi per bambini di durata superiore a 30 minuti le interruzioni pubblicitarie salgono da una a due.

In un comma di sole quattro righe del Titolo II, si introduce un'ulteriore novità relativa ai permessi per la trasmissione via parabola. "L'autorizzazione ai servizi audiovisivi o radiofonici via satellite - si legge nel testo - è rilasciata dal Ministero". In sostanza le tv satellitari devono essere autorizzate dal governo e non più dall'Autorità per le Comunicazioni. In questo modo, si fa dipendere dall'esecutivo l'ingresso nel mercato tv di nuovi "competitor". Basti pensare al caso di "Cielo", la rete digitale di Murdoch che ancora attende il placet ministeriale.
 

EX JUGOSLAVIA (1991-1999) ED EX ITALIA (2009- ?)

"Andiamo ai materassi", diceva Don Corleone nel film: "Il Padrino". Prepariamoci. Rimane poco tempo. Abbiamo ballato sul Titanic troppo a lungo e non crediamo più all'esistenza degli iceberg. Gli italiani sono come orsi polari alla deriva sulle lastre di ghiaccio nello stretto di Bering. Su lastre sempre più piccole. Non capiscono perché si trovino in mezzo all'oceano, ma pensano che finché c'è ghiaccio c'è speranza. Berlusconi è finito. Con la sua sovrumana volontà di sopravvivenza alla giustizia e alla decadenza fisica ha tenuto in vita artificiale un Paese inesistente insieme alla sua carcassa. Il dopo Berlusconi è già iniziato. I suoi ex compari Fini e Casini si preparano alla successione.
L'Italia si sta spaccando come un lastrone di ghiaccio. E' un coniglio ipnotizzato da un serpente, non riesce a distogliere gli occhi da un vecchietto psicolabile di settantaquattro anni, mentre lo Stato va a pezzi.
Lo Stato è fallito. Ve lo diranno il giorno dopo, scriveranno che era imprevedibile, quando invece tutti sanno. Il presidente greco Papandreou teme la bancarotta, la perdita di sovranità nazionale, in sostanza il commissariamento, l'impossibilità di fare una politica economica autonoma. Chi ha in pancia titoli di Stato greci ha paura che diventeranno come i Tango bond argentini: carta straccia. La Grecia ha 300 miliardi di euro di debito pubblico, noi SEI volte tanto. La popolazione greca è di circa 12 milioni di abitanti. I nostri pensionati e dipendenti pubblici sono quasi 19 milioni. Una stima realistica dei disoccupati italiani è di 3 milioni e mezzo, conteggiando anche coloro che il lavoro non lo cercano più, i cosiddetti "sfiduciati". Le istituzioni finanziarie mondiali e i ministeri del Tesoro comprano titoli di Stato. Per proteggersi dal rischio Paese possono contrarre delle polizze assicurative. L'Italia è prima nel mondo per polizze contratte contro la sua bancarotta. Che altro bisogna fare per suonare la campana a martello?
Se l'economia ci presenterà un conto che non riusciremo a pagare, lo stesso farà la Storia. La Lega punta alla secessione del Nord e con tutta probabilità riuscirà a ottenerla. La crisi dello Stato e il crollo dei piduisti del PDL la favorirà. Diventerà il primo partito sopra il Po. La mafia in Sicilia ha lo stesso obiettivo sin dai tempi di
Salvatore Giuliano. Una Jugoslavia dolce ci aspetta. Gli italiani si frequentano da troppe migliaia di anni per farsi una vera guerra. Un Paese che ha Napolitano presidente della Repubblica, Schifani presidente del Senato e lo psiconano presidente dl Consiglio è morto. Uno zombie che cammina. Lo tsunami italiano è alle porte. Prepariamo i materassi.

Investors have taken out more insurance against default by Italy’s government than against any other country’s, according to DTCC, a firm that clears derivative trades. It reckons that credit-default swaps (CDSs), a form of insurance, cover a notional $23.7 billion of Italian bonds once offsetting contracts are netted out. Nine of the top dozen countries ranked by DTCC are in the euro zone. Italy ranks first partly because it has one of world’s biggest debt burdens. Thrifty Germany is surprisingly ranked third. Greece and Ireland make the list, even though their public bond markets are far smaller. The size of these CDS positions are explained by fragile public finances: CDSs are a way of betting on default as well

 

PADOVA / 08-12-2009
CAPODANNO 2010, ECCO BEPPE GRILLO/ Beppe Grillo sul palco del Capodanno 2010. Capodanno imperdibile
 

Beppe Grillo a Capodanno 2010, Beppe Grillo torna sul palco per capodanno - Beppe Grillo festeggerà il capodanno con uno spettacolo a...

Dinamica suicida

Negli Stati Uniti il terzo trimestre del 2009 ha visto aumentare la produttivita', nel settore dei beni durevoli, dell'8,1% rispetto all'anno precedente. Il Sole-24 Ore commenta: "E' un aumento davvero rapido, frutto anch'esso della crisi, dell'enorme perdita di posti di lavoro. [...] Con una crescita sostenuta a questo ritmo in tre/quattro anni, il settore potrebbe fare a meno quasi del tutto di lavoratori!". C'e' solo un problema: aumento della produttivita' vuol sempre dire, globalmente, diminuzione del saggio di profitto, crisi di sovrapproduzione e aumento della sovrappopolazione relativa. Gli analisti richiamano l'attenzione sul considerevole aumento dei prezzi di copertura dei derivati su titoli emessi dagli Stati contro il rischio della propria insolvenza. La crisi del Dubai, emirato in cui avevano trovato rifugio capitali di altri paesi, da Abu Dhabi all'Inghilterra, ci ha fornito un'ulteriore dimostrazione del perche' la crisi generale non sia solo "finanziaria": la triviale rendita dei grattacieli e delle pseudo-isole di Dubai doveva essere pagata con rendita petrolifera e capitale fittizio. Siccome ogni rendita e' parte del plusvalore, la stretta/CRESCITA produttiva ha provocato, oltre alla fibrillazione del capitale fittizio, una restrizione della sorgente della rendita: con la chiusura dell'80% dei tanto magnificati cantieri. Hanno detto che la crisi era finanziaria, che le banche erano corresponsabili e che bisognava prendere provvedimenti. Intanto il Federal Reserve System rifiuta qualsiasi ipotesi di controllo da parte del presunto onnipotente Stato americano; la UBS, colosso bancario svizzero, minaccia di spostare il suo quartier generale all'estero se il governo dovesse approvare norme di controllo; alcune delle piu' grandi banche salvate dal crack stanno restituendo i miliardollari ricevuti per non essere sottoposte ai vincoli statali che ne derivano. Tutto ricomincia come prima, alla faccia di chi crede che siano i governi a governare e non il Capitale. Le banche europee stanno emergendo dalla crisi creditizia piu' grandi di quanto non fossero prima dello scoppio dei problemi finanziari, mettendo a rischio le loro rispettive economie nazionali.

BNP Paribas, Barclays e Banco Santander sono tra i 352 istituti del Vecchio Continente le cui dimensioni sono aumentate dall'inizio del 2007, stando ai dati raccolti dall'agenzia Bloomberg. Quindici di queste banche possono contare su asset maggiori di quelli delle loro rispettive economie. Tre anni fa erano 10 gli istituti a poter vantare un tale record.

Negli ultimi due anni nel complesso i governi del Vecchio Continente hanno sborsato $5.300 miliardi in aiuti alle banche in difficolta'. Gli istituti bancari salvati dai governi nazionali sono i nove peggiori titoli delle 64 componenti dell'indice del settore bancario europeo di Bloomberg dal fallimento di Lehman Brothers, il 15 settembre del 2008, ad oggi.

No-B-day

Dal flash-mob allo smart-mob

Nonostante tutto, riteniamo che la manifestazione di sabato sia molto importante. Non per l'esempio di democrazia diretta della quale non c'importa nulla (i centomila oggi uniti da un "sentimento contro" saranno disuniti domani su altro), ma per il sordo borbottìo sociale che prende forma non appena si stabilisca una rete polarizzata su un interesse preciso. I giovani organizzano flash-mob (che non servono a niente), qualche sociologo ha già individuato gli smart-mob (finalizzati). Non scandalizzatevi: Lenin guardando alla rete di fabbrica (fatta di acciaio e non di bit) la chiamava spontaneità organizzata.

Piu' di due milioni di disoccupati in Italia, ai quali bisogna aggiungere circa 6 milioni di precari, ci offrono un quadro della situazione sociale. C'e' da aggiungere che la maggior parte dei contratti in scadenza non vengono rinnovati e i cosiddetti ammortizzatori sociali risultano sempre più inadeguati rispetto alla valanga in arrivo. Quando addirittura gli economisti parlano di "generazione lavoro zero", ha ancora senso battersi per un posto di lavoro che non c'è più invece di rivendicare senza tante storie salario per i disoccupati?

Mattanza artigianale, sfruttamento globale

In Peru' hanno arrestato quattro "mostri" sospettati di aver assassinato almeno 60 persone a scopo di lucro. Estraevano dai cadaveri grasso umano che vendevano ad aziende europee di prodotti cosmetici. Si sapeva del commercio di organi dei vivi, ma questa del grasso dei morti e' nuova. Con i tempi che corrono e con la spaventosa cifra cui e' salita la sovrappopolazione relativa, il business e' assicurato. L'indignazione della stampa internazionale e' fuori posto: nella fabbrica globale, il corpo dell'uomo e' incorporato al sistema di macchine come appendice biologica. La morte fa parte del tutto ed e' abbondante senza bisogno di "mostri" assassini, addetti a un settore artigianale rozzo e poco efficiente. Ad esempio l'industria europea dell'automobile produce incidenti stradali per 130.000 morti all'anno e quella della "salute" milioni, senza contare i morti per fame in tutto il mondo (forse un po' troppo magri per estrarre grasso da cosmetici).

 La borghesia ha festeggiato rumorosamente i venti anni dalla caduta del muro. Che, tra l'isteria dei sinistri paventanti un Quarto Reich e la stupidita' dei destri inneggianti allo Spirito Tedesco, nessuno era riuscito a prevedere. Mentre gli ideologi (la testa) avevano guardato ad un futuro in cui non avevano affatto creduto, il futuro era loro precipitato addosso nella veste di una massa (la pancia) transitante sotto lo sguardo sbigottito degli sbirri orientali e dei grassi cittadini occidentali. Una pancia fatta di sacchetti di plastica che muoveva vuota verso Occidente e tornava ad Est piena ("di banane e di riviste porno", dissero gli ineffabili pennivendoli). Incurante di essere o no rappresentata al futuro Bundestag o di cosa avrebbe pensato Hegel sul nuovo Stato. Impotenti comunque tutti, testa e pancia, a capire perché mai dopo vent'anni si stia peggio di prima. Mentre nel presunto ovest si festeggia il nulla, gli equilibri internazionali si modificano, eccome: la Turchia si muove ormai come potenza locale, consapevole della sua crescente importanza geopolitica. Ha preso posizione contro l'invasione di Gaza da parte di Israele; ha vietato il suo spazio aereo durante le recenti manovre Nato; ha mostrato un'apertura verso Hamas; ha firmato con l'ex arcinemica Armenia un protocollo d'intesa; ha intavolato colloqui per un avvicinamento con Siria e Iran; ha preso contatti con la popolazione turcofona dal Caucaso allo Xinjiang, spiazzando persino il governo cinese. Tutte mosse di un vasto giuoco geostrategico che coincidono con la sua storica vocazione euroasiatica. Voltando le spalle ad una Unione Europea Ottusa e inconsistente. Insomma, un "paese amico" che all'interno dello schieramento occidentale sta diventando assai scomodo. Alla modifica degli equilibri”geostazionari” si unisce la trasformazione dell’industria: mero supporto della mercificazione totale. La costruzione in molti Paesi asiatici di cargo civili rapidamente convertibili in navi da guerra trova corrispondenza in un significativo spot pubblicitario per il reclutamento delle Forze Armate taiwanesi. In una sequenza hollywoodiana, aerei, carri e navi transformer diventano scintillanti robot. Un bambino saluta militarmente il nuovo videogame. Nell’altro capo del mondo, il programma Constellation varato da Bush per il ritorno sulla Luna e la "conquista" di Marte sara' interrotto. Più che di Marte si trattava di una conquista dei crani, pura propaganda (e ovviamente business) a colpi di tecno-ideologia, ma si e' rivelata troppo costosa per i tempi che corrono. A dispetto degli affaristi della NASA, Obama avra' in cambio maggiori fondi per l'Education. Prendera' così due piccioni con una fava: chiudera' uno stolto progetto mangiadollari e continuera' la campagna ideologica con uno strumento come il rincoglionimento scolastico, senz'altro piu' economico e piu' efficace. Barack Obama, Nobel per la Pace, non perde tempo: dopo aver annunciato l'invio di altri 30.000 mercenari in Afghanistan ordina ai burattini d'Europa di dare una mano. Senza neppure chiedere il loro parere. Gli "alleati" abbozzano pubblicamente: manderanno anche loro ulteriori truppe. In segreto pero' sbuffano. Primo perche' se un soldato americano costa 770.000 dollari all'anno l'omologo della coalizione non costa tanto di meno. Secondo perche' nessuno al momento ha capito bene che cosa dovrebbero fare i nuovi soldati. Se quelli gia' inviati fossero serviti a rendere autosufficiente l'esercito del governo fantoccio, come si dice, il loro numero dovrebbe diminuire, non aumentare. Anche in Vietnam c'erano basi mai sufficientemente piene di soldati e un esercito fantoccio mai abbastanza addestrato. Obama e' il presidente della “svolta”…..a non si sa che cosa. Tutti si sono rincoglioniti di internet per via dei voti presi on line, ma la politica, quella e' ancora tutta da “internettizzare”: in un afflato di ottimismo orientaleggiante, Super-Obama ha dichiarato alla platea dei Paesi dell'APEC: "Una marea crescente solleva tutte le navi". Ma, mr. President, il suo ministro del tesoro mr. Geithner le avra' pur detto che questa non e' una marea ma una super-crisi che gli esperti hanno chiamato "tempesta perfetta". E il suo segretario di stato mrs. Clinton le avra' pur riferito, di ritorno da Pechino, che il tradizionale trucco americano del super-protezionismo interno e super-liberismo per gli altri ormai non lo digerisce piu' nessuno, Cina in testa. Oltre tutto e' un tantino controproducente dire ai super-esportatori cinesi: "non contate sui consumi americani", accampando il livello della super-disoccupazione USA. Il suo paese ha un super-debito con la Cina e questa, oltre al complementare super-credito, ha anche una super-riserva in dollari, vi terra' d'occhio. Qualche super-problema? Hollywood, anticipando le tendenze meglio degli economisti e dei sociologi, fara' super-bingo con il film super-apocalittico 2012 per il quale si prevedono super-incassi. "Punire e rieducare" diceva una volta la borghesia di fronte a quelle che considerava "devianze sociali". Oggi la sovrappopolazione relativa rispetto al tempo di lavoro disponibile e' in aumento, e cresce in via del tutto naturale anche la sovrappopolazione carceraria. La "rieducazione" passa in ombra, il problema carcerario diventa l'ennesima "emergenza". E siccome la fabbrica sociale di criminalita' non è riformabile, ecco che scatta l'annientamento. In Italia quest'anno sono stati sessanta i suicidi in carcere, senza contare i tentativi. Centocinquanta i morti per cause non naturali. Sovraffollamento, certo, al quale guarda con cupidigia la lobby dell'edilizia carceraria in attesa dei campi di concentramento all'americana. E i sinistri che piagnucolano sulle riforme avranno i loro bravi cantieri.

 

ROMA / 06-12-2009Clicca
NO B-DAY, GRANDE SUCCESSO / NO B-Day: oltre 1milione a Roma marciano contro Berlusconi durante NO B-Day. I leader del PD sempre piu' avulsi ed antistorici, continuano a non capire LA PORTATA DELLE NUOVE TECNOLOGIE E DELLA SPONTANEITA' VIA INTERNET. Il neo pseudo segretario di un partito di zombi, migliori alleati di BerlusconiDay, continuano nella politica dell'inciucio infinito ed insistono A VOLER METTERSI D'ACCORDO CON UNA TESTA DI CAZZO CHE UNA MILIONATA DI PERSONE VUOLE FUORI DAI COGLIONI PER SEMPRE!! Berlusconi si sta allenando alla fuga. E' andato a Torino per inaugurare l'alta velocita'. In un altro Paese ci sarebbero stati alcuni curiosi, qualche contestatore e una folla sostanzialmente indifferente. Per lui c'e' stata un'accoglienza straordinaria. Centinaia di persone volevano toccarlo con mano. Gridargli un po' piu' da vicino: "Amico dei mafiosi", "Buffone", "Corruttore". Queste, ormai consuete per lui, manifestazioni di giubilo popolare non sono state possibili. Trecento poliziotti antisommossa lo hanno impedito. E allora via con la Freccia Rossa. Veloce come il vento. La prossima volta al posto del treno superveloce lo aspetta l'elicottero sui tetti di Arcore. Da Milano i suoi leccaculo e troje ultra fetish in subborg sventolano orgogliosi avvisi di garanzia arrivati per inchieste su un probabile genocidio orchestrato dalle loro politiche fondate su parcheggi,cemento armato, asfalto, inquinamento atmosferico, erosione dei sottosuoli, devastazione delle falde acquifere: "Formigoni e Mortizia Moratti hanno ricevuto un avviso di garanzia. Sono indagati per l'inquinamento a Milano. La Moratti non è stata ancora indagata per lo studio sull'inquinamento della Fondazione Lombarda per l'ambiente tenuto chiuso in un cassetto per mesi. A Milano si muore grazie all'indifferenza della politica. E mentre centinaia di cittadini crepano di cancro ai polmoni o di leucemia, Formigoni agita giulivo l'avviso di garanzia ricevuto (vedi video). Come fosse un premio. Il premio per l'untore dell'anno." Non e' finita: "Per l'inquinamento dell'aria, a Milano (e non solo) i cittadini muoiono di tumore ai polmoni, i bambini di leucemia infantile, i vecchi di complicazioni ai bronchi. A Milano (e non solo) centinaia di persone affollano i pronti soccorso per i danni causati dall'inquinamento. 73 persone al giorno vengono ricoverate in ospedale OGNI GIORNO a Milano per l'aria mefitica. L'inquinamento e' la nuova peste e gli amministratori comunali, regionali, provinciali fino all'ultimo assessore per il traffico o per la salute sono responsabili.
Mortizia Moratti, sindaco di Milano per censo, e Formigoni, presidente della Regione Lombardia per Comunione e Liberazione, hanno ricevuto un avviso di garanzia per l'inquinamento a Milano. Basterebbero poche misure, come le targhe alterne, le piste ciclabili in tutta la città, i mezzi pubblici elettrici, il centro chiuso, per fare respirare Milano (ma non solo). Se saranno condannati quanti morti e malati avranno sulla coscienza? Nessuno. Mortizia sara' impegnata a comprare le nuove scarpe in via della Spiga. Formigoni a parlare di giustizia a orologeria. Qui di orologeria c'e' solo la morte dei cittadini. Da Milano in tutta Italia: RIPRENDIAMOCI L'ARIA! Avanti con le cause."

I leader del PD sempre piu' avulsi ed antistorici, continuano a non capire LA PORTATA DELLE NUOVE TECNOLOGIE E DELLA SPONTANEITA' VIA INTERNET. Il neo pseudo segretario di un partito di zombi, migliori alleati di BerlusconiDay, continuano nella politica dell'inciucio infinito ed insistono A VOLER METTERSI D'ACCORDO CON UNA TESTA DI CAZZO CHE UNA MILIONATA DI PERSONE VUOLE FUORI DAI COGLIONI PER SEMPRE!! Berlusconi si sta allenando alla fuga. E' andato a Torino per inaugurare l'alta velocita'. In un altro Paese ci sarebbero stati alcuni curiosi, qualche contestatore e una folla sostanzialmente indifferente. Per lui c'e' stata un'accoglienza straordinaria. Centinaia di persone volevano toccarlo con mano. Gridargli un po' piu' da vicino: "Amico dei mafiosi", "Buffone", "Corruttore". Queste, ormai consuete per lui, manifestazioni di giubilo popolare non sono state possibili. Trecento poliziotti antisommossa lo hanno impedito. E allora via con la Freccia Rossa. Veloce come il vento. La prossima volta al posto del treno superveloce lo aspetta l'elicottero sui tetti di Arcore. Da Milano i suoi leccaculo e troje ultra fetish in subborg sventolano orgogliosi avvisi di garanzia arrivati per inchieste su un probabile genocidio orchestrato dalle loro politiche fondate su parcheggi,cemento armato, asfalto, inquinamento atmosferico, erosione dei sottosuoli, devastazione delle falde acquifere: "Formigoni e Mortizia Moratti hanno ricevuto un avviso di garanzia. Sono indagati per l'inquinamento a Milano. La Moratti non è stata ancora indagata per lo studio sull'inquinamento della Fondazione Lombarda per l'ambiente tenuto chiuso in un cassetto per mesi. A Milano si muore grazie all'indifferenza della politica. E mentre centinaia di cittadini crepano di cancro ai polmoni o di leucemia, Formigoni agita giulivo l'avviso di garanzia ricevuto (vedi video). Come fosse un premio. Il premio per l'untore dell'anno." Non e' finita: "Per l'inquinamento dell'aria, a Milano (e non solo) i cittadini muoiono di tumore ai polmoni, i bambini di leucemia infantile, i vecchi di complicazioni ai bronchi. A Milano (e non solo) centinaia di persone affollano i pronti soccorso per i danni causati dall'inquinamento. 73 persone al giorno vengono ricoverate in ospedale OGNI GIORNO a Milano per l'aria mefitica. L'inquinamento e' la nuova peste e gli amministratori comunali, regionali, provinciali fino all'ultimo assessore per il traffico o per la salute sono responsabili.
Mortizia Moratti, sindaco di Milano per censo, e Formigoni, presidente della Regione Lombardia per Comunione e Liberazione, hanno ricevuto
un avviso di garanzia per l'inquinamento a Milano. L'ULTRA TROJA FETISH CON TACCHI A SPILLO E CATSUIT IN LATEX TUTTAVIA se n'è sbattuta altamente dall'alto dei miliardi del maritino, GianMarco Moratti, ed ha premiato CON I PUNTI DEL MULINO BIANCO, Marina Berlusconi dell'AMBROGINO D'ORO, e dopo una bella scorpacciata di lusso sfrenato alla SCALA passando per VIA DELLA SPIGA E MONTENAPOLEONE per il nuovo abbigliamento da dominatrix della politica milanese (vedi seconda foto).
Moratti_alla_Scala.jpg
Mestizia MORTIZIA Moratti, sindaco di Milano per censo, ha avuto oggi la sua giornata di gloria. Ha santificato il giorno di Sant'Ambrogio con l'assegnazione dalle sue proprie mani dell'ambrogino d'oro, la massima onorificenza milanese. Per l'informazione ha premiato Maurizio Belpietro di Libero, per l'imprenditoria Marina Berlusconi, la presidente della Mondadori, azienda acquisita con la corruzione di giudici. Poi, tutti insieme, alla prima della Scala a mostrare la toilette da gran signora sotto il peso dei flash, dimentica dell'avviso di garanzia per l'inquinamento dell'aria di Milano. "Milan l'è un gran Milan".Beppe Grillo Segretario

LA SEGRETERIA DEL PD MENO ELLE HA BUROCRATICAMENTE E CAPZIOSAMENTE ESCLUSO LA CANDIDATURA  DI UNA PERSONA PREGIUDIZIALMENTE ALLE PSEUDO PRIMARIE DI UN PARTITO DI FALLITI STORICI: IL PD E' UN ABORTO SORTO DALL'IMPASTO DI DUE ENTITA', L'EX PCI-PDS E L'EX MARGHERITA EX DEMOCRATICO CRISTIANA DI OSCURE CORRENTI SINISTRORSE DEL PASSATO POST BELLICO (DOROTEI,DEMITIANI,PRODIANI....). E' UN ASSURDO PARLARE DI DEMOCRAZIA QUANDO FATTUALMENTE IN REALTA' PASSANO SOLO PERSONAGGINI BUROCRATICI CHE CONTANO SOLO NELL'ORGANIZZAZIONE, ESCLUDENDO TUTTI COLORO CHE VORREBBERO DARE UN CONTRIBUTO NUOVO, FUORI DALLE LOGICHE DI UN PASSATO CHE NON PASSA MAI. LA GRAVISSIMA RESPONSABILITA' STORICA DEL PD, MIGLIOR ALLEATO DI BERLUSCONI, STA NON SOLO NEL NON ESSER RIUSCITO A PROPORRE UN NUOVO MODUS OPERANDI SOCIALE-PRODUCENDO AD ESEMPIO UNA VERA LEGGE SUL CONFLITTO D'INTERESSI ED ABROGANDO LEGGI FARLOCCHE COME LA LEGGE BIAGI, LA LEGGE GASPARRI SULLE TELECOMUNICAZIONIE LA LEGGE ELETTORALE ULTIMA- MA NELL'AVER AVALLATO L'ULTIMA LEGGE FOGNA BERLUSCONIANA, OVVERO LO SCUDO FISCALE, LEGGE PASSATA SOTTO FIDUCIA PER LE ASSENZE GRAVISSIME E COLPEVOLI DEI DEPUTATI DEL PD.

Dinamica suicida

Negli Stati Uniti il terzo trimestre del 2009 ha visto aumentare la produttivita', nel settore dei beni durevoli, dell'8,1% rispetto all'anno precedente. Il Sole-24 Ore commenta: "E' un aumento davvero rapido, frutto anch'esso della crisi, dell'enorme perdita di posti di lavoro. [...] Con una crescita sostenuta a questo ritmo in tre/quattro anni, il settore potrebbe fare a meno quasi del tutto di lavoratori!". C'e' solo un problema: aumento della produttivita' vuol sempre dire, globalmente, diminuzione del saggio di profitto, crisi di sovrapproduzione e aumento della sovrappopolazione relativa. Gli analisti richiamano l'attenzione sul considerevole aumento dei prezzi di copertura dei derivati su titoli emessi dagli Stati contro il rischio della propria insolvenza. La crisi del Dubai, emirato in cui avevano trovato rifugio capitali di altri paesi, da Abu Dhabi all'Inghilterra, ci ha fornito un'ulteriore dimostrazione del perche' la crisi generale non sia solo "finanziaria": la triviale rendita dei grattacieli e delle pseudo-isole di Dubai doveva essere pagata con rendita petrolifera e capitale fittizio. Siccome ogni rendita e' parte del plusvalore, la stretta/CRESCITA produttiva ha provocato, oltre alla fibrillazione del capitale fittizio, una restrizione della sorgente della rendita: con la chiusura dell'80% dei tanto magnificati cantieri. Hanno detto che la crisi era finanziaria, che le banche erano corresponsabili e che bisognava prendere provvedimenti. Intanto il Federal Reserve System rifiuta qualsiasi ipotesi di controllo da parte del presunto onnipotente Stato americano; la UBS, colosso bancario svizzero, minaccia di spostare il suo quartier generale all'estero se il governo dovesse approvare norme di controllo; alcune delle piu' grandi banche salvate dal crack stanno restituendo i miliardollari ricevuti per non essere sottoposte ai vincoli statali che ne derivano. Tutto ricomincia come prima, alla faccia di chi crede che siano i governi a governare e non il Capitale. Le banche europee stanno emergendo dalla crisi creditizia piu' grandi di quanto non fossero prima dello scoppio dei problemi finanziari, mettendo a rischio le loro rispettive economie nazionali.

BNP Paribas, Barclays e Banco Santander sono tra i 352 istituti del Vecchio Continente le cui dimensioni sono aumentate dall'inizio del 2007, stando ai dati raccolti dall'agenzia Bloomberg. Quindici di queste banche possono contare su asset maggiori di quelli delle loro rispettive economie. Tre anni fa erano 10 gli istituti a poter vantare un tale record.

Negli ultimi due anni nel complesso i governi del Vecchio Continente hanno sborsato $5.300 miliardi in aiuti alle banche in difficolta'. Gli istituti bancari salvati dai governi nazionali sono i nove peggiori titoli delle 64 componenti dell'indice del settore bancario europeo di Bloomberg dal fallimento di Lehman Brothers, il 15 settembre del 2008, ad oggi.

No-B-day

Dal flash-mob allo smart-mob

Nonostante tutto, riteniamo che la manifestazione di sabato sia molto importante. Non per l'esempio di democrazia diretta della quale non c'importa nulla (i centomila oggi uniti da un "sentimento contro" saranno disuniti domani su altro), ma per il sordo borbottìo sociale che prende forma non appena si stabilisca una rete polarizzata su un interesse preciso. I giovani organizzano flash-mob (che non servono a niente), qualche sociologo ha già individuato gli smart-mob (finalizzati). Non scandalizzatevi: Lenin guardando alla rete di fabbrica (fatta di acciaio e non di bit) la chiamava spontaneità organizzata.

Piu' di due milioni di disoccupati in Italia, ai quali bisogna aggiungere circa 6 milioni di precari, ci offrono un quadro della situazione sociale. C'e' da aggiungere che la maggior parte dei contratti in scadenza non vengono rinnovati e i cosiddetti ammortizzatori sociali risultano sempre più inadeguati rispetto alla valanga in arrivo. Quando addirittura gli economisti parlano di "generazione lavoro zero", ha ancora senso battersi per un posto di lavoro che non c'è più invece di rivendicare senza tante storie salario per i disoccupati?

Mattanza artigianale, sfruttamento globale

In Peru' hanno arrestato quattro "mostri" sospettati di aver assassinato almeno 60 persone a scopo di lucro. Estraevano dai cadaveri grasso umano che vendevano ad aziende europee di prodotti cosmetici. Si sapeva del commercio di organi dei vivi, ma questa del grasso dei morti e' nuova. Con i tempi che corrono e con la spaventosa cifra cui e' salita la sovrappopolazione relativa, il business e' assicurato. L'indignazione della stampa internazionale e' fuori posto: nella fabbrica globale, il corpo dell'uomo e' incorporato al sistema di macchine come appendice biologica. La morte fa parte del tutto ed e' abbondante senza bisogno di "mostri" assassini, addetti a un settore artigianale rozzo e poco efficiente. Ad esempio l'industria europea dell'automobile produce incidenti stradali per 130.000 morti all'anno e quella della "salute" milioni, senza contare i morti per fame in tutto il mondo (forse un po' troppo magri per estrarre grasso da cosmetici).

 La borghesia ha festeggiato rumorosamente i venti anni dalla caduta del muro. Che, tra l'isteria dei sinistri paventanti un Quarto Reich e la stupidita' dei destri inneggianti allo Spirito Tedesco, nessuno era riuscito a prevedere. Mentre gli ideologi (la testa) avevano guardato ad un futuro in cui non avevano affatto creduto, il futuro era loro precipitato addosso nella veste di una massa (la pancia) transitante sotto lo sguardo sbigottito degli sbirri orientali e dei grassi cittadini occidentali. Una pancia fatta di sacchetti di plastica che muoveva vuota verso Occidente e tornava ad Est piena ("di banane e di riviste porno", dissero gli ineffabili pennivendoli). Incurante di essere o no rappresentata al futuro Bundestag o di cosa avrebbe pensato Hegel sul nuovo Stato. Impotenti comunque tutti, testa e pancia, a capire perché mai dopo vent'anni si stia peggio di prima. Mentre nel presunto ovest si festeggia il nulla, gli equilibri internazionali si modificano, eccome: la Turchia si muove ormai come potenza locale, consapevole della sua crescente importanza geopolitica. Ha preso posizione contro l'invasione di Gaza da parte di Israele; ha vietato il suo spazio aereo durante le recenti manovre Nato; ha mostrato un'apertura verso Hamas; ha firmato con l'ex arcinemica Armenia un protocollo d'intesa; ha intavolato colloqui per un avvicinamento con Siria e Iran; ha preso contatti con la popolazione turcofona dal Caucaso allo Xinjiang, spiazzando persino il governo cinese. Tutte mosse di un vasto giuoco geostrategico che coincidono con la sua storica vocazione euroasiatica. Voltando le spalle ad una Unione Europea Ottusa e inconsistente. Insomma, un "paese amico" che all'interno dello schieramento occidentale sta diventando assai scomodo. Alla modifica degli equilibri”geostazionari” si unisce la trasformazione dell’industria: mero supporto della mercificazione totale. La costruzione in molti Paesi asiatici di cargo civili rapidamente convertibili in navi da guerra trova corrispondenza in un significativo spot pubblicitario per il reclutamento delle Forze Armate taiwanesi. In una sequenza hollywoodiana, aerei, carri e navi transformer diventano scintillanti robot. Un bambino saluta militarmente il nuovo videogame. Nell’altro capo del mondo, il programma Constellation varato da Bush per il ritorno sulla Luna e la "conquista" di Marte sara' interrotto. Più che di Marte si trattava di una conquista dei crani, pura propaganda (e ovviamente business) a colpi di tecno-ideologia, ma si e' rivelata troppo costosa per i tempi che corrono. A dispetto degli affaristi della NASA, Obama avra' in cambio maggiori fondi per l'Education. Prendera' così due piccioni con una fava: chiudera' uno stolto progetto mangiadollari e continuera' la campagna ideologica con uno strumento come il rincoglionimento scolastico, senz'altro piu' economico e piu' efficace. Barack Obama, Nobel per la Pace, non perde tempo: dopo aver annunciato l'invio di altri 30.000 mercenari in Afghanistan ordina ai burattini d'Europa di dare una mano. Senza neppure chiedere il loro parere. Gli "alleati" abbozzano pubblicamente: manderanno anche loro ulteriori truppe. In segreto pero' sbuffano. Primo perche' se un soldato americano costa 770.000 dollari all'anno l'omologo della coalizione non costa tanto di meno. Secondo perche' nessuno al momento ha capito bene che cosa dovrebbero fare i nuovi soldati. Se quelli gia' inviati fossero serviti a rendere autosufficiente l'esercito del governo fantoccio, come si dice, il loro numero dovrebbe diminuire, non aumentare. Anche in Vietnam c'erano basi mai sufficientemente piene di soldati e un esercito fantoccio mai abbastanza addestrato. Obama e' il presidente della “svolta”…..a non si sa che cosa. Tutti si sono rincoglioniti di internet per via dei voti presi on line, ma la politica, quella e' ancora tutta da “internettizzare”: in un afflato di ottimismo orientaleggiante, Super-Obama ha dichiarato alla platea dei Paesi dell'APEC: "Una marea crescente solleva tutte le navi". Ma, mr. President, il suo ministro del tesoro mr. Geithner le avra' pur detto che questa non e' una marea ma una super-crisi che gli esperti hanno chiamato "tempesta perfetta". E il suo segretario di stato mrs. Clinton le avra' pur riferito, di ritorno da Pechino, che il tradizionale trucco americano del super-protezionismo interno e super-liberismo per gli altri ormai non lo digerisce piu' nessuno, Cina in testa. Oltre tutto e' un tantino controproducente dire ai super-esportatori cinesi: "non contate sui consumi americani", accampando il livello della super-disoccupazione USA. Il suo paese ha un super-debito con la Cina e questa, oltre al complementare super-credito, ha anche una super-riserva in dollari, vi terra' d'occhio. Qualche super-problema? Hollywood, anticipando le tendenze meglio degli economisti e dei sociologi, fara' super-bingo con il film super-apocalittico 2012 per il quale si prevedono super-incassi. "Punire e rieducare" diceva una volta la borghesia di fronte a quelle che considerava "devianze sociali". Oggi la sovrappopolazione relativa rispetto al tempo di lavoro disponibile e' in aumento, e cresce in via del tutto naturale anche la sovrappopolazione carceraria. La "rieducazione" passa in ombra, il problema carcerario diventa l'ennesima "emergenza". E siccome la fabbrica sociale di criminalita' non è riformabile, ecco che scatta l'annientamento. In Italia quest'anno sono stati sessanta i suicidi in carcere, senza contare i tentativi. Centocinquanta i morti per cause non naturali. Sovraffollamento, certo, al quale guarda con cupidigia la lobby dell'edilizia carceraria in attesa dei campi di concentramento all'americana. E i sinistri che piagnucolano sulle riforme avranno i loro bravi cantieri.

Quando Berlusconi e Dell'Utri incontravano il capo di Cosa Nostra

Abbiamo degli elementi oggettivi che non c’entrano niente con la parola dei pentiti che va e che viene, ma dato che l’episodio ci racconta come è iniziata questa lunga trentennale storia di rapporti con la mafia, è interessante sentirlo raccontare dal diretto interessato, dal testimone oculare, da quello che partecipava a quell’episodio, perché siamo intorno al 1974, quando Vittorio Mangano viene assunto come fattore, amministratore soprastante, si dice da quelle parti, della villa di Arcore, prelevato in Sicilia da Dell’Utri e portato a Milano, segnalato da Gaetano Cinà, che è considerato un mafioso della famiglia dei Malaspina e che è, guarda caso, uno dei migliori amici di Dell’Utri e, prima che Mangano venga assunto da Berlusconi nella sua villa, c’è un incontro a Foro Bonaparte negli uffici della Edilnord di Berlusconi, tra i capi della Fininvest, dell’Edilnord e i capi della mafia, che all’epoca erano Stefano Bontate e Mimmo Teresi e c’era pure Francesco Di Carlo. Quest’incontro non è così un vaneggiamento, è un incontro al quale Di Carlo partecipa, lo racconta con particolari molto vividi e molto precisi e i giudici del Tribunale di Palermo ritengono che quell’incontro ci sia stato e è lì che inizia tutto. Questo piccolo brano della sentenza sarebbe bene conoscerlo e tenerlo sempre presente in questi giorni, quando si sente dire “ uh, uh, figuriamoci Spatuzza!”, se uno mette insieme questa storia come è cominciata e il racconto di Spatuzza, che ci dice come è finita, ammesso che sia finita, perché forse non è finita, sapete che regna il terrore a Roma e a Arcore che si pentano i fratelli Graviano, che sono quelli che hanno fatto le stragi, ma sono anche quelli che nel 2004 dicono a Spatuzza in carcere “ o qui ci danno qualcosa - cioè ci alleviano un po’ questo regime carcerario - o sennò bisognerà andare a parlare con i magistrati di questi signori che hanno preso impegni e non li hanno mantenuti!”, il clima è lo stesso che precedette l’omicidio di Salvo Lima, quello che nella Prima Repubblica faceva le promesse e, a un certo punto, non è più riuscito a mantenerle. Spatuzza ha iniziato a parlare, i Graviano no, ma si teme che quel no sia un non ancora e allora è interessante vedere come è iniziata e abbiamo la fortuna di avere un testimone oculare di come è iniziata, già riscontrato dal Tribunale di Palermo: Francesco Di Carlo, il boss dei due mondi, il capo della mafia di Altofonte, quello che è stato tra l’altro accusato - poi il processo per il momento non ha portato alle condanne - di avere addirittura impiccato Roberto Calvi sotto il ponte dei Frati Neri. Dicono i giudici che già nei primi anni 70 - sentenza Dell’Utri dicembre 2004 - la mafia era sbarcata a Milano, organizzando - scrivono - “ numerosi sequestri di persona a scopo di estorsione, in relazione ai quali si deve univocamente intendere la funzione di garanzia e protezione che Mangano era chiamato a svolgere a tutela della sicurezza del suo datore di lavoro e dei suoi più stretti familiari”. Berlusconi ha paura dei sequestri, invece di rivolgersi ai Carabinieri si rivolge direttamente a quelli che i sequestri li facevano, ossia i mafiosi in trasferta a Milano. “Gaetano Cinà, detto Tanino, svolgeva tra la mafia a Palermo e a Milano - scrivono i giudici - un ruolo di intermediazione, come dimostra un episodio cardine: l’incontro di Berlusconi con Stefano Bontate”, non il presunto incontro: i giudici di Palermo nella sentenza di Dell’Utri scrivono “ l’incontro di Berlusconi con Stefano Bontate, capo supremo della mafia in quel periodo, fino al 1980 /81”, quando poi ci fu la guerra di mafia i corleonesi sterminarono gli uomini di Bontate, Teresi, Inzerillo etc.. 
L’incontro di Berlusconi con Stefano Bontate, organizzato proprio per l’interposizione degli odierni imputati, Cinà e Dell’Utri, sul quale ha riferito Di Carlo Francesco all’inizio della sua collaborazione: nel 1976  Francesco Di Carlo diventa il capo della famiglia mafiosa di Altofonte, lo rimane fino alla fine degli anni 70, poi viene ricercato, si dà alla latitanza e, nel 1985, viene arrestato in Inghilterra per un grande traffico internazionale di droga e viene condannato a 25 anni dalla magistratura inglese. Nel 1996, tredici anni fa, inizia a collaborare con la magistratura. “Di Carlo - scrivono i giudici - ha riferito dei buoni rapporti di amicizia intrattenuti nel tempo con Cinà. Tramite Cinà aveva avuto modo di conoscere Dell’Utri, presentatogli amichevolmente dal Cinà nei primi anni 70, in un bar vicino al negozio gestito dallo stesso Cinà”, il quale a Palermo aveva una lavanderia e un negozio di articoli sportivi in Via Archimede. “ A breve distanza dalla sua presentazione a Dell’Utri, il collaborante Di Carlo aveva incontrato a Palermo il Cinà, mentre questi - Cinà - era in compagnia di Stefano Bontate e Mimmo Teresi, il numero uno e il numero due della mafia. Dovendo tutti recarsi a Milano nei giorni successivi, proposero di incontrarsi nella città lombarda e si diedero appuntamento negli uffici che Ugo Martello - che era un uomo delle cosche che risiedeva a Milano - aveva in Via Larga, nei pressi del duomo di Milano. Dopo aver pranzato insieme al ristorante vicino al duomo di Milano - quindi partono i mafiosi, vanno a Milano - a Di Carlo venne proposto di accompagnarli a un incontro che avrebbero avuto di lì a poco con un industriale, tale Silvio Berlusconi e con Dell’Utri e ecco l’incontro. Dell’Utri li accolse in quest’ufficio - Edilnord, Foro Bonaparte- e li condusse in una sala dove attesero l’arrivo di Berlusconi, con il quale cominciarono poi a parlare di edilizia”, non so se vi è chiaro, Stefano Bontate, Mimmo Teresi e Francesco Di Carlo, i capi della mafia, vanno a Foro Bonaparte, sede dell’Edilnord, vengono accolti da Marcello Dell’Utri e, a un certo punto, arriva Silvio Berlusconi e si tiene questo vertice tra i capi della mafia e i capi della Edilnord, uno dei quali oggi è il nostro Presidente del Consiglio e l’altro è un parlamentare della Repubblica Italiana. 
Dice Di Carlo, ricordando perfettamente quell’incontro - vedrete i particolari - “ a venirci incontro è stato proprio Dell’Utri e ci ha salutati: una stretta di mano, con Tannino Cinà si è baciato, con gli altri si è baciato, con me no”, conosceva gli altri, Di Carlo lo conosceva meno, il bacio è il saluto che si fa tra mafiosi o amici dei mafiosi. Pensate se oggi Spatuzza dicesse di aver visto Dell’Utri baciare qualche mafioso: “ scandalo, orrore”, direbbe “ ah, ah, ricominciano con il bacio!”. Bene, qui c’è già un incontro, nel 74, con baci e ribaci,  riscontrato dai giudici del Tribunale di Palermo; “con Grado- c’era anche Nino Grado, un altro mafioso che lavorava a Milano e era proprio un grande incontro, un summit- che si conosceva bene, hanno avuto battute di scherzo, si è baciato (Dell’Utri) anche con Stefano Bontate, il capo della mafia. Dopo un quarto d’ora è spuntato questo signore sui 30 anni e rotti e hanno presentato il Dott. Berlusconi a tutti”, arriva un giovane Berlusconi, “ certo non era quello di adesso senza capelli, aveva i capelli, era un castano chiaro, maglioncino a girocollo, una camicia sotto, un pantalone jeans , sportivo era comunque”, dice Di Carlo, “ tant’è che alla fine Cinà disse “ stamattina hanno fatto un’ora come le donne a truccarsi, a pitturarsi: Bontate e Teresi sembrava.. chi dovevano incontrare? E quello è venuto in jeans e maglioncino”, loro si erano messi tutti in tiro da cerimonia e arriva Berlusconi sportivo. “ Ci hanno offerto il caffè - è sempre Di Carlo che racconta - e, quando arriva Berlusconi, cominciano a parlare di cose più serie: lavoro, ognuno che attività faceva, Teresi stava facendo due palazzi a Palermo, “ lei, dottore, sta facendo una città intera, Milano 2” e lui “ non c’è molta differenza tra organizzare un’amministrazione, curarne due o curarne venti”, Berlusconi ha fatto dieci o venti minuti di parlare, ci ha dato una lezione economica e amministrativa - i soliti pipponi che attacca Berlusconi in questi casi - perché aveva in costruzione una città 2, come chiamavano Milano 2”. I giudici proseguono: “ durante l’incontro venne affrontato anche il discorso della garanzia”, cioè di Mangano che diventava la garanzia di Berlusconi contro possibili attività mafiose nei suoi confronti, “e bisogna anche vedere in cambio che cosa fornisce il Cavaliere  - in cambio di quella garanzia - Bontate rassicurò il suo interlocutore (Berlusconi), valorizzando la presenza al suo fianco di Dell’Utri e garantendo il prossimo invio di qualcuno”, qui non c’è ancora Mangano presente, non hanno ancora designato Mangano come garanzia dentro la casa di Berlusconi per conto della mafia. Racconta ancora Di Carlo: “ a Milano succedevano un sacco di rapimenti perché, quando c’era Liggio fuori (Luciano Liggio), quello aveva intenzione di portarsi tutti i soldi del nord a Corleone, grassava gli imprenditori sequestrandoli, prendendo il riscatto e portando giù i loro soldi. Aveva ragione Berlusconi a essere preoccupato: hanno parlato che lui aveva dei bambini, dei familiari, che non stava tranquillo e avrebbe voluto una garanzia. Berlusconi ha detto a Stefano (Bontate): “ Marcello mi ha detto che lei può garantirmi questo e altro” (Marcello è Dell’Utri) e allora Stefano Bontate ha detto “ lei può stare tranquillo, se dico io che può stare tranquillo deve dormire tranquillo”- “eh, sono il capo della mafia!”- lei avrà persone molto vicine che, qualsiasi cosa lei chiede, avrà fatta e lei rassicurandolo”: lei avrà persone molto vicine che, qualsiasi cosa lei chiede, avrà fatto. 
“Poi ha un Marcello qua vicino”, gli dice Bontate, “ c’è Dell’Utri qua vicino a lei, per qualsiasi cosa si rivolge a Marcello”, “Marcello dei nostri e dei suoi contemporaneamente, no? Quindi più sicuro di così..”, “perché Marcello è molto vicino a noi altri”, dice Stefano Bontate a Silvio Berlusconi, “ noi di Cosa Nostra prima minacciavamo e poi ci andavano a fare la garanzia”, dice Di Carlo. La mafia che fa? Ti minaccia e poi ti dice “ ti garantisco io contro le mie stesse minacce”, è la tipica estorsione. “ Era una cosa normale in Cosa Nostra, altrimenti che bisogno ha uno di chiedere - di chiedere protezione - se la sua incolumità non è messa in dubbio?”. Dunque, scrivono i giudici, “ ci fu una richiesta di protezione al Bontate e Berlusconi chiede di essere protetto da Bontate, ma Bontate fece una proposta a Berlusconi a conferma delle aspettative che il capo di Cosa Nostra riponeva in questo primo contatto”, avevano agganciato un grosso palazzinaro del nord che stava costruendo un’intera città, grazie a Dell’Utri e a Cinà che li avevano messi in contatto. Di Carlo dice, nell’interrogatorio al processo, “ Bontate ci ha detto - a Berlusconi - ma perché non viene a costruire a Palermo, in Sicilia?”” e Berlusconi che cosa gli risponde? Con una battuta, un sorriso sornione, “ ma come? Debbo venire proprio in Sicilia? Ma come? Qua con i meridionali e i silicani ho problemi qua e debbo venire là?” e Stefano Bontate ci ha detto “ ma lei è il padrone quando viene là, siamo a disposizione per qualsiasi cosa”, Berlusconi, anche lui, alla fine, ci ha detto che era a disposizione per qualsiasi cosa: “ quello che serve a voi ve lo do io, quello che serve a me, me lo date voi”, questo è il rapporto. 

Gli interessi convergenti di Bontate e Berlusconi

Berlusconi alla fine ci ha detto che era a disposizione per qualsiasi cosa anche lui: lo dicevano a Marcello, quello che dovevano chiedere lo chiedevano a Marcello, Marcello lo chiedeva a lui e lui faceva. Bontate ebbe una buonissima impressione e dice “ Cosa Nostra dobbiamo incominciare a farla  ingrandire, un giorno cominciamo a combinare - cioè a affiliare alla mafia - gente fuori dalla Sicilia, perché ce ne sono tanti che discutono meglio dei siciliani”, vuole addirittura affiliare gente non siciliana alla mafia, gli sono piaciuti questi contatti con questo milanesino sportivo. Quello che accade subito dopo lo ricostruisce il Tribunale e dice che “ il racconto di Di Carlo è nitido, preciso e pienamente compatibile con il resto delle emergenze processuali”, quindi i riscontri ci sono. 
“ Una volta usciti dagli uffici, Cinà si era rivolto a Teresi e a Bontate e, facendo riferimento alla persona che avrebbe potuto essere mandata a Arcore, fece il nome di Mangano Vittorio, conosciuto dallo stesso Di Carlo come un uomo d’onore della famiglia di Porta Nuova, in quegli anni aggregata al mandamento di Stefano Bontate”, in quel periodo Mangano era un uomo di Bontate. “ Di Carlo ha riferito che Cinà, rispondendo a una sua domanda.. dice, Di Carlo, “ mi ha detto (Cinà) che c’era Vittorio Mangano, ci avevano messo vicino a Berlusconi, non certamente come stalliere, non offendiamo il signor Mangano, perché Cosa Nostra non pulisce stalle a nessuno, non fa lo stalliere a nessuno, Cosa Nostra ha un potere enorme e allora hanno messo a abitare lì a Milano, trafficava nello stesso tempo e si faceva la figura che Berlusconi aveva qualcuno  vicino di Costa Nostra e Stefano l’aveva vicino. Berlusconi aveva vicino Mangano e Stefano aveva vicino Berlusconi”. Di Carlo ha riferimento che in seguito, in relazione a quest’incontro milanese, Cinà gli aveva manifestato il suo imbarazzo, perché gli era stato detto di chiedere 100 milioni a Berlusconi. Intorno al 77 /78 - stiamo parlando di un periodo dove Mangano ormai non è più a Arcore, Mangano è a Arcore dal 74 al 76, poi se ne va a abitare in un albergo a Milano - Cinà aveva chiesto il suo interessamento  (di Mangano), in quanto Dell’Utri si era nuovamente rivolto a lui per il problema relativo all’installazione delle antenne per la diffusione del segnale televisivo”, stavano riempiendo l’Italia di antenne per Canale Cinque. “ Anche in quel caso le somme corrisposte a Cosa Nostra erano a titolo di garanzia””.
Ora che Di Carlo dica la verità in merito all’incontro milanese tra Bontate e Berlusconi, per i giudici lo dimostrano le dichiarazioni di altri collaboratori: Antonino Galliano racconta che Cinà gli disse tutto, dall’incontro milanese tra Berlusconi e Bontate alla diretta corresponsione di somme di denaro in favore di Cosa Nostra, Berlusconi o la Fininvest, o qualcuno dei suoi, pagavano regolari somme a Cosa Nostra e infatti, come vi ho detto, in un libro mastro trovato nella sede della cosca di San Lorenzo a Palermo trovano una cifra con scritto vicino “ Canale Cinque, regalo”, non era quindi il pizzo chiesto da Cosa Nostra, era un regalo che la Fininvest faceva ai mafiosi della cosca di San Lorenzo, dove sorgevano alcuni ripetitori. 
“Salvatore Cucuzza - un altro pentito - ha riferito confidenze ricevute da Mangano del tutto analoghe, anche sulle periodiche somme di denaro pari a 50 milioni di lire l’anno, versate a Costa Nostra da Berlusconi e inizialmente ritirate da Mangano, delle quali parlano anche Francesco Scrima e Francesco La Marca, altri due pentiti, in ordine alle lamentele del Mangano per la mancata successiva percezione di queste somme”, ogni tanto si dimenticavano di pagare. E poi c’è il finanziere Rapisarda che racconta come Bontate riciclò i soldi delle cosche nelle aziende, nei cantieri e nelle televisioni di Berlusconi, ma questo è un altro capitolo. Immaginate se qualcuno avesse mai raccontato queste cose: oggi, a sentire Spatuzza, uno direbbe “ ma è acqua fresca rispetto a quello che c’è!”, invece purtroppo nessuno ha mai raccontato queste cose e, quando qualcuno ha osato raccontarle, è stato sbattuto fuori dalla televisione, come è successo a Luttazzi, come è successo a Biagi e come è successo a Michele Santoro. Abbiamo un lungo vuoto televisivo, grazie all’editto bulgaro, che fa sì che oggi si fatichi a recuperare il tempo perduto, ammesso che qualcuno lo voglia fare - giovedì sera a Annozero credo che parleremo di questi temi - e così, quando Spatuzza riprende quel filo, in realtà nessuno lo conosce quel filo e sembra un fulmine a ciel sereno, un fungo spuntato all’improvviso a dire delle cose assolutamente incredibili, mentre in realtà se le cose sono cominciate come vi ho letto, le cose che dice Spatuzza sono ampiamente credibili, la mafia aveva bisogno di qualcuno che prendesse il posto della Prima Repubblica, che stava ormai alla frutta.
Seguite Il Fatto Quotidiano, perché questa settimana daremo molte informazioni anche su questi temi, mi permetto di darvi due suggerimenti, anzi tre, visto che forse è un periodo in cui qualcuno pensa a che cosa regalare a Natale agli amici: naturalmente il primo regalo che vi suggerisco è un abbonamento da regalare agli amici a Il Fatto Quotidiano, magari al versione on- line oppure alla versione postale, se andate sul nostro sito abbiamo anche il nuovo blog antefatto.it, nuovo di zecca, con tutte le iniziative per gli abbonamenti natalizi, c’è quello che vi ho già segnalato la settimana scorsa, il dvd “ Democrazya”, che in realtà è impronunciabile perché c’è crazy dentro a “ crazia”, crazy vuole dire che siamo un Paese di pazzi, ovviamente questo è il diario politico di quest’anno, che è stato fatto con dei contributi filmati e il meglio, o almeno quello che ci è sembrato il meglio, di Passaparola, “Democrazya 2009”, trovate sul blog di Beppe e anche su “ voglio scendere” tutte quante le istruzioni e poi vorrei iniziare una piccola abitudine, quella di segnalare dei libri di informazione che possono servire. Questa settimana vi segnalo “ Come funzionano i servizi segreti: dalla tradizione dello spionaggio alle guerre non convenzionali del prossimo futuro”, è scritto da un grandissimo esperto di servizi che sta dalla parte giusta, naturalmente, e che è il professor Aldo Giannuli. Il libro è pubblicato da Ponte alle Grazie, “ Come funzionano i servizi segreti”

DOPO UCRAINA ED ISLANDA, E' IL TURNO DELLA GRECIA. IN UN ANNO, TRE PAESI EUROPEI SONO FALLITI. L'IRLANDA CI E' ANDATA MOLTO VICINA, E COMUNQUE E' MOLTO LONTANA DALL'ESSERSI RIPRESA. (PER QUANTO RIGUARDA ISLANDA ED UCRAINA VI INVITIAMO A LEGGERE L'ARTICOLO DI UN ANNO FA IN FONDO ALLA PRESENTE PAGINA...) La Grecia è sull'orlo della bancarotta. Non riesce più a vendere i suoi titoli di Stato nonostante gli alti interessi, offerti per vincere la concorrenza di titoli di Stati più solidi come Germania e Francia. Il debito pubblico è come un virus, si diffonde. Vi ricordate i tango bond? A giugno Francia, Germania e Italia avevano 122 miliardi di dollari di titoli greci. Il deficit 2009 per la Grecia è previsto in 12,9%, il più alto della UE. In Italia, nonostante le fanfare governative, il debito pubblico sta scalando l'Everest del default. A settembre sono stati raggiunti i 1.786,8 miliardi, +29,3 MILIARDI in un mese. Tremorti ci indebita per circa UN MILIARDO AL GIORNO. Fermatelo!Se si coglie una mela dall'albero può essere acerba, ma difficilmente è marcia. Le mele marce hanno la tendenza a cadere al suolo, non a rimanere sul ramo. Se invece si coglie una mela da un cesto è più facile che sia marcia. E se le mele sono nel cesto da molto è quasi certo che sono diventate marce. Se una mela sana viene posta in un cesto con i vermi marcirà. E' una questione di tempo. In Italia solo coloro che sono ricattabili, che possono marcire, sono tollerati nel cesto.
All'interno di un sistema marcio, con mele ultrasettantenni, con politici dalla carriera trentennale, con amministratori nominati dal Potere, possono esistere solo mele marce. Non ci sono distinzioni tra chi ruba e chi fa il palo. Tra chi propone una legge e chi la firma. Sono entrambi complici. Questa regola non vale solo per la politica, è reale all'interno di ogni organizzazione che si rispetti. Ospedali, grandi aziende, municipalizzate, università, enti pubblici. La mela verde non è tollerata. E' un rischio che non si può correre. Il sistema si regge sull'omertà e sulla complicità. Chi non è complice o omertoso non fa carriera e quando, di solito per caso, arriva a un posto di comando, non vi resta a lungo. Il sistema se ne libera con le buone o con le cattive. Può valere per un magistrato rompicoglioni o per un qualunque consigliere comunale che metta in discussione un piano regolatore che favorisce la speculazione edilizia.
Chi è rimasto a lungo nel Palazzo o anche nell'Ultimo Condominio del Potere, è soggetto alla corruzione. Può valere anche per chi denuncia il Sistema ed è vissuto per il Sistema e nel Sistema. Le voci bacate di un Fini o di un Montezemolo arrivano con deplorevole ritardo o in perfetto anticipo per mantenere intatto il Cesto? L'integrità del Cesto è l'obiettivo principale di chi prospera al suo interno.
Il cambiamento, se ci sarà un cambiamento, può avvenire solo con la sostituzione di tutta la classe politica e manageriale del Paese, tutta al di sotto di ogni sospetto. Più o meno ricattabile. "Un'idea che non trova posto a sedere è capace di fare la rivoluzione" disse Leo Longanesi. Il problema è che i posti a sedere sono tutti occupati e il cibo è avariato. La rivoluzione è obbligatoria, le nuove generazioni non ancora corrotte devono prendere il comando. L'alternativa è marcire tutti insieme.

Lucio Stanca, doppiostipendista, prendi la penna (il computer non lo sai usare) e fai la somma:
- 164.168 euro da parlamentare
- 300.000 euro da amministratore delegato dell'EXPO 2015
- 30.000 euro come consigliere dell'EXPO 2015
- 150.000 euro di variabile per l'EXPO 2015
Totale. 644.168 euro.
Stanca si deve sempre ricordare che è un nostro dipendente. I soldi che prende (tanti) gli arrivano dalle nostre tasse. Percepisce un
doppio stipendio senza vergogna. E se un giornalista di Repubblica gli chiede le ragioni replica: "Devo rispondere ai miei cittadini e al gruppo del Pdl". Chiedo ai precari, disoccupati, alle famiglie monoreddito con 800 euro al mese e a tutti i cittadini che non percepiscono un doppio reddito a carico dello Stato, quando incontrano Stanca per strada, di fermarlo di farsi restituire i soldi da parlamentare. Il creatore della più grande ciofeca informatica mondiale, il celebre portale Italia.it, infatti alla Camera non si fa più vedere. Nel mese di ottobre è stato presente solo al 4,22% delle votazioni.

Fiat, Marchionne conferma i tagli
"Non possiamo tenere tutto aperto"

"Noi facciamo automobili e camion, alla politica industriale ci deve pensare il governo"

Fiat, Marchionne conferma i tagli "Non possiamo tenere tutto aperto"

Sergio Marchionne

TORINO - "Siamo pronti a discutere con il governo. Ma non si può pensare di difendere tutto e di tenere tutti gli stabilimenti aperti". Lo ha detto l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, precisando che le indiscrezioni circolate sul piano per gli stabilimenti italiani "sono in parte veritiere, in parte no". "Aspettiamo di incontrare il ministro - ha aggiunto Marchionne - siamo stati piuttosto chiari a giugno nell'incontro con il presidente Berlusconi, c'è poco da aggiungere".

Le dichiarazioni di Marchionne arrivano mentre è ancora in corso la protesta nello stabilimento di Termini Imerese per il quale si annuncia la fine della produzione legata all'auto. Il manager ha aggiunto; "Non si può pensare di difendere tutto e di tenere tutti gli stabilimenti aperti, perché questo non è fattibile in un mondo che è cambiato drasticamente". "Abbiamo un piano industriale intelligente - ha detto Marchionne - e riusciremo ad aumentare la capacità produttiva del paese, ma non possiamo tornare ad una realtà che non esiste più. In Italia abbiamo sei stabilimenti - ha proseguito l'ad - e produciamo l'equivalente di quello che si realizza in una sola fabbrica in Brasile. Questo non ha nessuna logica industriale, riflette una realtà che non c'è più".

L'amministratore delegato ha ribadito che da parte dell'azienda ci sono disponibilità e impegno per cercare soluzioni che però devono essere realistiche: "Confermo che siamo disposti a lavorare con il governo e le parti sociali, ma cerchiamo di non illuderci. Capisco la posizione degli operai sono disposto a lavorare con tutti, ma bisogna confrontarsi sulla realtà industriale e vedere qual'è la soluzione intelligente".

L'Alcoa annuncia la chiusura
operai occupano lo stabilimento

I dipendenti hanno tolto il blocco ai cancelli, ma rimane il presidio permanente
L'azienda: "Sospensione temporanea fino a nuovo contratto di fornitura elettrica"

L'Alcoa annuncia la chiusura operai occupano lo stabilimento

Una manifestazione dei lavoratori dell'Alcoa


CAGLIARI - Si fermano due degli stabilimenti italiani dell'Alcoa, il gigante Usa dell'alluminio, e gli operai occupano gli impianti. L'azienda ha decretato lo stop della produzione primaria a Portovesme, nel Sulcis Iglesiente, e a Fusina (Venezia) dopo la decisione della Commissione Europea che ha chiesto la restituzione degli aiuti ricevuti sul prezzo dell'elettricità. La chiusura di Fusina sarebbe immediata, mentre quella di Portovesme sarebbe probabilmente fissata per la fine del 2010, fanno sapere alcuni rappresentanti sindacali. L'azienda dà lavoro a 2.500 persone in Italia. Nella chiusura dei due stabilimenti sono coinvolte 1000 dipendenti diretti e 1000 lavoratori dell'indotto.

La multinazionale ha annunciato solo la sospensione "temporanea" della produzione, non la chiusura, nei due stabilimenti in Italia annunciando di voler fare ricorso. Dopo l'incontro, oggi, al ministero dello Sviluppo economico, l'azienda ha ribadito che "interruzioni temporanee degli impianti potrebbero determinarsi dopo un processo di consultazione che potrà durare fino alla seconda metà di dicembre". Per l'amministratore delegato Giuseppe Toia, "se Alcoa potrà ottenere un contratto di fornitura di energia elettrica a prezzi competitivi, questa interruzione sarà immediatamente sospesa".

Per gli operai è stata una giornata di attesa. Dopo l'occupazione degli impianti decisa stamani, i dipendenti dell'Alcoa, al termine dell'assemblea, hanno tolto il blocco ai cancelli della fabbrica ma alcuni di loro resteranno all'interno dello stabilimento anche per la notte, in attesa dell'incontro di domani mattina con i sindaci della zona per organizzare nuove forme di protesta. Stamane i lavoratori di Portovesme avevano "sequestrato" la sede dello stabilimento, imponendo al direttore della fabbrica Marco Guerrini, al vicedirettore Sergio Vittori e agli altri dirigenti di assistere all'assemblea per avere "risposte immediate".

Una prima risposta è stata una sorta di moratoria per i prossimi 15 giorni. Lo annuncia Roberto Straullu, della Uil, che si trova nello stabilimento sardo: "Usciamo ora da un incontro con la direzione dello stabilimento, ci siamo spostati dalla sala delle assemblee. Resta lo stato di agitazione e la produzione continua, ma abbiamo raggiunto l'ipotesi di un percorso in cui non sarà messa in atto nessuna azione negativa per i prossimi 15 giorni, l'azienda ha siglato un impegno scritto". Anche a Marghera 250 operai metalmeccanici dell'Alcoa sono scesi in strada a bloccare parzialmente per un paio d'ore la viabilità industriale.

La sospensione della produzione è stata decisa per "le incertezze sulla fornitura di elettricità per i suoi forni di fusione a tariffe competitive e per l'impatto finanziario della decisione della Commissione Europea", si legge nel comunicato di Alcoa.

La Commissione ha chiesto ieri al produttore di alluminio di rimborsare le sovvenzioni avute dal 2006 sui prezzi dell'elettricità in Italia, sostenendo che si tratta di aiuti pubblici illegali. L'ammontare degli aiuti da rimborsare non è stato divulgato, ma secondo fonti sindacali citati dai media italiani, si eleverebbe a 270 milioni di euro.

La produzione di alluminio richiede un forte consumo di energia: Alcoa aveva concluso con il fornitore di elettricità italiano, l'Enel, un contratto che gli assicurava tariffe fisse per una durata di dieci anni, fino al dicembre del 2005. La Commissione Europea aveva all'epoca autorizzato ciò che aveva assimilato a una "operazione commerciale ordinaria conclusa alle condizioni del mercato".

Dal 2006, però, Alcoa ha continuato a beneficiare di tariffe privilegiate, ma secondo un diverso dispositivo: continua ad acquistare la sua elettricità dall'Enel, ma è lo stato italiano che gli rimborsa la differenza con la tariffa storica, ciò che Bruxelles considera come "un aiuto pubblico illegale". "La tariffe è in vigore da oltre dieci anni in italia e è stata approvata dalla commissione nel 1995, l'anno in cui Alcoa ha acquistato le infrastrutture" si difende il gruppo.

"Ho un patto con Berlusconi
Questo mi rivelò il boss

"Ho un patto con Berlusconi Questo mi rivelò il boss"

Gaspare Spatuzza

PALERMO - I boss di Cosa Nostra avrebbero avuto un rapporto "diretto" con Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri. Non ci sarebbero stati "mediatori" nel patto che sarebbe stato stretto tra la mafia ed i leader del nascente partito di Forza Italia per fare cessare le stragi iniziate nel '92 e continuate nel '93 con gli attentati di Firenze, Roma e Milano.
Ad affermarlo è l'ultimo pentito di mafia, Gaspare Spatuzza, i cui verbali con le dichiarazioni rese nell'estate scorsa ai magistrati di Firenze sono stati depositati ieri nel processo d'appello a carico del senatore Marcello Dell'Utri, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa.
L'interrogatorio è del 18 giugno. È lì che Spatuzza racconta ai magistrati fiorentini di avere appreso direttamente dal boss Giuseppe Graviano, nel gennaio del '94 al bar Doney di via Veneto a Roma, che si erano messi "il paese nelle mani" perché - secondo quanto si legge nei verbali - avevano raggiunto un accordo con Dell'Utri e Berlusconi.
Spatuzza dice ai pm Alessandro Crini e Giuseppe Nicolosi della Dda di Firenze: "Ritengo di poter escludere categoricamente, conoscendoli assai bene (i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano ndr) che i Graviano si siano mossi nei confronti di Berlusconi e Dell'Utri attraverso altre persone. Non prendo in considerazione la possibilità che Graviano abbia stretto un patto politico con costoro senza averci parlato personalmente".
Spatuzza era il braccio destro dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano (entrambi in carcere con ergastoli per stragi e omicidi tra i quali quello del sacerdote Don Pino Puglisi e del figlioletto del pentito Di Matteo). Quando Giuseppe Graviano gli rivelò il "patto" che sarebbe stato stretto con Berlusconi, si trovava a Roma per preparare il fallito attentato allo Stadio Olimpico per uccidere decine di carabinieri.
Il pentito parla quindi dall'alto dei suoi rapporti privilegiati con i boss e ai pm fiorentini aggiunge: "Non posso sapere quale fosse il proposito che Berlusconi e Dell'Utri avessero in mente stringendo questo patto. La mia esperienza di queste vicende, ma è una mia deduzione, è che costoro (Berlusconi e Dell'Utri ndr) che in primo momento hanno fatto fare le stragi a Cosa Nostra, si volevano poi accreditare all'esterno come coloro che erano stati in grado di farle cessare. E quando poi li vedo scendere in politica, partecipando alle elezioni e vincendole, capisco che sono loro direttamente quelli su cui noi (Cosa Nostra-ndr) abbiamo puntato tutto".

In Italonia ci sono 15 milioni di pensionati a vario titolo, 5 milioni di pensioni di invalidità a vario titolo, 5 milioni di disoccupati/scoraggiati/nene (*), all'interno dei 25 milioni di persone in età lavorativa, dobbiamo togliere 5 milioni di dipendenti pubblici a vario titolo, 5 milioni di cassaintegrati a vario titolo. Rimangono 15 milioni di persone per un rapporto di 1,5 contro 3,5 quando negli anni ottanta il rapporto era di 3 contro 2. Il tutto entro la cornice di un tasso di natalità sotto lo zero da decenni, con una popolazione che aumenta solo grazie all'entrata dei "barbari". (*) I disoccupati sono quelli tratti dalle stime ufficiali Istat, stime ormai assolutamente inattendibili perchè non tengono conto di coloro che non non provano nemmeno a cercare un lavoro e di coloro che un lavoro non lo hanno mai fatto, ovvero i così detti ne-ne, ne studio ne lavoro, che in Italia ammontano a circa UN MILIONE di persone. Ma non sono questi i problemi che assillano chi sta al governo, non sono questi !!! Le urgenze tossiche sono altre:

"Non sbatte la porta solo perché il decoro istituzionale glielo impedisce. Ma quando Berlusconi si lascia alle spalle lo studio di Fini a Montecitorio il termometro della sua collera contro il primo inquilino del palazzo arriva a una tacca mai raggiunta fino ad ora nei pur difficili rapporti con l'ex leader di An. Era entrato mal disposto alle 9 e 46, esce alle 11 e 30 che ha quasi perso la voce per i toni alti che ha dovuto usare. Al punto che l'eco di qualcuno è arrivato perfino a sentirsi nel corridoio. Al fido Gianni Letta chi gli sta accanto, e che ha cercato di evitare il peggio tra i due, sibila: "Fini è proprio un ingrato, se il clima è questo allora è meglio andare al voto".
Aveva chiesto la certezza di chiudere per sempre i processi milanesi, invece se ne va con la promessa di una legge, il processo breve, che non gli dà garanzie al cento per cento, che lo farà restare ancora sulla graticola del processo Mills, per la quale le toghe già minacciano di rivolgersi alla Corte costituzionale.
La giornata di Berlusconi è rovinata, salta il viaggio a Milano, e quando arriva a via del Plebiscito ha pure la sorpresa di vedere Fini in diretta su Sky che già "vende" i risultati del suo successo ("Prescrizione breve? Non si farà"). Il Cavaliere commenta con i suoi: "Devo dire grazie, ancora una volta, a Napolitano che si è messo di traverso, e a Fini che si è fatto portavoce delle imposizioni del Colle". Quello che segue è il verbale di un duro faccia a faccia. Berlusconi parte all'assalto prima che Fini possa perfino parlare: "Negli ultimi mesi il tuo comportamento è stato quantomeno disdicevole. Non hai mancato occasione per prendere le distanze da me. Lo hai fatto pure in tv, dall'Annunziata prima, e ancora l'altra sera da Fazio. Ma che gioco sta facendo?". Fini replica freddo: "Silvio, calmati, tu sbagli. Io ho solo difeso principi di legalità in cui credo da sempre. Non possiamo far saltare migliaia di processi. E poi ti ho espresso pubblicamente solidarietà, ma non posso assecondare una soluzione che si risolverebbe in un'amnistia mascherata. Io devo tutelare i cittadini". Monta la collera del Cavaliere che insiste e rimette sul tavolo la richiesta della prescrizione breve: "Solo quella soluzione mi garantisce di chiudere una volta per tutte il caso Mills. Tu non mi puoi chiedere di toglierla dalla legge perché altrimenti tutto diventa inutile. Allora tanto vale buttare a mare l'intero pacchetto". Berlusconi arringa Fini: "Se non mi appoggi lo interpreterò come un tradimento, come una mancanza di lealtà nei miei confronti". È il momento clou dell'incontro. Quando Berlusconi s'infuria contro l'assente Giulia Bongiorno che boccia le proposte di Niccolò Ghedini ("Lei sostiene la linea dura e tu le dai retta"). E Fini, a questo punto, cala il suo asso: "Eh no, Silvio, questo non lo puoi dire anche perché le perplessità più forti sono arrivate dal Quirinale. Se tu vai avanti sulla strada della prescrizione breve io so per certo che Napolitano non firmerà la legge e andremo a uno scontro istituzionale di violenza inaudita. Ti dico subito che non sono d'accordo, è meglio che tu rinunci a questa soluzione che manderebbe al macero centinaia di processi e accetti quella del processo breve". Silvio esplode: "Ma cosa dici? I miei mi assicurano invece che di processi se ne chiuderanno pochissimi".
Interviene Letta per evitare una clamorosa rottura. Berlusconi capisce che la partita della prescrizione è persa. Sa, perché Ghedini gliel'ha spiegato, che la via del processo breve lo salva per certo dal caso Mediaset, ma è impervia e pericolosa per il dibattimento Mills dove basta una questione di legittimità costituzionale per congelare tutto e tenere aperto il fronte giudiziario. Per questo il suo avvocato continuava a ripetergli: "Quelle norme mi servono tutte e due". Ma stavolta il premier non riesce a scalare il muro frapposto da Fini. Gli chiede almeno certezze sui tempi: "Mi devi garantire che la legge venga approvata entro Natale". E l'altro di rimando: "E come faccio? Ma lo sai che in aula ho la Finanziaria?". Berlusconi: "E tu rinviala". Fini sorride sull'ipotesi assurda, ma rassicura il suo ospite: "Su questo cercherò di fare il possibile, ma tu devi garantirmi che Tremonti posterà in Finanziaria risorse sufficienti per fare in modo che il processo breve non sia solo un'imposizione dall'alto". Il premier: "Ma questo chi ce lo fa fare? La giustizia non è una priorità". Il presidente della Camera lo rimbecca: "Ma lo sai che a Caltanissetta manca perfino la carta per fare le fotocopie? Ti rendi conto che questi sono i problemi veri o pensi che lo siano solo i tuoi processi?". Berlusconi accetta pure questa condizione, chiederà a Tremonti di prevedere fondi per la giustizia.
Quando lascia Montecitorio sa che la partita del processo Mills è ancora aperta. E neppure stavolta, col processo breve, riuscirà a chiuderla. Tant'è che Ghedini già studia come trasformare in un emendamento la salvifica soluzione della prescrizione breve. Ma proprio contro Ghedini e i suoi consiglieri giuridici il premier si sfoga: "Questi qui, dopo il lodo Alfano, mi stanno portando di nuovo a sbattere". Potrebbe far sua la battuta che, nelle stesse ore, alla Camera pronuncia Gaetano Pecorella: "Ghedini? Come al solito perde i processi in tribunale e poi prova a vincerli in Parlamento. Restando sconfitto di nuovo".

ROMA - La leggina, perfetta come la vorrebbe Berlusconi, è pronta da tempo. Via un quarto della prescrizione per chiudere definitivamente i suoi processi. E in più di nuovo alla Camera l'emendamento alla Finanziaria, dopo il fallito blitz al Senato, per sanare il caso tributario della Mondadori con una mancia del 5% rispetto ai 200 milioni di euro dovuti. Dietro c'è, come al solito, il suo avvocato e super consigliere giuridico Niccolò Ghedini. E lo scontro con il legalista Fini raggiunge l'apice, com'è successo per le intercettazioni e la blocca processi. Berlusconi utilizza il Giornale, che titola "Chi non ci sta, fuori dal Pdl", esercita una fortissima pressione politica, minaccia di far saltare il tavolo della maggioranza, chiede a Fini e Bossi di sottomettersi e sottoscrivere un accordo di ferro. Vuole vederli tutti e due mercoledì, per un vertice che sia definitivo. Nel quale chiudere la partita della giustizia e delle regionali. Ma Fini non ci sta. Ai suoi dice: "Io di questo vertice non so nulla, nessuno me ne ha parlato". Disgustato per le pressioni veicolate ancora una volta per il tramite di Vittorio Feltri, stoppa pubblicamente in tv le aspirazioni massime del Cavaliere. Glielo dice chiaramente, niente prescrizione breve, perché "non si può togliere al cittadino il diritto di veder riconosciuto in tribunale, anche dopo anni, se ha ragione o ha torto". A Ghedini lo aveva già spiegato Giulia Bongiorno. Ma loro, Ghedini in testa, hanno continuato a insistere. Un braccio di ferro durissimo, andato avanti per giorni e giorni, con pressioni mai pesanti come in questo momento. La via della prescrizione breve calza a pennello per il Cavaliere. Azzera d'un colpo il processo Mills. Riduce da dieci a otto anni il tempo in cui si può perseguire il reato di corruzione. Gli otto anni sono già passati. Quindi, con questa regola, quel processo, che è il più temuto da Berlusconi, è prescritto. Ma la Bongiorno ribatte che sarebbe "un'amnistia mascherata". Il premier forza la mano. E, nelle stesse ore, al Senato, manovra per inserire la norma a favore di Segrate, per cui due processi tributari che arrivano in Cassazione con due sentenze conformi a favore dell'imputato possono essere chiusi pagando solo il 5 per cento. Il Cavaliere non vuole sentire ragione stavolta. Vuole stringere un patto di ferro su giustizia e regionali. Comunque. Per questo ipotizza un "papello per la giustizia", di cui Repubblica scrive già giovedì scorso. Un "patto di legislatura", un "documento programmatico che avrà la valenza di un atto notarile", sottoscritto dal capo del governo con Fini e Bossi, un "atto politico forte" che chiuda una volta per tutte la querelle sullo scudo per anestetizzare i processi milanesi. Dentro c'è la soluzione della prescrizione breve che i finiani hanno già stoppato. Ma lui insiste. Gli saltano i nervi quando scopre che la Bongiorno s'incontra con il ministro Roberto Calderoli e tutti e due si mettono contro la sua soluzione preferita. Al faccia a faccia è presente Aldo Brancher, da sempre uomo di collegamento tra Lega e Berlusconi, che gli riferisce tutto nei dettagli. Per questo salta il vertice di mercoledì scorso con Fini e Bossi, il Cavaliere tenta con Casini, poi affida al Giornale il suo "ultimatum". Tenterà di forzare di nuovo la mano mercoledì.
Ma Fini lo anticipa e si assume in prima persona la responsabilità di bocciare la soluzione più dura, che salva sì Berlusconi, ma manda al macero centinaia di processi, e su cui il Quirinale ha già pronunciato un secco niet. Apre invece all'ipotesi soft: "Discutiamo della lunghezza abnorme dei processi. Ci sono proposte di legge in Parlamento, anche dell'opposizione". È il disegno di legge del diessino Fassone, vecchio di due legislature, che inaugura il processo breve, non più di sei anni complessivi, poi l'estinzione. Ghedini non è convinto che questo basti per Berlusconi, tant'è sforna l'ultima sua creatura, una prescrizione ridotta tutte le volte che il processo viene interrotto per una sospensione chiesta dalle parti. Ma Fini ha lanciato il suo messaggio: un'apertura all'esigenza giudiziaria del capo del governo ("I suoi processi sono cominciati quando è entrato in politica"), ma l'indicazione netta di una strada da percorrere, il processo breve, che tutti i cittadini potrebbero anche condividere.

NEL FRATTEMPO NASCE  all'Ars il Pdl Sicilia
scissione tra i berlusconiani. Non bastava UN PDL, ce ne vogliono due.....

Palermo. Il nuovo logo è tratto dal simbolo elettorale del Popolo della libertà. Ma sotto il tricolore la scritta  «Berlusconi presidente» è stata sostituita da «Sicilia». Eccolo, il marchio della scissione di Micciché e dei finiani dell'Isola. La nuova creatura politica è stata presentata dal sottosegretario e dagli altri "ribelli".All'Assemblea regionale siciliana conterà 15 deputati e andrà a puntellare la traballante maggioranza che sostiene il governatore Raffaele Lombardo, non a caso entusiasta della nuova iniziativa "autonomista". Al momento il Pdl Sicilia, nato in contrapposizione all'area Schifani-Alfano e ai vertici regionali del partito, è solo un'articolazione tecnica del Pdl, ma preoccupa - e non poco - i tre coordinatori nazionali La Russa, Bondi e  Verdini, perché contiene in sé il rischio di un «effetto domino», della moltiplicazione di iniziative analoghe in altre realtà locali.

Ormai l'ottimismo sperticato del Presidente del Consiglio italiota è FONDATO ESCLUSIVAMENTE sopra i dati che vengono oltre oceano, con la variante, di non poco conto, che sul soglio dell'ultimo bastione del capitalismo NON C'E' PIU' IL SUO AMICO BUSH. In Italonia la depressione è grave e sta diventando gravissima: "la certezza di una nuova stabilità è ancora lontana. Siamo meno sicuri che si stia effettivamente avviando una ripresa duratura, che non poggi solo sul sostegno straordinario delle politiche economiche". Anche da qui deriva la necessità, ''urgente", di riprendere "il cammino delle riforme". Draghi diffonde anche cifre poco incoraggianti sul fronte dell'occupazione: in un anno, da settembre 2008 a settembre 2009 - sono stati persi, rivela, 650 mila possti di lavoro. Ed è probabile che negli ultimi mesi del 2009 ci saranno ulteriori perdite." Pronta la risposta da MARTE del Presidente del Consiglio(ri) italiota, giunto in quei lontanissimi lidi per orchestrare qualche altra pastetta per infognare IL PROCESSO DEL SUO COMMERCIALISTA MILLS GIUNTO IN CASSAZIONE DOPO LA CONDANNA IN SECONDO GRADO DEI 4 ANNI E MEZZO PER CORRUZIONE; per aggirare la MULTINA CHE DEVE A DEBENEDETTI PER 750 MILIONI DI EURO, per vedere di bloccare i PROCESSI PENALI PER FALSO IN BILANCIO FININVEST, TRUFFA ALLO STATO PER IL CASO DEI PREZZI GONFIATI NELLA COMPRAVENDITA DI FILM ALL'ESTERO, CASO MEDIATRADE, ULTERIORE CORRUZIONE NEL CASO SACCA'/MASTELLA CON IL TENTATIVO DI UNGERE SENATORI DELL'EX PD ALLO SCOPO DI FAR CADERE, COME POI E' AVVENUTO,IL GOVERNO PRODI: ""Il peggio della crisi finanziaria - scrive il premier - sembra sia alle nostre spalle, e sembra sia iniziata, sia pure lentamente, la ripresa". Il presidente del Consiglio esprime poi l'apprezzamento del governo per "il comportamento tenuto dal sistema bancario italiano che ha affrontato la crisi in condizioni migliori rispetto a quelle di tanti altri Paesi". E sottolinea come "la rete di protezione predisposta tempestivamente dal governo abbia rafforzato l'immunità delle banche italiane nei confronti della crisi". Le banche sono al riparo, chi va cercando un lavoro un pochino meno: "Secondo i dati dell'Ires, presentati oggi, i disoccupati in Italia hanno superato quota tre milioni. I senza lavoro nel 2° trimestre dell'anno risultano essere 3,2 milioni e il tasso di disoccupazione sarebbe del 12,1%, ben superiore al dato Istat (7,4%).
I dati Ires sommano i disoccupati ufficiali (1 milione e 363 mila) e i cosiddetti "scoraggiati", coloro cioè che non cercano neanche più il posto di lavoro ritenendo di non riuscire a trovarlo: un milione e 841 mila. Si arriva così a quota 3 milioni e 204 mila e a un 12,1% di disoccupazione che è superiore anche alla media europea, attualmente al 9,1%. Ma non finisce quì:"Il 15 ottobre il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, parlando alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, ha spiegato che la riduzione occupazionale, registrata nel secondo trimestre (556 mila), è dovuta soprattutto ai "figli" e ha interessato 404 mila persone. A confronto con loro, rischiano di sembrare pochi persino i 152 mila posti perduti dai genitori. La crisi dei giovanissimi. Quelli che stanno andando peggio sono i più piccoli. Alla fine di giugno, dicono i dati trimestrali dell'Istat, il tasso di disoccupazione per il segmento tra 15 e 24 anni è arrivato al 24 per cento. Quasi quattro punti percentuali in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Un ragazzo su quattro, insomma, è alla ricerca di un lavoro (vedi tabella). Più del triplo della media nazionale che, nel complesso, ha raggiunto il 7,4 per cento. Il peggioramento ha interessato in particolare i ragazzi, il cui tasso disoccupazione è cresciuto del 4,2 per cento mentre quello delle loro coetanee è salito di poco più della metà (+2,5%). Tra le aree più aggredite dal fenomeno c'è il Mezzogiorno (ed è una conferma) dove la quota dei "senza lavoro" ha toccato i picchi: 35,3 per cento. Ma se si mette a confronto la media nazionale con il segmento giovanile, ci si accorge (ed è una sorpresa) che il peggioramento più significativo si è manifestato nelle regioni del centro d'Italia. L'incremento da queste parti è stato di 5,5 punti percentuali in un anno (vedi tabella) mentre quello medio è rimasto pressoché stabile. In queste regioni, in un anno, il rapporto tra il tasso di disoccupazione dei giovanissimi e quello nazionale è passato da poco meno di due volte e mezzo a quasi tre volte e mezzo (vedi tabella). E' probabile che a molti di questi ragazzi, relegati ai confini del mercato del lavoro, la recente dichiarazione del ministero dell'Economia Giulio Tremonti a favore del "posto fisso" sia sembrata beffarda. Quelli con il diploma. Non se la passano bene neppure i loro fratelli maggiori. A giugno dell'anno scorso, tra quelli che hanno tra 25 e 34 anni, che in Italia sono ancora costretti ad essere "figli", l'8,7 per cento non aveva un impiego. Oggi sono il 10,1 per cento. A fare i conti con la perdita di un impiego sono soprattutto i diplomati. Per loro nel giro di un anno le cose sono andate peggiorando in maniera significativa. La disoccupazione degli under 35 con un diploma da 4-5 anni è salita, in un anno, dal 7,2 per cento al 9,2 per cento (vedi tabella). Quella di chi ha un diploma da 2-3 anni è cresciuta del 2,3 per cento. I laureati hanno mostrato un incremento minore (+1,0 per cento). Altrettanto male è andata a quei giovanissimi con la licenza media il cui tasso di disoccupazione è passato dal 11,2 al 12 per cento." I numeri sono SENZA SCAMPO, ma chissenefotte: il Milan/Mediaset e la Juvenilia dei Ladroni sono in netta ripresa,bravi!!

"L'aumento imprevisto (*) del debito pubblico a fine 2009 insieme alla parziale diminuzione degli acquisti dei titoli di Stato, in particolare da parte degli istituti finanziari, registrata nei mesi di novembre e dicembre dello scorso anno, ha posto il ministero del Tesoro nell'impossibilità di far fronte agli impegni di cassa corrente. La conseguenza immediata dello sbilanciamento dei conti dello Stato sarà nel mese di gennaio 2010 il blocco dei finanziamenti, anche già approvati e in corso, delle opere pubbliche, valutati da una apposita Commissione interministeriale come dilazionabili nei prossimi sedici/diciotto mesi. Il ministro dell'Economia Renato Brunetta, subentrato a Giulio Tremonti, proporrà al prossimo Consiglio dei ministri delle misure inderogabili per impedire il fallimento dello Stato e il conseguente abbandono dell'euro. Tra queste la più importante consiste nel congelamento del 30% delle pensioni e degli stipendi dei dipendenti pubblici. Il taglio del 30% sarà compensato dall'attribuzione di un uguale importo in termini di titoli di Stato quinquennali. L'interesse dei titoli attribuiti, stimabile tra lo 0,5% e lo 0,8%, sarà riconosciuto su base trimestrale. I titoli saranno rimborsati a scadenza. Il rientro dei capitali dall'estero avvenuto nel 2009 grazie allo Scudo Fiscale non è stato sufficiente per consentire un maggior acquisto di titoli pubblici, come previsto, da parte delle banche. L'imposizione fiscale del sui capitali di rientro ha fruttato allo Stato solo quattro miliardi di euro, chiaramente insufficienti per qualunque tipo di rientro del debito. Da fonti governative pare certo che sia il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sia tutte le forze dell'opposizione siano d'accordo nell'approvazione urgente della misura di congelamento di parte delle retribuzioni pubbliche e pensionistiche. L'alternativa, infatti, potrebbe solo essere la riduzione di centinaia di migliaia di dipendenti pubblici con effetto immediato. Per evitare disordini, le forze dell'ordine sono state messe in allerta in tutta la penisola. Nonostante il sistema creditizio non sia al momento in una situazione di rischio, per i prossimi due mesi, come misura prudenziale, sarà possibile ritirare una cifra mensile non superiore ai 5.000 euro mensili dal proprio conto corrente. L'ipotesi di un governo tecnico, presieduto dal Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi per rassicurare i mercati internazionali dopo due anni di dissesto dei conti dello Stato, è all'esame della Presidenza della Repubblica".

(*) Il debito pubblico è quasi pari a 1.800 miliardi di euro

Lo psiconano ha la varicella e il Pdmenoelle ha Bersani, detto Bersanetor, l'uomo del CIP6 che toglie all'ambiente per dare ai petrolieri. Si troveranno bene insieme nel viaggio che li attende. Alla fine del quale i cittadini li manderanno entrambi a fanculo. La politica li fa e D'Alema li accoppia. Il MoVimento a Cinque Stelle (stampate e distribuite il Programma) avrà, entro novembre, uno Statuto e lancerà una campagna di iscrizioni on line. Tra qualche giorno invece si presenteranno sul blog, uno dopo l'altro, i candidati per le Regionali in Emilia Romagna, Piemonte e Campania. Nelle altre regioni io darò comunque il mio supporto alle liste regionali a Cinque Stelle che vorranno presentarsi.Ognuno conta uno. Nel MoVimento potrà entrare chiunque, alla sola condizione di non essere iscritto a un partito. I candidati alle comunali, regionali e politiche invece non dovranno aver riportato sentenze di condanna in sede penale. Il MoVimento non è ancora nato, ma molti mi tirano per la giacca per apparentamenti, fusioni, liste unite con un simbolo comune. La mia risposta a tutti, senza distinzione, è sempre la stessa: "No, e comunque non ora". Il MoVimento deve misurarsi con sé stesso, poi, forse, si potrà parlare di cartelli, di alleanze. Il MoVimento ha eletto circa 40 consiglieri comunali che stanno facendo cose importanti e due parlamentari europei indipendenti nell'Italia dei Valori. Sonia Alfano e Luigi De Magistris. Ora ci sono le Regionali e al prossimo turno le Politiche. O dimostreremo di esistere o spariremo. Non siamo qui per riformare la politica, ma per cambiarla dalle fondamenta, per restituirla ai cittadini. E neppure siamo qui per dialogare con delle salme, dei mafiosi, dei piduisti, degli strateghi dell'inciucio. Questi personaggi rappresentano solo sé stessi. Con un'informazione "normale" non esisterebbero o sarebbero in carcere. Il cittadino deve farsi Stato perché non c'è più lo Stato, si è trasformato in AntiStato. Le concessioni governative dalle autostrade, alle frequenze televisive, dall'acqua, all'energia hanno creato intorno alla politica una cintura di sicurezza di boiardi. Si proteggono con l'elargizione dei nostri soldi. L'editoria è dell'AntiStato: tutta. Tutta quella che prende contributi pubblici, i 170 milioni di euro stanziati dal governo Berlusconi. Il loro nemico di carta, ma solo sotto le coperte. Il MoVimento sosterrà tutte le liste civiche che si presenteranno alle amministrative 2009, le regole sono le stesse del 2008. Siamo un MoVimento lento, ma che non si può fermare. Impossibile fermare il futuro. Oggi il noto corruttore Berlusconi è stato condannato indirettamente in appello nel processo Mills. Il PDmenoelle farà di tutto per salvarlo, senza uno non c'è neppure l'altro, Intanto i primi topi lasciano la nave, Rutellone ha dato il via.

Dopo l'annuncio del Governo: per ora si parla solo dello spostamento di un binario
Per il collegamento Calabria-Sicilia manca ancora il progetto esecutivo. I retroscena

La prima pietra del Ponte?
Un'opera prevista dal 2006

La prima pietra del Ponte? Un'opera prevista dal 2006

Un plastico dell'opera



REGGIO CALABRIA - L'hanno presentata come la prima pietra del Ponte sullo Stretto. Hanno annunciato l'apertura dei cantieri per il 23 dicembre prossimo. Ma il regalo di Natale che Silvio Berlusconi, sta preparando per calabresi e siciliani, col Ponte in quanto tale, non ha quasi nulla da spartire. In realtà si tratta dello spostamento del binario che collega Cannitello a Villa San Giovanni, previsto (anche se non in questa forma), indipendentemente dal Ponte.

La ferrovia, secondo lo stralcio, sarà traslata a monte dell'attuale sede con una curva di un chilometro e 700 metri. Un intervento inserito tra le "opere compensative", concordate nel 2006 con la Giunta comunale di Villa, e accettato dall'ente locale in quanto "autonomo rispetto la realizzazione o meno dell'attraversamento stabile dello Stretto" e comunque "utile a prescindere da essa". Insomma, quei lavori si sarebbero comunque fatti, anche se in origine il progetto era stato approvato anche da Provincia e Regione, in quanto "programma integrale" e non lo "stralcio" di cui si parla da alcune settimane.

Allo stato, dunque, è possibile parlare solo della realizzazione di un intervento, inserito in un complesso di opere di compensazione, rispetto ad un progetto (quello del Ponte) che non esiste ancora nella sua stesura definitiva. Tanto più che, per come pensato, la sua singola realizzazione non sarebbe migliorativa, ma peggiorativa del sistema infrastrutturale locale. Si tratta infatti di sostituire un rettilineo ferroviario con una curva, nella quale i treni sarebbero costretti a frenare prima dell'ingresso in stazione. Senza considerare che -in caso di costruzione della grande opera - andrebbe realizzata un'altra linea ferroviaria "in quota" da innestare al Ponte.


"In ogni caso, la prima pietra annunciata costa 30 milioni di euro, quasi 18 milioni a chilometro" spiega il professor Alberto Ziparo, Università di Firenze, coordinatore dei gruppi che studiano l'impatto ambientale della Grande Opera.

Attualmente, come scrive oggi il Quotidiano della Calabria, il progetto è di Rfi (Rete ferroviaria Italiana), ma in quanto appartenente "al più grande programma Ponte, sia pure come opera collaterale e propedeutica", sarà passato alla Stretto di Messina/Anas, che aprirà i cantieri "propedeutici", in questo momento al nulla.

Nei fatti, l'annuncio del premier Berlusconi e del ministro alle Infrastrutture Altero Matteoli, sono l'ennesimo annuncio. Infatti sul capitolo Ponte mancano sia i soldi che il progetto esecutivo - come scrive Antonello Caporale - essendo l'iter procedurale nella fase di approvazione del progetto preliminare-definitivo.

In questo momento il progetto Ponte è ancora bloccato. E solo una volta ultimato il percorso burocratico del progetto preliminare-definitivo, si dovrebbe procedere con la progettazione esecutiva. Su quest'ultima però gravano le pesantissime critiche alla costruibilità avanzate dagli stessi tecnici e consulenti della Stretto di Messina (oggi quasi tutti "ex") e del Ministero.

Le contestazioni riguardano ad esempio "il posizionamento di pilastro e contrafforte di parte calabrese". Il professor Remo Calzona, ex consulente della Stretto di Messina, oltre che del Ministero, ha ammesso che per proseguire nella progettazione, si dovette "totalmente ignorare" la circostanza che il pilastro (proprio quello per il cui ingombro si sposta il binario di Cannitello) e il contrafforte di parte calabra sono situati "sulla fase più critica della faglia sismica più attiva esistente nello Stretto, la numero 50".

Le indagini successive hanno confermato che questa circostanza è pregiudizievole per la progettazione esecutiva. Calzona ed altri tecnici sostengono per questo che il Ponte va traslato di almeno 500 metri rispetto al sito attuale.

E non finisce qui. perché il dato, che costituisce un nodo tecnico ineludibile su cui prima o poi ci si dovrà confrontare, è lo scivolamento degli stati superficiali e di media profondità dei terreni del versante calabrese verso lo Stretto. Per ovviare allo slittamento bisognerebbe, secondo i tecnici, "inchiodare" pilone e contrafforti fino ad una profondità di oltre 2000 metri, con strutture che però potrebbero andare in crisi per altri motivi. Alcuni ex consulenti tecnici sostengono poi che il progetto della struttura principale (fune portante - pendini - trave - cassone - reticolare) prevede materiali (peraltro i migliori disponibili oggi in commercio) incompatibili con le prestazioni di portanza e resistenza richieste al manufatto, in presenza delle condizioni ambientali dello Stretto.

Lo stesso Calzona ha dimostrato nel suo saggio "La ricerca non ha fine", che il progetto attuale presenta una "trentina di punti di potenziale crisi a rottura, di cui almeno la metà insormontabili allo stato". Conclusioni contestate dalla Stretto di Messina e dal Ministero.

Resta aperta anche la questione dei finanziamenti. Il Cipe/Infrastrutture del 6 marzo e il Cipe/Anticrisi del 29 luglio scorsi, non hanno poi erogato gli 1,3 miliardi annunciati dal Governo per il Ponte. Ambedue i provvedimenti per le risorse dell'opera si chiudevano con l'espressione: "viste le compatibilità di bilancio". Il Governo dunque non ha ancora messo un euro per il Ponte. E anche i riferimenti del ministro Matteoli agli investitori privati, "project financing", sembrano registrare alcune crepe.

Le due relative istruttorie formali effettuate nel giugno-luglio 2005 e nel gennaio- febbraio 2006 sono ambedue andate a vuoto ("zero investitors"). Così pure l'istruttoria informale dei mesi scorsi. E persino i 100 milioni di euro annunciati da Lombardo, per le "prime opere collaterali siciliane", per adesso non ci sono. Tant'è che il presidente della Regione Siciliana è in difficoltà, viste le reali drammatiche necessità di quel territorio.

 

Observer: "Europa codarda con Berlusconi
una dittatura dei nostri tempi"

Observer: "Europa codarda con Berlusconi una dittatura dei nostri tempi"

LONDRA - Nel giorno in cui il presidente del Consiglio torna ad attaccare la stampa estera ("Sta sputtanando l'Italia"), sui giornali domenicali britannici compaiono ancora articoli e commenti molto critici.

Particolarmente duro, nei confronti dell'Europa oltreché del presidente del consiglio italiano, il commento dell'Observer.
Sotto il titolo "La risposta dell'Europa a Berlusconi è stata la codardia" Nick Cohen ricorda come i paesi europei abbiano superato gli anni del totalitarismo con "convenzioni sui diritti umani e trattati di pace". "Ma lo scambio non vale più. Le dittature dei nostri giorni si presentano in forme diverse, ma quella dominante è un capitalismo di stato o un'oligarchia in cui il capo controlla la cosa pubblica e le sinecure che ne derivano. Non si può parlare di dittature in senso stretto. I capi tollerano le elezioni a patto che i risultati possano essere manipolati e permettono le critiche, basta che non raggiungano le masse". Cohen sta parlando "non della Russia di Putin o del Venezuela di Chavez, ma dell'Italia di Berlusconi". I tentativi dei socialisti europei di portare a Strasburgo il tema del rotten state italiano si sono scontrati contro la mediazione dei conservatori. "Il silenzio dell'Europa democratica su Berlusconi - conclude l'Observer - mette seriamente a rischio la sua abilità di ergersi contro qualsiasi tipo di politica corrotta in Europa. Per la prima volta nella sua storia, la reputazione dell'Europa come forza del bene appare precaria". Sempre sull'Observer, una breve nota satirica legata alla vittoria del Nobel per la pace da parte di Barack Obama. Il presidente Usa, si legge nell'editoriale del domenicale, ha un'opportunità per mettere a tacere i critici: "Garantire a Berlusconi, il più perseguitato di tutti i tempi, asilo politico negli Usa. Ma perché fermarsi qui? Berlusconi dice di non sentirsi inferiore a nessuno nella storia. Un candidato per il premio Nobel 2010?".

Torna sulle vicende giudiziarie del premier italiano anche il Sunday Times. In un lungo e approfondito articolo sulla sentenza Mills - l'avvocato condannato a 4 anni e mezzo per essere stato corrotto dal premier per prestare falsa testimonianza - Camilla Long ricostruisce passo passo le frequentazioni tra il premier e l'avvocato. Il quale "dovrebbe languire in un carcere italiano invece di starsene languidamente sdraiato sul divano... Dovrebbe? Chi lo sa. La giustizia italiana è così tortuosa che sembra che Mills non dovrà andare in prigione finché due appelli non siano completati... Per il momento è libero dall'amo. Forse lo stesso non si può dire del suo compare Berlusconi". Dopo la dichiarazione di incostituzionalità del Lodo Alfano, continua la giornalista britannica, "Papi tornerà processo per corruzione e truffa fiscale. O no?".

Il Sunday Times rincara poi con un secondo articolo, sempre dedicato alle vicende del premier italiano: "Le speculazioni sulla sua vita privata continuano... Le sfortune politiche del generalmente esuberante Berlusconi sembra lo stiano trascinando al fondo".

 

Ue, procedura per deficit eccessivo
nei confronti dell'Italia

Tremonti: "Il nostro squilibrio nei conti analogo a quello di altri Paesi europei"

Ue, procedura per deficit eccessivo nei confronti dell'Italia

Il commissario Europeo agli Affari Economici e Monetari Almunia con il presidente della Bce Trichet


ROMA - L'Unione Europea si prepara ad aprire una procedura per deficit eccessivo nei confronti dell'Italia. La commissione europea ha infatti presentato oggi il rapporto sui conti pubblici richiesto dal patto di stabilità e di crescita come primo passo verso l'apertura di un dossier. Il deficit eccessivo previsto dall'Italia può essere, secondo Bruxelles, considerato "eccezionale" per via della crisi economica, "ma non può essere considerato temporaneo". Per questo, si legge nel rapporto, "il criterio di deficit del Trattato non è rispettato".

Procedura per 9 Paesi. Un problema che riguarda ben nove Paesi dell'Unione Europea, e cioè, oltre all'Italia, Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Germania, Olanda, Portogallo, Slovenia e Slovacchia. I paesi dell'Ue con i conti non in linea con i parametri di Maastricht, che prevedono che il rapporto deficit/Pil non superi il 3%, salgono così a 20 su 27. Era infatti già partita una raccomandazione per Grecia, Irlanda, Francia, Spagna, Romania, Lettonia, Malta, Lituania, Polonia, Regno Unito e Ungheria.

Il Tesoro: "Deficit as usual". E quindi la situazione italiana, per quanto riguarda il deficit, "non è eccezionale", afferma in una nota il ministero dell'Economia, che parla di "deficit as usual", precisando che "oltre il 90% del Pil europeo è in deficit eccessivo. Rispetto a quello degli altri Paesi il livello del deficit dell'Italia non è certo - afferma il Tesoro - tra i più alti. Basti notare che, se diversi altri Paesi sono al di sopra del 10%, l'Italia è intorno al 5%, quindi meno della metà. In realtà non è eccezionale la situazione italiana, ma è eccezionale, per effetto della crisi, la situazione europea e mondiale. Questo non vuol dire che anche in Italia non ci si deve impegnare per riequilibrare quanto prima possibile i conti".
 

BOSSI VUOLE LA GUERRA CIVILE, DICE DI AVERE IL POPOLO ALLE SPALLE: UN FLESCIATO ED UN PEDERASTA A CAPO DELL'ESERCITO DEI SANFEDISTI.....

La Consulta: "Lodo Alfano illegittimo"
Berlusconi: "Vado avanti, giudici di sinistra
E sapete da che parte sta il Quirinale"-video
LA DIRETTA. Dichiarata incostituzionale a maggioranza (9 a 6) la legge che blocca i processi alle 4 più alte cariche dello Stato (testo- tutti i documenti). Il premier torna a giudizio in due processi. Secondo la Corte (comunicato) non basta una legge ordinaria; violato anche il principio di uguaglianza. Alfano: "Sentenza sorprendente". Prima, la minaccia di Bossi: "Pronti a trascinare il popolo". E poi: "Il premier non vuole elezioni anticipate. Se si ferma il federalismo, facciamo la guerra" / Commenta
LO SPECIALE DI REPUBBLICA TV/ BREAKING NEWS SUI SITI STRANIERI

COSA SUCCEDE ADESSO - E il premier torna a essere imputato in due processi

Il Times: Berlusconi stile Orwell di E. FRANCESCHINI - RASSEGNA STAMPA ESTERA

Di Pietro chiede le dimissioni
Pd: "Tutti uguali davanti alla legge"
La notizia sta facendo il giro del mondo. Dal Pdl reazioni molto dure: "La Corte contraddice se stessa". Sinistra e Libertà organizza un sit-in davanti a Palazzo Chigi

Deficit, la Ue apre procedura
"In Italia debolezza strutturale"
Analogo procedimento per altri otto stati membri, tra cui Germania e Olanda. Ma sul nostro Paese si sottolinea che i problemi non sono dovuti alla crisi. "Ripresa sarà lenta". Il Tesoro: "Sforamento? As usual"
L'insostenibile debolezza di MASSIMO GIANNINI

 

Fini, stop a governi tecnici
Ed è scontro sul ritorno alle urne
Sale la tensione politica. Nel centrodestra cresce la tentazione della piazza e delle elezioni. Bossi: "Noi sempre pronti". Il presidente della Camera: "Maggioranza è quella uscita dalle urne". Marcegaglia: "Contrari al voto anticipato". Casini: "Noi lo auspichiamo"

Cir: maxi risarcimento da Fininvest
De Benedetti: sentenza fa giustizia

Lodo Mondadori: "Berlusconi corresponsabile
Vertici Fininvest non potevano non sapere"

Lodo Mondadori: "Berlusconi corresponsabile Vertici Fininvest non potevano non sapere"

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

MILANO - Silvio Berlusconi è "corresponsabile della vicenda corruttiva" alla base della sentenza con cui la Mondadori fu assegnata a Fininvest. Lo scrive il giudice Raimondo Mesiano nelle 140 pagine di motivazioni con cui condanna la holding della famiglia Berlusconi al pagamento di 750 milioni di euro a favore della Cir di Carlo De Benedetti. "E' da ritenere - scrive il giudice -, 'incidenter tantum' (cioè solo ai fini di questo procedimento, ndr) e ai soli fini civilistici del presente giudizio, che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva per cui si procede". La "corresponsabilità" di Silvio Berlusconi, spiega il giudice Mesiano, comporta "come logica conseguenza" la "responsabilità della stessa Fininvest", questo "per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito del loro legale rappresentante o amministratore, commesso nell'attività gestoria della società medesima". In definitiva, secondo il tribunale che ha condannato la Fininvest, è impossibile che i vertici della Fininvest ignorassero l'atto di corruzione: "Vale osservare che i conti All Iberian e Ferrido erano conti correnti accesi su banche svizzere e di cui era beneficiaria economica la Fininvest. Non è quindi assolutamente pensabile - scrive Mesiano - che un bonifico dell'importo di Usd 2.732.868 (circa tre miliardi di lire) potesse essere deciso ed effettuato senza che il legale rappresentante, che era poi anche amministratore della Fininvest, lo sapesse e lo accettasse". "In altre parole - conclude il giudice -, il tribunale ritiene qui di poter pienamente fare uso della prova per presunzioni che nel giudizio civile ha la stessa dignità della prova diretta (rappresentazione del fatto storico). E', come è noto, la presunzione un argomento logico, mediante il quale si risale dal fatto noto, che deve essere provato in termini di certezza, al fatto ignoto".
La sentenza sul lodo Mondadori è stata pubblicata il 3 ottobre. La Fininvest
si è messa subito al lavoro per l'appello, e per ottenere un provvedimento sospensivo della condanna, che dispone a carico della società il pagamento di 750 milioni di risarcimento alla Cir di Carlo De Benedetti. La perdita di chance. Nelle motivazioni pubblicate stamane viene sottolineata l'ingiustizia della sentenza Metta e il fatto che fosse stata emessa in quei termini per via della corruzione del giudice Metta stesso, "argomento che resiste in ragione del ruolo primario che ebbe il Metta nella formazione della decisione del collegio all'obiezione della collegialità della sentenza". "Ciò posto - scrive il giudice Mesiano - deve rilevarsi che se è vero che la Corte d'Appello di Roma emise una sentenza, a parere di questo ufficio, indubbiamente ingiusta come frutto della corruzione di Metta, nessuno può dire in assoluto quale sarebbe stata la decisione che un collegio nella sua totalità incorrotto avrebbe emesso". E quindi, "Proprio per questo, appare più aderente alla realtà del caso in esame determinare concettualmente il danno subito da Cir come danno da 'perdita di chance': vale a dire, posto che nessuno sa come avrebbe deciso una Corte incorrotta, certamente è vero che la corruzione del giudice Metta privò la Cir della chance di ottenere da quella corte una decisione favorevole".

L'ingegnere: "Stabiliti in modo inequivocabile gli illeciti che mi hanno impedito
di realizzare il progetto industriale che avrebbe creato il primo gruppo editoriale italiano"

Cir: maxi risarcimento da Fininvest De Benedetti: sentenza fa giustizia Cir: maxi risarcimento da Fininvest De Benedetti: sentenza fa giustizia Cir: maxi risarcimento da Fininvest De Benedetti: sentenza fa giustizia

Carlo De Benedetti


ROMA - Fininvest è stata condannata dal tribunale di Milano a risarcire Cir del danno patrimoniale da "perdita di chance" di un giudizio imparziale, (in merito al Lodo Mondadori) quantificato in circa 750 milioni (749.955.611,93, per l'esattezza). Ma Fininvest non ci sta: "Sentenza ingiusta, faremo appello".
La Cir. Nella nota della Cir si legge che "è stata depositata oggi la sentenza del tribunale di Milano nella causa civile promossa da Cir, assistita dagli avvocati professor Vincenzo Roppo ed Elisabetta Rubini, contro Fininvest per il risarcimento del danno causato dalla corruzione giudiziaria nella vicenda del lodo Mondadori. La sentenza che ha carattere esecutivo decide che Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest del danno patrimoniale da 'perdita da chance' di un giudizio imparziale, quantificato in euro 749.955.611,93; Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest anche dei danni non patrimoniali sopportati in relazione alla medesima vicenda. La liquidazione di tali danni è riservata ad altro giudizio".
La sentenza di oggi nasce da quella penale del 2007 nella quale Cesare Previti (legale della Fininvest) e altri vennero condannati per "corruzione in atti giudiziari". In sostanza, allora venne riconosciuto un comportamento fraudolento di persone legate a Finivest contro la Cir. Oggi il gruppo di Berlusconi è chiamato a risarcire i danni causati da quei comportamenti.
"In questo modo - si legge ancora nella nota della Cir -
dopo la definitiva condanna penale per corruzione intervenuta nel 2007, anche il giudice civile porta luce su una vicenda che ha inflitto un enorme danno a carico di Cir, ferendo al contempo fondamentali valori di corretto funzionamento del mercato e delle istituzioni. Cir esprime soddisfazione per una sentenza che rende giustizia alla società e ai suoi azionisti". De Benedetti. La sentenza del Tribunale di Milano "non mi compensa per non aver potuto realizzare il progetto industriale che avrebbe creato il primo gruppo editoriale italiano - scrive l'ingegner Carlo De Benedetti - ma stabilisce in modo inequivocabile i comportamenti illeciti che l'hanno impedito". Per il presidente onorario di Cir "dopo quasi vent'anni dalla condotta fraudolenta messa in atto per sottrarre al nostro gruppo la legittima proprietà della Mondadori - aggiunge De Benedetti - finalmente la magistratura, dopo la sentenza che ha confermato definitivamente in sede penale l'avvenuta corruzione di un giudice, ci rende giustizia anche sul piano civile".
La replica. Ma la Fininvest non ci sta e annuncia che "ricorrerà immediatamente in appello, assolutamente certa che la totale fondatezza delle sue tesi non potrà non essere riconosciuta". Per il presidente della Fininvest, Marina Berlusconi, "si tratta di un verdetto incredibile e sconcertante". "La Fininvest - commenta Marina Berlusconi - ha sempre operato nella massima correttezza e ha dimostrato in modo limpido e inconfutabile la validità delle proprie ragioni. Non posso non rilevare che questa sentenza cade in momento politico molto particolare. Non posso non rilevare che dà ragione ad un Gruppo editoriale la cui linea di durissimo attacco al presidente del Consiglio, per non dire altro, è sotto gli occhi di tutti. Sbaglia però chi canta vittoria troppo presto. Sappiamo di essere nel giusto e siamo certi che alla fine questo non potrà non esserci riconosciuto".
La vicenda processuale. Cesare Previti, nel 2007, venne condannato (a titolo definitivo) a un anno e mezzo di reclusione al termine del secondo processo d'appello celebrato a Milano nell'ambito del caso lodo-Mondadori. La Terza corte d'appello di Milano aveva accolto tutte le richieste di condanna avanzate dal sostituto pg Pietro De Petris anche per gli altri imputati. La pena più alta era stata per il giudice Vittorio Metta, condannato a 2 anni e 9 mesi di reclusione in continuazione con i 6 anni riportati per Imi-Sir. L'avvocato Attilio Pacifico aveva invece subito la stessa condanna di Cesare Previti, mentre l'avvocato Giovanni Acampora era stato condannato a 1 anno e 6 mesi. L'assoluzione dei quattro imputati dal parte della Corte d'appello di Milano era stata annullata dalla Cassazione che aveva disposto un nuovo processo.
In particolare il giudice Metta, secondo l'accusa, sarebbe stato corrotto dagli altri imputati per annullare, attraverso una sentenza di cui fu relatore, il lodo arbitrale che assegnava a Carlo De Benedetti il controllo azionario della Mondadori, a favore di Silvio Berlusconi. Non a caso,
all'inizio del processo l'ex presidente del Consiglio figurava tra gli imputati, ma nel 2001 la Cassazione stabilì nei suoi confronti la prescrizione dei reati contestati.
 

Mondadori, i giudici sul premier
"Corresponsabile di corruzione"

Berlusconi: "Enormità giuridica"
Motivazioni della sentenza contro Fininvest, che deve risarcire 750 milioni a Cir. Il risarcimento per "perdita di chanche". Il Cavaliere: "Allibito, vado avanti". Pdl: "Eversivi, non sovvertiranno volontà popolare". Il Pd: "Parole gravissime" / Testo sentenza Il corruttore difeso dalla politica di G. D'AVANZO

Stampa estera: giustizia e informazione
"Il sabato nero di Berlusconi"
Dal Wall Street Journal a Libération: la sentenza Mondadori e la manifestazione, due colpi al Cavaliere. Polemica in Rai dopo l'editoriale di Minzolini (video). Protesta di molti telespettatori

Se i cittadini sono lo Stato, allora questo è l'AntiStato. Se le leggi sono fatte per i cittadini, allora queste leggi sono fatte per i delinquenti. Se lo Stato deve tutelare la sicurezza dei cittadini, allora l'Antistato tutela solo sé stesso. Le tragedie dell'Aquila, di Viareggio, di Messina sono state accuratamente pianificate da anni di incuria, di propaganda, di interessi privati. Non sono tragedie, sono stragi di Stato. L'AntiStato pratica la sua sopravvivenza, o meglio, il suo bel vivere, con cura, ogni giorno, in Parlamento e nel Governo. Il Lodo Alfano è uno sberleffo, una presa per il culo, un insulto per qualunque cittadino italiano, onesto o meno. Il diversamente disonesto lodoalfanato non si può processare. Il 6 ottobre la Corte Costituzionale potrà far decadere la porcata firmata da Morfeo Napolitano, ma questo non ha alcuna importanza. In ogni caso Berlusconi resterà un corruttore che deve rassegnare le dimissioni e farsi processare come ogni altro italiano. Non c'è bisogno di un verdetto ulteriore, sono solo manfrine. L'uguaglianza di fronte alla legge non si può discutere, solo in un AntiStato può succedere.
L'impudenza dell'AntiStato considera il cittadino suddito, l'Italia un feudo. Lo fa in modo plateale con la sola accortezza di una finta opposizione. Il contribuente onesto, il cittadino non contiguo ai partiti, loro finanziatore o sodale, non appartenente a mafie o lobby, paga tutte le tasse, anche quelle degli altri, fino a fallire se imprenditore, o a saltare il pasto se dipendente. Chi ha esportato, o accumulato, 300 MILIARDI DI EURO all'estero, in qualche paradiso fiscale, soldi di mafia, di pagamenti estero su estero sottratti al fisco, di falsi in bilancio, frutto di bancarotta, potrà, PER LEGGE dell'AntiStato, farli rientrare in Italia pagando il 5%. Perché il contribuente dovrebbe continuare a pagare le tasse all'AntiStato? Per farsi sfottere dagli evasori? Di chi sono i 300 miliardi riciclati? I nomi non si potranno sapere. E allora nasce il dubbio che siano gli stessi che hanno proposto la legge, che l'hanno consentita con la loro assenza, ad avere interesse diretto o indiretto nell'approvazione della legge. Altrimenti perché lo farebbero? Di fronte all'AntiStato ogni azione pacifica di dissenso non solo è giustificata, ma può essere legittima, a partire dallo sciopero fiscale.
L'AntiStato lavora senza sosta per la sua piena affermazione. 30 senatori del PDL hanno presentato
un disegno di legge per modificare l'articolo 21 della Costituzione sulla libertà di stampa, sempre presenti Gasparri e nonno Cossiga. L'AntiStato ha ormai solo due scelte di fronte a sé, trasformarsi in modo palese in dittatura o fuggire all'estero.

Annozero, 7 milioni per la D'Addario
Schifani attacca: "Palese indecenza"

Ma Santoro esulta: "Il pubblico non vuole censure"
Gabanelli: "Per ora abbiamo tutela legale, ma si naviga a vista"

Annozero, 7 milioni per la D'Addario Schifani attacca: "Palese indecenza" Annozero, 7 milioni per la D'Addario Schifani attacca: "Palese indecenza"

Patrizia D'Addario ad Annozero

ROMA - Boom di ascolti per la puntata di ieri sera di Annozero, che ieri sera ha sbaragliato la concorrenza di RaiUno e Canale 5. E infatti la trasmissione, che vedeva fra gli ospiti Patrizia D'Addario, è stata seguita da 7 milioni 338 mila spettatori, con uno share del 28,92%. La scorsa settimana la tramissione condotta da Michele Santoro aveva ottenuto 5 milioni 592 mila spettatori e uno share del 22.87. "Il pubblico non vuole censure" - si limita a dichiarare, a caldo, il conduttore - certi numeri non si commentano". Un boom, insomma, per la contestatissima puntata di ieri, che aveva come piatto forte la presenza della escort che due volte è stata ospite del premier a Palazzo Grazioli. A nulla è servito, dunque, il trambusto creato, nelle ultime 48 ore, da esponenti del Pdl; anzi, probabilmente, proprio l'agitazione del presidente del Consiglio ("è indignato", ha riferito il direttore di Libero Maurizio Belpietro che lo ha visto ieri a Palazzo Grazioli) e dei suoi uomini ha creato grande attesa intorno al programma. E di fronte alla grande curiosità e partecipazione suscitata da Annozero, anche le reti ammiraglie del servizio pubblico e di Mediaset devono cedere le armi. Su RaiUno, una fiction molto amata come Don Matteo ottiene uno share medio del 21,87%, con 5 milioni 773 mila spettatori; e le due puntate, attesissime dai fan, che hanno segnato il ritorno del Doctor House su Canale 5 si fermano a uno share del 15,93%, con 4 milioni 840 mila spettatori. Ma la polemica politica non si placa. E oggi a parlare è il presidente del Senato, Renato Schifani: "Il servizio pubblico - dichiara - dovrebbe fare comunicazione nei limiti della decenza sopportabile dal Paese: temo che questo limite sia stato superato da un po' di tempo. Siamo nella palese indecenza". Gabanelli: per ora tutela legale. "La tutela legale della Rai per Report? L'abbiamo rispuntata la scorsa settimana. Almeno per questa serie. Si naviga un po' a vista, capisce?". Lo ha detto Milena Gabanelli intervenendo a "24 Mattino" su Radio 24 per discutere della manifestazione sulla libertà di stampa prevista domani. Manifestazione alla quale Gabanelli ha aderito: "Tutti i politici di tutti i Paesi - ha detto la Gabanelli - esercitano le loro pressioni sui giornalisti per indirizzare, condizionare, limitare. A vari livelli. Ma dipende dagli interlocutori che trovi. In Italia si trovano interlocutori particolarmente asserviti e questo fatto produce certi risultati".
 

Scandalo escort, Annozero insiste
Domani sera ospite la D'Addario

Scandalo escort, Annozero insiste Domani sera ospite la D'Addario Scandalo escort, Annozero insiste Domani sera ospite la D'Addario Scandalo escort, Annozero insiste Domani sera ospite la D'Addario

ROMA - Annozero non molla lo scandalo escort. Dopo le polemiche, gli attacchi del centrodestra e l'istruttoria sul programma di Michele Santoro annunciata dal viceministro Romani, domani sera sarà Patrizia D'Addario a raccontare la sua verità sulle feste di Palazzo Grazioli. Secondo quanto appreso da Repubblica.it la donna che per due volte fu nella residenza del premier, e che nella seconda occasione si fermò per la notte, interverrà in diretta. Non è stato ancora deciso se in collegamento video o in studio. Una presenza, quella della escort barese, che non mancherà di riaccendere le polemiche sulla trasmissione di RaiDue, già nel mirino dell'esecutivo dopo l'esordio di una settimana fa.

 

"Signor Cardinale Bertone,
apprendo dalla stampa che il giorno 7 ottobre 2009, memoria liturgica della Madonna del Rosario, lei ha intenzione di inaugurare la mostra dall’emblematico titolo: "Il potere e la grazia" con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che non posso chiamare "onorevole" perché di "onorevole" nella sua vita pubblico-privata, nella sua politica e nel suo sistema di menzogne non vi è nulla. Se la notizia fosse vera, lei agli occhi della stragrande maggioranza della Chiesa italiana e del mondo si renderebbe complice e si assumerebbe la responsabilità di molti abbandoni "dalla" Chiesa da parte di credenti che sono stufi che la politica della diplomazia sovrasti e affossi la testimonianza limpida del Vangelo. Lei sicuramente sa, come lo sa ogni parroco che vive sulla breccia dei marciapiedi, che quest’anno vi è stata una emorragia nei confronti dell’8xmille che moltissimi cattolici, anche praticanti, hanno devoluto ad altre istituzioni pur di toglierlo alla Chiesa cattolica per le sue ingerenze e connivenze con un governo legittimo, ma ad altissimo tasso di illegalità e immoralità. Questo argomento credo che vi interessi non poco sia come Vaticano che come
CEI.
Dopo tutto quello che è successo, le testimonianze, le registrazioni, le inchieste, lo spergiuro pubblico in televisione sulla testa dei suoi figli, gli immigrati morti in mare che il governo ha sulla coscienza; dopo la legge infame che dichiara "reato" lo "stato personale", cioè la condizione esistenziale di "immigrato" divenuto "clandestino" in forza della
legge Bossi/Fini; dopo tutto questo lei non può far finta di nulla e farsi vedere in pubblico con Berlusconi o qualcuno dei suoi scherani.
Se parlate di morale pubblica e di etica politica, dovete essere coerenti con i vostri stessi principi che spesso esigete dagli altri che non hanno il potere immondo di Silvio Berlusconi, il quale si crede il Messia e "solutus omnibus legibus", visto che concepisce se stesso come sultano e l’Italia il suo sultanato personale. Egli pensa di potere comprare tutto: i tribunali, le sentenze, la compiacenza di prosseneti e lenoni che gli procurano donnine a pagamento per sollazzarlo con orge (e forse anche droga) di cui egli continua a vantarsi pubblicamente fino a dichiarare con spudoratezza che: "il popolo italiano vuole essere come lui". Crede di potere comprare anche il Vaticano, offrendo leggi e favori a richiesta. Valuti lei se le lenticchie fuori stagione valgano una Messa.
Lei deve sapere che serpeggia nella Chiesa uno scisma ormai non tanto sotterraneo che sta emergendo di giorno in giorno e bisogna stare attenti che non diventi movimento o peggio ancora separazione, anche perché molti vescovi stanno zitti, ma in cuor loro meditano e in privato imprecano. Non prenda a cuor leggero quello che le dico. Il mio vescovo, cardinale
Angelo Bagnasco, e anche lei che mi ha conosciuto bene, sapete che non dico bugie e non parlo mai per sentito dire e di ogni mia affermazione o gesto mi assumo sempre la responsabilità pubblica.
Per una volta, come Segretario di Stato, sia prete, solo prete, intimamente prete e disdica ogni appuntamento con un trafficante senza morale e senza dignità che la sta usando solo per affermare che i suoi rapporti con il Vaticano e con il Papa "sono eccellenti".
Le accludo la "
Lettera di ripudio" che ho inviato a Silvio Berlusconi, e che tante adesioni sta raccogliendo nel mondo credente e non credente. Se lei riabilita Berlusconi, come ha già fatto Gian Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano con l’intervista al Corriere della Sera, nella Chiesa di Dio lei perde il diritto di parlare di Vangelo, etica e moralità.
Se Berlusconi riesce a comprare anche il Vaticano con uno scambio di leggi, favori e denaro, sappia che non potrà mai comprare le nostre coscienze di credenti che ogni giorno pregano Dio per la salvezza della "povera Italia" e per la conversione delle gerarchie ecclesiastiche che spesso sono di scandalo e non di esempio al popolo dei battezzati.
Preoccupato e amareggiato, la saluto sinceramente." Paolo Farinella, prete

COME ANTICIPATO UN PAIO DI ARTICOLI FA, TESTA D'ASFALTO GOVERNA IN ASSENZA DI OPPOSIZIONE: IL SOGNO DI VIDELA, PINOCHET, NORIEGA, SALAZAR, BATISTA, KIM IL SUN, NIXON. Le nostre affermazioni sono suffragate da fatti precisi e scritti: D'Alema e la soluzione un per cento

Massimo_D_Alema.jpg
Se il cane è il più fedele amico dell'uomo, D'Alema lo è, da sempre, dello psiconano. Da ogni punto di vista. Politico con la bicamerale. Giudiziario con il mantenimento del conflitto di interessi. Ed economico, con l'un per cento da corrispondere annualmente per la concessione governativa delle frequenze nazionali delle tre reti televisive di Mediaset. Il grande imprenditùr di Arcore paga allo Stato italiano per le concessioni solo l'un per cento del fatturato della sua azienda. Grazie a chi? A Massimo D'Alema, a quello che il burro lo porta lui. Alla sua legge 488 del 1999, pagina 32, articolo 27, comma 9. Testa d'Asfalto paga 24 milioni di euro all'anno allo Stato su un incasso di 2,4 miliardi. La famosa opposizione del menga del PDmenoelle. E NON FINISCE QUI'. IL BIS LO FA L'EX SEGRETARIO DEI DS, EX PDS, EX PCI, tutta una storia di ex: "Fassino, basta la parola!

Fassino_lodo_Alfano.jpg
Fassino ha quel viso un po' così che abbiamo noi quando ci danno un calcio nei coglioni. Un signore che farebbe la felicità dei pubblicitari di lassativi. Eppure ha una sua verve comica che induce al riso, alla sganasciata senza controllo. Il PDmenoelle ha regalato le televisioni allo psiconano, come ha dichiarato Violante in Parlamento, ma Fassino si batte per la libertà di stampa, "la stampa è una forma di controllo del potere". Per il lodo Alfano non si pronuncia, aspetta di vedere le motivazioni della Corte Costituzionale, poi deciderà sul da farsi. Il confetto Fassino dal dolce sapore di prugna regola l'organismo, basta la parola! Mentre GLI ALLEATI SCODINZOLANTI DI TESTA D'ASFALTO AFFILANO LE ARMI PER LA PROSSIMA GENUFLESSIA, all'interno del PDL tenta di uscire dal coma J.F. Fini, non accorgendosi DI AVER GIA' LIQUIDATO IL SUO PARTITO. Gli rimangono le querele allo SCAGNOZZO FELTRI, suo ex picchiatore. Che i sinistrati di sinistra avevano commesso danni da 10 anni a questa parte lo dice anche la NOSTRA SIGNORA FETISH GELMINI:

Bocciata. La riforma dell'università voluta dal ministro Luigi Berlinguer, che ha istituito le lauree 3+2 "non ha prodotto i risultati attesi". Lo sostiene il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini in un documento che è stato recapitato ai rettori degli atenei nei giorni scorsi. Come riportato da La Stampa, nella lettera il ministro sottolinea il calo del numero dei diplomati che si iscrivono all'università e sottolinea il "costante aumento" dei fuori corso, mentre un giovane su cinque abbandona alla fine del primo anno. Una situazione di grave difficoltà, alla quale si aggiunge un altro problema: "Sono invece fortemente aumentate - scrive Gelmini - le dimensioni dell'offerta formativa e i costi, anche a causa della proliferazione delle sedi decentrate, un numero estremamente levato e difficilmente sostenibile". Il ministro punta di nuovo il dito contro le sedi poco efficienti: "In oltre 70 sedi è attivo un solo corso, in 30 due. [...] Appare difficile sostenere che questo aumento costituisca una risposta efficiente alle esigenze di miglioramento dell'offerta e della sua attrattività. Sembra anzi che risponda a logiche interne degli atenei o di diffusione territoriale". Ad aumentare non sono solo le sedi, ma anche i docenti, cresciuti del 20 per cento in dieci anni, "pari a due volte e mezzo l'aumento delle immatricolazioni. Si è inoltre verificato - aggiunge il ministro - un sensibile aumento del numero dei professori a contratto, esterni ai ruoli universitari, cresciuti del 67%". Come rispondere a questa situazione? Il ministro Gelmini invoca "una partecipazione molto incisiva del sistema universitario statale agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica". Il che significa riduzione dei corsi di laurea e pieno utilizzo dei docenti. "I corsi con un numero di immatricolazioni inferiore ai valori minimi - ha ripetuto Gelmini - vanno disattivati". NEL FRATTEMPO, DA UNA PARTE TUTTI PARLANO CHE LA CRISI E' FINITA: "Disoccupazione, l'allarme dell'Ocse
'In Italia il peggio deve ancora venire'

La Fiat: incentivi o sarà un disastro .

L'Organizzazione dedica uno studio alle ricadute della crisi sull'occupazione. 15 milioni i senza lavoro nell'area. Nel nostro Paese erano 1,1 milioni nei primi tre mesi del 2009. Marchionne preoccupato chiede nuovi interventi. I conti del terzo trimestre in linea con le previsioni, confermati gli obiettivi per l'anno. Fiat, da sola con Chrysler, raggiungerà l'obiettivo di 5,5-6 milioni di vetture

Marchionne: "Rinnovare incentivi Altrimenti sarà un disastro"

FRANCOFORTE - "Spero che gli incentivi verranno rinnovati, altrimenti sarà un disastro". Lo ha dichiarato l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne al Salone dell'Auto di Francoforte. Marchionne ha sottolineato l'importanza degli incentivi per il mercato dell'automobile in Italia anche nel 2010 "per il bene del paese".

Fiat, da sola con Chrysler, raggiungerà l'obiettivo di 5,5-6 milioni di vetture, ha aggiunto. Il piano industriale di Chrysler sarà presentato a novembre: la ristrutturazione del gruppo americano è un processo lento ma sono attesi miglioramenti significativi nel 2010. Sul fronte Opel, "io ho chiuso totalmente", è stata la risposta di Marchionne ai cronisti.

Quanto ai conti, "I target del terzo trimestre sono in linea, alla virgola, con quanto previsto", ha dichiarato l'a. d. del Lingotto, che ha anche confermato gli obiettivi per l'intero 2009. Marchionne non ha voluto fornire indicazioni sull'andamento del mercato dell'auto italiano a settembre: "Non voglio portare jella", ha affermato scherzando. DAI CINEGIORNALI GOEBBELSIANI LEGGIAMO: "
La salma di Kim Il Silvio è stata composta e mummificata nella terza camera del Parlamento italiano, la camera ardente di Porta a Porta, alla presenza dell’imbalsamatore ufficiale Bruno Vespa. Le laboriose operazioni hanno richiesto quasi tre ore e mezza di diretta, mettendo in fuga gran parte del pubblico di Raiuno. Nemmeno la desertificazione dei programmi sulle altre reti per costringere la gente a guardare solo lui ha sortito l’effetto sperato. I più hanno preferito qualunque cosa, persino L’onore e il rispetto con Gabriel Garko su Canale5 e la trentesima replica di Dirty dancing su Italia1, pur di non assistere alla raccapricciante decomposizione e ricomposizione del premier. E dire che martedì la platea televisiva era particolarmente nutrita: 28 milioni di persone. Di queste, ben 16 milioni sono transitate per qualche istante su Porta a Porta (i famosi “contatti”), ma solo una media di 3,2 milioni si è fermata lì. Nulla ha potuto il poderoso traino di Affari tuoi, che ha lasciato all’insetto una dote del 25% di share. Il tempo della pausa pubblicitaria e, alle prime note di Via col vento, la comparsa dell’asfaltato capino presidenziale in penombra ha messo in fuga quasi la metà del pubblico di Raiuno verso altri lidi. Solo il 13,4% ha deciso di sorbirsi il miglior presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni che vanta il 68% di consensi. In proporzione, meno di un terzo degli elettori della sua coalizione ha deciso di starlo a sentire: magari lo votano, ma non lo vogliono nemmeno vedere.

La fuga di telespettatori è proseguita incessante per tutta la serata (senza contare quelli che, essendosi addormentati, non son riusciti a cambiare canale): dopo il primo spot, gli iniziali 4 milioni si erano già ridotti a 2,5, con qualche successiva risalita fino a 3. Un’emorragia inesorabile che nemmeno il ritorno del pubblico alla fine delle partite, dei film e delle fiction è riuscito a compensare. Solo i quattro cosiddetti giornalisti presenti sul luogo del disastro (specialmente l’eroico Sansonetti) hanno totalizzato ascolti inferiori alla mummia del premier, con le loro domande persino più mortifere delle risposte. Naturalmente, se Kim Il Silvio piange, Mediaset ride: grazie a Porta a Porta e alla cancellazione di Ballarò, la prima serata è stata vinta da Canale5 e Italia1 (e per non far vincere pure Rete4, si è dovuta riesumare una boiata pazzesca come Selvaggi dei fratelli Vanzina).

E dire che il pover’ometto, nonostante i maggiordomi che lo assediavano, le ha provate tutte per bucare ancora una volta il video, come ai bei tempi, quando il grande comunicatore era ancora in vita. Il “sopralluogo” con insetto al seguito fra le betoniere e le gru del “più grande cantiere del mondo” è destinato a entrare nella storia della tv subito dopo i fratelli De Rege. La scena del premier che scopre l’edilizia antisismica e la illustra al mondo come una sua invenzione è meglio del Sarchiapone. Quando poi s’introduce nello chalet pagato dalla Provincia di Trento, se ne appropria e comincia a spalancare le antine della cucina componibile e l’armadio della camera da letto spiegandone l’uso ai terremotati, supera la Cuccarini nelle televendite della Scavolini, la più amata dagli italiani. E ancora :“Presto manderemo batterie di pentole, piatti, posate e bicchieri”, evidente omaggio a Vanna Marchi (che però in questi casi aggiungeva “cinque pentole antiaderenti a gratisss, siori e siore!”). La pronuncia “niu tauns” ricordava il miglior Arbore che pluralizzava tutto, anche i “tams tams”. Notevole anche il “ma quali casette in legno! Queste sono vere e proprie ville nelle quali tutti noi vorremmo abitare”: soprattutto chi ha la fortuna di averne sette in Costa Smeralda, due in Brianza, una sul lago di Como, una a Portofino, una alle Bermuda e un’altra ad Antigua.

Ma il top, pressochè inarrivabile, Kim Il Silvio l’ha toccato con l’annuncio: “Useremo il know how unico al mondo maturato con queste case, per costruire nuove carceri”. Qui l’audience, agonizzante nel resto del Paese, ha avuto un picco improvviso nei penitenziari. La promessa di nuove carceri prefabbricate in legno ha suscitato grande interesse presso i detenuti di oggi e di domani. Gli amici si vedono nel momento del bisogno.

"Caro giornalista italiano,
sei come gli scarafaggi che sono sopravvissuti a tutto, che esistevano prima dell'uomo e dei dinosauri e che esisteranno anche dopo la nostra scomparsa. Le ere glaciali e la caduta dei meteoriti non li hanno distrutti. Hai digerito Forlani, Andreotti, Craxi e digerirai Berlusconi e ogni altro padrone che servirai. La
Metamorfosi di Kafka è il tuo libro di riferimento, con Gregor Samsa che si trasforma da impiegato in insetto ripugnante. Altri aspirano a diventare farfalle da bruchi che sono, tu, più modestamente, uno scarafaggio. E ci riesci quasi sempre. Le eccezioni sono così rare da confermare la regola.
Lo psiconano ci sta lasciando, ieri in Duomo a Milano
pregava per sé, non per Mike. Tu sei già pronto a scaldare i motori. Sei in pole position come Ferrara o più attardato come Minzolini e Belpietro, in libera uscita come Mentana o a contare le margherite come Giordano. Aspetti il prossimo padrone. Non sei di destra o sinistra. Queste definizioni non ti si addicono. Potrebbero pregiudicarti un futuro impiego. Un salto della quaglia. Oggi qui, domani lì. Ieri Lotta Continua, oggi P2, domani chissà. E' la forza della penna sul libretto degli assegni.
Sei riuscito a fare dieci domande dopo venti anni a Berlusconi: quelle sbagliate. Quelle innocue che non possono coinvolgere i tuoi padroni, i tuoi azionisti di riferimento, i Veltroni e i D'Alema. Le domande su Dell'Utri e su Gelli, sulla mafia e sulla P2 le hai tenute di riserva. Sei stato capace di ignorare il conflitto di interessi dello psiconano fino a quando è arrivato il tuo turno di farne le spese. Per te Grillo è
peggio di Mussolini, di Craxi, di Berlusconi e De Benedetti, il distruttore della Olivetti, un grande imprenditore. Tu servi il tuo padrone, non il tuo lettore. In fondo è lui che ti sceglie, che ti paga con i finanziamenti pubblici che gli regala lo Stato.
I soldi disponibili per scrivere le tue menzogne, semi menzogne, quasi verità quotidiane sono sempre meno. La pubblicità è diminuita del 40%, senza le nostre tasse saresti tra i disoccupati. Sei un informatore assistito, un conflitto di interessi permanente. Come puoi criticare Tremorti che finanzia il tuo giornale o il pregiudicato
Scaroni dell'ENI e il tronchetto delle infelicità che pubblicano pagine di pubblicità? I giornali per cui scrivi sono un retaggio del passato, come le carrozze a cavalli. La Rete ti sta scavando la fossa. Per questo la attacchi ogni volta che puoi. In Rete il tuo editore è il lettore. Quanti lettori avrebbe Scalfari in Rete? Un numero a piacere da uno a cento. In Rete i programmi televisivi più visti sono Report e Anno Zero, quelli che la nuova dirigenza RAI vuole chiudere. Vuol dire che riapriranno solo in Rete...
Il
V2Day sulla Libera Informazione che chiedeva, tra l'altro, l'abolizione della legge Gasparri fu boicottato, deriso da ogni giornale. Dall'Unità a Libero, dalla Repubblica al Corriere della Sera. Ora è in programmazione, sui grandi schermi dell'informazione italiana, una giornata di protesta il 19 settembre a Roma per la libertà di stampa. In realtà, come sempre, tu pensi a una sola cosa, a come salvare il culo con il portafoglio dentro." Beppe Grillo


 

ALL'INIZIO DI QUESTO PERIODO ESTIVO AVEVAMO PARLATO DEI 5 PROBLEMINI DI TESTA D'ASFALTO:"IL PRIMO E' IL LODO ALFANO-SCHIFANI. QUESTA PSEUDO LEGGE E' AL VAGLIO DELLA CORTE COSTITUZIONALE: PER RENDERLA LECITA DEVE CORROMPERE I GIUDICI DELLA SUDDETTA CORTE. IL SECONDO E' IL DIVORZIO: L'EX MOGLIE VUOLE UNA MONTAGNA DI SOLDI. IL TERZO SONO LE PUTTANE D'ALTO BORDO CHE HA PAGATO: NON SI SONO ACCONTENTATE E VOGLIONO DECISAMENTE DI PIU'. IL QUARTO SONO I DANARI CHE DEVE A LOMBARDI, DELL'MPA, PER NON CREARE UNA OPPOSIZIONE INTERNA AL SUO INVOLUCRO ASIATICO. IL QUINTO E' IL RISARCIMENTO CHE DEVE A DE BENEDETTI PER IL FURTO DELLA MONDADORI DEL 1990, BEN UN MILIARDO DI EURO. Le cose si sono allargate nel frattempo: abbiamo la dirittura d'arrivo dell'inchiestina MEDIATRADE, il solito rigonfiaggio dei prezzi fatto da società occulte estere berlusconiane allo scopo di intascarsi "la cresta" in nero IN CONTI OCCULTI ESTERI OVVIAMENTE...L'affare Mediatrade si spacca in due trance: da una parte quella che dagli anni novanta si sposta fino al 2001, dall'altra quella che dal 2001 si spinge fino ai nostri giorni. Infine arriviamo a PALERMO: quì CIANCIMINO JUNIOR sta parlando, con lettere alla mano, dei legami di PROVENZANO CON TESTA D'ASFALTO...

il killer della televisione italiana annuncia alla Nazione alcune buone notizie.

La prima è che non siamo ancora tecnicamente una dittatura perché “un dittatore di solito prima attua la censura e poi chiude i giornali” e lui s’è fermato per ora al primo punto del programma: i giornali, bontà sua, non li ha ancora chiusi. Anzi, “in questi giorni in Italia si è dimostrato che c'è stata la libertà di mistificare, calunniare e diffamare”, come dimostra il Giornale. Che naturalmente non è suo, ma del fratello Paolo: lui ne è soltanto l’utilizzatore finale.

La seconda è che le Procure di Milano e di Palermo “cospirano contro di noi. Ora, che in questo povero paese ci sia ancora qualcuno che cospira contro il padrone di tutto, mentre la cosiddetta opposizione se ne guarda bene, è una notizia che induce all’ottimismo. Ormai si disperava che potesse ancora accadere. Si spera soltanto che sia tutto vero. Certamente Silvio Berlusconi è persona informata sui fatti e, se lo dice lui, bisogna credergli. Lui sa, per esempio, che la Procura di Milano sta chiudendo non una cospirazione,
ma un’indagine giudiziaria che lo vede indagato dall’aprile del 2007 per appropriazione indebita (con conseguente evasione fiscale) insieme al presidente Mediaset Fedele Confalonieri e ad altre sette persone. L’indagine, di cui lui e i suoi legali hanno ricevuto copia della richiesta di proroga nell’ottobre del 2007 e che è “scaduta” alla vigilia delle ferie, è uno stralcio del processo che vede imputati Berlusconi e altri dinanzi al Tribunale di Milano per le “creste” sugli acquisti di diritti televisivi e cinematografici in America da parte di una miriade di società offshore del gruppo Fininvest-Mediaset. In quel processo (congelato dal lodo Alfano in attesa che dal 6 ottobre la Consulta si pronunci sulla costituzionalità o meno del Salva-Silvio) il premier è imputato per appropriazioni indebite da 276 milioni di dollari, evasioni fiscali per 120 miliardi di lire fino al 1999 e relativi falsi in bilancio.

L’inchiesta-stralcio che sta per chiudersi, invece, riguarda l’accusa - come ha scritto Luigi Ferrarella sul Corriere il 25 giugno scorso - di avere “mascherato la formazione di ingenti fondi neri” dirottati dalle casse Fininvest-Mediaset su “conti esteri gestiti dai suoi fiduciari”. Il tutto attraverso la solita compravendita di diritti sui film, negoziati - secondo l’accusa - a prezzi gonfiati con operazioni fittizie tra agenti (fra i quali il produttore egizian-americano Frank Agrama e l’italiano Daniele Lorenzano) e società riconducibili a Berlusconi ma occultate ai bilanci consolidati del gruppo. Un replay della vicenda già approdata in Tribunale, solo che quella si riverbera sui bilanci del gruppo fino al 2001, mentre questa si spinge anche negli anni successivi per via dell’ammortamento pluriennale dei diritti tv. Qui il Cavaliere è indagato per appropriazione indebita a proposito di 100 milioni di euro nascosti in Svizzera e lì sequestrati dai giudici milanesi nell’ottobre del 2005: un tesoretto occulto intestato al produttore Agrama sui conti di una sua società con sede a Hong Kong, la Wiltshire Trading. Secondo l’accusa, quei soldi non sarebbero di Agrama, ma di Berlusconi del quale il produttore non sarebbe altro che un prestanome o un “socio occulto”. L’inchiesta-stralcio prende nome da Mediatrade, cioè dalla società berlusconiana che dal 1999 è subentrata alla maltese Ims per l’acquisto dei diritti tv, e riguarda una serie di conti esteri dai nomi variopinti (“Trattino”, “Teleologico”, “Litoraneo”, “Sorsio”, “Pache” e “Clock”). Il Cavaliere sa bene che, scaduti in estate i termini per indagare, la Procura sta per depositare alle difese “l’avviso di conclusione delle indagini e deposito degli atti”: una mossa che, in mancanza di una richiesta di archiviazione, prelude alla richieste di rinvio a giudizio che lo trasformeranno da indagato a imputato.

Poi c’è Palermo. Qui il presidente del Consiglio ha voluto essere più preciso: “E' una follia che ci siano frammenti di Procura che da Palermo a Milano guardano ancora a fatti del '92, del '93, del '94”. In realtà non c’è niente di folle a indagare sulle stragi politico-mafiose che hanno insanguinato l’Italia fra il 1992 e il 1993. L’unica follia è che, a 17 anni dalle bombe di Palermo, Milano, Roma e Firenze, non se ne siano ancora smascherati e ingabbiati i mandanti occulti, nonché gli autori e gli ispiratori delle trattative fra pezzi dello Stato e Cosa Nostra. Ora le indagini paiono a buon punto, grazie alle rivelazioni di persone molto informate sui fatti, come il mafioso pentito Gaspare Spatuzza (dinanzi alle procure di Caltanissetta, Firenze, Milano e Palermo) e il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Massimo Ciancimino. L’altro giorno, su Libero, Gianluigi Nuzzi parlava di importanti acquisizioni da parte di Ilda Boccassini, che indaga sulla strage di via Palestro del 27 luglio 1993, e della possibile riapertura del filone investigativo che aveva portato all’iscrizione di Marcello Dell’Utri (ma anche di Silvio Berlusconi) per concorso in strage.

Intanto, la prossima settimana, riparte per il rush finale davanti alla Corte d’appello di Palermo il processo di secondo grado a carico di Dell’Utri, condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa: la Corte dovrà decidere se ammettere nel fascicolo processuale la lettera che - secondo Ciancimino jr. - Provenzano inviò a Berlusconi tramite Vito Ciancimino e Dell’Utri nei primi mesi del 1994, in cui prometteva appoggi politici in cambio della disponibilità di una rete televisiva, e in caso contrario minacciava un “triste evento” (forse il sequestro o l’uccisione di Piersilvio Berlusconi). Una possibile prova regina del ruolo di cerniera fra Cosa Nostra e Berlusconi svolto per decenni da Dell’Utri, rimasta finora nei cassetti della Procura grazie alla “distrazione” dei suoi vecchi dirigenti, ora fortunatamente sostituiti da gente più sveglia.

Nulla di segreto: tutto noto e stranoto, almeno nelle segrete stanze (giornali e telegiornali non si occupano di certe quisquilie). Noto, soprattutto, al Cavaliere. Il quale ha deciso di giocare d’anticipo. Così quando gli atti di Mediatrade saranno depositati a Milano e quelli di Palermo saranno acquisiti al processo Dell’Utri, lui potrà dire: ve l’avevo detto che stavano cospirando. Quella di oggi è un’esternazione preventiva. A orologeria.

 

 
 
 
 
 
 

LA FINE DELLE VACANZE....ITALIOTE

Fini al seminario del Pdl
"Contro di me uno stillicidio, MA sono pronto ad essere sfondato analmente dal Premier. Ho già fatto arrivare la catsuit per trasformarmi in una cameriera in latex e maschera e stivaltissimi, pronto a farmi sbattere come una sgualgia troia fottuta di una troia merdosa ....."

I tre in muta subacquea, al centro,col boccaglio da sgualgia in bocca pompinara,Fini nel ruolo di femmina pronta ad essere sfondata come una troiona...Punto per punto, il presidente della Camera ha ribadito le questioni sollevate da mesi
La democrazia interna, il rapporto con la Lega, gli immigrati, il biotestamento, la mafia

Fini al seminario del Pdl "Contro di me uno stillicidio"

Il presidente della Camera Fini con il premier Berlusconi

GUBBIO - Il presidente della Camera partecipa a Gubbio al seminario della scuola di formazione del Pdl. E torna all'attacco: "Contro di me uno stillicidio non degno del partito". "Non è degno il dibattito in un partito con questo stillicidio di dichiarazioni basate su tre ipotesi: che sono folle, che sono un 'compagno travestito' e che aspiro a fare il Capo dello stato". "Chiedere democrazia interna - ha proseguito - non rappresenta un reato di lesa maestà".

Punto per punto, il presidente della Camera ha ribadito le posizioni espresse da settimane, difendendole, ma anche chiarendole ulteriormente, per evitare, come aveva denunciato ieri replicando a Berlusconi, che vengano relegate al ruolo di "fraintendimenti". E, al termine dell'intervento, ha dichiarato: "Abbiamo cominciato a discutere. Quello che dovevo dire l'ho detto, ognuno tragga le sue conclusioni".

"Dal 27 marzo non si è deciso nulla". "Hanno detto che io aspiro al Quirinale ma piuttosto ambisco a fare il successore di Ban Ki Moon", ha esordito il presidente della Camera. "Ieri a Berlusconi ho detto che dal 27 marzo non si è deciso nulla ed il punto è proprio questo: non è possibile che non si sia deciso nulla, il partito non è un organigramma. Serve un cambio di
m.....rcia, un dibattito interno".

ALL'INIZIO DI QUESTO PERIODO ESTIVO AVEVAMO PARLATO DEI 5 PROBLEMINI DI TESTA D'ASFALTO:"IL PRIMO E' IL LODO ALFANO-SCHIFANI. QUESTA PSEUDO LEGGE E' AL VAGLIO DELLA CORTE COSTITUZIONALE: PER RENDERLA LECITA DEVE CORROMPERE I GIUDICI DELLA SUDDETTA CORTE. IL SECONDO E' IL DIVORZIO: L'EX MOGLIE VUOLE UNA MONTAGNA DI SOLDI. IL TERZO SONO LE PUTTANE D'ALTO BORDO CHE HA PAGATO: NON SI SONO ACCONTENTATE E VOGLIONO DECISAMENTE DI PIU'. IL QUARTO SONO I DANARI CHE DEVE A LOMBARDI, DELL'MPA, PER NON CREARE UNA OPPOSIZIONE INTERNA AL SUO INVOLUCRO ASIATICO. IL QUINTO E' IL RISARCIMENTO CHE DEVE A DE BENEDETTI PER IL FURTO DELLA MONDADORI DEL 1990, BEN UN MILIARDO DI EURO. Le cose si sono allargate nel frattempo: abbiamo la dirittura d'arrivo dell'inchiestina MEDIATRADE, il solito rigonfiaggio dei prezzi fatto da società occulte estere berlusconiane allo scopo di intascarsi "la cresta" in nero IN CONTI OCCULTI ESTERI OVVIAMENTE...L'affare Mediatrade si spacca in due trance: da una parte quella che dagli anni novanta si sposta fino al 2001, dall'altra quella che dal 2001 si spinge fino ai nostri giorni. Infine arriviamo a PALERMO: quì CIANCIMINO JUNIOR sta parlando, con lettere alla mano, dei legami di PROVENZANO CON TESTA D'ASFALTO...

il killer della televisione italiana annuncia alla Nazione alcune buone notizie.

La prima è che non siamo ancora tecnicamente una dittatura perché “un dittatore di solito prima attua la censura e poi chiude i giornali” e lui s’è fermato per ora al primo punto del programma: i giornali, bontà sua, non li ha ancora chiusi. Anzi, “in questi giorni in Italia si è dimostrato che c'è stata la libertà di mistificare, calunniare e diffamare”, come dimostra il Giornale. Che naturalmente non è suo, ma del fratello Paolo: lui ne è soltanto l’utilizzatore finale.

La seconda è che le Procure di Milano e di Palermo “cospirano contro di noi. Ora, che in questo povero paese ci sia ancora qualcuno che cospira contro il padrone di tutto, mentre la cosiddetta opposizione se ne guarda bene, è una notizia che induce all’ottimismo. Ormai si disperava che potesse ancora accadere. Si spera soltanto che sia tutto vero. Certamente Silvio Berlusconi è persona informata sui fatti e, se lo dice lui, bisogna credergli. Lui sa, per esempio, che la Procura di Milano sta chiudendo non una cospirazione,
ma un’indagine giudiziaria che lo vede indagato dall’aprile del 2007 per appropriazione indebita (con conseguente evasione fiscale) insieme al presidente Mediaset Fedele Confalonieri e ad altre sette persone. L’indagine, di cui lui e i suoi legali hanno ricevuto copia della richiesta di proroga nell’ottobre del 2007 e che è “scaduta” alla vigilia delle ferie, è uno stralcio del processo che vede imputati Berlusconi e altri dinanzi al Tribunale di Milano per le “creste” sugli acquisti di diritti televisivi e cinematografici in America da parte di una miriade di società offshore del gruppo Fininvest-Mediaset. In quel processo (congelato dal lodo Alfano in attesa che dal 6 ottobre la Consulta si pronunci sulla costituzionalità o meno del Salva-Silvio) il premier è imputato per appropriazioni indebite da 276 milioni di dollari, evasioni fiscali per 120 miliardi di lire fino al 1999 e relativi falsi in bilancio.

L’inchiesta-stralcio che sta per chiudersi, invece, riguarda l’accusa - come ha scritto Luigi Ferrarella sul Corriere il 25 giugno scorso - di avere “mascherato la formazione di ingenti fondi neri” dirottati dalle casse Fininvest-Mediaset su “conti esteri gestiti dai suoi fiduciari”. Il tutto attraverso la solita compravendita di diritti sui film, negoziati - secondo l’accusa - a prezzi gonfiati con operazioni fittizie tra agenti (fra i quali il produttore egizian-americano Frank Agrama e l’italiano Daniele Lorenzano) e società riconducibili a Berlusconi ma occultate ai bilanci consolidati del gruppo. Un replay della vicenda già approdata in Tribunale, solo che quella si riverbera sui bilanci del gruppo fino al 2001, mentre questa si spinge anche negli anni successivi per via dell’ammortamento pluriennale dei diritti tv. Qui il Cavaliere è indagato per appropriazione indebita a proposito di 100 milioni di euro nascosti in Svizzera e lì sequestrati dai giudici milanesi nell’ottobre del 2005: un tesoretto occulto intestato al produttore Agrama sui conti di una sua società con sede a Hong Kong, la Wiltshire Trading. Secondo l’accusa, quei soldi non sarebbero di Agrama, ma di Berlusconi del quale il produttore non sarebbe altro che un prestanome o un “socio occulto”. L’inchiesta-stralcio prende nome da Mediatrade, cioè dalla società berlusconiana che dal 1999 è subentrata alla maltese Ims per l’acquisto dei diritti tv, e riguarda una serie di conti esteri dai nomi variopinti (“Trattino”, “Teleologico”, “Litoraneo”, “Sorsio”, “Pache” e “Clock”). Il Cavaliere sa bene che, scaduti in estate i termini per indagare, la Procura sta per depositare alle difese “l’avviso di conclusione delle indagini e deposito degli atti”: una mossa che, in mancanza di una richiesta di archiviazione, prelude alla richieste di rinvio a giudizio che lo trasformeranno da indagato a imputato.

Poi c’è Palermo. Qui il presidente del Consiglio ha voluto essere più preciso: “E' una follia che ci siano frammenti di Procura che da Palermo a Milano guardano ancora a fatti del '92, del '93, del '94”. In realtà non c’è niente di folle a indagare sulle stragi politico-mafiose che hanno insanguinato l’Italia fra il 1992 e il 1993. L’unica follia è che, a 17 anni dalle bombe di Palermo, Milano, Roma e Firenze, non se ne siano ancora smascherati e ingabbiati i mandanti occulti, nonché gli autori e gli ispiratori delle trattative fra pezzi dello Stato e Cosa Nostra. Ora le indagini paiono a buon punto, grazie alle rivelazioni di persone molto informate sui fatti, come il mafioso pentito Gaspare Spatuzza (dinanzi alle procure di Caltanissetta, Firenze, Milano e Palermo) e il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Massimo Ciancimino. L’altro giorno, su Libero, Gianluigi Nuzzi parlava di importanti acquisizioni da parte di Ilda Boccassini, che indaga sulla strage di via Palestro del 27 luglio 1993, e della possibile riapertura del filone investigativo che aveva portato all’iscrizione di Marcello Dell’Utri (ma anche di Silvio Berlusconi) per concorso in strage.

Intanto, la prossima settimana, riparte per il rush finale davanti alla Corte d’appello di Palermo il processo di secondo grado a carico di Dell’Utri, condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa: la Corte dovrà decidere se ammettere nel fascicolo processuale la lettera che - secondo Ciancimino jr. - Provenzano inviò a Berlusconi tramite Vito Ciancimino e Dell’Utri nei primi mesi del 1994, in cui prometteva appoggi politici in cambio della disponibilità di una rete televisiva, e in caso contrario minacciava un “triste evento” (forse il sequestro o l’uccisione di Piersilvio Berlusconi). Una possibile prova regina del ruolo di cerniera fra Cosa Nostra e Berlusconi svolto per decenni da Dell’Utri, rimasta finora nei cassetti della Procura grazie alla “distrazione” dei suoi vecchi dirigenti, ora fortunatamente sostituiti da gente più sveglia.

Nulla di segreto: tutto noto e stranoto, almeno nelle segrete stanze (giornali e telegiornali non si occupano di certe quisquilie). Noto, soprattutto, al Cavaliere. Il quale ha deciso di giocare d’anticipo. Così quando gli atti di Mediatrade saranno depositati a Milano e quelli di Palermo saranno acquisiti al processo Dell’Utri, lui potrà dire: ve l’avevo detto che stavano cospirando. Quella di oggi è un’esternazione preventiva. A orologeria.

 

L'ira di Gianfranco contro il premier
"Vado avanti, non mi farò intimidire" FANNO FINTA DI LITIGARE, PURTROPPO PER FINI E' TROPPO TARDI......A BREVE LA PROSSIMA OLIATA SUB......

di CARMELO LOPAPA

 

L'ira di Gianfranco contro il premier "Vado avanti, non mi farò intimidire"

Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi


ROMA - Quel "tu" così provocatorio e irriverente. Il "compagno" Fini, bollato come "vergognoso", perfino "ridicolo". Al presidente della Camera è stata chiarissima - fin dalla prima lettura del quotidiano della famiglia del premier - la portata dell'avvertimento contenuto nel nuovo fondo al vetriolo firmato da Vittorio Feltri. Un'"intimidazione", si è sfogato Gianfranco Fini con chi lo ha sentito al telefono. Come dire, nella campagna di caccia d'autunno inaugurata col bombardamento dell'Avvenire e del suo ormai ex direttore Boffo, nessuno può sentirsi al sicuro, non solo giornali e oppositori esterni al Pdl. "È un attacco nella natura di Feltri", è stata la prima impressione della terza carica dello Stato. "Ma soprattutto una nuova puntata che conferma il clima di imbarbarimento nel quale siamo caduti e che avevo denunciato dal palco della festa Pd di Genova. Come mi sento io? Bisognerebbe chiedere a Berlusconi, come si sente". C'è stupore, c'è rabbia, per un colpo che raggiunge a freddo il presidente della Camera, ancora nel ritiro toscano.

Quasi a freddo. Le parole pronunciate da Fini alla festa democratica, compresa la presa di distanza dagli argomenti e i metodi berlusconiani, il presidente del Consiglio non le aveva gradite affatto. La diffidenza ormai è al culmine. "Giafranco non ha ancora capito che così diventa come Casini - commentava ancora ieri - Deve capire che il leader del partito sono io. Si ricorda cosa ha detto la scorsa settimana sulla libertà di informazione e sulle presunte ordalie?". Non è un caso se dall'alba al tramonto Silvio Berlusconi non abbia pronunciato una sola parola per dissociarsi dal "suo" Giornale, a differenze di quanto accaduto poche ore dopo l'attacco a Boffo. Lo farà solo nel pomeriggio, con un tiratissimo attestato di "stima" dopo insistenti pressioni e la lunga mediazione del coordinatore del Pdl Ignazio La Russa. Quando il clima si era fatto davvero pesante e le reazioni degli ex aennini fedeli a Fini sempre più insofferenti, indignate. Per non dire della rabbia del presidente della Camera, cresciuta di ora in ora man mano che la dissociazione del premier non arrivava. Nemmeno l'ormai rituale telefonata di Gianni Letta - raccontano - è riuscita ad attenuare la collera. Attorno al presidente della Camera c'è la percezione netta della natura personale dell'avvertimento, nello stile della nuova campagna d'attacco, ma anche una consapevolezza di fondo: che si tratti cioè di una "manovra disperata, perché solo chi si sente isolato, per la prima volta all'angolo, spara nel mucchio, senza distinzione".


Di certo, adesso Fini sente di avere le "mani libere" sulla legge sul fine vita e sul ddl per il diritto di cittadinanza degli immigrati promosso dal fedelissimo Granata. Si apre una nuova partita, in barba al premier ("No al diritto di voto agli immigrati") e al leader leghista Umberto Bossi che ormai sulla politica di accoglienza insulta il presidente della Camera ("Quello è matto").

Il clima nella maggioranza è questo qui. Ma il regolamento di conti tra Berlusconi e Fini appare ormai a una svolta. Con le divergenze su biotestamento e immigrazione a fare solo da sfondo, da pretesti. I due non si vedono e non si sentono dai primi di agosto. Torneranno a farlo, forse, salvo "impegni improvvisi del premier", sabato sera. A Villa Madama è in programma la cena organizzata dal presidente della Camera Fini con i colleghi che guidano i parlamenti dei paesi del G8. Per cortesia istituzionale, il padrone di casa ha esteso l'invito al premier Berlusconi. Il clima, neanche a dirlo, però resta tesissimo. "Sarebbe bene non continuino a tirare la corda" confida Benedetto della Vedova, insieme a Bocchino, Granata, Briguglio, Bongiorno, pronto a sposare fino all'estremo la battaglia di Fini, fosse pure fino alla creazione del partito-kadima in salsa italiana, voltando le spalle al Pdl. Su quella strada non lo seguirà affatto Pierferdinando Casini, impegnato a costruire il suo nuovo soggetto di centro. Tuttavia, la solidarietà che ha espresso ieri il leader Udc al presidente della Camera segna un ulteriore tassello nella ricostruzione di un asse moderato antiberlusconiano ora tornato in auge.
 

Ecco i verbali di Tarantini
"Mille euro a chi restava la notte"

"Davo donne al Pd Frisullo in cambio dei favori che mi faceva"

 

Gianpaolo Tarantini

ROMA - Ragazze pagate per allietare le feste nelle residenze di Silvio Berlusconi. Escort per ricambiare i favori ricevuto dall'allora vicepresidente della regione puglia Sandro Frisullo del Pd. L'imprenditore Giampaolo Tarantini, ricostruisce così la vicenda che lo vede protagonista e che passa da Palazzo Chigi e arriva fino in Puglia.

E' il Corriere della Sera a pubblicare oggi i verbali dell'interrogatorio del 29 luglio. Un fiume di parole dove l'imprenditore pugliese, indagato per corruzione e favoreggiamento alla prostituzione, racconta di aver reclutato almeno 30 ragazze per le feste di Berlusconi.
Tra di loro anche alcune starlette televisive: da Barbara Guerra a Carolina Marconi del Grande Fratello. A qualche cena ha partecipato anche l'attrice Manuela Arcuri "che non è mai rimasta".

Una storia che è andata avanti per oltre cinque mesi: da settembre 2008 alla fine dello scorso gennaio. Tarantini racconta tutti i dettagli: dai voli, ai compensi, alle camere d'albergo pagate. Al ruolo di Patrizia D'Addario, la escort che con le sue rivelazioni ha fatto luce sulle vicenda. Ripetendo cose già dette in passato: "Ho organizzato 18 serate ma Berlusconi non sapeva che le ragazze erano pagate. Davo 1000 euro a chi restava la notte". Tarantini è molto preciso nei riferimenti temporali, e dà particolari sul pagamento dei biglietti aerei, sui tempi e sulle circostanze.

Io e il Cavaliere. "Io ho voluto conoscere il presidente - avrebbe detto Tarantini agli inquirenti- e a tal fine mi sono sottoposto a spese notevoli per entrare in confidenza con lui, e sapendo del suo interesse verso il genere femminile non ho fatto altro che accompagnare da lui ragazze che presentavo come mie amiche, tacendogli che a volte le retribuivo".


"Conoscevo Patrizia". Così Tarantini ricostruisce i suoi rapporti con la escort pugliese. "L'ho conosciuta come Alessia e me l'ha presentata Max Verdoscia perché io stavo cercando una ragazza da portare a cena da Berlusconi. Alla D'Addario rappresentai la possibilità di partecipare ad una cena con il premier riconoscendole il pagamento delle spese di viaggio e di soggiorno a Roma e di un forfait di mille euro. Devo precisare che Verdoscia mi aveva parlato di una donna immagine che all'occorrenza averbbe potuto effettuare prestazioni sessuali". Ed ancora: "Il 4 novembre 2008 andai a palazzo Grazioli con la d'Addario e con Barbara Montereale e Lucia Rossini. Ricordo di aver retribuito la D'Addario con mille euro sapendo che si prostituiva e in tale prospettiva diedi anche alla Montereale mille euro esclusivamente perchè svolgesse il ruolo di ragazza immagine. La D'Addario mi fu possibile retribuirla solo in seguito poichè quella notte credo che si era fermata dal presidente. Ricordo che quella sera la D'Addario restò perché voleva parlare al presidente di una questione privata. Solo il giorno dopo seppi che si era fermata a palazzo Grazioli".

Vanessa, la coca e il premier. "Vanessa Di Meglio è una mia carissima amica, la rifornivo di cocaina. Tendenzialmente la stessa non è una professionista del sesso ma all'occorrenza non disdegna di essere retribuita. Ho anche favorito le prestazioni sessuali della Di Meglio con il presidente Berlusconi in due circostanze: a Roma il 5 settembre e l'8 ottobre 2008". Da Vanessa a Ioana e Barbara. La prima era una "escort", la seconda "una donna dello spettacolo". "L'8 ottobre 2008, si fermano a casa del presidente e per questo le pagai".

I volti della tv. Tarantini ricostruisce gli incontri con alcuni personaggi del piccolo schermo. "In occasione di un incontro con Berlusconi il 23 novembre 2008 invitando Francesca Garasi che ci raggiunse con tre amiche: Carolina Marconi attrice di Canale 5, Geraldine Semeghini che nell'estate del 2008 era responsabile del privè del Billionaire e Maria Teresa De Nicolò. In quella circostanza ospitai Geraldine e la sua amica, ma l'unica che ebbe un incontro intimo fu la De Nicolò". Poi Tarantini parla anche di altre occasioni in cui "utilizzò" volti televisivi: "Il 17 dicembre 2008 portai a palazzo Grazioli Linda Santaguida (vista nell'Isola dei famosi ndr) e Camilla Cordeiro Charao (valletta di Scorie su Rai 2) , pagando solo ques'ultima che si fermò con il presidente".

Le visite a palazzo Grazioli. Tarantini precisa di aver portato le ragazze a Palazzo Grazioli in auto con i vetri oscurati. "Quando le portano dal presidente le facevo sedere nei sedili posteriori perché avevano i vetri oscurati. Un accorgimento per evitare che i giornalisti potessero guardare dentro l'auto. Quando ero in zona avvertivo il responsabile della sicurezza e una volta arrivato davanti al portone la prima guardia avvisiva altri del nostro arrivo. Entrati nel cortile venivamo accompagnati ai piani superiori dove venivamo ricevuti".

Gli affari. Lo scopo dell'imprenditore era quello di fare affari. "Berlusconi mi presentò anche il capo della Protezione civile Bertolaso, che procurò a me e al mio amico Enrico Intini alcuni appuntamenti senza esito in Finmeccanica". Tarantini racconterebbe anche che "il
ricorso alla cocaina e alle prostitute si inserisce in un mio progetto, teso a realizzare una rete di connivenze nel settore della Pubblica Amministrazione, perchè ho pensato in questi anni che ragazze e cocaina fossero una chiave di accesso per il successo nella società".

I rapporti con Frisullo. Tarantini parla anche di incontri con prostitute organizzati per ricambiare i presunti favori ricevuti dall'ex vicepresidente della Regione Puglia Frisullo (nome già emerso in alcune intercettazioni telefoniche) e di aver organizzato una cena elettorale in favore di Massimo D'Alema presso il ristorante "La Pignata" nel 2007. "Ricordo che alla cena - riferisce l'imprenditore - erano presenti primari e dirigenti sanitari, il sindaco Emiliano, il vice coordinatore regionale del Pd Dottor Marrazzano, alcuni imprenditori baresi tra cui Stefano Miccolis e Vito Ladisa. Comunque conservo l'elenco e mi riservo di produrlo". Nel luglio scorso, quando si parlò per la prima volta di questa cena Emiliano raccontò che "Massimo mi aveva chiamato dicendomi di andare al ristorante perchè lui era in ritardo. Quando arrivai, vidi chi c'era e raggelai. Per questo lo portai subito via".
 

 

Alitalia, manager sotto accusa
"Un crac da cinque miliardi"

di CARLO BONINI

Alitalia, manager sotto accusa "Un crac da cinque miliardi"


ROMA - La bancarotta di Alitalia non è una notte in cui tutti i gatti sono neri, del tutti colpevoli perché nessuno davvero lo sia. Dopo sei mesi di lavoro a fari spenti, oltre sessanta testimonianze raccolte, ripetuti accessi analitici ai documenti contabili dell'azienda affidati al nucleo di polizia tributaria di Roma della Guardia di Finanza, il procuratore aggiunto Nello Rossi e i suoi sostituti Stefano Pesci, Maria Francesca Loy, Gustavo De Marinis mettono un primo punto al loro lavoro istruttorio. E nel definire il canovaccio di una catastrofe già costata alle casse del Paese cinque miliardi di euro in dieci anni, di cui sono oggi la coda bond per 270 milioni di euro ridotti poco più che carta straccia, ne individuano e ipotizzano le prime responsabilità penali nelle scelte di Francesco Mengozzi (amministratore delegato dal 2001 al febbraio 2004), Marco Zanichelli (direttore delle relazioni esterne nel 1989, direttore centrale nel 1992, segretario generale nel 2001, presidente Alitalia Airport nel 2002, direttore generale nel 2003, amministratore delegato per soli quattro mesi nel 2004) e Giancarlo Cimoli (monarca della compagnia dal 2004 al 2007). La loro iscrizione al registro degli indagati - ormai risalente nel tempo e condivisa, di ufficio, con tutti gli altri presidenti e amministratori delegati che si sono avvicendati dal 2001 al fallimento - ha assunto infatti la forma di un primo articolato capo di imputazione che prelude, con le informazioni di garanzia per bancarotta, a un prossimo interrogatorio. Ma che, soprattutto, documenta una storia di eutanasia finanziaria per "dissipazione delle risorse" che ora comincia ad avere qualche data, qualche numero, qualche fatto certo.


Mengozzi, Zanichelli e Cimoli sono manager diversi. Per formazione professionale e appartenenza (il primo, voluto dal governo Amato. Gli ultimi due dal primo gabinetto Berlusconi). Ma tutti e tre condividono il genoma del manager Alitalia. Si muovono - per quello che l'inchiesta può oggi documentare - secondo le regole non scritte che vogliono la compagnia retrobottega della politica. Barattano retribuzioni d'oro in cambio di "performance" che ignorano l'interesse economico di azionisti, obbligazionisti e creditori. Giancarlo Cimoli - per dirne una - raggiunge nel 2006 una retribuzione di 6.400 euro al giorno, mentre l'azienda perde 626 milioni in soli 12 mesi. Prima di lui, nel 2001, Mengozzi ne guadagna 630 mila lordi l'anno, firmando il suo primo bilancio con un saldo negativo per 907 milioni. Ognuno dei tre manager - osserva nelle sue informative la Finanza - si presenta con piani industriali che, in una sequenza schizofrenica, promettono di riportare la baracca in attivo e puntualmente vengono disattesi. Qualche volta, per imprevedibile contingenza (lo choc post 11 Settembre ne è un esempio). Normalmente, per scelta di quegli stessi manager che del "piano" hanno fatto pubblicamente la propria linea del Piave.

E' il caso della vendita di "Eurofly". Siamo nel 2003 (gestione Mengozzi-Zanichelli), e quella che soltanto tre anni prima è diventata la compagnia charter ufficiale di Alitalia (la guida Augusto Angioletti, ex presidente del potente sindacato dei piloti Anpac) viene venduta alla società "Spinnaker Luxembourg" di Banca Profilo per 13 milioni e mezzo di euro. La mossa è curiosa. Soltanto cinque mesi prima della vendita, "Eurofly" è stata ricapitalizzata da "Alitalia" con denaro pubblico per 5 milioni di euro. E quel che è peggio - scopre ora la Finanza - i 13 Md-80 che vengono ceduti con la compagnia charter lo sono a prezzo fuori mercato (mediamente, 1 milione e 800 mila euro l'uno). Nell'arco di pochi mesi, gli aerei verranno infatti rivenduti dal compratore ad altre società per circa il doppio, con plusvalenze che raggiungono i 13 milioni di euro. Del resto, in quegli stessi anni, i criteri di "dissipazione" con cui viene gestita la flotta hanno una loro riprova nel settore Cargo. Centotrenta piloti ruotano su cinque vecchi aerei passeggeri modificati che per stare in aria volano regolarmente zavorrati a prua con mattoni e che, alla fine di ogni anno, fanno registrare perdite medie per 30 milioni di euro.

Non andrà meglio con "Volare Group". Questa volta, 2006, l'Alitalia di Cimoli compra. La compagnia è già con un piede nella fossa e impiombata da personale sovradimensionato, ma ciò nonostante sborsa 38 milioni di euro per rilevare all'asta la low-cost italiana e i suoi 12 slot sull'aeroporto di Linate. Con "Volare", Cimoli si fa carico anche di 700 addetti, cui viene garantito il mantenimento degli organici per i successivi tre anni. "Volare" e i suoi due marchi (Volareweb e Air Europe) cessano la loro attività neppure due anni dopo.

"Eccesso di signorilità", hanno chiosato in Procura con voluto sarcasmo alcuni dei testimoni sentiti e, pubblicamente, lo stesso Augusto Fantozzi, oggi commissario liquidatore. Che del resto ha la sua cartina di tornasole nella politica di "esodi incentivati" dei dirigenti di cui restano misteriosi i criteri, nell'operazione di separazione di Az servizi, come anche nella distribuzione delle consulenze. Cimoli, in soli 3 anni, brucia 128 milioni di euro. Sessanta li incassa "McKinsey", 29 "Accenture", per piani di riorganizzazione aziendale e informatica che, stando alle verifiche della Finanza, restano sulla carta e da cui l'azienda non trae alcun beneficio. Di "criteri di economicità" ed efficienza non c'è traccia. Anche quando l'azienda vende e non compra. Accade con i tre immobili della Magliana che ospitano il quartier generale della compagnia. Nel 2002, Mengozzi li cede alla "Peabody Lamaro srl" per 140 milioni di euro e ne riaffitta contestualmente uno dal compratore per un canone di 18 milioni e mezzo di euro l'anno. Una cifra che, in meno di 8 anni, avrebbe consentito alla Lamaro di rientrare dell'intero acquisto.

L'istruttoria della Procura non finisce evidentemente qui. I magistrati si preparano a chiedere una proroga di sei mesi di indagine, per poter definire le possibili richieste di rinvio a giudizio entro l'anno. E per quel che è possibile cogliere, coltivano una speranza. Che Mengozzi, Zanichelli e Cimoli, ora che l'inchiesta li assedia, decidano di liberarsi di qualcuno dei segreti della Magliana.
 

 

Viaggio nel deserto di Malpensa
"Così si spegne un aeroporto"

Ma lo scalo padano non si arrende: un albergo in costruzione
e la futura terza pista sono i simboli della speranza
dal nostro inviato PIERO COLAPRICO

Viaggio nel deserto di Malpensa "Così si spegne un aeroporto"


MALPENSA (VARESE) - Se una mattina di fine estate un viaggiatore di media cultura capita alla Malpensa, e si ricorda di com'era sino a due anni fa, può pensare a due libri: Dissipatio H. G., di Guido Morselli, e il Deserto dei tartari, di Dino Buzzati. Il primo libro parla di un uomo che si sveglia solo al mondo. Intorno a lui non c'è più il genere umano, ma "relitti fonico-visivi". Il secondo è l'eterna attesa di un impegno, nel fronteggiare un nemico, che forse non arriverà mai, forse chissà. E da una signora alta, vestita di nero, negozio agli Arrivi, piove una frase che vale una sintesi della vita agra di quest'aeroporto: "Siamo passati in un amen dagli uomini d'affari ai turisti per caso". Il che significa calo degli incassi, dell'educazione media, del piacere di vendere: "Una volta - spiega - vedevi entrare in negozio quelle persone danarose, da prima classe, internazionali, ora entrano queste famiglie delle vacanze tutto compreso, sono proprio cambiate le facce della gente".

Davanti alle grandissime finestre rettangolari, che si affacciano luminose sulle piste e sulle Prealpi, camminano poche persone. Qualche coppia. Un gruppo di anziani. Per gli abiti, per il tipo di valigie, persino per le pettinature sembra, in effetti, più un pubblico da stazione Centrale che da un aeroporto internazionale, com'era e come resta Malpensa. Al piano superiore, zona check-in, davanti all'insegna verde e rossa del "Panino giusto", marchio famoso nella Milano da bere anni Ottanta, altra conferma della "dissipazione" umana: "Un po' di movimento c'è venerdì e sabato, con i charter. Nel resto della settimana a volte non passa anima per ore. Abbiamo avuto, rispetto a tre anni fa, e io c'ero - dice la ragazza in divisa, finendo di spillare una birra - un calo direi del sessanta per cento".


E nella cartolibreria ex Marcos y Marcos una precisa lettura del fenomeno viene fatta dalla signora Lucia attraverso le riviste che vende: "Noi - racconta - siamo sotto del quaranta per cento rispetto all'anno scorso ma il senso della trasformazione sta in questo. Una volta vendevamo non poche riviste di nautica, e quelle le compra la gente che ha una barca, o vuole avere una barca, in ogni modo persone danarose. Bene, di queste non se ne vendono più. Zero. E invece vendono di più le riviste di gossip. E poi, l'unico dato sempre in crescita sono i "Gratta e vinci". Così - conclude Lucia - ci siamo attrezzati, cambiando un po' la merceologia del negozio, lucchettini, pennine... ".

Da quando Malpensa non è più "hub", e cioè un centro di raccolta passeggeri, come Parigi, Londra o Francoforte, e da quando Alitalia è passata da oltre 1200 voli a settimana al misero dieci per cento del traffico totale, con cinquanta movimenti al giorno, lo sconforto, la stanchezza, la sfiducia per il "torto subito" crescono. I conti si fanno in fretta. Nel luglio 2007 c'erano stati 309 mila passeggeri nei voli nazionali, e oltre due milioni degli internazionali, frequentati da top manager. Nel 2009 sono 96mila quelli dei nazionali, e un milione e 600mila agli internazionali, quasi tutti charter. Se fosse un ristorante, avrebbe chiuso.

I segni si vedono. Della "Casa di Topolino" restano i poster incollati sul pavimento. Chiuso il negozio che vendeva le magliette delle squadre italiane. Non più orario continuato in moltissimi negozi di moda, dove le commesse, truccate come dive dei serial, passano ore senza vedere un cliente. Stessa "rella", come si dice da queste parti, nella Farmacia, dove il calo dei farmaci corrisponde ovviamente al calo dei passeggeri.
Eppure, si resiste al "nemico". E, quasi, si lotta: "Tutti i dipendenti hanno accettato di fare quattro giorni di cassa integrazione al mese, sì, tutti quanti, per non far pesare questa crisi per esempio nel nostro settore", dice C., del reparto bagagli, "dove andavamo benissimo. Erano stati spesi 60 o 70 milioni di euro per far girare meglio i bagagli dei voli in transito, con tanto di microchip sotto ogni carrello, e ora voli in transito non ce ne sono praticamente più", racconta. Chi passa nell'"Area transiti" del Terminal 1, un tempo affollatissima tra salite e discese, resta impressionato dalla sua ambivalenza. C'è un gran silenzio. I tabelloni raccontano voli internazionali rarefatti. I pavimenti, vasti come quelli di una cattedrale quando non c'è messa, luccicano e non si sentono tacchi. Però ecco spuntare nel deserto anche un ala nuova: sta crescendo in previsione di un "terzo satellite", cioè di una terza pista. Indispensabile sino a quando Malpensa era hub, ma ora? L'idea non è stata mollata: "Abbiamo presentato ad Enac il piano di sviluppo ormai sei mesi fa e, appena avremo ricevuto tutte le autorizzazioni, dobbiamo indire una gara per i lavori di costruzione della terza pista", tuona Giuseppe Bonomi, il presidente della Sea, la società che gestisce gli aeroporti milanesi.

"Che differenza c'è tra uno della Brianza e una mosca? Nessuna, tutti e due s'attaccano ai vetri", dice un proverbio. Questo spirito lombardo sembra dunque procedere. Davanti all'aeroporto, enorme, al posto del parcheggione multipiano, sta spuntando uno Sheraton. Il progetto dell'albergo ricorda i tasti di un pianoforte, con rettangoli larghi, bassi, dalle linee eleganti: "Sembravano aver smobilitato, gli operai sono stati fermi un po', ma da due settimane abbiamo visto tornare a lavorare ben tre squadre", raccontano i negozianti. Un'altra mano è arrivata da Easy-Jet, la compagnia aerea che al Terminal 2 ha sistemato moltissimi dei suoi voli a basso costo e arriverà presto a "posizionare" qui il suo sedicesimo aereo.

Per tutto questo, Malpensa ha appena tirato un sospiro di sollievo: a luglio è rimasto sostanzialmente stabile rispetto all'anno scorso. Sembra piccola cosa, invece il presidente Bonomi ci decifra un pezzo di futuro: "Dall'anno zero, che io fisso nel marzo 2008, la Sea, a differenza di altri casi noti a livello europeo, continua a crescere sia come volume di traffico che come passeggeri".

Nessuno di quelli che contano ama però dire, intorno a Malpensa, una verità oggettiva (e non politica). Questo aeroporto era stato voluto dai politici del Nord, Lega e Roberto Formigoni in testa, come dimostrazione di imperio, senza badare troppo alla logica industriale. A quella clientelare sì: posti di lavoro, indotto, assunzioni, si vociferava persino di un compratore in caso di privatizzazione. Ma nelle campagne lombarde le "Malpensaa", e cioè "malpensate" (si chiamava così quella di Pontevico del bresciano, dove emerse il primo caso di "mucca pazza"), sono le cascine che hanno qualche cosa che non va, dall'orientamento solare alla distanza dall'acqua. E il grande aeroporto internazionale non si è sottratto a questo destino. Non è mai stato "comodo". È lontano da Milano, e ci si arriva dopo una quarantina di chilometri di tangenziali e di un'autostrada gonfia d'auto e Tir. I taxi costano 85 euro, il doppio di Roma. Le Ferrovie Nord hanno corse minime, due all'ora, e la sera i treni si dissolvono. Gli stessi politici che l'hanno voluto ieri, sembrano incerti oggi. Quando il governo ha "salvato" (si fa per dire) Alitalia, affidandola alla Cai, la Cai non sapeva che farsene di questa Malpensa. E ha trasferito quasi tutto a Roma-Fiumicino.

Se c'è stato chi, come l'ex ministro Roberto Castelli, aveva minacciato "una Lega pronta a tutto per difendere Malpensa, anche geometrie variabili in Parlamento", la politica del centrodestra si è allineata ai desideri del premier Silvio Berlusconi. Molte speranze sono riposte adesso nei tedeschi di Lufthansa, la compagnia che dal gennaio all'agosto di quest'anno ha avuto un incremento del 104 per cento. E che dal febbraio di quest'anno a oggi ha trasportato quasi 600mila passeggeri. E che per di più ha già programmato per il 2010 nuovi voli intercontinentali tra Malpensa e varie capitali, con la speranza di far riqualificare come hub lo scalo.

"Lo stivale è sempre di moda", dice la sua pubblicità. Campeggia anche in un incrocio" al piano "meno uno", dove convergono i viaggiatori arrivati dai parcheggi, dai bus e dai treni. Un luogo che sembra studiato per incrementare l'amicizia tra sconosciuti e l'inglese, visto è tutto un domandarsi: "Per gli Arrivi?". "E le Partenze?". I troppi lavori in corso hanno fatto scordare di piazzare qualche cartello: e i nuovi viaggiatori, meno internazionali, in ciabatte e short, si scrutano e si perdono. Ma chissà, forse già nel 2010, se davvero gli organizzati tedeschi isseranno la loro bandiera sull'aeroporto padano...

 

Noemi parla di Berlusconi al Daily Mail
"Non sono io la causa del divorzio"

Noemi parla di Berlusconi al Daily Mail "Non sono io la causa del divorzio"

Noemi Letizia rompe il "silenzio" e sceglie un tabloid britannico, il Daily Mail, sotto le telecamere di Sky, la tv di Murdoch, per fornire la sua versione della vicenda che ha dato il via al "caso escort" e al divorzio Lario-Berlusconi. Divorzio di cui nega di essere la causa: "Tutti possono vedere che non sono io la ragione del divorzio. Come è possibile che la festa di una diciottenne rovini un matrimonio? Se è così, che tipo di matrimonio era? Non ho niente a che fare con questo. Quello che dice Veronica non mi interessa. Sono problemi familiari loro. Io non posso essere incolpata per questo". E racconta le origini dell'amicizia con "Silvio" e come nacque il nomignolo "papi".

Il nomignolo. A Daphne Barak (specializzata in interviste a star e leader politici, che offre in syndacation), la giovane di Casoria spiega le origini della sua amicizia con il presidente del Consiglio: "Quando mio padre andava a trovare Silvio, mi portava con sé", racconta Noemi. E il Daily Mail si chiede: "Come mai il padre Benedetto - un piccolo commerciante di Portici, un'oscura città vicino Napoli, con piccole proprietà - era diventato un amico di lunga data del ricco Berlusconi?". Noemi prosegue: "Conosco Silvio da quando ho memoria. Mio padre mi portava da lui quando ero piccola. Accadeva spesso. Ma per me era una cosa normale. Non è che Silvio fosse una persona straordinaria per me". E qui la Letizia spiega la genesi del nomignolo "papi": "Infatti, quando ero piccola, gli ho dato il nomignolo che tutti conoscono ora. Perché io sono una persona dolce, mi piace dare nomignoli alle persone che amo. E così ne ho dato uno a Silvio, perché è dolce. Era per dimostrargli affetto". Queste le parole riportate nell'articolo della Barak, ma nella registrazione dell'intervista la frase sulla dolcezza del Cavaliere non c'è.

La festa. L'arrivo del premier alla festa di compleanno di Casoria è così ricostruito da Noemi: "Non ne sapevo niente. E' stata una sorpresa per me, per tutti. Mio padre lo aveva chiamato perché sono amici. E' un rapporto tra due famiglie, tra due padri".

"Nessuno ha fatto niente di male", prosegue Noemi. "La mia e la sua famiglia sono molto contrariate per tutte queste storie. Loro (i giornalisti, ndr) hanno inventato storie sul nostro rapporto e l'hanno fatto apparire insano". Anche se il regalo che le fece Berlusconi era spettacolare, la sua presenza fu di basso profilo: "Mi ha fatto il regalo di cui tutti ora sanno. E' un regalo davvero molto bello. Era seduto al nostro tavolo, ha cenato. Poi è dovuto andar via perché aveva impegni di lavoro. Forse non è normale avere qualcuno del consiglio comunale locale e il presidente come amici", prosegue. "Ma non è giusto attaccare una diciottenne".

Gli attacchi di Veronica e Barbara. E la ragazza se la prende a questo proposito anche con la figlia di Berlusconi, Barbara che in un'
intervista a Vanity Fair aveva dichiarato di "non frequentare uomini adulti". Noemi definisce l'attacco "insensato" e "cattivo". E alla domanda: "Se avesse davanti Veronica, cosa le direbbe?", Noemi risponde: "Avrebbe dovuto capire che non c'è bisogno di dire quelle cose di una ragazza giovane. Lei è un'adulta. E' una madre. Ma sono sicura che è una brava persona, una bella persona".

Noemi e la politica. "Di solito la politica non mi interessa", confessa la diciottenne di Casoria". Che aggiunge: "I politici vanno giudicati per quello che fanno per la gente. Se voterò per Silvio? Ovviamente. Ma non perché è amico di mio padre. E' un uomo molto divertente. Una brava persona. Sa fare il suo lavoro. Ed è un leader perché ha una personalità così bella".
 

Il 23 agosto 2009 Berlusconi l'Africano si è recato negli studi di Nessma TV, in Tunisia, per partecipare alla trasmissione Ness Nessma. Nessma TV è un canale commerciale, diffuso nei Paesi del Maghreb mediterraneo, di cui Mediaset ha il 25%. Accappatoio Selvaggio ha promesso "con una totale apertura di cuore" a tutti i nordafricani in ascolto: "la possibilità di un lavoro, di una casa, di una scuola per i figli, e la possibilità di un benessere che significa anche la salute e l’apertura di tutti i nostri ospedali alle loro necessità". E' più forte di lui. Dopo le ville ai terremotati d'Abruzzo, lavoro, casa, scuola, benessere e ospedali ai maghrebini...

Conduttore: “Dall’attrattiva che esercita l’Italia sui maghrebini, si può passare all’immigrazione, soprattutto a quella clandestina che purtroppo fa migliaia di morti”
Berlusconi: “La cosa più terribile sono le organizzazioni criminali, che sono moltissime. Ben Ali oggi mi ha detto di 300 organizzazioni scoperte dalla polizia del vostro Paese. Sono persone che approfittano della speranza degli altri, delle persone che sono nella miseria e che vogliono donare a se stessi e ai propri cari un futuro migliore. E allora si affidano a persone che con imbarcazioni non sicure si mettono in mare e questo porta a tragedie ad ogni istante. Occorre combattere tutto ciò.
È necessario incrementare le possibilità per la gente che vuole tentare nuove opportunità di vita e di lavoro, occorre aumentare le possibilità di entrare legalmente in Italia e negli altri Paesi europei. Questo è ciò che voglio sia fatto, non solo in Italia, ma in tutta Europa. E poi bisogna dire che gli italiani sono stati un popolo che ha lasciato l’Italia e che è emigrato in altri Paesi, soprattutto in quelli americani. E allora questo ci impone il dovere di guardare a quanti vogliono venire in Italia con una apertura totale di cuore. E di donare a coloro che vengono in Italia la possibilità di un lavoro, di una casa, di una scuola per i figli, e la possibilità di un benessere che significa anche la salute e l’apertura di tutti i nostri ospedali alle loro necessità e questa è la politica del mio governo"
Conduttrice: “Siete incredibile presidente, non posso trattenermi dall’applaudire”


Filmato originale integrale: www.nessma.tv. Al Berlusham non si è fermato li':

W il colpo di Stato libico

Berlusconi_Gheddafi.jpg
Lo psiconano non poteva mancare al quarantennale del colpo di Stato in Libia. Da Gheddafi potrà avere indicazioni preziose su come cancellare la democrazia in Italia. Il portavoce di Israele
ha definito Gheddafi: "bulletto da circo" e ha aggiunto: 'Mi chiedo se c'e' ancora qualcuno che prenda sul serio cio' che dice quest'uomo". Io invece mi chiedo se c'è ancora qualcuno che prenda sul serio Testa d'Asfalto. Dio li fa e il petrolio li accoppia. GLI UNICI AMICONI RIMASTI SONO UNO SBIRRO SANGUINARIO -PUTIN - ED UN GOLPISTA CARTAIMPECORITO. IN RELAZIONE ALLA GRANDE LIQUIDAZIONE IN ATTO, IL 5% DI UNICREDIT DATO AI LIBICI, IL 5% DI ENI DATO AI LIBICI, IL 5% DI TELECOM DATO AI LIBICI, IL 25% DELL'EX ALITALIA DATO AI FRANCESI, TUTTO IL TERRITORIO ITALIANO DATO AL NUCLEARE FRANCESE, TESTA D'ASFALTO HA PENSATO BENE DI CEDERE ANCHE IL SUO MEDIATICO MILAN PER 1 MILIARDO DI EURO AI LIBICI, LA STESSA CIFRA CHE DOVRA' SGANCIARE A DE BENEDETTI COME RISARCIMENTO DANNI PER IL FURTO DELLA MONDADORI (IV SEZIONE CIVILE TRIBUNALE DI MILANO, GIUDICI RAIMONDO MESIANO).

INTERMEZZO AGOSTANO

"Non possumus". E dalla Curia
arriva lo schiaffo a Berlusconi. In Italia l'opposizione la fa.....LA CHIESA

L'assalto al direttore di Avvenire per la Cei è un attacco a tutto il vertice della Chiesa italiana
ORAZIO LA ROCCA

"Non possumus". E dalla Curia arriva lo schiaffo a Berlusconi

CITTÀ DEL VATICANO - Lo "schiaffo" al premier Berlusconi arriva direttamente dal Palazzo Apostolico, in Vaticano, subito dopo la lettura della prima pagina del Giornale. Secondo le voci filtrate riservatamente dai monsignori della Curia papale, la decisione di far saltare l'incontro all'Aquila tra il cardinale Tarcisio Bertone e il premier Silvio Berlusconi sarebbe stata presa ieri mattina direttamente dal Segretario di Stato. Ma secondo altre fonti, la telefonata a Palazzo Chigi con cui Oltretevere si annunciava il non possumus pontificio sarebbe stata fatta nel corso della nottata, sull'onda delle prime anticipazioni arrivate in Vaticano relative agli articoli del quotidiano di casa Berlusconi.

Tempi a parte, l'attacco sferrato dal foglio diretto da Vittorio Feltri al collega direttore di Avvenire Dino Boffo viene subito giudicato dagli uomini di papa Ratzinger come uno "sfregio" fatto a tutta la gerarchia ecclesiale al di qua e al di là del Tevere. Uno "sgarbo" messo a segno dal direttore del giornale berlusconiano nel maldestro tentativo - commentano in Segreteria di Stato - di creare una sorta di spaccatura tra la Santa Sede e i vertici della Conferenza episcopale italiana, vale a dire gli editori di riferimento del quotidiano cattolico Avvenire, "colpevole" di aver sollevato dubbi ed interrogativi sulle vicende private del premier. "Uno sfregio ed uno sgarbo" che il primo a non mandare giù è proprio il più stretto collaboratore di papa Ratzinger, il cardinale segretario di Stato Bertone, in procinto di partire alla volta dell'Aquila dove, oltre a presiedere la Perdonanza celestiniana, in serata si sarebbe dovuto incontrare a cena proprio con Berlusconi. Una circostanza che - si apprende in Vaticano - il Segretario di Stato della Santa Sede non aveva gradito molto, ma che alla fine aveva deciso di accettare a malincuore "solo per una forma di rispetto verso le istituzioni italiane". E certamente anche per questo, lo stesso cardinale Bertone ieri aveva concesso una esclusiva intervista al quotidiano della Santa Sede, l'Osservatore Romano, dal titolo "Il progetto di Chiesa e di società di Benedetto XVI", dedicata alle novità del pontificato ratzingeriano e, soprattutto, al significato della sua partecipazione alle celebrazioni della Perdonanza celestiana, invitando, tra l'altro, uomini di Chiesa, rappresentanti delle istituzioni e mass media ad "un più profondo senso di responsabilità" nell'esercizio delle loro funzioni.

Consigli ed esortazioni - agli occhi di Bertone e dei suoi collaboratori - completamente vanificate dall'attacco di Feltri al direttore di Avvenire. Da qui la decisione - presa dal cardinale "senza indugi e con estrema decisione", giurano nel Palazzo Apostolico - di disdire l'incontro all'Aquila con Berlusconi con una "ferma" telefonata a Palazzo Chigi al sottosegretario Gianni Letta, che avrebbe tentato di convincere il porporato a fare marcia indietro, ma senza successo.

I primi ad accogliere con "un sospiro di sollievo" lo notizia sono stati gli uomini di Angelo Bagnasco, il cardinale presidente della Cei che, oltre ad essere proprietaria di Avvenire, nei giorni scorsi non ha risparmiato critiche all'operato di Berlusconi sia col segretario generale, il vescovo Mariano Crociata che con lo stesso Bagnasco. Alla Cei - si apprende in ambienti vicini ai vertici episcopali - hanno visto negli articoli del Giornale "un tentativo di colpire non solo Boffo, ma tutto il vertice della Chiesa italiana". Ed un incontro tra Bertone e Berlusconi, proprio nel giorno del grande attacco al direttore del quotidiano cattolico, sarebbe stato visto come una sorta di delegittimazione della stessa gerarchia ecclesiale italiana da parte del Vaticano. Non è stato così. Ed ora alla Cei - anche se nessuno lo dice apertamente - fanno capire che "tanta acqua dovrà passare sotto i ponti" se il premier vorrà riannodare i rapporti con i capi dell'episcopato italiano: specialmente se la direzione del quotidiano berlusconiano continuerà ad essere in mano a Vittorio Feltri.
 

 

Da Palermo sono saltate fuori TRE LETTERE DEL LATITANTE A CASA SUA PROVENZANO INDIRIZZATE A BERLUSCONI VIA CIANCIMINO, IL SINDACO MAFIOSO PASSATO A MIGLIOR VITA. Non si tratta di lettere di minaccia , MA DI RICHIESTE PRECISE DI COSA NOSTRA NEI CONFRONTI DEL FUTURO CAPO DI GOVERNO ITALIOTA. Da Milano il giudice RAIMONDO MESIANO sta per quantificare IN SOLDONI IL RISARCIMENTO CHE BERLUSCONI DEVE A DE BENEDETTI PER IL FURTO DELLA MONDADORI DEL 1990. Non è finita quì: " 

che cosa è Mediatrade? E’ una società controllata dal gruppo Berlusconi che, dal 1999, ha il compito di acquistare i diritti per la trasmissione dei programmi televisivi e cinematografici sulle reti Fininvest, diritti che vengono comprati soprattutto negli Stati Uniti, presso le Major di Hollywood , prima questi diritti li comprava per conto del gruppo una società maltese, la Ims e adesso, dal 99 in poi, li compra Mediatrade. Conseguentemente l’indagine Mediatrade è un filone separato che nasce dall’inchiesta sulla compravendita dei diritti televisivi. Abbiamo già spiegato altre volte come avveniva, secondo l’accusa, questa compravendita: se a comprare i film dalle case di produzione americane e i telefilm, le fiction e tutto il resto è direttamente la società Fininvest prima e Mediaset poi, si stabilisce il prezzo e è finita lì. Invece, secondo l’accusa, Fininvest e poi Mediaset che cosa ffacevano? Facevano comprare i film da società off shore nei paradisi fiscali, che erano controllate, ma solo occultamente, dal gruppo e quindi non risultavano del gruppo e allora i film, a ogni passaggio di proprietà, aumentavano di valore: un aumento fittizio che andava a creare una gigantesca provvista di fondi neri, che poi si fermava sulle varie società che, a catena, si passavano questi film. La prima comprava a dieci, la seconda a quindici, la terza a venti, la quarta a trenta, la quinta a quaranta e alla fine, quando arrivava al destinatario finale, l’utilizzatore finale lo potremmo sempre chiamare, valeva molto di più di quello che valeva in realtà e tutto il resto si era fermato sotto forma di fondi neri, in barba al fisco, in barba alla trasparenza dei bilanci per andare a alimentare questo grande polmone di fondi neri, di cui Berlusconi è considerato l’utilizzatore finale davvero, perché è imputato per appropriazione indebita, ossia per aver derubato le casse delle sue società, che sono per giunta in parte quotate in borsa, oltre a non averci pagato le tasse e aver falsificato i bilanci, sempre nell’ipotesi d’accusa.

Il filone d'inchiesta Mediatrade

Ebbene, di quest’indagine c’è uno stralcio, c’è un filone parallelo che riguarda appunto Mediatrade: Berlusconi sa di essere indagato fin dal 2007, quando i magistrati gli notificarono un avviso di proroga delle indagini, lui è sospettato, è iscritto nel registro degli indagati per concorso in appropriazione indebita, insieme a altri. Ossia un’altra volta è accusato di avere attinto a piene mani dalle casse delle sue società e questi sono fatti molto recenti, sono fatti che si riverberano sui bilanci del gruppo molto recenti, quindi sono difficili da fare cadere in prescrizione: prepariamoci a qualche altra legge ad personam .
In questo fascicolo si dice che ci sono in ballo 100 milioni di Euro, una bella sommetta: inizialmente sembrava che quei soldi se li fosse fregati il produttore egizio /americano Frank Agrama, che è un vecchio amico di Berlusconi, che è un produttore di film, che è un suo sodale e pareva essersi fregato questi soldi e averli depositati sui conti di una società di Hong Kong, insomma che avesse fatto la cresta dalle casse dal biscione. In realtà, secondo l’accusa della Procura di Milano, quelli non erano soldi rubati da Agrama: erano soldi che Agrama aveva messo da parte anche per conto di Berlusconi, ossia Agrama sarebbe niente altro che un socio occulto di Berlusconi che ha messo da parte un altro bel po’ di fondi neri e da qui l’accusa ai due di appropriazione indebita.
Inizialmente Berlusconi, insieme a Confalonieri e a altri sette imputati, era stato rinviato a giudizio - scrive Ferrarella su Il Corriere della Sera - con l’accusa di aver mascherato la formazione di ingenti fondi neri dirottati dalle casse della Fininvest e della Mediaset verso i conti esteri gestiti dai suoi fiduciari, che erano appunto quelle provviste di nero che nascevano dalla catena di Sant’Antonio delle varie società che si passavano l’una con l’altra i film e quindi di aver gonfiato i prezzi di quei film.
Nel 2008 è passata la legge Alfano e quel processo lì è stato congelato in attesa che la consulta si pronunci, sperando che non avvengano altre cenette intime tra i giudici della consulta e l’utilizzatore finale del Lodo Alfano.
Molte delle accuse, nel frattempo, in quel processo sono state falcidiate dalla prescrizione e, in parte, anche grazie alla legga ex Cirielli, che ha anticipato i termini della prescrizione, perché all’inizio, nel processo Mediaset, Berlusconi e i suoi coimputati erano accusati di appropriazione indebita per 276 milioni di dollari e frodi fiscali per un valore di 120 miliardi di lire, fino al 1999. Dopodiché, nella contestazione suppletiva, il magistrato, Pubblico Ministero De Pasquale, ha allungato il falso in bilancio fino al 2001, cioè ancora fuori dalla prescrizione, facendo arrivare delle carte proprio da quel processo stralcio, il processo Mediatrade, che è questa società controllata che, materialmente, ha il compito, per conto di Mediaset, di acquistare i film dalle Majors , o i diritti per trasmettere i film dalle majors . Questo è il fascicolo che preoccupa Berlusconi, sia perché i fatti sono molto recenti e quindi non saranno facili da mandare in prescrizione così rapidamente, sia perché in questo processo siamo nuovamente nel pieno dei fondi neri, dei paradisi fiscali che lui poi, nei vertici internazionali insieme al suo sodale Tremonti, dice di voler combattere per un ritorno all’etica nella finanza. Bene, Il Corriere parla di conti esteri nei paradisi fiscali dai nomi pittoreschi: c’è il conto Trattino, il conto Teleologico, il conto Litoraneo, il conto Sorzio, il conto Clock, il conto Pace etc. etc.. Questo è un processo che sta arrivando alla conclusione nella fase delle indagini e pare che la Procura, appunto, voglia depositare gli atti in attesa - così di solito avviene - di chiedere il rinvio a giudizio del Presidente del Consiglio, quindi questo sarebbe un altro processo che andrebbe a aggiungersi ai due congelati a Milano (MILLS E FONDI NERI FININVEST), senza dimenticare che ce ne è pure uno congelato a Roma: quello per la compravendita dei Senatori nel caso Saccà, che il G.I.P., interpretando il Lodo Alfano in maniera estensiva e considerando coperta anche la fase delle indagini dal Lodo Alfano, ha sospeso in fase di indagine, sempre in attesa che la Corte Costituzionale ci dica se il Lodo è legittimo oppure no.

La banca Harner

C’è invece l’altra inchiesta: un’altra inchiesta che, per il momento, almeno da quello che si sa non coinvolge Berlusconi personalmente, ma coinvolge la banca di riferimento di Berlusconi, della sua famiglia e dei suoi cari. La banca si chiama Harner, è nata come Finanziaria a metà degli anni 90 e poi è diventata una banca a tutti gli effetti, sta, come sede centrale, a Lugano e l’11 giugno scorso è stata perquisita dalla Guardia di Finanza, in seguito a un’indagine della Procura di Milano che è nata proprio dalla denuncia di alcuni ispettori della Banca d’Italia e l’indagine parla di riciclaggio di denaro sporco o sospetto. Ci sono molte ombre sulla filiale italiana milanese di questa Harner Bank, si parla di giochi di sponda milionari con, tanto per cambiare, paradisi fiscali: questo scrivono Malagutti e Biondani su L’Espresso. Gli ispettori della Banca d’Italia hanno sostenuto che, dai loro rilievi, non è possibile, in questo momento, risalire, individuare il reale beneficiario di queste triangolazioni con i conti esteri e le società off shore. Da 15 anni la Harner è la banca di fiducia di Berlusconi, lì avvengono operazioni fiduciarie, lì avvengono operazioni per investimenti, è la cassaforte che amministra una parte del patrimonio del nostro Presidente del Consiglio e della sua famiglia. Tant’è che il conto di gestione intestato a Silvio è il numero uno nella filiale italiana della Harner, è il cliente privilegiato e poi ci sono anche i conti dei suoi amici più stretti: per esempio, lì ha i suoi conti il fondatore della Mediolanum Ennio Doris, lì ha i suoi conti la famiglia Previti, lì ha i suoi conti Salvatore Sciascia, l’ex addetto ai servizi fiscali della Fininvest, poi condannato per corruzione della Guardia di Finanza e quindi promosso immediatamente in Parlamento e lì hanno parcheggiato un bel po’ di soldi tre Finanziarie tra quelle che controllano la Fininvest, che sono la Holding italiana 2, 8 e 5 e sono amministrate tutte e tre dai figli di primo letto Marina e Piersilvio. Naturalmente questa banca viene scelta perché garantisce la riservatezza assoluta, garantisce fondi di investimento alle Bahamas e in società lussemburghesi, ottimi rapporti con paradisi fiscali, di recente ha addirittura inaugurato, la Harner Bank, un ufficietto a Dubai, che è l’ultimo grido dell’off shore nel mondo. Sapete che l’off shore si sta spostando dal centro America ai paesi arabi proprio perché nel centro America da parte dei vertici internazionali, si è detto che i paesi devono chiudere le casseforti estere e quindi, invece di chiuderle, semplicemente le trasferiscono in posti più lontani, più esotici, più lontani dalle telecamere.
Uno dei fondatori di questa banca si chiama Paolo Del Bue, il quale è coimputato, insieme a Berlusconi e agli altri, nel processo sui fondi e sui film di Mediaset, è stato uno dei protagonisti della vicenda Mills, l’avvocato Mills è l’avvocato che aveva creato le società estere off shore del gruppo Fininvest, Del Bue è uno dei soci fondatori della Harner Bank. Ebbene, questa banca ha avuto diverse traversie, perché dopo alcune pressioni delle autorità di vigilanza Svizzere aveva nominato un nuovo Presidente di garanzia, un revisore dei conti, un certo Adriano Vassalli, poi nel 2008 sono successe altre cose: c’è stata l’ispezione della Banca d’Italia nella filiale italiana, dove si sono scoperte queste sospette operazioni di riciclaggio, è partita l’indagine alla Procura di Milano per riciclaggio e, nel frattempo, anche la Procura di Palermo si è interessata al direttore e altro socio fondatore della Harner, che si chiama Nicola Bravetti, che è stato arrestato dai magistrati antimafia di Palermo con l’accusa di aver intestato fittiziamente dei beni, aiutando così un imprenditore siciliano, un certo Francesco Zummo, a fare sparire delle somme notevoli, 13 milioni di Euro, alle Bahamas. Zummo era stato condannato in primo grado per associazione mafiosa, poi è stato assolto in appello dall’accusa di riciclaggio e insomma è accusato di essere un bel personaggino dai giri giusti in questa finanza torbida; è stato arrestato il direttore della filiale italiana della Harner, questo Nicola Bravetti, appunto, per avergli dato una mano a fare sparire un po’ di soldi e questa filiale italiana è proprio quella che ha, come cliente numero uno, Silvio Berlusconi e a seguire tutti i suoi cari e una parte della sua numerosa famiglia. I Pubblici Ministeri di Palermo sono riusciti addirittura a ottenere una risposta alle rogatorie dalle Bahamas, cosa che di solito non accade mai e quindi a fare sequestrare quei 13 milioni che Zummo, secondo l’accusa, avrebbe fatto sparire ai Caraibi con l’aiuto del direttore della filiale italiana della Harner Bank e adesso sta esaminando l’enorme documentazione che, dalle Bahamas, è arrivata a Palermo, a carico del banchiere e del suo sodale. La banca ha detto di non avere niente da nascondere e che Zummo, essendo stato assolto in appello dall’accusa di riciclaggio dopo una condanna in primo grado di cinque anni, questo fa cadere tutta l’accusa anche nei confronti di quello che l’ha aiutato, ma in realtà invece i magistrati rispondono che l’intestazione fittizia di beni è vietata indipendentemente dalle vicende penali del beneficiario di questa intestazione di beni. Insomma, abbiamo addirittura il nuovo governatore Draghi, il governatore della Banca d’Italia Draghi, che aveva designato al vertice della Harner Alessandro Maggiorelli, il quale adesso è finito anche lui sotto inchiesta per favoreggiamento in queste storie e in altre storie di riciclaggio, sempre da parte della Procura di Milano. Quindi una banca che ha i suoi vertici sotto osservazione di due Procure della Repubblica, Milano e Palermo, per storie di presunto riciclaggio, un cliente è Silvio Berlusconi, che evidentemente ha cominciato a dare - chissà come mai! - segni di nervosismo. Ne sapremo di più alla ripresa dell’attività giudiziaria ma, anche da questi fronti, possiamo capire per quale motivo il Cavaliere è così agitato. Passate parola."

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Un miliardo di euro di danni (a spese nostre?)

Molti chiedono: ma perché De Benedetti non l’ha richiesta indietro? E’ possibile che la Cassazione abbia condannato il giudice Metta per corruzione giudiziaria, gli Avvocati Previti, Pacifico e Acampora per averlo corrotto per conto di Berlusconi con soldi di Berlusconi per procacciare la Mondadori a Berlusconi e De Benedetti non chieda la Mondadori indietro? In realtà non è così semplice: non si può chiedere indietro la macchina rubata, anche perché nel frattempo la macchina ha cambiato fisionomia. Sicuramente si possono chiedere i danni e infatti De Benedetti, dopo che la Corte di Cassazione ha stabilito non solo che gli Avvocati di Berlusconi e il giudice Metta erano colpevoli di corruzione, ma la Corte di Cassazione ha anche stabilito - cito testualmente - “il diritto di De Benedetti a avere indietro, in separata causa civile, il danno emergente e il lucro cessante”. E’ evidente, il danno che ti hanno portato via la roba e, nello stesso tempo, il fatto che tu per anni non hai potuto introitare gli utili di un gruppo che sarebbe stato tuo, se quella sentenza non te l’avesse sottratto. “Sotto una molteplicità di profili relativi non solo ai costi di cessione della Mondadori, ma anche ai riflessi della vicenda sul mercato dei titoli azionari”. E’ ovvio che il gruppo Fininvest, avendo un colosso in più nel suo seno, ha potuto prosperare anche dopo la quotazione in borsa di Mediaset nel 1996 e invece De Benedetti, con la sua Finanziaria - la Cir -, si è visto portare via due gioiellini da niente: prima la Mondadori, anzi prima la Sme e poi la Mondadori, sempre per l’intervento di Berlusconi, più o meno pilotato da Craxi.
Questa causa civile è una causa della quale nessuno parla: ne ha parlato Rinaldo Gianola su L’Unità l’altro giorno e era, credo, il primo articolo dopo anni, per dire che la causa c’è e anzi, sta per andare in decisione; l’istruttoria è finita e il giudice monocratico Raimondo Mesiano, della Decima Sezione Civile del Tribunale di Milano, è in fase di decisione, sta decidendo. Sta decidendo su che cosa? Sul fatto che la Cir di De Benedetti, tramite gli Avvocati Elisabetta Rubini e Vincenzo Roppo, ha quantificato il danno che De Benedetti chiede indietro. Sono 468.000 e rotti Euro, che poi vanno naturalmente adeguati agli interessi e alla rivalutazione monetaria e che quindi ammontano a 1 miliardo di Euro, sono circa duemila miliardi di vecchie lire e questo De Benedetti chiede a Berlusconi, che non solo gli ha fregato la Mondadori, ma poi se la è tenuta e ci ha guadagnato per venti anni e continua a guadagnarci tutt’ora. La causa la Cir l’ha intentata solo alla Fininvest e non anche alle persone che, materialmente, hanno compravenduto la sentenza: perché? Perché sia Previti, sia Pacifico e sia Acampora e sia Metta risultano praticamente quasi nulla tenenti e quindi è inutile andare a cercare dei soldi, perché evidentemente o non li hanno o li hanno fatti sparire. Il problema è che poi c’è il comportamento di Metta, che era un giudice quando si è venduto la sentenza e quindi potrebbe doverne rispondere lo Stato del danno che Metta ha inferto al gruppo De Benedetti e lo Stato in questo momento è rappresentato da Berlusconi, conseguentemente è possibile che il governo Berlusconi sia chiamato, tramite il Ministero della Giustizia, a rifondere i danni che Metta ha provocato per essere stato pagato dal gruppo Berlusconi e questo è uno dei tanti aspetti paradossali della vicenda. Ma naturalmente, se per caso dovesse esserci una condanna del gruppo Fininvest a rifondere i danni a De Benedetti per la faccenda Mondadori beh, il gruppo Berlusconi ne avrebbe, a suo volta, un bel contraccolpo: già sono in difficoltà per la causa di divorzio di Veronica, che ogni settimana segna le novità che emergano sugli scandali di puttanopoli etc. etc. e, dall’altra, avrebbe pure questa mazzata, sempre nel caso che il gruppo venisse condannato, naturalmente." UN MILIARDO DI EURO PER UN GRUPPO, QUELLO FININVEST, SCAVALCATO NEL FATTURATO DA SKY DI MERDOCH -GRILLO DOCET- NONOSTANTE IL RADDOPPIO DELL'IVA AFFIBBIATOGLI DA TESTA D'ASFALTO:"i giudici hanno dovuto pronunciarsi anche sul ruolo che ha avuto Berlusconi in questa vicenda e abbiamo una sentenza definitiva della Corte d’Appello di Milano, che è stata confermata ormai tre anni fa (2006) dalla Corte di Cassazione, nella quale c’è scritto “Silvio Berlusconi, nei cui confronti è stata emessa sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, che ben poteva chiarire la causale del bonifico addebitato da conto non ufficiale del suo gruppo - i soldi che sono poi finiti al giudice Metta - dopo aver concordato la data del suo esame - cioè del suo interrogatorio - comunicava tramite i suoi legali la volontà di avvalersi della facoltà di non rispondere”. Quando gli fanno quelle domande lui non risponde mai, anche quando gli hanno chiesto da dove arrivassero i famosi soldi negli anni 70 e 80. 
“Il percorso del denaro dai vari conti Svizzeri”, scrivono i giudici, “costituisce un imponente quadro indiziario preciso, univoco e concordante, tale da assurgere a piena prova e consente di affermare che il giudice Metta ha venduto agli stessi intermediari-GRUPPO BERLUSCONI-, nello stesso periodo, anche la causa Mondadori", dopo essersi venduto pure la causa Imi-Sir, pochi mesi prima. Aggiungono poi, i giudici, che “ Berlusconi è, in questa vicenda, un privato corruttore” e quindi risponde non di corruzione giudiziaria, ma di corruzione semplice, sulla quale ha avuto la prescrizione per le attenuanti generiche, esattamente come Previti, Pacifico e Acampora, che però non hanno avuto le attenuanti generiche e quindi sono stati condannati. Scrivono i giudici “ l’attività degli estranei nella consegna del compenso illecito si sostituisce a una condotta che, altrimenti, sarebbe giocoforza posta in essere in via diretta dal privato interessato”, cioè da Berlusconi, quindi usava degli intermediari.
 " IN MEZZO A TUTTA QUESTA MERDA, GIOCO FORZA HA DOVUTO INIZIARE A TIRARE I REMI IN BARCA COL.....MILAN, CIOE' CON QUELLO CHE HA PESO ZERO NEI SUOI ASSET FAMILISTICO-SOCIETARI-CORRUTTORI-MAFIOSI, COME LA CONDANNA A MERCADANTE HA RIBADITO.

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17000000000000 DI EURO DI

 PERDITE CDO SOLO IN

 EUROPA....

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Non so voi, ma io sono preoccupato. C'è un numero che gira per l'Europa: 17.000 miliardi di euro di titoli tossici nelle banche. Dieci volte il debito pubblico italiano. Se è vero i sacchetti di sabbia alle finestre non basteranno. Bisognerà murarle. Lo psiconano ha prima negato la crisi, poi ha dato la colpa ai consumatori e infine ha accusato i media. Uno statista. Le aziende cadono come un castello di carte per mancanza di commesse e di liquidità. La soluzione per Testa d'Asfalto è di nazionalizzare le banche, ovvero metterle sotto il suo controllo. Dopo le sue farneticazioni i titoli bancari sono crollati. Gli azionisti delle banche ringraziano, in particolare quelli di Unicredit. Per fortuna che Silvio c'è.

 

"Quale Paese fallirà per primo?"
l'Italia in cima alle scommesse

di VITTORIA PULEDDA


MILANO - Con l'ingegneria finanziaria si può fare quasi tutto, anche scommettere su quante probabilità ha un paese di fallire. E l'Italia, secondo alcuni parametri, ne ha una piuttosto alta. Ma partiamo dall'inizio, dalla scommessa che implicitamente fanno gli investitori che acquisteranno i prodotti strutturati proposti Jp Morgan, chiamati appunto "First to default basket" a tre anni.

Il meccanismo è complesso, ma la logica tutto sommato è semplice: il prodotto è, nella sostanza, un'obbligazione con una sua cedola trimestrale, che paga gli interessi a meno che uno degli otto paesi compreso nell'elenco - nel basket, appunto - fallisca (vada in default). Basta che un solo paesi salti, e da quel momento in poi tutto quello che l'investitore porterà a casa sarà limitato a quanto si riesce a prendere dalla procedura post default; un po' come è successo con i bond argentini. Il paese più a rischio all'interno del basket proposto da Jp Morgan è l'Italia.
Il termometro che misura la febbre dei potenziali fallimenti si chiama Cds, Credit default swap: è una sorta di premio di assicurazione, quindi più si paga e più il rischio è alto (più è probabile che davvero un paese fallisca). Ebbene, il Cds dell'Italia - all'interno di questo paniere - è stato fissato a quota 130 mentre il paese più virtuoso, l'Olanda, ha una "febbre" solo di 60, meno della metà dell'Italia.

Il peggior indicatore del rischio-paese è dunque dell'Italia, ma fuori dal paniere scelto da Jp Morgan almeno altri due stanno decisamente peggio: la Grecia e l'Irlanda. Rispetto al Cds a tre anni, Atene infatti ha un grado di rischio di 263 e Dublino di 358. Se poi ci spostiamo sulla durata dei cinque anni (molto più "popolare" per questo tipo di strumenti) il grafico della febbre mostra sempre due ammalati gravissimi, l'Irlanda e la Grecia, mentre al terzo posto troviamo l'Austria - con una "temperatura" di 255 - ma poi si arriva inevitabilmente all'Italia, con un 191. La Spagna invece viene fotografata a quota 140, il Portogallo a 130, la Francia a 88 e la Germania a 86.

 

L'Est spaventa le banche: a partire da Unicredit CROLLATA A 0,80 CENTESIMI PER AZIONE

pubblicato: martedì 17 febbraio 2009 da riva in: Banche Azioni Italia Unicredito

Unicredit mercato finanza azioni banche borsa

La debacle borsistica delle banche promossa dal report di Moody’s ha l’effetto di un boomerang. La terra promessa dei paesi dell’Est europeo ha infatti negli ultimi anni attirato capitali ingenti dall’Europa e dagli Stati Uniti e oggi, tramite un report di Moody’s che lancia l’allarme valute dell’Est, rischia di penalizzare proprio gli investitori stranieri e in primis le banche. L’effetto sulle contrattazioni di oggi è deflagrante in tutto il globo. Una prima fuga degli investitori spaventati dalle turbolenze dei mercati in realtà si era già avuta fin dal fallimento di Lehman Brothers, ma le svalutazioni pesanti di molte valute dei paesi a Oriente della vecchia cortina di ferro hanno spinto Moody’s (ma l’agenzia di rating non è la prima a paventare un pericolo per gli investitori stranieri) a lanciare l’allarme. Il crollo delle valute extraeuropee può rappresentare un pericolo per diverse banche europee come Deutsche Bank e Societe Generale, ma anche per istituti italiani come Unicredit e Intesa Sanpaolo. Dati precisi sul reale peso delle attività estere di Unicredit sono desumibili dall’ultima relazione trimestrale che, essendo aggiornata alla fine dello scorso settembre, rappresenta però un quadro probabilmente ottimistico della situazione. Da allora il quadro macroeconomico è ulteriormente peggiorato e anche le divise extraeuropee in molti casi si sono deprezzate ulteriormente nei confronti dell’euro.A quella data Unicredit ricavava da Croazia, Russia, Ucraina messe insieme circa 433 milioni di euro su un utile complessivo di 1,79 miliardi di euro (dati sui nove mesi). Circa un quarto degli utili della banca di Piazza Cordusio derivava dunque a quella data dai quattro paesi che hanno visto la propria moneta svalutarsi pericolosamente negli ultimi mesi (da 7,10 a 7,4 la Euro/Kuna croata e da 36 a 45,5 il Euro/Rublo russo da settembre a oggi per esempio ). Un’altro mercato a rischio rimane anche quello della Turchia in cui Unicredit macina ben 251 milioni di euro (primi nove mesi del 2008). Proprio Ucraina e Turchia sono tra i paesi che hanno in corso delle trattative con il Fondo Monetario Internazionale per dei soccorsi alle proprie economie.Le situazioni di altri paesi dove Unicredit è presente non destano minori preoccupazioni: pensiamo alla Russia (167 milioni di euro nei primi nove mesi), che ha sempre più bisogno dell’aiuto straniero a causa del deprezzamento vertiginoso del petrolio e di una crisi finanziaria che ha visto crollare il rublo e decimarsi gli investimenti stranieri, e a mercati relativamente secondari come la Repubblica ceca o la Lituania, anch’essi debitori a rischio.Situazioni per niente migliori sono quelle della controllate polacche Bank Pekao (quasi 993 milioni di euro di utili nei primi nove mesi del 2008 e attività per 127 miliardi di zloty polacchi pari oggi a 26 miliardi di euro circa) né la situazione critica dell’Ungheria, dove tramite HVB Unicredit serve oltre 230 mila clienti), appare più consolante. Il fiorino Ungherese è infatti precipato (cambio Euro/fiorino) passando da 245 circa dello scorso settembre a oltre 300 e costringendo, lo stato magiaro a chiedere un maxiprestito da oltre 20 miliardi di euro a Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale.Ovviamente non c’è da aspettarsi una cancellazione degli utili di Unicredit in tutti questi paesi (una riduzione senz’altro), più che altro bisognerà stare molto attenti alla qualità del credito e alla tenuta delle attività. Soltanto in Russia Unicredit ha impieghi per circa 10,5 miliardi di euro che sono adesso probabilmente a forte rischio (a fronte di depositi, sempre sui nove mesi 2008, di 7,29 miliardi). In Croazia a fine settembre i depositi erano a 8,5 miliardi contro impieghi da 8,1 miliardi di euro. Certo lo scorso autunno complessivamente i prestiti concessi da tutta Unicredit erano di 184,5 miliardi di euro a fronte di 197 miliardi di euro di depositi e in gran parte queste attività e passività erano in Italia o in mercati dell’Eurozona (cosa non necessariamente rassicurante), ma bisogna anche considerare che non è affatto detto che all’estero il risparmio (e quindi i depositi) si mantenga solido, anzi. Una compressione di attività e utili è dunque sicuramente da preventivare, una svalutazione di asset con conseguente necessità di reintegro del capitale di vigilanza pure. Ancora una volta si profila il problema maggiore per ogni banca: quello delle tensioni nella gestione della tesoreria e della liquidità. Il mercato sconta ampiamente durante la seduta odierna questa evenienza (anche negli States), forse non resta che incrociare le dita in vista dei dati consuntivi del 2008.

Gm sull'orlo del fallimento
Il titolo affonda in borsa

Nota alla Sec: «Dubbi sostanziali sulla nostra capacità di garantire la continuità aziendale»

La Gm è in grave difficoltà (Ap)
La Gm è in grave difficoltà (Ap)

DETROIT (USA) - General Motors è sull'orlo del fallimento. Il colosso Usa dell'auto mette una seria ipoteca sul suo futuro e parla di «dubbi sostanziali» sul «going concern» dell'azienda, cioè sulla capacità del gruppo di garantire la sua «continuità». Gm, in una nota alla Sec, la Consob Usa, mette nero su bianco la possibilità di avviare la procedura di bancarotta, ricorrerendo al Capitolo 11, la legge Usa che garantisce la protezione dai creditori, nel caso in cui non sia possibile riorganizzare le sue attività e finanziare i debiti. LA NOTA - «La nostra società indipendente di revisione contabile - recita il documento della Gm - ha presentato un parere sui nostri bilanci consolidati dove attesta che gli stessi bilanci sono stati preparati sulla base del presupposto della nostra continuità aziendale», ma «indica inoltre che le nostre continue perdite operative, il depauperamento del capitale e l'incapacità di generare sufficiente flusso di cassa per far fronte ai nostri obblighi sollevano dubbi sostanziali sulla nostra capacità di garantire la continuità aziendale». «Se non riusciremo ad applicare con successo il nostro piano di rilancio, potremmo non essere in grado di garantire la continuità aziendale e potremmo essere costretti a chiedere la protezione dai creditori in base al codice fallimentare americano». Il piano prevede che le vendite continuino a calare nel 2009, ma che tornino a crescere nel 2010. QUOTAZIONI - E le dichiarazioni Gm alla provocano problemi in Borsa al titolo cede il 15,36% a 1,87 dollari. Nel rapporto annuale inviato alla Sec, la Consob americana, Gm osserva come le azioni ordinarie potrebbero essere delistate dal New York Stock Exchange. «Attualmente sono quotate al Nyse. Potremmo però non essere in grado di rispettare i requisiti per la quotazione, e questo potrebbe portare a un delisting dei titoli ordinari. Il Nyse richiede, fra le altre cose, che il prezzo minimo dei nostri titoli ordinari sia almeno di 1,00 dollaro per almeno 30 giorni consecutivi di trading. Se non dovessimo riuscire a soddisfare questo requisito nei sei mesi successivi a ogni eventuale segnalazione del Nyse sul prezzo minimo delle ordinarie, i titoli potrebbero essere delistati», con «effetti avversi» sulla liquidità. «Il delisting potrebbe rendere più difficile per noi raccogliere capitale».

Quei barili di petrolio in giro per il mondo

Centinaia di superpetroliere non scaricano più il loro carico in attesa che il prezzo del greggio torni a salire

WASHINGTON (USA) - Mentre l’Italia e buona parte dell’Europa rischiano di rimanere senza il gas e il petrolio russi a causa delle vertenze tra il Cremino e l’Ucraina, circa 35 superpetroliere e altre petroliere più piccole con oltre 80 milioni di barili di greggio a bordo si aggirano dallo Oceano indiano al Golfo del Messico senza attraccare mai, o stanno all’ancora senza scaricarlo. Sono in attesa che il prezzo del petrolio, precipitato in un anno da quasi 150 dollari a meno di 40 dollari al barile, torni ad aumentare.

FLOTTA - Ma la flotta fantasma, che a volte rischia l’attacco dei pirati, come accadde giorni fa alla petroliera saudita in Somalia, è solo la punta dell’iceberg.

Petroliere a Singapore (Reuters)

Petroliere a Singapore (Reuters)

Col calo dei consumi di greggio causato dalla prima crisi economica globale, è scattata la corsa allo stoccaggio, nella speranza di futuri colossali profitti: complessivamente, ben 327 milioni di barili di greggio giacciono inutilizzati in tutto il mondo, in particolare negli Stati uniti. Ad attirare l’attenzione sulle manovre delle nazioni e compagnie petrolifere sono stati il giornale International Herald tribune e l’agenzia Bloomberg. Stando al primo, il Paese che tiene le maggiori quantità di greggio ferme nelle sue petroliere, almeno 15, sarebbe l’Iran. E stando al secondo, tra le “sorelle” del petrolio che fanno la stessa cosa si troverebbe la Royal Dutch Shell, che disporrebbe di due superpetroliere, la Leander e la Eliza. L’International Herald tribune ha citato Adam Sieminski, un esperto della Deutsche bank, secondo cui lo stoccaggio costerebbe circa 10 dollari all’anno al barile: se nel frattempo il prezzo del barile salisse da 40 a 60 dollari, ha notato l’esperto, l’attesa frutterebbe enormi profitti. L’agenzia Bloomberg ha fatto un calcolo analogo: con una spesa di 1,12 dollari al barile si può tenere una superpetroliera in giro sugli oceani per un mese, e guadagnarci molto. Manovre del genere non sono nuove, la novità sta nel crescente ricorso alle superpetroliere, anche da parte di grandi banche e altre intermediarie: la Bloomberg fa i nomi di Citigroup e della Morgan Stanley, a esempio. E grazie ai tagli apportati alla produzione del greggio dai signori del petrolio è possibile che siano coronate da successo. Ma è una speculazione che minaccia di danneggiare l’economia, dalle fabbriche ai trasporti, e i cittadini, e ritardare la ripresa globale. Non a caso Daniel Yergin, forse il massimo esperto americano, chiede che il prezzo del petrolio venga stabilizzato al più presto. E il presidente eletto Obama si impegna allo sviluppo di fonti alternative di energia, in modo da liberare l’America dalla schiavitù del greggio straniero.

Berlino, 6 gen.2009  - E' morto suicida il miliardario tedesco Adolfo Merkel, 74 anni, ritrovato lungo i binari ferroviari dopo essere stato travolto da un treno. La conferma e' venuta dalla famiglia di Merkel, a capo di uno dei patrimoni piu' consistenti del mondo, ma negli ultimi tempi vittima di una grave crisi finanziaria che lo aveva costretto ad aprire serrate trattative con le banche per evitare il fallimento.

La Federal Reserve azzera i tassi

Lascia un margine di oscillazione tra lo zero e lo 0,25%. Wall Street risponde subito al rialzo

Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve (Reuters)
Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve (Reuters)

WASHINGTON - La Federal Reserve con una mossa a sorpresa ha deciso di abbassare il costo del denaro ai minimi di sempre, in una forchetta compresa fra lo zero e lo 0,25%, a seconda delle necessità che si presenteranno. La banca centrale americana ha così evitato una riduzione secca dei tassi, come avvenuto finora, preferendo una soluzione flessibile che le consentirà di agire a seconda delle circostanze. Gli analisti si aspettavano una diminuzione dello 0,5-0,75% dall'1%, quota precedente dei tassi della Fed (a settembre 2007 si trovavano al 5,25%), che ha inoltre portato il tasso di sconto allo 0,5%.

 

UNANIMITÀ - La decisione è stata presa all'unanimità, ha reso noto un comunicato della Fed. La Fed «userà tutti gli strumenti disponibili» per rilanciare la crescita economica. La decisione della riserva federale ha come obiettivo quello di combattere la recessione in atto, portando i tassi a un «livello eccezionalmente basso» per un certo periodo cercando di contrastare rapidamente la pressione dei prezzi. La Fed fa poi che assumerà altre iniziative di carattere non convenzionale per stimolare i prestiti e l'attività economica, come l'acquisto su larga scala di titoli legati al settore immobiliare. L'istituto sta ancora valutando la possibilità di acquistare titoli del Tesoro a lungo termine (misura presa solo tra il 1942 e il 1951). «Dall'ultimo incontro le condizioni del mercato del lavoro sono deteriorate e i dati disponibili sui consumi, gli investimenti e la produzione industriale sono calati», spiega un comunicato della Fed. «I mercati finanziari restano in tensione e le condizioni del credito si sono ristrette. Complessivamente le prospettive per l'attività economica si sono ulteriormente indebolite. Allo stesso tempo le pressioni inflazionistiche sono diminuite in modo apprezzabile. Alla luce del calo dei prezzi dell'energia e delle commodity e delle deboli prospettive economiche, le aspettative di inflazione si modereranno nei prossimi mesi»

WALL STREET - Pochi minuti dopo la decisione della Fed, i listini di Wall Street registrano un andamento in forte rialzo. Il Dow Jones si è portato a +2,80%, mentre il Nasdaq sale del 3,60%.

L'EURO SI IMPENNA - L' euro sale fino a 1,3986 dollari come conseguenza della mossa della Fed, balzando di tre centesimi sopra il fixing della Banca centrale europea che nel primo pomeriggio era stato fissato a 1,3690.

PETROLIO - Il petrolio ha chiuso in ribasso dell'1,7% a 43,74 dollari al barile.

Iraq, Bush a sorpresa a Bagdad
"La guerra non è ancora finita"
Visita a sorpresa CON SCARPATE ADDOSSO DEL PISTOLA USCENTE.... probabilmente l'ultima da presidente degli Stati Uniti, di George Bush in Iraq. In tempo per dire che la guerra non è finita e per beccarsi un inedito lancio di scarpe (senza conseguenze) da un inferocito giornalista iracheno.

GUARDA LE IMMAGINI Iraq, Bush a sorpresa a Bagdad "La guerra non è ancora finita"

GUARDA IL VIDEO ,il presidente fantoccio irakeno tenta di riparare il "povero" Bush dalla seconda scarpata in arrivo.....

In Iraq, "la guerra non è ancora finita" ha spiegato Bush al premier iracheno Nuri al-Maliki e ai giornalisti presenti. Il messaggio sembra però in realtà rivolto al suo successore Barack Obama, l'uomo che ha fatto del ritiro delle truppe Usa dall'Iraq una delle priorità in campagna elettorale.
Il blitz di Bush a Baghdad, rimasto segreto fino al momento dell'atterraggio dell'AirForceOne, l'aereo presidenziale, non è stato solo sorrisi e strette di mano con i dignitari di Baghdad, tra cui il presidente Jalal Talabani, che lo ha accolto nel suo palazzo.
In una breve conferenza stampa nell'ufficio di Maliki, subito dopo la firma di un accordo bilaterale, raggiunto dopo mesi di negoziati e che prevede il ritiro del grosso delle truppe Usa entro il 2011, un giornalista iracheno ha tentato di colpire Bush lanciandogli le scarpe. Non c'è riuscito, anche grazie alla prontissima schivata del presidente Usa (davvero riflessi eccezionali per un uomo della sua età) ed è stato immediatamente portato via dagli agenti della sicurezza.
In Iraq "c'è ancora lavoro da fare - ha spiegato Bush - La guerra non è finita, ma grazie a questi accordi, grazie al coraggio del popolo e dei soldati iracheni, dei militari e del personale civile americano, siamo decisamente avviati sulla via della vittoria".
Come aveva annunciato ai primi di dicembre, il presidente eletto Obama intende ritirare le truppe dall'Iraq, prevedendo operazioni della durata di 16 mesi, ma dicendosi pronto ad ascoltare i militari se ci saranno cambiamenti.
Il viaggio a sorpresa di oggi è stato preparato nella massima segretezza, con Bush che aveva promesso di partecipare, questa sera, al concerto di Natale di un complesso rock cristiano, i Casting Crowns.
L'AirForceOne è uscito dal suo mega-hangar della base militare di Andrews, nel Maryland, ed è decollato quasi immediatamente. Ai giornalisti a bordo sono stati tolti telefonini e iPod, poi restituiti a metà viaggio.

Per Bush si è trattato del quarto viaggio a Bagdad e probabilmente l'ultimo, visto che il 20 gennaio scadrà il suo secondo mandato presidenziale.
L'incidente della scarpa è stato piuttosto curioso. L'uomo, un cronista iracheno, ha chiamato il presidente "cane", prima di lanciargli, in rapida successione, le scarpe. Gli agenti della sicurezza irachena e del Servizio segreto Usa sono immediatamente intervenuti, portando il giornalista fuori dalla stanza.
Secondo i presenti, il giornalista, che si trovava in terza fila, ha urlato contro Bush "è il bacio dell'addio, sei un cane". Maliki ha tentato di proteggere il presidente, anche se in realtà non ce n'è stato bisogno perché Bush si è chinato con grande prontezza e la prima scarpa (lanciata con molta forza) gli è passata sopra la testa. E anche la seconda lo ha mancato.
Il giornalista si chiama Muntazer al-Zaidi e lavora per la rete tv sunnita e antiamericana al-Bagdadia che trasmette dal Cairo, in Egitto. Dopo avere insultato Bush lo ha accusato di essere "responsabile per la morte di migliaia di iracheni".
Bush ha prima sorriso, spiegando che le scarpe erano di taglia 10 (cioè 44) ma è poi tornato serio quando ha visto che l'incidente aveva mobilitato diversi agenti. Vari giornalisti iracheni si sono alzati per scusarsi con il presidente, che li ha ringraziati.

Ad un giornalista Usa, Bush ha spiegato di non essersi mai sentito "minacciato", limitandosi a definire l'incidente "un modo di attirare l'attenzione".

 

 

 
 
 

 

 

 

 

 

Il Giappone entra in recessione tecnica
I titoli bancari trascinano giù l'Europa,17 novembre 2008
 

MILANO - Il Giappone è ufficialmente in recessione e le Borse ne risentono negativamente trascinate giù dai titoli bancari. Milano apre piatta per poi arrivare fino a -3%, le altre Borse europee hanno aperto in ribasso, per poi girare in positivo e tornare con il segno meno in tarda mattinata (-2-3%). Forti vendite su tutti i titoli bancari: Dexia -11%, Hbos e Lloyds -10,6%, Santander e Bnp Paribas (-6%).

TONFI UNICREDIT E PARMALAT - Anche a Piazza Affari le banche che frenano il tentato recupero. Unicredit in pochi minuti è scesa da -5% a -9,5%. Calano inoltre Mps (-5,4%), Banco Popolare (-6%), Intesa Sanpaolo (-4%). Tonfi in avvio per Parmalat (-5%) e Safilo (-14%).

WALL STREET - Apertura in calo anche a Wall Street, dove l'indice Dow Jones ha iniziato con -1,64% e il Nasdaq con -1,45%.

 

Tokyo (Afp)

Tokyo (Afp)

TOKYO IN RECESSIONE - In Giappone il Pil di luglio-settembre ha segnato, per il secondo trimestre consecutivo, una contrazione dello 0,4% su base annua. Il Giappone, seconda economia mondiale, è quindi ufficialmente entrato in recessione per la prima volta dal 2001. La Borsa di Tokyo ha chiuso gli scambi in rialzo a +0,71%, dopo una seduta altamente volatile che ha visto l'indice toccare il -3%. In Asia andamento delle Borse negativo, ma a fine seduta i listini riprendono quota, seppur frenati.

 

GREGGIO A 55 DOLLARI - Petrolio in calo sul mercato elettronico after hours di New York. Il greggio con consegna a dicembre, spinto al ribasso dalla recessione giapponese, è sceso fino a 55,60 dollari al barile (-2,5%).

EURO - Avvio di seduta in calo per l'euro nei confronti del dollaro, ma dopo risale sino a 1,27 per assestarsi a 1,2650.

CITIGROUP - Intanto la banca statunitense Citigroup ha ufficializzato la decisione di eliminare altri 50.000 posti di lavoro, pari al 14% del totale dell'organico del gruppo, e un piano per ridurre i costi del 20%. La società ha annunciato i provvedimenti sul suo sito web, confermando così le indiscrezioni diffuse dall'emittente CNBC. Il numero uno di Citigroup, Vikram Pandit, presenterà oggi ai dipendenti il piano di riduzione del personale e dei costi.

Borse, un altro forte calo
con le banche battistrada

Primi scambi in rialzo, poi gli operatori interpretano come un segnale d'allarme una dichiarazione del segretario al Tesoro Usa. Wall Street cede, l'Europa chiude sui minimi. Il Mibtel -2,24%
di LUCA PAGNI

Borse, un altro forte calo con le banche battistrada


MILANO - Ci hanno provato, ma il tentativo non è andato a buon fine. Anzi: le Borse europee - che pure avevano iniziato la seduta odierna in deciso rialzo - hanno dovuto archiviare una nuova seduta in pesante perdita.
A congelare le speranze dei mercati di riprendersi dopo la bastosta di martedì ci ha pensato il segretario al Tesoro statunitense: l'ex manager di Goldman Sachs, Hank Paulson, ha confermato l'intenzione di usare i 700 miliardi di dollari del fondo votato dal Parlamento per rafforzare direttamente il capitale delle banche e di non comprare asset tossici degli istituti. Paulson ha aggiunto che il Tesoro sta valutando aiuti anche ai gruppi non bancari.
Nelle sale operative, il suo intervento è stato subito letto come un ulteriore segnale negativo sullo stato di salute di altri comparti industriali, che non potrà non influenzare i bilanci di fine anno e quindi le quotazioni di Borsa. Immediate sono scattate le vendite che hanno colpito tutte le piazze del vecchio Continente: in chiusura ribassi superiori al 3% a Parigi, Zurigo e Amsterdam. Francoforte ha accusato un calo del 2,96%, Madrid e Londra hanno limitato i danni con un calo del 2,25%.
Piazza Affari non è stata da meno: l'indice Mibtel ha perso il 2,25%, mentre lo S&P's/Mib il 2,33%. Nel complesso, guardando soltanto ai titoli principali, l'Europa ha bruciato altri 165 miliardi di euro di capitalizzazione, che si aggiungono ai 205 volatilizzati nella seduta di ieri. Le parole del segretario al Tesoro Paulson, del resto, hanno influenzato anche le quotazioni del petrolio: sul mercato di New York, il barile Wti con consegna a dicembre è sceso fino a quota 56,41 dollari, mentre a Londra il Brent è arrivato a 52,8 euro.
A Piazza Affari sotto pressione anche oggi i titoli bancari, ad eccezione di Unicredit (+0,65%), che ha diffuso dati trimestrali migliori delle attese degli analisti, escludendo nuovi aumenti di capitale. Sotto tensione Intesa Sanpaolo (-6,86%), reduce dallo scivolone della vigilia (-16,86%) dopo i dati dei 9 mesi. Giù anche Bpm (-5,58%), mentre i dati dei primi 9 mesi hanno pesato su Fondiaria-Sai (-4,71% a 16 euro), nonostante l'annuncio dell'ad Fausto Marchionni secondo il quale il dividendo "sarà cash e competitivo con qualsiasi altro investimento sul mercato".

In rosso anche i titoli dell'energia, con Eni (-3,24%), Enel (-2,64%) e Saipem (-2,92%). In controtendenza A2a (+1,06% a 1,52 euro), mentre Edison è sprofondata (-7,81% a a 1,12 euro) dopo i dati. Non si arresta la corsa al ribasso di Fiat; oggi ha ceduto un altro 3,99 % a quota 5,65 euro, in linea con il calo dei rivali in Europa. Giù anche Pirelli (-2,33% a 0,29 euro), Pininfarina (-6,85% a 3,77 euro) e Brembo (-3,42% a 5,64 euro). Pochi i rialzi: tra questi Tenaris (+3,97%), Atlantia (+1,11%) tra le blue chip. Bene anche Rcs (+2,37%), Cir (+4,34%) e Astaldi (+3,25%), dopo i dati trimestrali.

(12 novembre 2008)

VERSO LA DEFLAZIONE

Calano i tassi sulle obbligazioni
in attesa del G20 a Washington

di Michele Spallino*

Da oggi una nuova rubrica a cura di Michele Spallino farà settimanalmente il punto della situazione dei mercati finanziari

MATERIE PRIME: il paradosso del petrolio
Il petrolio , dopo aver tentato ad inizio settimana di risalire verso quota 70 in scia alla borsa, è ripiombato a nuovi minimi, ed ormai punta verso quota 50. Assieme a lui sempre venduto il rame, mentre hanno tenuto i preziosi, con lievi incrementi per oro argento e platino. Il Baltic Index, che misura il costo del trasporto navale delle materie prime ha fatto nuovi minimi scendendo sotto quota mille (era oltre 11 mila a luglio). Gli ordini di navi sono crollati del 90% anticipando la grande recessione e risentendo del blocco dei finanziamenti. L'India ha abbassato i tassi per la seconda volta in due settimane, e la Cina ha allentato alcune restrizioni creditizie. I cinesi hanno anche dichiarato che tramite il Fondo monetario internazionale forniranno liquidità ai paesi che ne faranno richiesta. La crisi e il forte rallentamento cinese stanno colpendo Hong kong, dove le vendite al dettaglio, le vendite immobiliari e gli indici manifatturieri sono tutti in pcchiata.
In questo contesto, non ci si può meravigliare che la speculazione si accanisca al ribasso sulle materie prime, segnatamente sul petolio. Ma vi saranno effetti paradossali. E' vero infatti che il calo del prezzo del petrolio riduce l'inflazione e libera del potere d'acquisto a favore dei consumatori, ma in questo clima, dato l'elevato indebitamento, non si tradurrà in maggiori consumi; invece, ci sarà un netto calo degli introiti dei paesi produttori i quali finora erano stati i principali finanziatori del debito pubbico dei paesi sviluppati (il famoso riciclaggio dei petrodollari). Ne consegue che proprio mentre aumenterà enormemente tale debito, a causa del ridursi delle entrate fiscali (tra cui quelle sul petrolio) e dell'espandersi della spesa pubbica dovuti alla recessione, diminuirà fortemente il finanziamento estero dello stesso, e ciò provocherà un aumento del costo. I governi chiederanno allora alle banche centrali di monetizzare il debito, vale a dire di sottoscriverlo con nuova moneta. Per cui delle due l'una : o si innescherà il caos da fuga dai titoli pubblici, o si innescherà una nuova grande ondata inflazionistica.
Si conclude con : petrolio a 61(dicembre) gas naturale a 7(gennaio) oro a 734(dicembre) argento a 9,9(dicembre) platino a 852(gennaio) palladio a 224(dicembre) rame a 170(dicembre).

CAMBI: volumi in calo
L'indice generale del dollaro è variato di poco concludendo a 85,9.Sono lievemente salite le valute commodities (canada, australia, nuova zelanda), sostanzialmente fermi lo yen e l'euro, hanno perso ancora valore alcuni emergenti(sudafrica, sud corea, valute dell'est europa), ed hanno perso -dopo il loro calo dei tassi superiore alle attese- sterlina e franco svizzero.
Il taglio dei tassi della BCE e l'aumento della disoccupazione americana hanno avuto nel complesso poco effetto sull'eurodollaro perchè entrambi attesi, e il cambio conclude a 1,275 come sette giorni prima. Inizialmente l'euro era salito dopo l'annuncio del taglio da mezzo punto perchè molti si aspettavano 75 cts. o anche più (sullo stile inglese). Poi però, pur avendo Trichet fatto capire che a dicembre si taglierà ancora, l'euro è stato rimandato giù sulla considerazione che la "manina corta" della BCE danneggia le prospettive di crescita economica europea rispetto agli USA e alle altre principali valute.
Il che dimostra quanto sia cambiata la logica imperante: dagli acquisti sulle valute a tassi più alti che regnavano fino a poco tempo fa, agli attuali acquisti sulle valute che li abbassano di più. Il dollaro beneficia inoltre dell'idea che rappresenti (con i bonds americani) un bene rifugio in questa fase di altissimo rischio sistemico, come mostra la volatilità che resta vicina ai massimi anche se le quotazioni hanno fluttuato in un range più contenuto: per l'indice del dollaro negli ultimi 10 giorni l'ampiezza media delle futtuazioni è stata di 290 punti base contro i 77 di inizio settembre e i 106 di metà ottobre. E questo livello di volatilità non riguarda solo il dollaro, bensì tutte le valute. La conseguenza è stata che i volumi sul mercato dei cambi sono scesi notevolmente, segno che l'abnorme volatilità degli ultimi tempi ha spinto molti partecipanti ad astenersi dalle contrattazioni. Pertanto è possibile che si resti nel range 1.2300-1.3300 per il prossimo periodo, il che conforta l'interpretazione di un ciclo ribassista terminato a 1.2320 seguito adesso da un periodo di consolidamento in attesa di imboccare una nuova direzione.

OBBLIGAZIONI: tassi in picchiata
E' stata la settimana dei gran tagli dei tassi ufficiali, con lo spettacolare ribasso degli inglesi (-150 cts.) seguito dal -0,75 cts. degli australiani, e dal -0,50 cts. di europei, svizzeri e danesi.
Negli USA i futures sul tasso a tre mesi scadenza dicembre 2009 quotano il 2,45% (-40 cts. rispetto a 7 giorni fa), il libor a tre mesi è crollato al 2,29%(-72 cts.) e ad un anno al 2,8%(-37 cts.); i bot a 3 mesi allo 0,28%(-16 cts.). I rendimenti dei bonds a 2 anni a 1,33%(-24 cts.); a 5 anni al 2,56%(-28 cts.); il decennale al 3,78% (-19 cts); a 30 anni al 4,27%(-9 cts.).
L'interbancario quindi ha finalmente mollato, in un contesto in cui i rendimenti obbligazionari hanno virato al ribasso su tutte le scadenze, dimostrando che il focus è sempre più recessivo - per cui si amplia il differenziale tra 2 e 10 anni a 245 (+8 cts). Scendono anche i tassi sui mutui a tasso fisso trentennali (-26 cts. al 6,4%) e quindicennali(-31 cts. al 5,88%) e anche quelli a tasso variabile ad un anno (-13 cts. al 5,25%). Scendono i differenziali dei titoli ipotecari rispetto ai titoli di stato (+177 cts. sul decennale). In aumento invece i differenziali sui titoli delle imprese a +221 cts. per quelle primarie, a +949 cts. per quelle considerate "spazzatura".
Sale lievemente il rendimento del decennale giapponese (1,51%), mentre sono rimasti fermi i rendimenti sugli obbligazionari dei paesi emergenti, con l'eccezione dei bond brasiliani(-42 cts.) al 8,13% sul decennale (messicani fermi al 7,59%.).
In Europa i tassi euribor non hanno dato analoghi segnali di miglioramento, limitandosi a recepire solo parzialmente il calo dei tassi ufficiali: ad un mese al 4,13%(-35 cts.) a tre mesi al 4,53%(-30 cts.) ad un anno al 4,60%(-35 cts.). Nonostante il calo dei tassi sull'interbancario, le banche restano riluttanti a prestarsi denaro l'un l'altra come si deduce dall'ammontare record di fondi depositati presso la BCE: circa 300 miliardi di euro. Quindi la situazione è un pò ridicola, perchè la BCE continua a pompare nuova moneta nel sistema bancario, ma per circa la metà questa le ritorna indietro.
I rendimenti sui bund tedeschi in ulteriore calo sui 2 anni al 2,41%(-13 cts.) e(-22 cts.) in calo sul decennale (3,68%): si contiene quindi il differenziale tra 2 e 10 anni (+127 cts.) confermando il focus recessivo ed il venir meno delle paure inflazionistiche; ed il differenziale con i bonds USA scende a -10 cts. per il bund sul decennale, ma risale sulla scadenza a due anni (+108 cts.) a favore del bund. I Btp questa settimana hanno recuperato terreno rispetto ai Bund, con lo spread fra i rendimenti dei decennali Btp e Bund che si è ristretto fino a toccare i 90 cts., dopo aver rotto al rialzo la soglia dei 100 lo scorso 28 ottobre e dopo aver registrato il livello record di 132 , nuovo massimo dall'introduzione dell'euro, lo scorso 31 ottobre.

BORSE: come atteso
Dopo aver ritestato la settimana scorsa il minimo in area 840, lo sp500 era salito del 10.5%. Questa settimana il rialzo è continuato fino alle elezioni americane di martedì, finite le quali è iniziato lo storno ,in linea con quanto mi aspettavo come da flash del mercoledì; lo storno è andato lievemente oltre quanto stimassi, cioè ha ritracciato il 66% circa del rialzo invece che il 50%.Infine venerdì la borsa ha ripreso a salire nonostante i dati molto negativi sull'occupazione. Direi quindi che non ci sono novità apprezzabili circa il conteggio illustrato nella scorsa Nota, per cui la quinta onda del ciclo ribassista si è conclusa a fine ottobre a 845, in un contesto più generale che può essere visto come un insieme di tre ABC a cominciare da ottobre 2007: il primo finito al minimo di gennaio (1270), il secondo al massimo di maggio (1440), ed il terzo appunto adesso (840). Oppure il tutto può essere visto come una classica sequenza di 5 onde, la prima finita al minimo di marzo, la seconda a maggio, la terza a luglio, la quarta ad agosto e la quinta adesso ad ottobre, in linea con la previsione originariamente qui formulata fin dall'inizio del mercato Orso.
In entrambi i conteggi, ora viene il turno di un rimbalzo, anche perchè le condizioni tecniche (il maggior ipervenduto dal 1974) lo rendono credibile. Di norma il rimbalzo dovrebbe rispettare i tipici livelli di fibonacci, ritracciando dal 38.2% al 50% dell'intero ribasso, il che significa arrivare tra 1120 e 1210 che è la metà strada tra 1576 e 840. Ma come spiegato la scorsa nota vi sono tutta una serie di resistenze che rendono ben più credibili livelli come 1107 e 1179. In particolare,focalizzandosi sull'ultimo ciclo, iniziato ad agosto a 1313, e contando le onde successive(1134 la 1, 1265 la 2, 840 la 3, 1044 la 4 e 845 la 5) il primo obiettivo del rimbalzo era in area mille ed è stato infatti raggiunto (massimo a 1008), seguìto dalla seconda onda di ritracciamento che pare essere finita a 900 esatti (il 66% di ritracciamento).Adesso quindi dovrebbe esserci la terza onda rialzista e si può calcolarne il punto di arrivo sempre in base alle relazioni di fibonacci tra le onde: ipotizzando che faccia il 50%-61.8% in più della prima onda che è stata di 163 punti(da 845 a 1008),sarebbero 244- 264 punti che da 900 dovrebbero quindi portare l'indice a 1144-1164. Questa proiezione è anche in linea con l'area 1179 già identificata. Naturalmente il viaggio da 900 appena iniziato, e che deve essere confermato, sarà a sua volta costellato di micro onde, ma un punto importante di riferimento è la tempistica. Finora tutto il mercato Orso ha avuto fasi di rimbalzo di un mese o massimo due mesi. Il mese quindi scadrebbe a fine novembre, e non è irrealistico ipotizzare che in questo frattempo si possa fare un rialzo simile visto che in mezzo c'è il g20 della "nuova bretton woods" che potrebbe fomentare illusioni positive. Ma, naturalmente ,appare più probabile che ci possano volere un paio di mesi e quindi andare a fine anno. Andrò monitorando, l'idea di fondo resta che all'eventuale raggiungimento di questi livelli ci si rimette in vendita, perchè il destino dello sp500 è quello di andare giù fino almeno in area 500-600.
Si conclude con Dow a 8943 -4,3% ( -33% da inizio anno) SP500 a 931 -4%(-37%) Nasdaq100 a 1272 -5%(-39%)Russell -6%( -34%) Trasporti -5,7%( -20%) utilities +0% (-31%) semiconduttori -7% ( -45%) Broker -8%( -60%) Banche -10%( -39%).Il rapporto tra put e call fermo a 0,97 l'indice della volatilità VIX scende a 56.
Il Nikkey giapponese a 8583 -5%(-44% da inizio anno), il Dax a 4938 -1%(-39%) il cac francese a 3469, il footsie inglese a 4387, spmib a 21911 e mibtel a 16943 (-42% da inizio anno, lancette dell'orologio borsistico nostrano - in termini nominali- indietro di 12 anni: chi lo avesse comprato nel 1996 e se lo fosse tenuto sperando nel "lungo termine", oggi si ritrova con lo stesso nominale e con un valore reale che è circa un quarto). Tra gli emergenti: Brasile -1,3%(-42%) Russia +0% (-66%) India +2%(-51%) Cina +1%(-67%).

PREVISIONI: in attesa del g20
Negli USA non ci sono dati fino a giovedì, quando arriveranno i deficit gemelli (estero ed interno), e poi venerdì uno dei dati più importanti: le vendite al dettaglio, con scorte, prezzi all'importazione e fiducia dei consumatori, oltre che ad un intervento di Bernanke. L'andamento dei consumi è già atteso pessimo, per cui - come successo venerdì scorso sui dati occupazionali - potrebbe essere sufficiente un assenza di ulteriore sorpresa negativa per non infastidire la borsa, che sarà proiettata sul summit del g20 del fine settimana.
Più fitta l'agenda europea che inizia lunedì con l'indicatore tedesco zew il quale continuerà a riflettere le condizioni recessive in cui si trova la prima economia del vecchio continente; poi arriveranno la produzione industriale per l'area euro, e a fine settimana il PIL e l'inflazione, entrambi numeri che certamente non daranno fiducia nei fondamentali dell'economia. In assenza di sorprese positive sul fronte europeo, e poichè altrettanto sarà vero per quello americano, l'eurodollaro dovrebbe rimanere in una pur ampia fascia laterale, all'interno della quale mostrare una preferenza rialzista se - come atteso- le borse proseguiranno nel loro rimbalzo.

Palermo, 10 novembre 2008

*Nato il 13 agosto 1955; moglie francese, tre figli. 1° Premio Philips 1976, con “Una proposta per la riforma dell’impresa”. laureato in Economia e Commercio, con lode, all’Università di Roma nel 1977. Dal 1986 Responsabile dell’Ufficio Studi della Cassa di Risparmio in Bologna. Dal 1993 Capo Area Finanza dell’attuale Credito Siciliano. Dal 1998 è a Milano, in Bancaperta, con l’incarico di Responsabile del Servizio Studi, e Segretario del Comitato d’Investimento. Dal 2003, opera in proprio sui mercati finanziari (cambi- tassi d'interesse- commodities- borse). Ha al suo attivo numerose pubblicazioni di economia e finanza, tra cui “I consumi privati” ed. ESI,1985 e vari articoli su quotidiani, tra cui Il Sole 24 ore. E’ stato più volte intervistato dalle TV di : Reuters, Bloomberg, CFN
http://michelespallino.blogspot.com/

 

10 ottobre 2008:Borse Ue bruciano 400 miliardi. Milano -6,5%
Wall Street a -5,1%. Bush: "Agire per stabilità"
Berlusconi: "Forse stop ai mercati". Poi frena

LA DIRETTA Il Dow Jones subito in discesa. Piazza Affari ha perso il 21% in una settimana, titoli bancari in profondo rosso. La Consob vieta le vendite allo scoperto di tutti i titoli. Il premier (video): "La nostra economia è solida perché basata sulla produzione. Non siamo in recessione. Comprate azioni Enel e Eni". Poi annuncia un vertice Ue per domenica a Parigi. Il presidente Usa annuncia provvedimenti contro la speculazione (video)
IL COMMENTO Il premier promoter di MASSIMO RIVA / BUSSOLE Soccorsi di Stato di ILVO DIAMANTI
REPUBBLICA TV L'Islanda in bancarotta di ETTORE LIVINI / DOCUMENTO Il decreto del governo
IL CASO Via il decreto salvamanager, Ezio Mauro a Repubblica Tv

 

 

8 ottobre 2008: Wall Street affonda, Dow Jones -4%
Panico in Europa, bruciati 400 mld

Piazza Affari a picco: -8,24%. Sospesi i titoli a maggiore capitalizzazione. È la peggiore giornata dal crollo del 1987

18:17  ECONOMIA  I piani anti crisi dei governi non convincono. il Dow Jones perde oltre 400 punti, sotto i 10 mila punti per la prima volta dal 2004. Parigi perde il 9%, Francoforte il 7%, Londra l'8%
Berlusconi cerca di rassicurare i mercati: «Ogni Paese agirà per tutelare sistema e risparmiatori»
La giornata nera delle Borse-Clicca per seguire gli indiciPetrolio sotto i 90 dollari: minimo da febbraio
Foto-E sulle piazza finanziarie cinesi ci si dà al ping pong
Facce da crisi-Guarda le immagini

 

Dio ci salvi da Wall Street

L'idea è buona, ma è folle il metodo scelto da Paulson: far pagare ai contribuenti gli errori di chi ha fatto scelte di investimento sbagliate

Che la situazione delle istituzioni finanziarie americane fosse precaria lo andavamo dicendo da tempo. Purtroppo nelle ultime settimane questa situazione è precipitata. L'origine, come tutti sanno, è nelle forti perdite sui mutui immobiliari. Ma il problema maggiore non è l'entità di queste perdite. Quando la bolla Internet scoppiò, più di 3 mila miliardi di dollari andarono in fumo, ma il sistema finanziario americano non ne risentì. Oggi le perdite sui mutui sono 'solo' mille miliardi, perché allora il sistema finanziario è sull'orlo del collasso?

La principale differenza sta in chi subisce queste perdite. Le perdite borsistiche ricaddero principalmente sui fondi pensione. Tutti diventammo un po' più poveri, ma nessuna istituzione finì in bancarotta. Al contrario, le perdite sui mutui oggi ricadono sulle istituzioni finanziarie che sono i principali investitori in questo mercato. Per loro natura queste istituzioni funzionano con pochissimo capitale proprio e molto debito. Perdite anche limitate sono sufficienti a renderle insolventi anche quando il loro business sottostante è profittevole. È il caso di Lehman, andata in bancarotta due settimane fa, nonostante un solido business.

Se il problema è l'insufficienza del capitale di rischio, perchè è così difficile da risolvere? Basta ricapitalizzare le banche. Ma chi deve farlo? Quando la situazione sembrava meno seria i fondi sovrani si erano affrettati ad investire. Il prezzo che pagarono, però si rivelò troppo elevato e subirono forti perdite. Ora nessuno vuole farsi avanti. In una situazione di profonda incertezza, quale quella in cui ci troviamo, è pressoché impossibile determinare il prezzo equo di un aumento di capitale.

Il solo proporlo segnala al mercato che una banca vale meno di quanto stimato, riducendone il prezzo di Borsa.

 

Se la banca non desiste e decide di andare avanti con l'aumento di capitale, nonostante il minor prezzo, allora il mercato deduce che la banca è proprio disperata. E abbassa ancora il prezzo. Di questo passo, la banca fallisce prima di riuscire a raccogliere nuovo capitale.

Se si trattasse di una o due banche, non sarebbe un problema. Ma quando si tratta di quasi tutto il sistema finanziario, il rischio di un collasso diventa elevato. Le banche stesse rifiutano di prestarsi l'un l'altra per paura di perdere i soldi. Questo paralizza l'intero sistema finanziario. È per questo motivo che l'amministrazione Bush, nella persona del ministro del Tesoro Paulson, ha presentato un piano di salvataggio senza precedenti. L'idea di Paulson è di ricapitalizzare le banche comprando da loro i mutui incriminati. A questo scopo ha chiesto al Congresso la possibilità di utilizzare fino a 700 miliardi di dollari (più del costo della guerra in Iraq).

L'idea di un intervento radicale è buona, ma il metodo è folle. Il piano di Paulson prevede l'acquisto di centinaia di miliardi di mutui di dubbio valore da parte dello Stato. A che prezzo? Il motivo per cui il settore privato non vuole comprare è perché non è in grado di valutare questi mutui. Quale expertise ha il governo americano per fare meglio? Per funzionare il piano deve strapagare i mutui, ricapitalizzando le banche a spese dei contribuenti. È il più costoso piano di welfare mai concepito. Ma welfare per ricchi: si tassano i contribuenti per tutelare gli investitori. Come ho spiegato in un breve pamphlet disponibile su Internet (http://faculty. chicagogsb. edu/luigi.zingales/Why Paulson is wrong. pdf), un'alternativa esiste: forzare una riduzione del debito delle istituzioni finanziarie. Questa alternativa non tassa i contribuenti, ma impone sacrifici a chi ha fatto le scelte di investimento sbagliate. Ma, da un punto di vista politico, è proprio questo il suo tallone di Achille. L'interesse degli investitori è molto meglio rappresentato a Washington di quello dei contribuenti, e Wall Street adora l'idea di un salvataggio a spese del contribuente.

Ma non è solo una questione di giustizia. Socializzando le perdite (mentre i profitti restano ai privati), il piano di Paulson mina alla base il funzionamento dell'economia di mercato. È arrivato il momento di salvare il capitalismo americano da Wall Street.

(26 settembre 2008

ALTRO CROLLO FINANZIARIO DOPO FANNIE E FRED NAZIONALIZZATE

Crac della Lehman Brothers,dopo Fannie,Fred,Rock Mountain
In picchiata le Borse europee
. L'annuncio che le banche centrali sono intervenute per immettere liquidità sui sistemi è stato un vero colpo di scena: nel dettaglio se la Fed ha messo a disposizione 180 miliardi di dollari, la Bce ha offerto 40 miliardi. Così gli indici europei sono rimbalzati. Intanto sta mutando il volto della finanza internazionale. Dopo Bear Stearn, fusa nei mesi scorsi con Jp Morgan, Lehman Brothers è scomparsa dalla scena per bancarotta e Merrill Lynch è stata rilevata da Bank of America. A Londra, inoltre, Hbos è stata acquistata nella notte da Lloyds. Oltreoceano, intanto, se le autorità Usa stanno cercando un istituto pronto a comprare Washington Mutual, negli ambienti finanziari si parla di trattative di fusione tra Morgan Stanley e un altro istituto, individuato in Wachovia, o, secondo la catena tv Cnbc, nella cinese Citic. Di sicuro il quadro è poco confortante. Tanto è vero che le Borse, dopo un tentativo di rimbalzo, hanno di nuovo ripiegato all'ingiù. Del resto anche il direttore generale dell'fmi, dominique strauss-kahn, ha stimato che i recenti avvenimenti avvenuti nella finanza rappresentano un rischio potenziale per la crescita economica mondiale. A milano la volatilità regna sovrana, come nelle altre borse europee. L'indice è appesantito soprattutto dalla performance delle banche.

Azione delle banche centrali. In fortissimo rischio AIG , Morgan Stanley e Goldman Sachs...
Immessi miliardi di liquidità

Alitalia, è finita. Cai ritira l'offerta
Berlusconi: è baratro, colpa della Cgil

L'assemblea dei soci
delibera all'unanimità.
Il premier attacca:
«C'è responsabilità politica. La situazione è drammatica». Accuse anche ai piloti
 

17:29  ECONOMIAE Angeletti (Uil): «È catastrofe sindacale e sociale».

Mediobanca, entra Marina Berlusconi

Tronchetti Provera nominato vicepresidente, la figlia del premier nel cda

 

MILANO - Via libera dal patto di Mediobanca alla nuova governance: abbandonata la forma duale (la divisione delle funzioni tra un Consiglio di sorveglianza che definisce le linee guida della società e un Consiglio di gestione, che si occupa dell'amministrazione) si ritorna alla forma di organizzazione tradizionale, che fa capo al Consiglio di amministrazione.

VIA LIBERA - Il voto tuttavia non è stato unanime. Due azionisti del gruppo B (soci industriali) avrebbero infatti mosso alcuni rilievi. Da quanto si apprende uno dei due sarebbe Oscar Zannoni. Voto favorevole alla nuova governance sarebbe comunque arrivato dai rappresentanti di Unicredit. «Unicredit durante l'assemblea del patto non ha detto niente», ha riferito uno dei partecipanti alla riunione, durata circa due ore e mezza. Dai commenti raccolti al termine dell'incontro si è appreso che due piccoli azionisti industriali hanno motivato il loro dissenso alla nuova governance con il fatto che questa nuova forma di governo societario è stata adottata a troppo breve distanza di tempo rispetto al precedente passaggio a duale. «Si poteva aspettare più tempo per fare qualche cambiamento - è stato il commento -, anche perchè il management ha dato dei buoni risultati nel corso di questo esercizio».

LE NUOVE NOMINE - Intanto si iniziano a delineare i nuovi assetti nel gruppo dirigenziale. Vicepresidente di Mediobanca, a fianco del numero uno di Unicredit Dieter Rampl, sarà Marco Tronchetti Provera, il cui nome è uscito a sorpresa dalla riunione del patto. Inoltre è previsto l'ingresso nel Cda della presidente di Fininvest, Marina Berlusconi. A proporre il suon nome è stato il patto di sindacato che controlla la maggioranza di Mediobanca. Il consiglio avrà 22 componenti. Fininvest è socia del patto con l'1% del capitale e detiene un altro 1,2% non vincolato all'accordo parasociale. «La data di scadenza del patto di sindacato di Mediobanca - ha po precisato lo stesso Rampl - resta invariata». Verrà dunque rispettata la scadenza naturale prevista per fine 2009, con proroghe biennali.

Lehman Brothers dichiara fallimento

11:53   ECONOMIACrisi mutui, crolla la banca d’affari: avviata la procedura di bancarotta. Rifiuto del Tesoro di intervenire con fondi
I listini La «fuga» dei dipendentiVideoScheda: colosso Usa
Il commento - Il più grande fallimento della storia di N.Saldutti

Aig a rischio, salvata dalla Fed
Borse: l'Europa riprende fiato...........?
 

Dopo Lehmann, paura per il gigante delle assicurazioni AIG (SCHEDA). Ma dalla Federal Reserve arriva un prestito di 85 miliardi di dollari in cambio dell'80% della società. Draghi: è la crisi peggiore di FEDERICO RAMPINI e  / BLOG
AUDIO Il commento di Vittorio Zucconi

 

 
 
 
 
 

 


 

LA GUERRA MONDIALE DEL PETROLIO

Gli obiettivi di Kyoto traditi dai Paesi ricchi

Dobbiamo essere molto preoccupati dell’evoluzione attuale della preparazione alla Conferenza di Copenaghen, che è sulla convenzione sul cambio climatico, che dovrebbe dare atto alla firma di un nuovo trattato detto post Kyoto, che dovrebbe entrare in vigore nel 2013 e che organizzerebbe, per i prossimi quindici, venti anni, l’economia mondiale e i rapporti tra economia, sviluppo, benessere e gestione dell’ambiente. Si tratta della più grande fase di negoziato mondiale in vista di un accordo mondiale sul futuro dell’umanità.
Ora dobbiamo essere preoccupati perché? Perché, sulla base di quanto sta emergendo, i Paesi ricchi -ci si può domandare - stanno non mantenendo le
promesse per le quali in passato si erano impegnati? Come sapete, tutti gli studi dell'International Panel on Climate Change, che è il gruppo di 1.500 scienziati che da anni lavora per le Nazioni Unite sui problemi del cambiamento climatico, hanno detto che se il mondo vuole evitare delle catastrofi immani ambientali bisogna mantenere al di sotto di due gradi l’aumento della temperatura media dell’atmosfera terrestre da qui al 2100. Per raggiungere questo obiettivo, tutti gli studi dimostrano che sarebbe necessario, all’anno 2050, di diminuire del 60% le emissioni di CO2 rispetto al volume del 1990. Questo significherebbe 80% per i Paesi ricchi e 20% per gli altri Paesi.
Ora stiamo constatando che i Paesi ricchi non vogliono mantenere né conformarsi a queste indicazioni: addirittura, per gli obiettivi di tipo intermediario, quelli al 2020, dove i Paesi ricchi avrebbero dovuto impegnarsi al 20% di riduzione dell’emissione rispetto al volume del 1990, solo la
Germania e in parte la Francia, tra i Paesi ricchi, stanno affermando che vogliono attenersi a questi obiettivi quantificati di riduzione delle emissioni. Mentre invece, il 12 giugno, il Giappone ha detto che non si impegna a ridurre al massimo più dell’8% il livello di emissioni e gli Stati Uniti hanno detto due cose importanti: la prima, che non hanno nessuna intenzione di diminuire le emissioni di CO2 al di sotto del 4%, che è molto lontano da quello che dovrebbero fare; seconda cosa, hanno manifestato una conferma anche in tutte le amministrazioni precedenti, Obama ha confermato la tendenza degli Stati Uniti, che non sono favorevoli a un accordo mondiale, ma che il principio del nuovo trattato di Copenaghen dovrebbe essere quello per cui ciascun Paese si impegna a livello nazionale, ma non c’è nessun accordo globale su un impegno comune eventualmente verificato, se poi gli Stati mantengono gli impegni presi. E quindi hanno addirittura affermato il 12 giugno a Bonn, in una riunione preparatoria della Conferenza di Copenaghen, che loro stessi non domanderanno alla Cina di assumere nessun impegno, facendo un gesto di comprensione, dicendo: “ma la Cina deve svilupparsi e non si può vincolarla a degli obiettivi quantificati che costringerebbero i cinesi a non avere il tasso di sviluppo, che invece meritano..”. In realtà gli Stati Uniti stanno tentando di fare un accordo Stati Uniti /Cina nel quale dicono: “non ti impegnare, non ti chiederemo niente”, sperando e pensando che così la Cina non domanderà nessun impegno agli Stati Uniti rispetto alle riduzioni di emissioni. Ora sappiamo benissimo che da anni il Brasile, l’India, la Cina, la Russia, tutti i Paesi emergenti hanno detto che, se i Paesi ricchi non prenderanno le loro responsabilità e non saranno i primi, poiché sono stati i più grandi responsabili e predatori delle risorse del pianeta negli ultimi 100 /150 anni, se i Paesi ricchi non ridurranno in maniera significativa le loro emissioni, i Paesi nuovi non si impegneranno a niente, e hanno ragione: la responsabilità massima in questo caso appartiene ai Paesi ricchi. Quindi grossissimo problema: riusciranno i Paesi ricchi a mantenere a mantenere gli impegni presi? Faranno i Paesi ricchi le svolte necessarie per evitare le catastrofi immani, gli scombussolamenti terribili che un’eventuale riscaldamento dell’atmosfera al di sopra dei due gradi comporterà?
Il secondo interrogativo che ci deve preoccupare è che si sta constatando - e è affermato proprio alla fine di questo mese, il mese di maggio - che tutti i dirigenti dei Paesi ricchi, ma anche dei Paesi detti
emergenti sono convinti che si potrà risolvere il problema del cambiamento climatico e, in particolare, risolvere il problema dell’uscita dalla crisi economico /finanziaria attuale solo attraverso l’economia verde e attraverso le soluzioni apportate al sistema energetico. Per cui oggi non fanno altro che parlare di automobili verdi, di ponti verdi, di ferrovie verdi, di Coca Cola verde, di case verdi, di cinema verdi, di pomodori verdi, tutto è al verde: cioè vale a dire, beninteso, l’economia verde, però alla salsa verde del capitalismo verde e in effetti tutti dicono che bisogna rifondare l’economia mondiale attraverso i sistemi economici dell’investimento privato, dei meccanismi di mercato, della valorizzazione mercantile e finanziaria delle foreste, degli alberi, delle acque etc.

The Copenhagen Call: l'appello di Copenhagen

Questo consenso nuovo, che chiamerei il consenso verde mondiale, è stato confermato il 24 e 26 maggio, ora, recentemente a Copenaghen, dove il governo danese ha preso l’iniziativa di convocare il mondo del business e della finanza e ci sono state più di mille persone che si sono riunite, il 24 e 26 maggio, nel World Business Summit, le quali hanno approvato un documento che si chiama: “The Copenaghen Call”, l’appello di Copenaghen, nel quale il mondo del business dice ai politici e ai futuri negoziatori del trattato di Copenaghen le condizioni del mondo del business. In effetti le richieste del mondo del business e della finanza girano intorno a due cose: la prima è che bisogna facilitare l’innovazione tecnologica secondo i tempi e i meccanismi del rendimento delle innovazioni tecnologiche e quindi in funzione a razionalità economiche e finanziarie, e la seconda è che appartiene ai poteri pubblici di creare questi fondi di incitamento e di facilitazione fiscale dell’iniziativa privata. Conseguentemente, The Copenhagen Call è un atto affermativo da parte del mondo del business che il capitalismo verde è in fondo la panacea e la soluzione ai problemi che dovranno essere trattati nel nuovo accordo mondiale. Tant’è che il Primo Ministro Danese, Rassmussen, ha dichiarato due giorni fa che assumeva completamente le proposte emerse dal World Business Summit con il Copenhagen Call e si faranno portatori delle idee espresse dal mondo del business.
Poi la seconda questione: e se ci fossero delle proposte, a Copenaghen, che non coincidono con le priorità fissate e scelte dal mondo del
business che chances avranno per essere accolte? Finalmente, ecco che la grossa questione è che il Copenaghen è oggi vampirizzato dall’energia, cioè vale a dire che i nostri dirigenti ci stanno dicendo che il problema numero uno mondiale, che deve essere risolto in questo grande negoziato mondiale per il futuro dell’umanità, è l’energia. Ma l’energia è un problema numero uno mondiale per noi ricchi, non è un problema per i 2, 8 miliardi di gente povera di questo mondo, per gli africani, gli asiatici e l’America Latina il problema è l’acqua, il problema è l’alimentazione, il problema è la salute, il problema è avere un’abitazione decente, avere educazione, non è avere le automobili verdi, le case verdi. Anche perché si può dire che domani, che avremo 200 milioni di più di automobili verdi che circolano nel mondo, dove andranno questi 200 milioni di automobili verdi, in quali città? Circoleranno in quali strade? E poi avere automobili verde, case verdi, nuove case a energia passiva e attiva, che bisogna averle, a New York, a Singapore, a Melbourne, a Parigi contribuiranno a eliminare i tre miliardi di poveri nel mondo, oppure permetteranno di migliorare il livello e la qualità di vita del miliardo di gente ricca?
Quindi il problema diventa: "Perché i nostri dirigenti hanno dato priorità unicamente, nell’agenda dei lavori di Copenaghen, all’energia?".

Il futuro dell'umanità si gioca sulla tutela dell'acqua

Ecco perché dobbiamo batterci affinché invece l’acqua, che è il problema numero uno, tant’è che il gruppo intergovernativo sul cambio climatico che ha fatto tutti questi rapporti dice che la principale conseguenza del cambiamento climatico concernerà l’acqua. E' l’acqua che sarà il settore della vita più toccato dai cambiamenti climatici, ossia dallo scioglimento delle calotte polari e dei ghiacciai, che alimentano tutti i grandi bacini idrografici del mondo. E’ l’acqua che sarà il campo di più grande devastazione e problema, gli studi del GEC (Global Environment Centre Foundation) o dell’IPCC confermano che nel 2050 il 60% della popolazione rischia di vivere in regioni a forte penuria d’acqua e, se c’è forte penuria d’acqua, significa che non hanno accesso alla vita. Quindi le conseguenze del cambiamento climatico importanti sono sull’accesso alla vita per mancanza d’acqua e Copenhagen, il nuovo trattato, non ha l’acqua all’agenda dei problemi e quindi bisogna batterci affinché l’acqua faccia parte integrante dell’agenda di Copenaghen e non si sa se ce la faremo: probabilmente le tendenze attuali ci dicono che non ce la faremo, ecco il problema, non è vero che i cittadini devono accettare come inevitabile l’impossibilità di pensare all’interesse e al futuro dell’umanità e del diritto alla vita, che è un diritto umano, che è un diritto sacro, perché la vita è sacra.
Quindi abbiamo sei mesi, perché la Conferenza di Copenhagen sarà dal
7 al 18 dicembre e credo che bisogni che tutti i movimenti per i diritti dell’uomo, per i diritti umani, i movimenti che si occupano di cittadinanza, dell’acqua, debbano impegnarsi in tutti i fronti: le religioni, stiamo tentando ora di far sì che ci sia un incontro importante dei rappresentanti delle religioni per fare un appello a Copenaghen, affinché la sacralità della vita sia rispettata e che Copenaghen si occupi veramente dei bisogni del mondo. Gli accademici, i ricercatori, perché i ricercatori, perché gli universitari non fanno delle grandi manifestazioni affinché, scientificamente parlando, nell’agenda di Copenhagen i veri problemi del futuro del pianeta siano presi in conto? Che si sia vecchi, giovani, universitari, uomini semplici della strada, pensionato, una donna, un buddista, un cristiano, credo che abbiamo un’agenda terribile da occupare nei prossimi mesi e essere presenti a Copenhagen sul posto.

 

NON E' PIU' LA CINA A TRAINARE IL PREZZO DEL PETROLIO....

Sembra lontano il tempo in cui la Cina era sul banco degli imputati, accusata di essere la vera causa strutturale dell’aumento dei prezzi energetici mondiali. Eppure questo accadeva solo sei mesi fa. Per tutto il primo semestre del 2008 i dati sembravano dare ragione a chi indicava nella domanda cinese il motore di fondo dell’inflazione petrolifera. Da gennaio a fine giugno del 2008 i consumi di prodotti petroliferi raffinati nella Repubblica Popolare – benzina, gasolio e kerosene – sono saliti del 14,6%, raggiungendo così il livello di 106 milioni di tonnellate. L’impatto sui mercati mondiali era innegabile, vista la crescente dipendenza della Cina dagli approvvigionamenti esterni. Nel 2007 per la prima volta nella sua storia la più grande nazione del pianeta ha dovuto acquistare all’estero il 50% del greggio che utilizza. Nel corso dell’intero 2008 le importazioni (200 milioni di tonnellate) supereranno l’estrazione interna (190 milioni): un sorpasso significativo per il gigante asiatico che fino al 1993 era stato completamente autosufficiente, ed oggi è già il terzo importatore mondiale dopo Stati Uniti e Giappone. Il trend di lungo periodo resterà segnato dall’impatto crescente dei consumi cinesi, destinati a raggiungere il 17% del totale mondiale entro il 2050 (la proiezione è contenuta nello studio di Wiley-Blackwell “China’s Quest for Energy Resources on Global Markets”, Pacific Focus, novembre 2008, Inha University, Corea del Sud). Tuttavia la crisi finanziaria nata negli Stati Uniti ha cambiato repentinamente il quadro di breve periodo, anche per la Cina. Sotto il peso di una recessione che per la prima volta da trent’anni ha colpito simultaneamente le tre principali aree di sbocco delle esportazioni cinesi (Usa, Europa e Giappone), la crescita economica della Repubblica Popolare ha iniziato a rallentare vistosamente. I consumi energetici hanno seguito la stessa curva. Il numero uno della compagnia petrolifera di Stato Petrochina, Jiang Jiemin, osserva che “tutto è cambiato nell’arco di un mese”. Gli automobilisti di Pechino, Shanghai e Canton a ottobre hanno ridotto del 13% gli acquisti di benzina. Ancora più pesante è il ribasso nei consumi di gasolio per diesel – meno 46% – un segnale che i Tir cinesi hanno meno lavoro del solito. China Petrochemical Corp., più nota come Sinopec, ha misurato un calo del 3,2% delle vendite complessive di prodotti petroliferi nel terzo trimestre del 2008. Numero uno asiatico per la raffinazione, con oltre il 50% di quota di mercato nel proprio paese, Sinopec ha dovuto ridurre del 10% la sua produzione nel mese di novembre. Una identica decelerazione ha colpito i consumi di energia elettrica: a ottobre sono scesi del 3,7% rispetto allo stesso mese del 2007, il primo calo da un decennio. A ridurre i consumi elettrici non sono state le utenze domestiche ma quelle industriali, colpite dalla crisi dell’export e costrette a ridurre la produzione manifatturiera. Anche i consumi di carbone subiscono il contraccolpo. Pu Hongjiu, vicepresidente della China National Coal Association, fa risalire il primo calo all’estate. Tra luglio e agosto l’utilizzo di carbone è sceso del 6%, quasi quattro milioni di tonnellate in meno in un solo mese. La riduzione si è accentuata a settembre, con 7,6 milioni di tonnellate in meno ovvero un calo dei consumi del 12%. La provincia dello Shanxi, che ha la più grossa concentrazione di miniere di carbone, ha annunciato tagli di produzione del 10%. Il principale ente minerario, Shanxi Coking Coal Group, ha abbattuto i prezzi del carbone fino al 36% a partire dall’inizio di novembre. Anche in questo caso la ragione va cercata nella crisi delle maggiori industrie di base, grosse utilizzatrici di carbone: la produzione di acciaio cinese a settembre è scesa per la prima volta in dieci anni, del 10%, per poi accelerare la caduta con un 30% in meno a ottobre. A loro volta questi settori scontano la contrazione dei consumi finali. Per la prima volta nell’autunno 2008 le vendite di automobili in Cina sono scese: un capovolgimento brutale che non si vedeva dalla crisi asiatica del 1997. Dopo anni d’oro in cui i ritmi di crescita delle immatricolazioni erano stati sopra il 20%, la Toyota ha annunciato che a fine 2008 le sue vendite di vetture in Cina saranno inferiori al previsto di centomila unità. Un’altra vittima del duplice choc provocato dalla recessione globale e dalla caduta del prezzo del petrolio, è il settore dell’energia solare. Tutti i principali produttori di pannelli solari made in China – JA Solar, Ldk Solar, Trina Solar, Suntech Power – hanno visto precipitare le loro quotazioni di Borsa. I fabbricanti cinesi di installazioni fotovoltaiche sono particolarmente vulnerabili perché esportano la maggior parte della loro produzione, soprattutto in Europa. Al confronto sembra più promettente l’eolico. Per l’energia ricavata dal vento l’obiettivo è quello di arrivare a una produzione di 100 gigawatt entro il 2020. “La Cina è in buona posizione – dice Keith Hays della Emerging Energy Research – per diventare il più grande mercato mondiale dell’energia eolica entro il 2011. Nel prossimo biennio avrà investito 20 miliardi di dollari in questo settore e disporrà del 17% della capacità mondiale”. Il 10 novembre il governo ha annunciato una manovra di spesa pubblica della dimensione di 586 miliardi di dollari. Quali effetti avrà sui consumi energetici la manovra di sostegno della crescita? Una parte consistente di quella spesa pubblica aggiuntiva è destinata alle infrastrutture: tra queste figurano in primo piano la rete nazionale di distribuzione dell’energia elettrica e alcuni grandi gasdotti. Per ridurre l’inquinamento il governo vuole innalzare la quota del gas naturale, ancora molto bassa sul totale dei consumi energetici, portandola dall’attuale 3% fino al 5,3% nel 2010. Anche la costruzione di centrali nucleari potrebbe essere accelerata grazie al piano di rilancio dell’economia. Nei propositi del premier Wen Jiabao la manovra di sostegno della crescita dovrebbe favorire uno “sviluppo compatibile” e quindi beneficiare il comparto delle energie rinnovabili. E’ ragionevole essere scettici su questa promessa. In realtà uno degli effetti perversi della crisi mondiale – in Cina come in altre zone del mondo – è la tendenza dei governi e delle imprese ad allentare i vincoli ambientali, invocando l’impossibilità di sopportare costi aggiuntivi in una fase di acuta emergenza economica. La Cina continua a dipendere per oltre i due terzi della sua produzione energetica dal carbone: è la materia prima più inquinante ma è anche la meno costosa e la più abbondante sul territorio della Repubblica Popolare. Nulla indica che questo modello di “capitalismo a carbone” sia destinato a tramontare in tempi rapidi. Una conseguenza della recessione internazionale, al contrario, è stata quella di accelerare la costruzione di nuove miniere di carbone: 1.563 sono pronte a entrare in attività entro il prossimo biennio, aumentando così la capacità di produzione di carbone da 2,5 a 3,3 miliardi di tonnellate all’anno.

 

Nello stesso giorno in cui la Bce taglia i tassi, Sarkozy annuncia un piano di rilancio della crescita: generoso rispetto ai vicini tedeschi e italiani, modesto (anche fatte le dovute proporzioni) rispetto agli sforzi americani e cinesi. Intanto qui a Pechino è riunito un importante vertice economico bilaterale Cina-Usa, con il segretario al tesoro Henry Paulson che tra l’altro viene a presentare gli ultimi provvedimenti allo studio per rianimare il mercato dei mutui Usa. E’ una raffigurazione dei due poli che si sono ormai creati nella risposta alla recessione globale: da una parte ci sono le terapie d’urto decise a Washington e a Pechino (ciascuno dei due paesi ha varato manovre di sostegno alla crescita con nuove spese pubbliche superiori al 7% del proprio Pil annuo), dall’altra c’è la timidezza dell’Europa che non riesce a varare un piano dell’ordine dell’1,5% del suo Pil (non solo Tremonti ma soprattutto Angela Merkel frena con tutte le sue forze). Perché questa divaricazione tra il senso di allarme che unisce ”Chimerica” (il neologismo di Nial Ferguson), e la cautela europea? Ci sono naturalmente delle spiegazioni “storiche”: l’Europa ha un Welfare State più generoso per attutire i costi sociali della crisi e quindi è meno preoccupata dallo scenario di un nuovo 1929; inoltre ha una struttura demografica più anziana che la rende particolarmente vulnerabile all’inflazione, perciò molto timorosa dei deficit pubblici. Ma oltre a questo c’è evidentemente una diversa analisi della crisi attuale. Gli americani, sia pure in ritardo, si sono convinti che il rischio di una Grande Depressione è reale, e quindi che è un errore grave reagire con mezze misure. I cinesi condividono il senso di allarme degli Stati Uniti. Una parte della classe dirigente europea sembra ancora scettica, dunque teme il rischio di “strafare” ponendo le premesse per nuovi debiti pubblici e un ritorno dell’inflazione. Inoltre si avverte la tentazione di farsi trainare fuori dalla crisi sfruttando un rilancio delle economie americana e asiatica.

NUOVO ASSALTO TERRORISTICO. DOPO USA,INGHILTERRA,CECENIA,OSSETIA,SPAGNA,

RUSSIA, NEL MIRINO L'INDIA:

Tra loro anche una bambina. Antonio Di Lorenzo ucciso
da una granata. Liberi
70 ostaggi, decine ancora nell'albergo Oberoi.
Arrestati tre terroristi
Multimedia Mappa
Foto - TerroristiIn fuga
«Sei italiano? Vai» Video
«Bombe in stanza»Audio

   ESTERI Udite esplosioni nel centro ebraico dove ci sarebbero ancora due terrositi con un numero imprecisato di ostaggi. Nella mattina la polizia indiana è riuscita a riprendere il controllo dell'hotel Taj Mahal e tutti gli ostaggi presenti nella struttura sono stati liberati. Nel bilancio degli attacchi anche più di 350 feriti. La firma dei Mujahiddin del Deccan. Il premier Singh: «Hanno le basi all'estero»

LA STORIA DEL CONFLITTO NATO NEL 1947 dalla divisione voluta dagli inglesi dell'India loro colonia...

“Ma come è possibile che nel mondo moderno la gente si debba ammazzare per la religione? Sono ben altri i problemi di cui dobbiamo occuparci oggigiorno! Sono i problemi della povertà, dei diritti dell’individuo, dei cambiamenti che la tecnologia ci impone. Quelli sì che contano, più della religione! Perché sono problemi universali, perché appartengono in eguale misura al Pakistan e a noi”. Così parlava Indira Gandhi nel febbraio 1972, intervistata da Oriana Fallaci in una delle celebri “Interviste con la storia” la cui raccolta è stata appena ripubblicata in Italia (Bur-Rcs Libri). Il 31 ottobre 1984 la donna premier veniva assassinata a New Delhi da due delle sue guardie del corpo, di etnìa sikh. Nei giorni seguenti la furia degli indiani si scatenava contro i sikh, tremila dei quali venivano uccisi. La stessa Oriana Fallaci nell’aprile 1972 intervistava anche l’avversario storico di Indira Gandhi, il presidente del Pakistan Zulfikar Ali Bhutto. Il quale le dava una visione ben più pessimista dei rapporti tra le due grandi nazioni. “Non siamo fratelli – disse Bhutto alla Fallaci – . Non lo siamo mai stati. Le nostre religioni affondano troppo profondamente nelle nostre anime, nei nostri sistemi di vita. Le nostre culture sono diverse, i nostri atteggiamenti sono diversi. Dal giorno in cui nasce al giorno in cui muore, un indù e un musulmano sono sottoposti a leggi e costumi che non hanno punti di contatto. Sono due fedi forti e inconciliabili. Vede, gli indù non sono le creature miti che la signora Gandhi vuol farci credere. Per le vacche sacre hanno rispetto, per i musulmani no”. Ali Bhutto venne deposto da un golpe militare e poi impiccato nel 1979. La sua eredità politica venne raccolta dalla figlia Benazir, a sua volta uccisa il 27 novembre 2007 in un attentato attribuito a forze del fondamentalismo islamico. Dopo la strage terroristica di Mumbai è utile rileggere le due interviste di 36 anni fa alla Gandhi e a Bhutto. Quella incomunicabilità tra i due leader negli anni Settanta la dice lunga. Serve anche a ricordarci che la grande frattura tra musulmani e indù è antica. Molto più antica di quell’attacco alle Torri gemelle di New York che fu letto in Occidente in una logica da “scontro di civiltà”.

 

Grecia, scontri ai funerali di Alexis.PROVE DI GUERRA CIVILE.
Il premier attacca: «Tolleranza zero»

 
Un momento dei funerali di Alexis Grigoropoulos (Reuters)
Un momento dei funerali di Alexis Grigoropoulos (Reuters)

ATENE - Si infiamma di nuovo la protesta ad Atene. Giovani e agenti in assetto anti-sommossa si sono scontrati in mattinata davanti al Parlamento della capitale greca. E ulteriori incidenti sono stati segnalati nel pomeriggio nella zona del cimitero, dove più di duemila persone (addirittura seimila secondo alcune fonti) hanno preso parte ai funerali di Alexix Grigoropoulos, il quindicenne ucciso sabato da un agente di polizia. La tensione negli ultimi giorni è alle stelle. Il governo ha annunciato la mano dura e fatto sapere che non si lascerà piegare dai disordini, invitando l'intero arco politico all'unità. Il partito socialista Pasok, all'opposizione, ha avanzato però la richiesta di dimissioni del premier Karamanlis.

87 ARRESTI - In tanto è tempo di bilanci. Sono state 87 le persone arrestate dalle forze dell'ordine greche in seguito alle violenze nel centro di Atene. All'indomani di una giornata in cui migliaia di persone, in maggioranza anarchici, hanno messo a sacco la città, la polizia ha diffuso dati da bollettino di guerra: dodici agenti feriti, decine di persone ricoverate, almeno 10 in ospedale per problemi respiratori dovuti ai gas lacrimogeni. I vigili del fuoco hanno ricevuto 190 chiamate di allerta in tutta la città, e hanno dovuto spegnere incendi in 49 edifici, 47 negozi, 14 banche e tre ministeri. A fuoco anche una ventina di automobili. Secondo la polizia alcuni dimostranti brandivano persino spade e fionde, trafugate da un negozio di armi saccheggiato. «I danni sono incalcolabili, è una catastrofe - ha detto il vicesindaco di Atene -. Il Comune ha dispiegato fin dall’alba tutti i servizi di pulizia per rendere accessibili le grandi strade del centro città. Temiamo per l’immagine turistica di Atene».

IL PREMIER - Il premier greco, Costas Karamanlis, ha detto che il governo «non tollererà» che la morte di un giovane sconfini in «atti inaccettabili e pericolosi». «Non consentiremo ad alcuni individui - ha evidenziato - di usare una situazione tragica come scusa per far uso di violenza contro la società e la democrazia». Il capo del governo ha poi esortato i propri concittadini a «denunciare i responsabili delle violenze ». Poi ha incontrato il presidente. «Giorni difficili, signor primo ministro» ha detto il capo dello stato greco Karolos Papoulias accogliendo Costas Karamanlis al palazzo presidenziale per discutere la situazione dopo tre giorni di disordini. «Sì, difficili e di responsabilità per tutti» ha risposto il premier citato dalla Tv prima di chiudersi a colloquio col capo dello stato. Karamanlis ha anche in programma incontri con esponenti dell'opposizione: «In queste ore critiche tutti i politici devono isolare e condannare quanti alimentano i disordini. È nostro dovere». Ma i socialisti non ci stanno e accusano Karamanlis di essere egli stesso fonte di tensioni nel Paese.

MINISTRO INTERNO DIFENDE POLIZIA - Intanto il ministro dell'interno greco Prokopis Pavlopoulos ha difeso l'operato delle forze dell'ordine. «La polizia è presente e ha fatto tutto il necessario per proteggere le persone e le proprietà», ha detto il ministro ai giornalisti al termine di una riunione ristretta del governo. «L'apparato dello stato è presente e ha protetto più cose di quanto non ne siano state minacciate - ha aggiunto - siamo qua per proteggere vite umane e proprietà senza con questo attentare alla democrazia». «Sono insoddisfatto e mi scuso», ha poi risposto il ministro ai giornalisti che gli hanno fatto osservare che le forze dell'ordine non sono state in grado di prevenire i tumulti e i saccheggi che da due giorni stanno interessando Atene, Salonicco e altre città del paese.

PROTESTE IN ITALIA - La protesta arriva anche in Italia. Scritte di protesta sono state tracciate a Torino sulla facciata del palazzo che ospita il consolato greco, in corso Galileo Ferraris, in riferimento disordini scoppiati in Grecia. «Assassini» e «Andreas vive nelle lotte» sono i messaggi che si leggono. Dell'iniziativa parla un comunicato della Fai (la federazione anarchica italiana), dove si ricorda, tra l' altro, che «Alexandros Andreas Grigoropoulos era un anarchico di 15 anni». Una dozzina di attivisti del centro sociale Tpo ha manifestato in tarda mattinata davanti al consolato onorario della Grecia a Bologna, nella centrale via Indipendenza, per protestare contro governo e polizia del paese ellenico. I manifestanti hanno apposto striscioni in greco e in italiano sul cancello e sulla targa del Consolato, con le scritte «Verità e giustizia per Andreas» e «Polizia omicida», e rovesciato vernice rossa sotto il portico. Con la stessa vernice hanno lasciato impronte delle loro mani sui muri e sulle colonne dell'edificio.

NESSUN ITALIANO COINVOLTO - Intanto l'ambasciata d'Italia ad Atene assicura che nessun cittadino italiano è rimasto coinvolto nei disordini in Grecia nè alcun interesse italiano è stato colpito. L'ambasciata segue con la massima attenzione quanto sta avvenendo e comunica di aver chiesto alle autorità competenti di porre in atto tutte le misure atte ad assicurare un'adeguata protezione degli interessi italiani nel Paese. L'ambasciata ha attivato due numeri telefonici (0030/6932204060 e 0030/2103616864) per fornire informazioni sulla situazione. È stato infine avviato un coordinamento con tutte le istituzioni italiane per valutare la situazione e individuare eventuali misure per rafforzare la sicurezza.

 

Madagascar, Daewoo e neocolonialismo

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Il progetto di Daewoo in Madagascar
 

Che cosa hanno in comune Madagascar e Corea del Sud ? In apparenza nulla. Il primo è un Paese in via di sviluppo, il secondo è una potenza economica. Uno sta in Africa, l'altro in Asia. I malgasci hanno un territorio incontaminato. Ai coreani manca il terreno coltivabile. Il Madagascar ha 28 abitanti per km2, la Corea del Sud 493 abitanti per km2.
Due Paesi diversi tra loro, ma accomunati oggi dalla Daewoo e dal
neocolonialismo senza capitali. Tronchetti e Colaninno hanno fatto scuola anche all'estero.
Un tempo si regalavano collanine e pietre lucenti agli indigeni in cambio di ogni ben di Dio. Oggi neppure quelli.
La Corea del Sud ha bisogno di mais, di olio di palma, di prodotti dell'agricoltura. Il Madagascar ha terra. La Daewoo sigla un accordo con il governo del Madagascar. Cessione di
1,3 milioni di ettari coltivabili per 99 anni. Più della metà della terra coltivabile del Paese (2,5 milioni di ettari).
Il tutto GRATIS. In cambio la Daewoo si impegna ad assumere i malgasci come contadini.

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Immagine dal Financial Times

Secondo
mister Hong, manager della Daewoo: "E' terra totalmente non sviluppata, incontaminata. E noi daremo lavoro rendendola coltivabile, e questo è buono per il Madagascar."
I prodotti di 1,3 milioni di ettari del Madagascar saranno inviati in Corea del Sud per il suo fabbisogno, è probabile che neppure una pannocchia rimanga ai malgasci.
Il Madagascar fa parte del World Food Programme da cui riceve cibo per
600.000 persone che vivono al limite della sussistenza. Gente alla fame alla quale si aggiungeranno migliaia di piccoli agricoltori con le loro famiglie.

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Distruzione foreste in Madagascar - foto Foko -Madagascar

Gli 1,3 milioni di ettari sono in gran parte
foreste. Saranno distrutte con pesanti effetti sul clima.Il contadino del Madagascar viene espropriato della terra, il cibo viene inviato all'estero, il suo ambiente viene distrutto. In cambio potrà lavorare per la Daewoo. Che culo!
Chi ha risorse non ha soldi. Chi ha soldi si compra le risorse. Ma cosa sono i soldi? Da dove provengono? Indovinate. Dalle risorse di chi non ha soldi.
L'
Africa ha la maggior parte della terra fertile non coltivata del mondo e la maggior parte dei morti di fame. Una ragione ci sarà.

 

 

Scudo anti-missile, no della Russia
alla collaborazione con gli Usa

Il Cremlino: «La soluzione proposta dagli Stati Uniti esclude qualsiasi ipotesi di discussione»

Il presidente russo Medvedev (Reuters)

Il presidente russo Medvedev (Reuters)

MOSCA - La Russia rifiuta la proposta di collaborazione lanciata dagli Usa sullo scudo anti-missile. «La soluzione proposta dagli Usa esclude qualsiasi ipotesi di discussione» taglia corto una fonte del Cremlino. Lo riferiscono le agenzie Itar Tass e Interfax. «Siamo pronti a cooperare con gli Stati Uniti sulla sicurezza europea - prosegue la fonte - ma le proposte sul sistema di difesa missilistico sono insufficienti».
OBAMA - Ma il Cremlino non si limita a respingere le offerte della vecchia gestione Usa. Sottolinea anche che ora il neoeletto presidente americano, Barack Obama, si trova in «una posizione sconveniente». E «l'ideologia dell’attuale amministrazione a tutti i costi vuol far passare che non c'è alternativa a questa decisione, per evitare qualsiasi discussione e mettere al muro il nuovo presidente degli Stati Uniti, per renderlo responsabile di quanto hanno deciso senza di lui». A tal proposito, il Cremlino non sembra molto possibilista su un prossimo incontro tra Medvedev e Obama al summit G20 a Washington: «Non è all'ordine del giorno», ha tagliato corto una fonte della presidenza russa.
COMPROMESSO - Le proposte respinte da Mosca non vogliono essere l'ultimo capitolo di una lunga e difficile contrapposizione. Il Cremlino ritiene che sia ancora possibile un compromesso con gli Stati Uniti sulla difesa missilistica. Anche il premier Vladimir Putin propone di lavorare insieme per prevenire le minacce di uno scudo, con la partecipazione di tutti i paesi interessati. Intanto il Cremlino non ha escluso che al vertice Apec (Cooperazione economica Asia-Pacifico) del 22-23 novembre a Lima il presidente russo, Dmitri Medvedev, e il capo di stato uscente degli Usa, George W. Bush, tengano una riunione.

LE TENSIONI - Le nuove proposte lanciate dagli Stati Uniti alla Russia riguardano l'accesso degli ufficiali russi a impianti di difesa missilistica in Polonia e nella Repubblica ceca. A quanto pare, però, a Mosca non basta. E dalla Russia arriva l'annuncio che il sistema di missili Iskander non è ancora stato dispiegato nella regione di Kaliningrad, ma che la decisione politica è già stata presa. Lo ha detto il generale Nikolai Makarov, capo di stato maggiore generale russo, rilanciando un allarme che il ministero degli Esteri di Mosca aveva tentato di far rientrare. Il 5 novembre Medvedev aveva annunciato - con un singolare benvenuto al nuovo inquilino della Casa Bianca, Barack Obama - le basi russe nel cuore dell’Europa. In un discorso programmatico al Cremlino, il capo di stato russo aveva accusato gli Usa di non ascoltare Mosca sulla dislocazione dello scudo antimissile in Europa». E allora «anche se non sarebbe necessario», aveva promesso l'installazione di basi missilistiche Iskander a ridosso della Germania, nell'enclave russa di Kaliningrad. Nel cuore del vecchio Continente. Nonché dispositivi di disturbo elettronici per trasformare lo scudo Usa in una sorta di groviera.

Continua il calo dei prezzi del greggio che ha toccato oggi il minimo in 20 mesi, scendendo al di sotto della soglia dei 60 dollari al barile. Il petrolio era arrivato nelle contrattazioni del premercato sul Nymex a un minimo di 58,32 dollari, il punto più basso dal marzo 2007. Anche se verso le 20.00 dell'11 novembre è scambiato a 59,05 dollari al barile e in calo di 3,38 dollari, è sceso sotto la soglia dei 59 dollari anche durante la seduta.
Anche a Londra, il
brent ha perso il 6 per cento, ovvero 3,54 dollari a 55,54 dollari al barile. A pesare sull'andamento del greggio è il rapporto dell'International Energy Agency, che potrebbe rivedere al ribasso le previsioni sulla domanda di greggio nel 2009 per il terzo mese consecutivo.
Gli scambi da molte sedute sono caratterizzati da una forte volatilità: il barile è vicino ora ai livelli della prima metà del 2007 ma, mentre allora la variazione tra il livello minimo e massimo durante ogni seduta era di circa 1,50 dollari al barile, attualmente lo scarto è di circa di 5,50 dollari, con picchi di 9,50 dollari.
I prezzi del greggio, così come l'andamento dei listini, avevano puntato nelle prime ore di lunedì verso l'alto, sulla scia della notizia che la Cina avrebbe avviato un piano di incentivi per l'economia da 586 miliardi di dollari. Nel corso della seduta, tuttavia, i guadagni sono andati in fumo, sia per il greggio sia per Wall Street. Hanno infine prevalso i timori sull'andamento dell'economia americana, che si trova ad affrontare il periodo peggiore in molti decenni.

 

 

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La Georgia ha bombardato l’Ossezia del Sud. Un piccolo Stato, una media provincia italiana. La stima è di 1300 morti. Quasi tutti civili. La Russia ha quindi invaso l’Ossezia con i suoi carri armati e bombardato Tbilisi, la capitale della Georgia. Nel frattempo Putin e Bush si scambiano convenevoli alle Olimpiadi dell’Ipocrisia e l’Unione Europea tace. E’ un’altra guerra che si combatte per l’energia. Dal Kazakistan petrolio e gas potrebbero arrivare in Europa senza passare in territorio russo. La Georgia è armata da Israele e dagli Stati Uniti. Il suo presidente si fa riprendere tra la bandiera nazionale e quella dell’Unione Europea, di cui la Georgia vuol entrare a far parte.
L’Ossezia è un episodio della guerra mondiale per il petrolio iniziata con la prima
invasione dell’Iraq nel 1991. Saddam attaccò il Kuwait e Bush padre intervenne. Non per liberarlo, ma per impedire a Saddam di controllare i flussi di petrolio del Golfo Persico. Bush figlio terminò il lavoro con la panzana delle armi di sterminio di massa. Pensate che agli americani interessi il destino degli abitanti del Kuwait o dell’Iraq, quando gli Stati Uniti non hanno mosso un dito per i genocidi del Ruanda e del Darfur?
La Cina compra petrolio dall’Iran, probabilmente lo arma. L'Iran vuole imporre il petrol-euro al posto del petrol-dollaro. Israele minaccia di bombardare l’Iran per la sua politica di sviluppo nucleare. La Cecenia è strategica per gli oleodotti russi. Questo è il motivo dei massacri ceceni e della guerra permanente. Il mondo è diviso in zone d’influenza del petrolio. Dove ci sono pozzi di petrolio c’è una guerra o un’occupazione militare (quasi sempre). Dove è strategico il passaggio di petrolio c’è un conflitto armato (quasi sempre). I
G8+1 (la Cina) e -1 (l’Italia) si riuniscono periodicamente per concordare le zone di influenza energetica. Tra loro la guerra non può scoppiare. Fanno massacrare i loro sudditi in guerre minori. Avamposti mascherati che comprano (anche) le loro armi. Business doppio: armi e petrolio.
Beati i popoli senza pozzi di petrolio perché erediteranno la pace.

Mosca: sì a Sudossezia e Abkhazia
"Le difenderemo se attaccate"

Il presidente georgiano parla al Paese: "E' annessione"
Ban ki-Moon: "Si rischiano complicazioni nel Caucaso"


 

Mosca: sì a Sudossezia e Abkhazia "Le difenderemo se attaccate"

Il presidente russo Dmitry Medvedev

MOSCA - La Russia è pronta ad aiutare Abkhazia e Ossezia del Sud e a garantirne la sicurezza in caso di attacchi. Dopo aver riconosciuto ufficialmente l'indipendenza delle due repubbliche "ribelli" il presidente russo Dmitri Medvedev alza ulteriormente i toni in una intervista alla Cnn riferita dall'agenzia Itar-Tass. Ma aggiunge subito dopo che Mosca non intende intervenire militarmente in altri conflitti nell'ex Urss, anche se deve garantire i suoi interessi "su tutto il perimetro".
Il riconoscimento delle due repubbliche secessioniste "non è una sfida, ma la nostra posizione, dettata da una serie di circostanze" continua Medvedev. Non temo una guerra fredda ma non la cerco, dice ancora il presidente russo che in relazione alla crisi ha scritto una lettera a George W. Bush, al presidente francese Sarkozy, al cancelliere tedesco Angela Merkel e al presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi. Poi, parlando con la Bbc accusa Washington: Gli Stati Uniti, dice, inviano armi alla Georgia attraverso navi americane dirette al porto di Poti, spacciate per cargo umanitari.
Saakashvili: "La Russia ci annette". Non si è fatta attendere la reazione della Georgia, che parla apertamente di "annessione" e di "riconoscimento senza valore legale". Il presidente Saakashvili si è rivolto alla popolazione con un discorso alla nazione trasmesso in diretta alla televisione di stato: "La Russia intende annettere il nostro territorio" ha denunciato e "la decisione di riconoscere le due repubbliche è completamente illegale". La Georgia, ha aggiunto, "lotterà pacificamente contro il male per ristabilire la propria integrità territoriale". E dopo le ultime decisioni di Mosca, ha ribadito il suo appello perché Tbilisi venga acc
olta al più presto nella Nato. La comunità internazionale condanna. Dalla comunità internazionale oggi è arrivato un coro compatto di critiche. Per il presidente americano George W. Bush la decisione della Russia è "irresponsabile" e Washington chiede che venga riconsiderata. Prima Condoleezza Rice aveva parlato di un'azione deplorevole ed inaccettabile. La Nato rifiuta il riconoscimento delle due Repubbliche separatiste, e la Francia, presidente di turno della Ue, chiede una condanna unanime dall'Europa. In un'intervista il ministro degli Esteri Bernard Kouchner ammette che la Parigi teme una guerra nel Caucaso e che non la vuole. Il segretario generale dell'Onu Ban ki-Moon ammonisce che l'indipendenza delle regioni georgiane separatiste rischia di provocare "più ampie complicazioni nella regione del Caucaso" e anche nelle discussioni "all'interno del Consiglio di Sicurezza dell'Onu". E nette condanne arrivano anche da Londra e Berlino.
Alla raffica di attacchi il ministro degli Esteri russo Lavrov precisa che la Russia "non intende annettersi Sudossezia e Abkhazia". Intanto, nelle due regioni "ribelli" esplode la festa. I due presidenti inviano i loro ringraziamenti a Mosca e parlano di "scelta storica". E per le strade di Ossezia del sud e Abkhazia la notizia è stata accolta con spari in aria, fuochi d'artificio e bandiere "nazionali". Una festa già iniziata ieri, dopo l'approvazione del riconoscimento da parte del Parlamento russo.
Il primo passo di Mosca. Nel discorso alla nazione trasmesso dalla tivù di Stato, Medvedev ha spiegato che la Russia intende "prevenire il genocidio, lo sterminio di quei popoli" e poi ha ordinato al ministero degli Esteri di avviare le trattative per stabilire rapporti diplomatici con Abkhazia e Ossezia del sud. Prime conseguenze anche a livello economico: dopo il riconoscimento, la borsa russa ha registrato un crollo.
La condanna Nato. Duro l'attacco dell'Alleanza, che, per voce del segretario generale Jaap de Hoop Scheffer, definisce la mossa del Cremlino "una violazione diretta di numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riguardanti l'integrità territoriale georgiana, risoluzioni che la stessa Russia ha appoggiato".
La reazione italiana. "Come temevo il riconoscimento c'è stato". Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha espresso il suo rammarico per "un riconoscimento unilaterale che non ha quadro di legalità internazionale alle spalle" e ha paventato il rischio di una "balcanizzazione" della zona del Caucaso.
Mosca minaccia di chiudere il transito Nato. Stamattina, prima della dichiarazione di Medvedev, il vice capo dello Stato maggiore Anatoli Nogovitsin aveva minacciato la chiusura del territorio russo al transito militare alla Nato verso l'Afghanistan. Ulteriore segno che i rapporti tra la Russia e l'Alleanza sono sul filo del rasoio. Nel corso della giornata però l'ambasciatore russo presso la Nato, Rogozin, ha rassicurato che Mosca non ha intenzione di sospendere la collaborazione con l'Alleanza e, in particolare, che il transito verso il paese asiatico non verrà impedito.

 


 

 

 

  

 

 


 

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400 MILIONI DI EURO IL COSTO DEL REFERENDUM SUPPLETIVO SULLA LEGGE ELETTORALE FOGNA PER LO SPARTIMENTO AB ETERNO DI FONDI PUBBLICI IN RIMBORSI ELETTORALI ANCHE PER CHI NON SUPERA LO SBARRAMENTO IMPOSTO DALLA STESSA LEGGE FINO ALLA FINANZIARIA DEL 2011, 300.000 EURO DI MULTA QUOTIDIANA PER TENERE RETE4 ABUSIVA IN SPREGIO ALLE SENTENZE DEFINITIVE DELL'EUROPA,1000 MILIONI DI EURO PER FINANZIARE LA DISINFORMAZIONE, 5 MILIARDI DI DOLLARI PER "RISARCIRE" LA LIBIA DI NON SI SA BENE CHE COSA,TAGLIO DI 8 MILIARDI DI EURO DI FONDI ALLO STUDIO E RICERCA PER COPRIRE I 3 MILIARDI DI EURO DI DEBITI ALITALIA SVENDUTA ALLA FRANCIA,400 MILIONI DI EURO DATI ALLE TESSERE ANNONARIE FASCISTE ATTRAVERSO IL SACCHEGGIO DEI "CONTI DORMIENTI",TESSERE ALTRESI' IN PARECCHI CASI VUOTE,5 MILIARDI DI MANOVRA ECONOMICA CHE SE NE ANDRANNO PER FINANZIARE L'AUMENTO DEL 700% DI CASSAINTEGRAZIONE A CUI SI UNISCONO LE GRANDI INFRASTRUTTURE INUTILI COME IL CORRIDOIO 5, IL PONTE DI MESSINA E LA TAV,TAGLIANDO QUALSIASI FORMA DI INVESTIMENTO SULLO SPOSTAMENTO ALTERNATIVO,IL TELELAVORO,IL LANCIO DI ECONOMIE SOSTENIBILI CAPACI DI ASSORBIRE LAVORATORI,FINANZIANDO ALTRESì PER LA QUARTA VOLTA IN 10 ANNI LA FIAT CON LA TRUFFA COLOSSALE DEGLI INCENTIVI ALLA ROTTAMAZIONE,PER NON PARLARE DI SPERPERI INFINITI SUGLI INCENERITORI CANCRONISTICI,CONVERSIONI DI CENTRALI AD OLI CON CARBONE DETTO "VERDE",ED E' PASSATO SOLO UN ANNO.....DI ASFALTATURA:

Saccà e Berlusconi (Ansa)
Saccà e Berlusconi (Ansa)

ROMA - La Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione del procedimento contro Silvio Berlusconi e Agostino Saccà per la vicenda delle intercettazioni su presunti favori nei confronti di alcune attrici e le presunte trattative per il passaggio all'opposizione di senatori della maggioranza che sosteneva il governo Prodi. Questa la motivazione: «Il quadro probatorio emerso al termine delle indagini e le conclusioni in fatto e in diritto effettuate hanno indotto questo ufficio a ritenere che gli elementi acquisiti non sono idonei a sostenere l'accusa in un eventuale giudizio».DISTRUGGERE INTERCETTAZIONI - La Procura ha chiesto al gip di distruggere le intercettazioni e tutta la documentazione, anche in formato informatico, riferite al capitolo di inchiesta su Berlusconi e Saccà, ovvero le conversazioni tra i due, le conversazioni private fatte dagli indagati con terze persone, tra cui attrici e politici, non coinvolte nell'indagine e i colloqui di Berlusconi con altre persone e ragazze che orbitavano nel mondo dello spettacolo. Nel motivare la richiesta, i magistrati capitolini spiegano che «le conversazioni appaiono irrilevanti» e che c'è «necessità di assicurare il massimo della tutela possibile alla riservatezza dei soggetti coinvolti». Secondo i pm Angelantonio Racanelli e Sergio Colaiocco non ci sono le prove di un accordo corruttivo nella telefonata tra Berlusconi e Saccà del 6 luglio 2007, quando il primo dice al secondo «sai che poi ti ricambierò dall’altra parte quando tu sarai un libero imprenditore...». Nei verbali si spiega che Saccà ride e Berlusconi aggiunge «mi impegno a... eh, a darti un grande sostegno».«NON C'È STATO DO UT DES» - «Non vi è certezza sull'esistenza di un do ut des. Lo stretto legame tra l'onorevole Berlusconi e Saccà, che emerge con l'evidenza dall'attività investigativa, era tale da consentire al primo di effettuare segnalazioni al secondo senza dover promettere o ottenere nulla in cambio - sostiene la Procura di Roma nella richiesta di archiviazione al gup -. Appare verosimile ritenere che l’attenzione prestata alle cortesie richieste, siano state occasionali o sistematiche, sia stata caratteristica di un rapporto asimmetrico nel quale, comunque, l’onorevole Berlusconi non aveva alcuna necessità di garantire indebite utilità per essere ascoltato e per ricevere favori da Saccà». Rispetto alla società che avrebbe dovuto creare Saccà, i magistrati spiegano che «anche l’analitico esame della vicenda relativa al cosiddetto progetto Pegasus non consente di individuare con precisione e con profili di concretezza una promessa da parte dell’onorevole Berlusconi, ma soprattutto non consente di stabilire, con elementi di certezza, un collegamento tra una partecipazione eventuale di società o di soggetti, collegati direttamente o indirettamente all’onorevole Berlusconi, al progetto Pegasus e le segnalazioni effettuate dallo stesso Berlusconi a Saccà in favore di varie attrici e i successivi interventi in tal senso da parte di Saccà».ATTRICI RACCOMANDATE - Berlusconi era stato indagato per corruzione per aver raccomandato nel 2007 all'allora direttore di RaiFiction Saccà cinque attrici in cambio di sostegno finanziario, imprenditoriale e politico. I magistrati romani hanno chiesto di archiviare anche l'altro filone relativo a un presunto accordo corruttivo che legava la commercialista Stefania Tucci, il consulente finanziario Giuseppe Proietti e lo stesso Saccà per la presunta promessa di sostegno finanziario ed economico alla società Pegasus, istituita da quest'ultimo. Entrambi i capitoli di inchiesta erano stati aperti dal pm Vincenzo Piscitelli della Procura di Napoli e poi trasferiti nella capitale. Il gip di Napoli Luigi Giordano, che aveva accolto la richiesta dei legali di Berlusconi di dichiarare l'incompetenza territoriale dell'autorità giudiziaria napoletana, determinò anche la trasmissione delle intercettazioni alla Procura di Roma. Secondo i magistrati partenopei sarebbero cinque o sei le telefonate che proverebbero l'accusa di corruzione nei confronti del premier.PROCEDIMENTO DISCIPLINARE - Parallelamente all'indagine della magistratura, la Rai ha aperto a dicembre 2007 un procedimento disciplinare a carico di Saccà, che a dicembre si è autosospeso da direttore di RaiFiction, per valutare le eventuali violazioni del codice etico aziendale. L'azienda intanto ha deciso la sospensione cautelare del dirigente: a giugno 2008 il giudice del lavoro ha ordinato il reintegro di Saccà alla direzione di RaiFiction, decisione impugnata dall'azienda e ribaltata a luglio dal tribunale del lavoro, che ha accolto il ricorso di Viale Mazzini. Sempre a luglio, al dirigente è arrivata una nuova contestazione disciplinare, basata su una nuova tranche di intercettazioni acquisite dalla Procura di Napoli. Nello stesso mese, il cda della Rai ha bocciato la proposta di licenziamento di Saccà avanzata dal direttore generale Claudio Cappon; il 1° agosto è passata invece la proposta di trasferimento di Saccà alla direzione commerciale di Viale Mazzini.


«È reale il pericolo che 60 mila lavoratori restino a casa senza un intervento del governo»

Sergio Marchionne (LaPresse)
Sergio Marchionne (LaPresse)

TORINO - A due giorni dal tavolo sulla crisi del settore automobilistico in programma a palazzo Chigi tra Governo, imprese del settore e sindacati (Fiom, Fim, Uilm e Fismic), l'ad di Fiat Sergio Marchionne conferma i timori espressi dai sindacati e lancia l'allarme: «Il rischio che 60.000 lavoratori del comparto auto, in Italia, restino a casa, se non ci sarà un intervento del governo, è reale» ha detto l'amministratore delegato del Lingotto. Marchionne ha parlato entrando all'Unione Industriale dove si tiene la riunione del consiglio direttivo sulla crisi economica.

ECOINCENTIVI - L'ad Fiat ha confermato dunque il calcolo del segretario nazionale della Fim-Cisl, Bruno Vitali che in mattinata aveva sottolineato come il settore "automotive" (auto, camion, autobus e in generale la produzione di mezzi di trasporto su ruote) ha registrato un calo della domanda del 20%. «Se questo calo diventa strutturale - ha spiegato Vitali entrando in un'assemblea alla Fiat Mirafiori carrozzerie proprio sulla crisi e sull'incontro con il Governo - i posti di lavoro a rischio potrebbero essere 60.000. Ci aspettiamo che il Governo metta in campo ecoincentivi all'acquisto e intervenga affinchè le produzioni italiane non vengano dismesse e trasferite all'estero».

«INTERVENTO PER TUTTI» - Parole condivise dallo stesso Marchionne. «Dal governo ci aspettiamo un intervento per tutto il settore dell'auto, che sta vendendo il 60% in meno dell'anno scorso». «Non si tratta di aiutare la Fiat, ma di fare ripartire un intero comparto produttivo e tutta l'economia», ha aggiunto Marchionne. Quanto alle affermazioni del ministro Roberto Calderoli su un ipotetico intervento del governo («Se arrivano gli aiuti alla Fiat ci sarà la rivolta popolare»), Marchionne si è limitato a dire: «Sono d'accordo, il sostegno deve essere dato a tutto il settore».

Air France domine le ciel européen, ma Alitalia non doveva rimanere italiana??

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Le Figaro, 13-1-2009

L'Alitalia è francese. Air France ha il 25% del capitale, primo azionista, unico con competenze nel settore, prossimo azionista di maggioranza (accetto scommesse). Berlusconi avrà la Legion d'Onore. Spinetta, l'amministratore delegato di Air France, ha risparmiato qualche miliardo di euro rispetto all'offerta fatta a Prodi e ha 10.000 dipendenti licenziati in meno sul gobbo. E nessun concorrente sulla tratta Milano-Roma con la fusione di Alitalia con Air One.
Chi paga il conto? Les italiens cocus.

Air France prend Alitalia sous son aile. - da Le Figaro
Questa volta è ufficiale... Air France-KLM entra nel capitale di Alitalia... Air France-KLM pagherà 323 milioni di euro per diventare il primo azionista di Alitalia, con il 25% del capitale e tre consiglieri di amministrazione. Al suo fianco, i principali azionisti sono gli investitori mobilitati da Silvio Berlusconi... Grazie a questa nuova partecipazione Air France-KLM conferma la sua posizione di leader del cielo in termini di traffico.

Jean-Cyril Spinetta réussit son dernier grand coup à la tête de la compagnie. - da Le Figaro
... Il consiglio di amministrazione di Alitalia si era pronunciato una prima volta a favore di un matrimonio con Air France-KLM in marzo. Ma i due partner non poterono concludere per l'opposizione dei sindacati italiani e, soprattutto, di quella di Silvio Berlusconi, allora in piena campagna elettorale. Una volta insediato come presidente del Consiglio, il Cavaliere non mancherà di sottolineare la preferenza di una soluzione italiana con Lufthansa come partner straniero...

En service commandé pour Silvio Berlusconi - da Le Figaro
Da oggi, CAI e Air France-KLM prendono ufficialmente i comandi di Alitalia, liberando il ministero del Tesoro dall'obbligo di essere l'azionista di riferimento... Per la sua partecipazione del 49,9% CAI verserà allo Stato 1,052 miliardi di euro. Infatti, soltanto 390 milioni saranno versati immediatamente. Il resto in 24 mesi. Air France pagherà la sua partecipazione del 25% 323 milioni di euro. Con un diritto di prelazione sulle quote di chi vorrà ritirarsi nei prossimi quattro anni... Letizia Moratti, sindaco di Milano, ha considerato "inaccettabile" di svendere per così poco Alitalia a Air France, la quale non vuole altro che "acquistare il mercato italiano, quando Lufthansa aveva un progetto industriale di lunga portata!".

 

«Nel 2009 il Pil si contrarrà del 2%»

Bankitalia: «Caduta, superiore alle attese, della produzione industriale nell'ultimo scorcio del 2008»

ROMA - Previsioni fosche per l'economia italiana. «Valutiamo che, tenendo conto delle misure di sostegno alla domanda decise dal governo, il Pil si contrarrà del 2% nella media del 2009». Lo afferma Bankitalia nel suo bollettino economico sottolineando come la previsione «tiene conto della caduta, superiore alle attese, della produzione industriale nell'ultimo corcio del 2008, in particolare il dato di novembre» diffuso mercoledì.

PRODUZIONE E CONSUMI - Nel quarto trimestre dell'anno scorso l'indice della produzione industriale sarebbe caduto di circa il 6%. Nella media del 2008 il calo sarebbe stato intorno al 4%.
 

Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi (Imagoeconomica)
Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi (Imagoeconomica)

«Si tratterebbe», rilevano i tecnici di Palazzo Koch, «di uno dei peggiori risultati dal secondo dopoguerra; l'intensità del calo è sin qui simile a quella registrata nella crisi 1974-75 in cui, dopo un anno e mezzo, la contrazione dell'attività superò cumulativamente il 20%». E per il futuro poco spazio all'ottimismo: «I sondaggi congiunturali non lasciano intravedere una ripresa dell'attività manifatturiera a breve termine». In grave difficoltà anche l'export. Le vendite italiane all'estero si contrarranno di oltre il 5% nel 2009, per aumentare poi del 4% nel 2010, sulla scia della possibile ripresa degli scambi internazionali e di un lieve guadagno di competitività. La contrazione della domanda interna è destinata a intensificarsi quest'anno, riflettendo in particolare una caduta di oltre il 7% dell'accumulazione di capitale. I consumi, che rimarranno stagnanti, risentiranno meno delle condizioni cicliche avverse, grazie all'impatto favorevole della riduzione dell'inflazione sulla capacità di spesa delle famiglie. Inoltre, potrebbero beneficiare delle misure recentemente approvate dal Governo a favore delle famiglie meno abbienti. L'aumento della spesa in servizi e beni non durevoli compenserebbe il calo di circa il 4% degli acquisti di beni durevoli. Nel 2010, poi, con il miglioramento delle condizioni cicliche, i consumi tornerebbero a crescere a un ritmo appena inferiore a quello previsto per il Pil. Il reddito disponibile del settore privato aumenterebbe in media di circa lo 0,2% in termini reali nel 2009-2010, dopo una marcata diminuzione, superiore all'1%, nel 2008.

RAPPORTO DEBITO-PIL -Il rapporto debito/Pil risale nel 2008 al 105%. Il peggioramento della congiuntura, nota la Banca d'Italia, è destinato ad avere effetti maggiori sui conti pubblici di quest'anno. La manovra di bilancio per il triennio 2009-2011 è stata integrata senza modifiche significative ai saldi programmati con la finanziaria 2009 e con il dl anticrisi che recepisce 5,6 miliardi per quest'anno. Anche il fabbisogno, ricorda il bollettino economico, nel 2008 è tornato a crescere e l'aumento rispetto al 2007 è valutabile in un punto percentuale del Pil. Le entrate tributarie sono rimaste invece pressochè invariate.

INFLAZIONE - «L'inflazione al consumo diminuirà nella media del 2009 all'1,1%, per risalire all'1,4% nel 2010 riflettendo principalmente la caduta dei prezzi delle materie prime della seconda metà del 2008 e l'ipotesi di un recupero moderato nei due anni successivi» spiega ancora via Nazionale nel suo Bollettino.

RIPRESA - In Italia la fase recessiva proseguirà per tutto il 2009 e il prodotto interno lordo tornerà ad espandersi solo nel 2010 «beneficiando di una ripresa dell'economia mondiale e degli scambi internazionali». Bankitalia aggiunge poi che «dopo un calo dello 0,6% nel 2008 e del 2% nel 2009» il pil «aumenterà dello 0,5% nel 2010».

INDEBITAMENTO - Le famiglie italiane sono sempre più indebitate: aumentano, anche se in misura lieve, le componenti dei prestiti bancari a medio e lungo termine e gli oneri sostenuti per il servizio del debito (pagamento degli interessi e restituzione del capitale) che hanno raggiunto l’8,3% del reddito disponibile spiega ancora la Banca d’Italia. Il rapporto tra il debito e il reddito delle famiglie, sottolinea l’istituto di via Nazionale, continua comunque a essere molto basso nel confronto internazionale: è pari a circa la metà di quello medio dell’area dell’euro e a un terzo di quelli di Usa e Regno Unito.

TREMONTI - «Torniamo al 2006, non mi sembra il Medioevo» ha detto il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti commentando la previsione del -2% del Pil 2009 fatta da Bankitalia. Tremonti ha anche spiegato che «non è la politica giusta sostenere la domanda facendo nuovo debito».

VELTRONI - Ma la risposta di Tremonti non convince il segretario del Pd Walter Veltroni che in una nota spiega: «I dati sul Pil diffusi oggi dalla Banca d’Italia dimostrano che l’Italia è in emergenza ma nonostante ciò il ministro Tremonti fa finta di nulla. Ormai è chiaro: l'Italia è in emergenza. La Banca d'Italia ci dice che crolla il Pil, al -2%, che precipitano le esportazioni, al -5%, che gli effetti della crisi sui conti pubblici si faranno sentire e che una situazione tanto grave non si vedeva dai tempi della grande crisi petrolifera. Sono numeri drammatici, come drammatica è la situazione per centinaia di migliaia di famiglie, soprattutto per i precari e per quanti rischiano il posto, per i cassintegrati, per le piccole e medie imprese». Eppure, prosegue Veltroni, «anche davanti a questi dati, il ministro Tremonti fa finta di nulla e misura il crollo del Pil sulla disastrosa performance del precedente governo Berlusconi».

Confindustria: 4 miliardi non bastano

Gli industriali giudicano insufficienti gli stanziamenti previsti dal governo nel decreto anti-crisi

ROMA - Quattro miliardi non bastano. Lo stanziamento previsto dal governo nel decreto anti-crisi per il 2009 rischia di essere in sufficiente. Quindi, per fare fronte alla crisi, in Italia «occorre riallocare in fretta un ammontare di risorse ben maggiore». Lo afferma Confindustria nella congiuntura flash del Centro studi sottolineando che è necessario adottare riforme strutturali «che portino risparmi nei prossimi anni e accrescano la credibilità del Paese».

L'AZIONE DEI GOVERNI - Confindustria non esprime un giudizio negativo sul solo esecutivo italiano ma giudica «inadeguate» le azioni dei governi a livello internazionale «perchè lente, contenute, incerte, con tensioni e divisioni interne e tra i Paesi». In particolare è giudicato «controproducente» il tempismo delle decisioni tedesche. «I pacchetti di stimolo all'economia effettivamente adottati dai governi - afferma il Centro studi - sono ancora troppo modesti nell'ammontare e lenti nel varo per invertire la marcia della crisi. Molte misure erano già previste, altre sono annunciate». In dettaglio, per gli interventi in fase di elaborazione in Germania (50 miliardi di euro) e Usa (775 miliardi di dollari) «occorre fare presto perchè stiamo entrando nel culmine della crisi». Nell'Unione europea inoltre «l'efficacia degli stimoli fiscali è ridotta dall'insufficiente livello di coordinamento»

Alitalia, la Moratti: c'è offerta Lufthansa, la Cai aspetti. Invece non ha aspettato:Testa d'Asfalto ha ordinato di procedere con la svendita e che la sgualgia vada aff......o!!!

Nuova Alitalia, poche ore al decolloOggi il «sì» all'intesa con Air France

La mossa SINISTRA del sindaco
di Milano: «Lotterò fino alla fine PERCHE' SONO UNA MEGABORG COI TACCHI A SPILLO ED HO VOGLIA DI RODERGLI IL BUCO DEL  ....». Il ministro Matteoli la critica: «Ha un curioso atteggiamento.SAPEVA BENISSIMO CHE SI TRATTAVA DI UNA SVENDITA A DEBITO PER LO STATO, A NOI DEGLI HUB NON CE NE FOTTE NIENTE E QUINDI CE NE FREGHIAMO DI MALPENSA ED AFFINI»
Il destino di Alitalia purtroppo non è il fallimento ma la riduzione drastica a compagnia minimale LOW COST così come predetto da Grillo in uno spettacolo del 2005 (dopo il crak Parmalat e l'impennata del PIL Usa dopo l'11 settembre 2001,passando per gli Equity Swop del pastone Montezemolo-Gabetti-Grande Stewens,PER IL CROLLO BANCARIO ANNUNCIATO NEL LUGLIO 2008....)

AVEVAMO  DOCUMENTATO ATTRAVERSO LA RASSEGNA STAMPA LOCALE L'IMPATTO DELLA CRISI SULL'ECONOMIA "SOLO" DEL NORD EST D'ITALIA. CI ERAVAMO SBAGLIATI. LA CRISI NON ESISTE E VI SVELEREMO IL PERCHE'

Rinascente, record d'incassi
«Ma sono in calo i volontari»

Shopping contro la crisi: circa due milioni di incasso per il grande magazzino del centro

Folla in centro (Tam Tam)
Folla in centro (Tam Tam)

MILANO - Crisi. Crollo. Recessione. Tutto vero, quando si tratta di fare del bene: quest'anno a Milano, oltre ai soldi mancano anche i volontari. Per il resto, e cioè i consumi, sono alti e bassi: in difficoltà i piccoli negozi, in ripresa le grandi catene. Con addirittura un record: sabato sera la Rinascente ha registrato l'incasso più alto della sua storia, intorno ai due milioni di euro in un solo giorno. Oltre 50 mila ingressi dalle 9.30 alle 22 (come ieri, del resto), le casse piene (ma la cifra esatta è top secret) e coda fin dal primo mattino. «È vero, è andata benissimo — ammette quasi imbarazzata Sonia Burgazzi, direttrice dello storico grande magazzino in corso Vittorio Emanuele — : il segreto sta nell'offrire alla clientela un'amplissima varietà di prodotti e di prezzi». Contraddizioni del Natale milanese: mentre sale il volume degli acquisti, scende il numero di chi, durante le feste, sceglie di dedicarsi agli altri. Secondo l'Osservatorio di Milano, negli ospizi, nelle mense dei poveri e sulle ambulanze i volontari sono circa il 30-40 per cento in meno rispetto al 2007. Solidarietà in crisi. Come al Naga, l'ambulatorio medico per immigrati e senza dimora di via Zamenhof che per le prossime due settimane ha deciso di chiudere i battenti. Spiegazione: «Non siamo riusciti a garantire una disponibilità sufficiente da parte dei medici ». Conclusione serafica: «Riapriremo dopo l'Epifania». Al centro Caritas Salesiani di Sesto San Giovanni la preoccupazione si avverte un po' di più : «Disponiamo di cinque auto e pochi autisti: abbiamo bisogno di personale. Con urgenza».Anche l'«Aggiungi un posto a tavola» di Massimo Todisco (famiglie che accolgono in casa i più bisognosi per il pranzo del 25) registra una diminuzione consistente delle adesioni. Come la Croce Verde di pubblica assistenza, da tempo a caccia di volontari disposti a prestare servizio in ambulanza. Il presidente, Sergio Falcone, sospira: «La colpa? Del precariato e dei troppi impegni».

 

Crac Parmalat, dieci anni a Tanzi. I giudici del tribunale di Milano hanno assolto gli altri imputati, condannando solo l'ex patron

Calisto Tanzi (Ansa)
Calisto Tanzi (Ansa)

MILANO - I giudici del tribunale di Milano hanno condannato a dieci anni di reclusione Calisto Tanzi per la vicenda del crac Parmalat. Il pm aveva chiesto tredici anni. L'ex patron dell'azienda di Collecchio, era imputato insieme ad altre otto, tra persone fisiche e società, per aggiotaggio, falso dei revisori e ostacolo alla Consob. Alla fine del 2003 Parmalat crollò sotto il peso di un buco da oltre 14 miliardi di euro, trascinando nel baratro oltre 100.000 risparmiatori che avevano sottoscritto obbligazioni del gruppo. ASSOLTI GLI ALTRI IMPUTATI - I giudici che hanno condannato Tanzi hanno assolto sette degli altri otto imputati. Tra gli assolti ci sono gli uomini di Bank of America Luca Sala, Antonio Luzi e Louis Moncada e i consiglieri di amministrazione indipendente Paolo Sciumè, Luciano Spilingardi, Enrico Barachini e Giovanni Bonici, ex responsabile di Parmalat Venezuela. All'ottavo imputato, la società Italaudit (ex Grant Thornton), è stata invece comminata una multa. «UNICO RESPONSABILE» - «Prendo atto che l'unico responsabile è evidentemente Calisto Tanzi» ha detto il legale difensore di dell'ex numero uno di Collecchio dopo la sentenza. Ma è presto per parlare di un ricorso in appello: «Prima - ha detto l'avvocato Giampiero Biancolella - dobbiamo leggere i motivi di questa sentenza».BANK OF AMERICA - Calisto Tanzi, dovrà risarcire Bank of America con 80mila euro. È questa una delle decisioni più sorprendenti contenute nella sentenza con cui il tribunale di Milano ha condannato solamente Tanzi a 10 anni di reclusione, assolvendo tutti gli altri imputati e dichiarando che Bank of America non deve essere sanzionata come responsabile civile e non dovrà versare un euro ai risparmiatori. «Siamo molto felici e la consideriamo una sentenza giusta e rispettosa del diritto» ha affermato Jacopo Pensa, legale di Antonio Luzi, ex dipendente di Bank of America, assolto. A un cronista che gli chiedeva se è possibile che Tanzi sia l'unico responsabile, l'avvocato ha risposto: «Può essere così, ma certamente se l'ha fatto con altri, non l'ha fatto con chi è stato assolto questa sera». «CONFERMATO L'IMPIANTO ACCUSATORIO» - Non sembra turbato dalla sentenza del Tribunale di Milano, che ha condannato il solo Calisto Tanzi e ha assolto gli altri imputati, il procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco, il quale analizza la situazione nella sua complessità e ricorda come su 29 imputati complessivi almeno una ventina siano stati condannati o abbiano patteggiato. «Per quanto riguarda il capo d'imputazione riguardante Bank of America - spiega il procuratore aggiunto - è stata riconosciuta la prescrizione, peraltro modificata a seguito della legge Cirielli». Pertanto, per il magistrato, «l'impianto dell'inchiesta rimane confermato». Impugnerete la sentenza? «Vedremo le motivazioni e decideremo».

PATTEGGIAMENTI - I giudici della prima sezione penale del Tribunale di Milano, chiamati anche a decidere se accogliere o meno le richieste di patteggiamento già concordate con la Procura, hanno respinto una richiesta di patteggiamento presentata da due imputati: Maurizio Bianchi e Lorenzo Penca ritenendo la pena patteggiata non congrua e disponendo quindi la separazione delle loro posizioni. Per un'altra decina di imputati è stata invece accolta la richiesta di patteggiamento a pene che vanno dai 5 mesi e 10 giorni ai 2 mesi.

 

 

 

Sul clima, grazie anche all'Italia, accordo al ribasso a Bruxelles Stampa E-mail
Un fallimento per la tutela dell'ambiente, e Berlusconi si dichiara «soddisfatto»

  L'accordo sul pacchetto di misure per il clima è stato raggiunto all'unanimità dai leader europei nel corso del vertice di Bruxelles

L'accordo prevede un taglio del 20% delle emissioni di gas serra all'interno dell'Unione europea entro il 2020, l'aumento del 20% dell'efficienza energetica e che venga portato al 20% il ricorso alle fonti alternative nel mix energetico.
Il negoziato sul clima ha avuto una accelerazione questa mattina, dopo che la presidenza di turno francese ha presentato una nuova bozza di accordo che ha ottenuto il consenso di tutti i leader dei Ventisette, superando anche lo scoglio dell'opposizione ungherese al «fondo di solidarietà» previsto per la transizione energetica dei paesi dell'Est, e accogliendo tre delle ultime quattro richieste dell'Italia. Un accordo quindi al ribasso.

Il testo prevede una maggiore flessibilità per i settori industriali, che dal 2013 dovranno pagare per ottenere il diritto ad inquinare. I settori non esposti ai rischi di «carbon leakage» (fuga di carbone) cominceranno nel 2013 con l'obbligo di pagare il 20% dei diritti di C02 per arrivare al 70% nel 2020 e raggiungere il 100% solo nel 2025. La bozza precedente fissava la messa a pieno regime del sistema nel 2020. Per i settori più esposti al «carbon leakage» e quindi ai rischi di delocalizzazione, inoltre, non cambiano le percentuali sui costi addizionali diretti ed indiretti per definire i settori che possono ottenere il pieno esonero dal pagamento dei permessi di Co2, ma vengono scorporati alcuni criteri. Ciò consente all'Italia «esonerare» i quattro settori industriali per i quali si temeva di più l'impatto del nuovo sistema (carta, ceramica, vetro e siderurgia). Questi settori potranno contare sul 100% dei permessi di C02 gratuiti fino al 2020.

E' aumentata, poi la quota dei permessi di C02 da destinare al sostegno di progetti di cattura e stoccaggio del carbone. Il testo precedente indicava una quota di 150 milioni, nella nuova bozza questa soglia è portata a 200 milioni di quote di emissione. La minaccia quindi di porre il veto sul pacchetto clima dell’Unione europea, posto da alcuni paesi, con l’Italia come capofila, «per tutelare le industrie italiane dai costi derivanti dalle restrizioni ecologiche» pare abbia fatto effetto, tanto da indurre oggi Berlusconi a definirsi «soddisfatto».

Non dicono altrettanto le associazioni ambientaliste e organizzazioni non governative (Greenpeace, Wwf, Oxfam, Amici della terra e Climate action network) che hanno denunciato l'accordo sul clima definendolo un «fallimento». Le organizzazioni lanciano un appello al parlamento europeo perché emendi i punti cattivi dell'accordo. Il compromesso tra i 27 dovrà infatti passare all'esame dell'Europarlamento. Il voto è previsto il 17 dicembre prossimo, in assemblea plenaria a Strasburgo.

L'ANDAMENTO OCCUPAZIONALE DEL NORD D'ITALIA

Occupazione in calo nelle grandi imprese
Boom di scioperi, ferme le retribuzioni.
Gli stipendi cresciuti del 3,6% in un anno, fermi rispetto allo scorso mese. Ma l'allarme giunge dalle aziende con più di 500 dipendenti: aumenta il ricorso alla cassa integrazione.

La gestione dei rifiuti in Emilia Romagna

"La ricca Bologna che fu contadina" diventa disoccupata, ma con l' orto di cemento. Gli ortaggi ora li importa. Il bufalo emiliano romagnolo è più sanguigno degli altri della penisola. Quando carica, carica. Il suo è sempre un movimento di massa. Gli piace far le cose insieme agli altri. E fa paura. L'Emilia Romagna è stata la regione più nera d'Italia, poi la più rossa.
Il cambiamento è quasi sempre partito da lì.
Le regioni italiane stanno diventando un mosaico di disoccupati. Nel frattempo l'Italia del Nord è cementificata dagli immobiliaristi che si fanno prestare i soldi dalle banche che si fanno prestare i soldi dal Governo e quindi dai contribuenti.
Lo psico(nano)spacciatore di ottimismo non riesce più a capire la differenza tra fiducia e consumismo. Per lui l'ottimista deve consumare, altrimenti è un sabotatore dell'economia. L'Italia è diventata grande grazie al risparmio dei nostri padri e nonni nel dopoguerra. Vi ricordate la Giornata del Risparmio? E i salvadanai? E il libretto per depositare i soldi per mandare i figli all'Università? Se l'Italia non è ancora fallita del tutto, lo deve ai risparmi che le famiglie sono riuscite a salvare dalle banche, dalle finanziarie, dalle aziende quotate in Borsa.
Chi ti invita a consumare è uno spacciatore di miseria. Di una vita senza qualità.
Un blogger ha scritto: "Dopo l'Onda degli studenti, il maremoto dei disoccupati". Preparate i salvagenti.
Loro non molleranno mai(ma gli conviene?), noi neppure.

 

BOLOGNA : 365 esuberi all'azienda tessile La Perla.
REGGIO EMILIA : 114 licenziati alla
Dual.
MODENA : 48 esuberi nel gruppo alimentare
Fini.
IMOLA : 53 cassintegrati alla ceramiche
Leonardo.
IMOLA : 114 esuberi alla
Cerim di Mordano.
FORLIVESE : 100 aziende in
crisi.
BOLOGNA : 50 cassintegrati alla
Marconigomme.
EMILIA : ottomila cassintegrati in più entro fine 2008.
EMILIA : 150 esuberi negli
uffici postali.

Epifani legge il blog. E' certo. Dopo una lettura attenta dei miei articoli sulla disoccupazione di massa prossima ventura (due milioni di nuovi disoccupati) ha detto: "Dalla ricognizione fatta posso dire che sta arrivando una valanga, servono grandi interventi". Li sentite gli zoccoli dei bisonti? Stanno calpestando la prateria del Nord Italia. Da Ovest a Est.
Se il
Piemonte chiude i battenti e la Lombardia licenzia a pioggia, il Veneto è colpito dalla peste bubbonica.
Ho fatto una piccola "ricognizione" nella Serenissima che giro a Epifani. I bisonti si salderanno in uno
stampede, in una carica disordinata. Ora è dispersa in tanti padri di famiglia isolati, senza lavoro, in mezzo a una strada. Che forse si vergognano di guardare i figli negli occhi. Domani cambierà, vedrai che cambierà. Prenderanno coscienza. Non li fermeranno. I sindacati li hanno traditi, la politica ha usato le loro tasse per arricchirsi, i media li hanno presi per i fondelli.
Il bollettino della Serenissima. "Il morbo infuria, il pan ti manca. Sul ponte sventola bandiera bianca!"

 

PADOVANO: un milione e mezzo di ore di cassa integrazione nel padovano.
SCORZE' - TREVISO: 347 operai dell'
Aprilia presto a casa.
CASTELFRANCO VENETO - TREVISO: 480 esuberi alla
Berco (Gruppo Thyssen).
TREVISO : 390 esuberi alla
Osram.
SUSEGANA : 350 posti a rischio alla
Electrolux.
VERONA :100 esuberi alla
Glaxo.
LAVAGNO - VERONA: 114 contratti a termine a rischio al
Megastore Casamercato.
MONTEBELLUNA - TREVISO : 250 esuberi all'
ACC
PADOVA: Centinaia di posti di lavoro
a rischio.
MESTRE - MARGHERA : 1.000 posti
a rischio.
VENEZIA: occupazione
a picco.

Lo sentite il rumore degli zoccoli? Arrivano dal Piemonte, dal Veneto, dalla Lombardia. Due milioni, forse tre milioni di persone perderanno entro un anno (e stanno già perdendo) il posto di lavoro. Lo perdono al Nord, dove c'è, è elementare, i disoccupati del Sud non possono perdere quello che non hanno. Chi rimane a casa da un giorno all'altro occupa le stazioni, fa presidi, scende in piazza. Ma la sua protesta rimane sotto vuoto spinto. I media non ne parlano, si vergognano di mostrare padri di famiglia in mezzo a una strada. Per tranqullizzare usano termini soavi come "recessione tecnica" o "diminuzione del PIL".
Politici e giornalisti (parlo di quelli servi, la maggioranza) sono categorie immuni dalla crisi. Perchè dovrebbero occuparsene? E' un problema che riguarda sempre gli altri. L'unica soddisfazione per i nuovi disoccupati è che non moriranno più sul lavoro, ma soltanto di fame. In Lombardia è scoppiata un'epidemia, le banche si tengono i soldi e non li prestano più senza garanzie, le imprese straniere se ne vanno, quelle italiane perdono il mercato. E' un bollettino di guerra, ma è solo la punta dell'iceberg. Leggere per credere.


BASIGLIO - MILANO:
Astrazeneca, multinazionale farmaceutica, annunciato taglio di 315 dipendenti.
ASSAGO - MILANO: già a casa 55 lavoratori (236 in tutta Italia) della
Engineering, azienda settore informatico.
ALBINO - BERGAMO: cotonificio
Honegger ha annunciato 240 esuberi
PROVINCIA DI BRESCIA: 180 dipendenti della Franzoni filati di ESINE, 132 della Feltri di MARONE, 260 della Niggeler & Kupfer di CETO, 36 alla Henriette di CASTENEDOLO per un totale di 606 lavoratori dell'area bresciana per i quali sono appena stati annunciati tagli e cassa integrazione.
SAN GIULIANO MILANESE - MILANO. La
San Carlo licenzia 19 lavoratori.
SUZZARA - MANTOVA: 160 precari
IVECO non riconfermati.
MILANO: la
Gabetti ha annunciato il licenziamento di 110 addetti (500 in tutta Italia).
CERIANO LAGHETTO - COMO: mobilità per 230 dipendenti della
Rhodia.
JERAGO - VARESE: 90 cassintegrati alla
Meccanica Finnord.

Appoggio l'orecchio al terreno e sento un rumore. Sempre più vicino. Un brontolio, una carica, un tuono. Sono milioni di nuovi disoccupati. Quanti saranno in più tra un anno? Due milioni? Tre milioni? Senza più niente da perdere. I manganelli non potranno fermarli. Travolgeranno tutto e tutti e non faranno sconti. Chi si troverà sul loro percorso verrà cancellato. Sindacati collusi, giornalisti servi, partiti autoreferenziali. Il loft di Topo Gigio e le ville sarde dello psiconano. Travolti. L'Onda degli studenti li ha anticipati. Dopo l'Onda verrà lo Tsunami del lavoro. Non ne parla nessuno. Tutti i giorni chiudono decine di aziende grandi e piccole. Posti di lavoro perduti per sempre. Un padre di famiglia senza lavoro, senza TFR, senza un c...o, che alternative ha? Torna a casa e guarda i figli e nulla ha più importanza per lui. L'esercito dovrà presidiare i supermercati prima e le sedi dei partiti subito dopo.
Da oggi raccolgo le testimonianze del "Lavoro perduto", inizio con la Motorola di Torino che andrò presto a trovare. Loro non molleranno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

"Caro Beppe,
grazie per aver citato Motorola. Come hai detto te siamo tra gli apriporta di questa crisi che sta investendo il mondo e che presto travolgerà anche il nostro Paese. Tutto è successo così improvvisamente. Giovedì mattina stavamo ancora sgobbando per mamma Motorola, molti di noi lavoravano anche nel weekend, per fare in modo che la produzione si concludesse on-time. Tutti sforzi inutili visto che con un semplice annuncio il presidente della sezione Mobile ha dichiarato la cessazione immediata della piattaforma su cui stavamo lavorando. Subito dopo una mail comunica un riunione per lunedì mattina con il responsabile motorola per la regione EMEA. Molti caddero nello sconforto. Mentre molti erano ancora ottimisti. Il peggio è successo tra venerdì e lunedì quando Motorola insieme ai dirigenti ci ha letteralmente lasciato soli in balia della stampa : "Motorola, sogno finito a rischio 300 ricercatori - Alla Motorola rischiano in trecento", leggo dalla stampa sabato mattina alle tre di notte. Per poi arrivare a lunedì mattina dove riassumendo ci hanno dato il ben servito dopo aver detto che eravamo tra i migliori, che eravamo un centro di eccellenza, ma che non servivamo più...e tanti saluti e arrivederci. Ma noi intanto l'avevamo saputo prima dalla stampa. Che tra l'altro ci ha fatto passare come dei ladri dicendo che Motorola aveva tolto tutti gli scatoloni dal palazzo per evitare furti. E tante e tante altre cazzate scritte da giornalisti bugiardi che dovrebbero stare a spazzare le strade di Torino...
Morale della favola siamo 370 ingegneri + un centinaio di consulenti, tutti a spasso... senza ammortizzatori sociali...senza nulla. Molti hanno famiglie... Ora visto che siamo soli mi chiedevo se tu Beppe potevi venire a farci visita... a incoraggiarci... sono certo che ti accoglieremo a braccia aperte...Cari saluti" Marco

DALLA STIMA DELLA RASSEGNA ABBIAMO CALCOLATO 14.220 PERSONE A SPASSO ENTRO IL 31 DICEMBRE 2008 NELL'AREA DEL LOMBARDO-VENETO-EMILIA

TREMONTRIX

Giulio Tremonti stile-Matrix: "E' come vivere in un videogame che però non prevede l'opzione del 'game over': batti il primo mostro ma quando ti riposi ne arrivano altri [...] Il primo mostro sono stati i 'subprime' e quello è stato in qualche modo affrontato; sono poi arrivati il collasso del mercato del credito, il crollo delle istituzioni finanziarie e il tracollo delle borse. Dietro l'angolo ci sono altri mostri: le carte di credito, la classificazione dei bond, quindi il mostro dei mostri, i derivati dal rischio incalcolabile". 

TREMONTRIX BIS: SENZA FINE

Tremonti: "Ma quale Argentina
comprate i Bot, sono i migliori"

Oggi anche l'annuncio che sono 60mila le persone che hanno richiesto la social card

Tremonti: "Ma quale Argentina comprate i Bot, sono i migliori"

ROMA - "L'Argentina? Alla fine saranno gli altri". Così il ministero dell'Economia Tremonti torna sul rischio di "bancarotta" per il nostro Paese in seguito alla crisi economica e finanziaria globale. "L'Italia - aggiunge il ministro - ha in sé una grandissima forza". "Il debito pubblico italiano - ha insistito parlando a Porta a Porta - è assolutamente solido, la Repubblica italiana garantisce su quel debito". "Comprate i titoli di Stato italiani che sono certamente i migliori al mondo - ha aggiunto - i Bot e i Cct sono in tutti i paesi la cosa più solida e sicura, comprate i titoli di Stato che sono semplici".
Poi, tanto per cambiare, il ministro, dimenticando che a proporre il paragone con l'Argentina era stato il suo collega del Welfare Maurizio Sacconi, se l'è presa con i giornali. "Quello che è successo oggi su alcuni quotidiani - ha detto - è inqualificabile, non esiste un paese al mondo in cui si fa una cosa del genere".
Intanto, dopo la piccola doccia fredda sulle tariffe di luce e gas, arrivano altre precisazioni sul dl anticrisi: non tutti i mutui a tasso variabile scenderanno al 4%, come annunciato invece una settimana fa.
In precedenza, infatti, era stato anticipato che tutti i mutui a tasso variabile per le prime case non di lusso e già in essere sarebbero stati indicizzati al tasso Bce. Ma così non sarà: il decreto legge, presentato dal governo in parlamento, prevede infatti che chi stipulò un mutuo a tasso variabile con un tasso contrattuale superiore al 4% "alla data di sottoscrizione del contratto" potrà ottenere solo di ritornare al tasso iniziale. Questo significa, ad esempio, che se il tasso iniziale era del 4,5%, il dl consente di tornare a pagare il 4,5% e non il 4%.

Tremonti ha anche annunciato che finora sono 60mila le persone che hanno richiesto la social card. E questo, secondo il ministro, indica "il gradimento altissimo" che ha avuto la misura. Il responsabile del Tesoro ha spiegato quindi che la carta potrà essere ritirata e utilizzata anche dai famigliari. La platea dei beneficiari dovrebbe essere di circa 1,3 milioni di persone. Secondo i conti del ministro, inoltre, "con il prezzo del petrolio che scende ed il blocco dei tassi sui mutui le famiglie italiane il prossimo anno risparmieranno almeno 2 mila euro". Tutto ciò, ha affermato, "farà crescere il potere d'acquisto" delle famiglie italiane.
Il ministro è tornato anche sul contestato taglio alle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica, precisando che il silenzio-diniego previsto dalla nuova formulazione contenuta nel decreto anticrisi, si può modificare. "Quella - ha chiarito - è solo una procedura". Poi, ribadendo l'intenzione di chiudere i rubinetti, ha aggiunto: "Però su una cosa sono assolutamente fermo: se dai il credito di imposta lo devi coprire".

(4 dicembre 2008)

 

Sacconi: «L'Italia rischia di andare a finire
come l'Argentina». Ma poi corregge il tiro

Il ministro del Welfare a «Economix»: «Nessun dissidio con Tremonti. Sono preoccupato per il rischio di "default"»

 

Maurizio Sacconi (Lapresse)
Maurizio Sacconi (Lapresse)

ROMA - Rischiamo di finire come l'Argentina. È una fosca previsione quella fatta dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi durante la registrazione della puntata di Economix: «Come Tremonti sono anche io vincolato dal debito pubblico e sono anche io preoccupato per il rischio di "default" del Paese. E c'è qualcosa di peggiore della recessione, che è la bancarotta dello Stato, un'ipotesi improbabile ma comunque possibile». Sacconi ha sottolineato come «non possiamo permetterci neanche lontanamente che vada deserta un'asta pubblica di titoli di Stato. Ci sarebbe una carenza di liquidità per pagare pensione e stipendi e faremmo come l'Argentina».

 

«NESSUN RISCHIO BANCAROTTA» - In serata il ministro ha corretto il tiro: «Sono costretto a intervenire dalla disinvoltura con cui alcuni hanno interpretato una considerazione più volte ripetuta circa la necessità di tenere alto il livello di guardia sul debito pubblico, attribuendomi addirittura un presunto rischio bancarotta. Non ho mai detto né lasciato intendere che vi può essere un rischio di tale natura». Sacconi sottolinea di aver affermato «che il debito pubblico costituisce per la sua dimensione un vincolo ineludibile per le politiche di spesa. La robusta politica di controllo della finanza pubblica, che abbiamo realizzato con la manovra di giugno, ci mette quindi al riparo da ogni pericolo ed è all'interno di essa che abbiamo definito il pacchetto di misure per sostenere la crescita e proteggere il disagio sociale».

TREMONTI PREOCCUPATO - Tremonti nel primo pomeriggio aveva invece ricordato che il debito italiano è il «terzo del mondo» e spiegato che i pericoli più che dalla finanza pubblica vengono dal mercato. Il responsabile della politica economica del governo no aveva usato toni allarmistici e anzi aveva ricordato che la crisi ha mostrato come pericoloso sia anche il debito privato, che vede esposti altri Paesi e non l'Italia.

PATTO NON SI TOCCA - Il patto di stabilità europeo è «un muro invalicabile». Lo avrebbe detto, secondo quanto riportano alcuni partecipanti, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, replicando alle domande dei senatori del Pdl durante un incontro su Finanziaria e decreto anti-crisi nella serata di mercoledì. Di fronte alle sollecitazioni dei senatori su questo punto e sui possibili ricaschi sul patto interno, Tremonti ha ribadito che il rapporto deficit-Pil al 3% non può essere sforato. E riguardo a una sua possibile flessibilità ha evidenziato che questo «è tutto da discutere a livello europeo» così come «anche una sua ricaduta» sul Patto di Stabilità Interno.

COMPETITIVITA’ TITOLI DI STATO - «Un'ulteriore criticità - aveva detto Tremonti nel pomeriggio - è che, ferma la magnitudine del nostro debito, in futuro lo scenario sarà più competitivo con le crescenti emissioni di altri Paesi». In pratica, sostiene il ministro dell'economia, l’Italia deve riuscire a rispettare i limiti imposti dal Patto di stabilità per evitare difficoltà nella collocazione dei titoli di Stato italiani e nello spread (ovvero nel differenziale dei tassi d’interesse riconosciuti agli acquirenti) con gli altri Paesi.

LA REPLICA DELL'OPPOSIZIONE - I parlamentari del Pd, in particolare, hanno messo in evidenza le parole di Sacconi. «Tremonti chiarisca», ha chiesto il Senatore Tiziano Treu. «I pessimisti sono al Governo, che non riesce a mettere in campo provvedimenti coraggiosi», gli ha fatto eco il compagno di partito Giorgio Tonini. «Sacconi - ha aggiunto il portavoce del Pd, Andrea Orlando - di fatto smentisce le affermazioni di Tremonti secondo il quale la finanza pubblica era stata messa al sicuro con la manovra finanziaria di luglio. Per fortuna che per il governo i pessimisti eravamo noi».

 

LA CRISI ECONOMICA E L'ASSALTO AD INTERNET,L'ITALIA ALLO SBANDO...

ROMA - Il bottino nel 2008 sarà di 3 milioni di euro. La grande rapina in banca nel ventunesimo secolo si fa in rete, senza pistole, rubando dai 12 milioni di conti correnti che in Italia sono abilitati a operare via internet. Il grimaldello moderno non è un piede di porco, ma si chiama Mebroot, il più avanzato virus di ultima generazione, capace di rubare i codici di accesso e le password dei clienti.
L'home banking, che da alcuni anni ci permette di pagare le bollette o fare bonifici da casa, è diventato l'obiettivo principale dei banditi della rete. Dall'inizio dell'anno, secondo i dati della Polizia postale, sono stati rubati più di 900 mila euro a 1.600 italiani che hanno sporto denuncia. Una cifra però sottostimata perché non include tutti i casi non denunciati, quelli in cui i soldi sono stati rimborsati immediatamente dalle banche per evitare danni di immagine, con i quali si arriva ai 3 milioni.
"Il fenomeno è preoccupante e in crescita - dice Domenico Vulpiani, direttore generale della Polizia postale - gli attacchi all'home banking provengono da hacker che vivono nell'est Europa, in Romania e in Russia. Non sono criminali generici, ma professionisti che non trovando lavoro si riciclano come truffatori. Quest'anno abbiamo arrestato in Italia otto pirati informatici, tutti di nazionalità romena". Geni del computer ma disperati che però sono riusciti a creare Mebroot, l'incubo dei produttori di antivirus. Mebroot è un trojan banking, un software malefico che ruba le password e le invia ai truffatori. Infesta internet da un anno e mezzo.
 

"È un software raffinatissimo - spiega Sergio Russo, vice questore aggiunto del Compartimento di PolPostale a Bologna, il punto di riferimento italiano per la lotta alle frodi telematiche - si installa su una parte hardware e si autocarica ogni volta che si accende il computer". Per questo risulta invisibile a 24 dei 35 antivirus più diffusi. "Non solo - aggiunge - La novità è che, sfruttando la vulnerabilità dei browser più usati come Explorer o Mozilla, sono riusciti a infettare pagine web insospettabili, come siti di informazione o di cantanti famosi". Quindi a rischio ci sono potenzialmente tutti gli utenti, non solo chi naviga regolarmente in siti poco raccomandabili, ad esempio quelli di pornografia.
Il funzionamento è tanto semplice quanto disarmante. Al momento dell'accesso al conto online da un computer infetto, Mebroot spedisce ciò che viene digitato, quindi il nome utente e le password, a server esteri, creati apposta dai truffatori e che vengono chiusi dopo poche ore. Una volta in possesso di questi dati, gli hacker fanno un bonifico di alcune migliaia di euro sul conto corrente di una terza persona, in Italia, che trasferirà la somma all'estero con i servizi di money transfert quali Western Union. Sono i cosiddetti "soldatini", reclutati in cambio di una piccola commissione con annunci del tipo "vuoi guadagnare 500 euro stando a casa?". Nel 2008 sono stati denunciati 370 "soldatini", quasi sempre ignari di partecipare a una truffa.
C'è un solo modo che attualmente garantisce al cento per cento il correntista dai furti online, ed è l'utilizzo della chiavetta elettronica personalizzata, che genera una password monouso ogni 32 secondi. Attualmente, secondo l'Associazione Bancaria Italiana, il 30 per cento degli istituti di credito non ha fornito ai clienti questo dispositivo. "Le grandi banche hanno tutte preso le contromisure adatte - spiega Romano Stasi, responsabile della sicurezza di Abi Lab - rimangono fuori dei piccoli e medi istituti che si stanno attrezzando ma che sono un po' in ritardo. Sono loro adesso gli obiettivi degli hacker".
Sulla possibilità di rimborso, però, c'è ancora tanto da fare: "Si valuta caso per caso - dice Stasi - tendiamo a rimborsare solo se vediamo che il cliente ha preso tutte le precauzioni e ha il sistema di sicurezza del suo pc aggiornato".

LA DISTRIBUZIONE DELLE BRIOCHES ANNONARIE: L'ITALONIA DELL'ANCIEN REGIME....

Un "bancomat" da 40 euro mensili destinato a 1 milione 300 mila persone
Per chi ha più di 65 anni o figli entro i 3 anni con un reddito massimo di 6000 euro

Tremonti presenta la social card
"Allo Stato costerà 450 milioni"

"Non è un intervento caritatevole, i bisognosi esistono e vanno considerati"
Epifani: "Idea vecchia, non puoi riproporre nel nuovo millennio una cosa di 60 anni fa"

Tremonti presenta la social card "Allo Stato costerà 450 milioni"


ROMA - Un bancomat "anonimo", azzurro, del valore di 40 euro mensili più gli sconti delle catene commerciali convenzionate. Chi lo riceverà entro il 31 dicembre avrà già un credito di 120 euro per i mesi di ottobre, novembre e dicembre. E, a regime, sulle casse dello Stato peserà per 450 milioni di euro. Queste alcune delle caratteristiche della social card presentata oggi dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, con una conferenza stampa a Palazzo Chigi, a due giorni dal Consiglio dei ministri che dovrà varare il decreto anticrisi. "Uno strumento nuovo, nel quale crediamo, assolutamente in linea con le raccomandazioni della Commissione europea" ha detto, ricordando che si tratta di un provvedimento diffuso in altri paesi e che in Italia sarà necessaria, adesso, "una fase di adattamento". Un rammarico: solo il 5% della grande distribuzione, quindi le catene di supermercati, ha aderito al progetto della social card. "Speriamo che la percentuale salga", ha auspicato.
Il costo. Il ministro ha anche spiegato, per la prima volta, quanto la social card, a regime, costerà allo Stato: 450 milioni di euro. "Ci sono già state significative donazioni nel 2008 da Eni, 200 milioni - aggiunge Tremonti - e da Enel, 50 milioni".
A chi è destinata. I beneficiari, secondo le stime dell'Economia, saranno 1 milione 300 mila: cittadini ultrasessantacinquenni e famiglie con figli piccoli (fino a 3 anni) che abbiamo un reddito Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) fino a 6000 euro, non più di una casa, non più di un'auto. Per chi ha più di 70 anni, la soglia di reddito Isee che dà accesso alla carta acquisti è fino a 8000 euro. Nel caso di più figli sotto i 3 anni, gli accrediti si sommano. Chi non riceverà la lettera, ma ritiene di avere i requisiti, potrà rivolgersi alle Poste.
Accesso alle tariffe sociali Enel. La social card serve anche per aderire alle "tariffe sociali dell'Enel, che esistevano già ma erano in freezer, nel senso che se non si andava allo sportello dell'Inps per richiederla, si restava fuori. Così, invece - precisa Tremonti - l'adesione alla tariffa sociale è automatica".
"Non è carità". "Rifiutiamo l'interpretazione - sottolinea Tremonti - della social card quale visione compassionevole della società". Il ministro ribadisce che "le situazioni di bisogno non si proclamano per legge, non è una questione di ingegneria sociale del governo". Coloro che hanno bisogno, insiste, "ci sono, e non sono stati mai sufficientemente considerati".
Garantito l'anonimato. La social card, o carta acquisti, "è anonima - ha spiegato il rirolare dell'Economia - quindi nessuno può dire che segna i portatori. La può usare chiunque". Tremonti annuncia che "già molte lettere sono state inviate a quelli che secondo i nostri archivi sono i beneficiari", e tutto è stato fatto "nel modo più semplice possibile". Per eventuali chiarimenti, ha concluso il ministro, "confidiamo nell'Inps, nelle associazioni di volontariato e nei Caaf".
La bocciatura di Epifani. Molte le critiche alla social card, definita dalle associazioni dei consumatori poco più di un'elemosina. Mentre il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani rileva come si tratti di un'idea vecchia, nata in un contesto economico e sociale completamente diverso: "Tremonti difende l'idea della social card dicendo: 'è stata introdotta nel 1939 in America'. E' proprio questo il problema. Non puoi riproporre nel nuovo millennio una cosa di 60 anni fa".
Bersani: "La social card da sola non basta". Mentre il ministro dell'Economia del governo ombra del Pd Pierluigi Bersani rileva come la social card non sia assolutamente in grado da sola di risolvere i problemi dei cittadini in difficoltà economica: "I soldi non si buttano mai via, ma ci sono modi più dignitosi per darli. Piuttosto che importare modelli americani, noi preferiamo che si aumentino le pensioni e che si alleggerisca il fisco sui salari e sugli stipendi medio bassi, a cominciare dalla tredicesima di Natale. E, quindi, con un intervento largamente più consistente e strutturale rispetto a quello che abbiamo sentito e visto fin qui".
(26 novembre 2008)

 

Cuffaro: io continuerò a vestirmi di nero

È impressionate il numero di errori politici che Silvio Berlusconi è riuscito ad inanellare nel giro di poche settimane. Convinto che i verbi comandare e governare siano sinonimi, il premier continua pensare che per cambiare il Paese sia sufficiente la forza della sua maggioranza. Il suo modello, lo ha detto più volte, è Margaret Thatcher, il primo ministro inglese che nei primi anni '80 fece ripartire l'economia del Regno Unito, grazie a un cura da cavallo basata su tagli allo stato sociale e liberalizzazioni. Berlusconi però non è la Thatcher, l'Italia non è l'Inghilterra (dove sono le liberalizzazioni, dov'è il sussidio di disoccupazione?) e soprattutto gli studenti, i genitori e i professori che in queste ore affollano le piazze, non sono i minatori inglesi che nel 1984 furono sconfitti dopo 12 mesi di sciopero.(Non è che con la cura di cavallo l'Inghilterra tutto sommato sia una super potenza economica, ci si riempie troppo la bocca col modello inglese, poi togli loro mamma USA ed il Brent e tanti saluti a tutti....)

Università: la riforma rallenta, si lavora per evitare decreto

Bonaiuti precisa: Berlusconi e' determinato ad andare avanti
 
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Dell'argomento si è parlato nel pranzo che Berlusconi ha avuto pochi giorni fa con il Presidente della Camera

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Classifica corruzione 2008 nel mondo di Transparency International
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ITALIA:UNA PACCOTTIGLIA DI NAZIONE

Stefano Rodotà, specialista in “lamentazioni”, paventava su Repubblica gli effetti dei provvedimenti berlusconiani su rifiuti e immigrazione clandestina: "Contraddizioni, difficoltà di funzionamento, smagliature, non possono far sottovalutare la creazione di un modello di governo della società che ha tutti i tratti della "democrazia autoritaria"; centralizzazione dei poteri, abbattimento delle garanzie, restrizione di libertà e diritti, sostegno plebiscitario. Si affrontano questioni dell'oggi, ma si parla del futuro. Si coglie la società italiana in un momento di debolezza strutturale, e si modificano le condizioni dell'agire politico". Ma non si tratta solo della deriva di una nazione. Infatti Il film di Garrone “GOMORRA” riprende la tesi portante dello stesso  libro di Saviano: la speculazione economica e l'impresa criminale sono le facce della stessa medaglia del de-sviluppo italiano. La pellicola ha un taglio più "documentaristico" che direttamente "politico"(come nel caso dello stralcio del “commentarista prezzolato” Rodotà), così i vari episodi della storia possono apparire slegati tra loro. Ma l'unità tematica esiste sebbene sia esterna al racconto. E' l'imbarbarimento sociale determinato dallo stato putrescente dell'economia  che accomuna le esistenze tragicomiche dei giovani protagonisti, alla ricerca di una collocazione nel Sistema(Italia,ndr). Le diverse storie alla fine convergono nella figura di Toni Servillo, stakeholder in cerca di terre in cui sversare abusivamente i rifiuti tossici. Egli spiega al suo guaglione perplesso: "La situazione è senza rimedio, perché inquinare l'ambiente dove vive una famiglia del Sud, serve a far vivere una famiglia del Nord". Estendete al mondo.…mentre l'animale uccide d'istinto per fame, il feudalista italiota uccide consapevolmente per profitto. Indirettamente, come nel caso dei rifiuti tossici; direttamente, come nel caso della clinica che ha sottoposto ignari malati a inutili e dannosi interventi. Beceri camorristi attorniati da esecutori sub-umani e "qualificati operatori medici" nel loro asettico e tecnologico ambiente sono accomunati dall'unico fine , tutti accecati e resi criminali dalla smisurata smania di profitto. Il tardo feudalesimo italiota sta producendo una vera e propria mutazione antropologica. Le determinazioni folli di un modo di produzione impazzito che produce pazzia, trasforma l'agire criminale in spettacolo quotidiano, addirittura in paradigma cui conformarsi. Le esigenze di accumulazione del Dio Danaro e la dominazione di casta ha gli stessi effetti ovunque. Le varie forze politiche sono in grado di perdersi in estenuanti chiacchiere intorno a fesserie come il “Lo®do” Schifani-Alfano (in ogni paese sorge l'equivalente grido di lesa democrazia), ma c'è consenso pressoché unanime sulla militarizzazione del territorio per la "sicurezza", a Milano come a New York o Londra. Intanto ad Acerra si celebra il paradigma del mondo: la sovvenzione pubblica a pioggia produce monnezza e questa da qualche parte bisogna pure "sversarla". Per alimentare un "termovalorizzatore" di tumori campano o per riempire fosse a cielo aperto in altri continenti (come l’eterna Africa dei Live Aid(s) ) . Le discariche del Neo Feudalesimo stanno diventando "zone globali di interesse strategico". La strategia è anche la costante riduzione del costo del lavoro italiota, misura originale se pensiamo che in Italia esiste da sei anni LA LEGGE SCHIAVISTICA n. 30 detta “Legge Biagi”, che doveva rilanciare, sei anni fa, l’industria e la produttività italiota. Il centro Studi di Confindustria prevede per quest'anno (2008) "una sostanziale stagnazione per l'economia italiana": la crescita del PIL si fermerà allo 0,1%. Ma si sa già che l'inflazione sarà molto alta e minaccerà di falcidiare i salari. Il governo prevede per parte sua in modo del tutto arbitrario un tasso d'inflazione programmata dell'1,7%.(siamo già al 4% nel luglio 2008…) A questo saranno agganciati i rinnovi contrattuali. Gli industriali applaudono: la scelta è "credibile e coerente con la necessità di non perdere ulteriore competitività... l'erosione del potere d'acquisto delle famiglie può essere recuperata solo con maggiore efficienza e concorrenza, liberalizzando i mercati e migliorando la logistica". Ergo: riduzione automatica e generalizzata dei salari; eventuali aumenti solo in cambio di aumentata produttività. La Triplice sindacale dà una mano. Per spiegare la crisi economica in corso partiamo da un assioma: l'unico modo per produrre nuovo valore è produrre merci e venderle. Tutto ciò che concerne il valore dopo tale operazione, e che chiamiamo interesse, rendita, formazione di "redditi" vari, non è che una ripartizione del plusvalore originario. Gli stessi “tecnici”  ne convengono, in questo caso Mario Draghi: "... specialmente sul mercato americano l'instabilità è più evidente. Le banche non possono sfuggire alla debolezza dell'economia americana… la situazione si è fatta dura...". Quello che proprio non possono mandar giù è che questa crisi fa parte del decorso naturale del loro sistema. Tra gli effetti di questo decorso abbiamo i "bamboccioni" di cui parlava Padoa Schioppa.  Secondo recenti studi, il 96% degli under 34 passa oltre quattro ore al giorno davanti alla tivvù. Il 98% trascorre il tempo libero a chattare in internet con amici e sconosciuti. Il 51% fa uso di droghe, il 46% abusa regolarmente di superalcolici. Due alunni su dieci, alle medie, si sballano almeno una volta a settimana. Sotto un velo di spensieratezza (profusa a piene mani da talk show e reality) cova un mare di disperazione. L'allarme dell'Oms è chiaro: in Italia la depressione dilaga. Ora, l'unica dinamica interessante della "nostra" società è quella di produrre effetti di auto-negazione. La cosa che colpisce infatti, leggendo le statistiche, è che la maggioranza dei giovani "non vede la possibilità di un futuro". La gioventù si “sballa” perché non vede futuro, nel frattempo il giudice Roberto Scarpinato nel suo ultimo libro, "Il ritorno del Principe", afferma: "alcuni dei più noti processi celebrati in questi ultimi anni hanno dimostrato che l'occulta trasversalità della gestione del potere del nostro Paese non è storia del passato, determinata da patologie transitorie, ma realtà strutturale… Il potere visibile rischia così di divenire il figlio bastardo di quello invisibile, generato a sua volta da una miriade di segreti matrimoni di interessi o di transazioni sottobanco… Un sistema integrato di soggetti individuali e collettivi. Una sorta di tavola dove siedono figure diverse, non tutte necessariamente dotate di specifica professionalità criminale: il politico, l'alto dirigente pubblico, l'imprenditore, il finanziare, il faccendiere, esponenti delle istituzioni e, non di rado, il portavoce delle mafie…"
Ma visto che il Potere è ben attento a non far vedere la realtà, offrendo meravigliosi colpi di teatro, occorre un esempio concreto, altrimenti l'inganno del Potere continuerà a far pensare che ci siano una Maggioranza ed una Opposizione alternative, quando invece sono complementari.
Il libro: "Il Partito del Cemento", di
Marco Preve e Ferruccio Sansa spiega quanto sia invasiva e distruttiva la commistione d'interessi che piega l'interesse pubblico a quello privato. Si parla del cemento (tre milioni di metri cubi di colate programmate) che coprirà il poco che resta della costa e della collina ligure. Porticcioli, grattaceli, complessi residenziali e box, strade e riempimenti, cambieranno per sempre il volto della Liguria, dove già, per l'Istat, dal 1995 al 2005 è stato cancellato il 45,55% del territorio libero da costruzioni, mentre il turismo è in crisi perché la "bellezza" del paesaggio svanisce. Speculazioni che avvengono con il completo asservimento delle Pubbliche Amministrazioni agli interessi dei faccendieri. I Piani Urbanistici come i Piani di Bacino o di tutela del paesaggio e della costa sono di fatto cancellati e riscritti direttamente sotto dettatura dagli speculatori, sulla base delle loro esigenze, spesso ignorando i rischi per il dissesto idrogeologico di ampie zone del territorio.
Il libro fotografa la realtà e fa conoscere nomi e cognomi dei protagonisti. Si comprende che è realtà l'asse trasversale tra centro-destra e centro-sinistra e la comune commistione con gli affari (anche quelli non troppo "puliti"). Si vede che coloro che si mostrano "garanti" della Questione Morale sono piegati e parte di questo "sistema". Comprendiamo che vi sono
luoghi che hanno sostituito le Istituzioni, svuotandole di ogni minimo potere di controllo o indirizzo. Luoghi mascherati da associazioni culturali o fondazioni, come "Maestrale", che rappresentano lo strumento per incontri d'interesse (che producono scambio, ricatto e clientela), e che poi fanno ratificare i "patti" dalle Istituzioni al fine di garantirsi una parvenza di legalità. Nel libro si parla dei potenti di questa regione, come Claudio Burlando e Claudio Scajola. Si racconta di Luigi Grillo. Ma si parla anche dei piccoli Comuni dove gli interessi speculativi del cemento uniscono tutti coloro che gestiscono la cosa pubblica. Dalla lettura si apprende un'altra realtà inquietante: l'infiltrazione mafiosa. Ne parla il giudice dell'antimafia
Anna Canepa: "E' importante non dimenticare che Criminalità Organizzata non è solo violenza, estorsioni, omicidi, ma è soprattutto, nelle realtà come la nostra, penetrazione nella economia legale e nel mercato attraverso il riciclaggio del denaro; ed è bene ricordare che è attraverso lo strumento dell'appalto e sopratutto del subappalto che l'economia legale viene pesantemente infiltrata e condizionata da quella illegale. E quindi, quella colata di cemento, che con la benedizione trasversale di tutte le forze politiche, sta per abbattersi sulla Liguria, in particolare attraverso la costruzione dei porticcioli turistici (e degli insediamenti connessi) dovrebbe essere oggetto di grande preoccupazione, per non dire allarme."

Se il “NEON-GOVERNO” dichiara “lucidamente” che:” «L'Italia è un Paese molto solido nella sua economia»; a fronte di numeri impietosi che dicono invece:” La crescita economica italiana è ad un "punto morto" e nel 2008 il pil avanzerà solo dello 0,1%. È’ quanto annuncia la Commissione europea nelle previsioni economiche intermedie, spiegando che «questo dato rappresenta una revisione al ribasso delle già deboli stime di crescita formulate nella primavera, pari allo 0,5%, e implica che non ci sarà nessun effetto traino per il 2009»(FONTE CORSER); la fumosa opposizione cerca dei rimedi tangibili nella….televisione. Dato che il “pappagallare” è l’unica cosa che riesce benissimo allo pseudo-capo dell’opposizione, ecco il sorgere del trio delle meraviglie televisive “sinistrate”: la dalemiana “Red” , la veltroniana “Youdem”, oltre a Rai3. I sinistrati ad onor del vero sono ancora sotto di due televisioni rispetto al “Champion Chips”, quest’ultimo che tra l’altro,recentemente,si è disfatto di una “sua” creatura, ovvero quella “TV delle Libertà” affidata ad una delle sue “Pompadur” :” "la tv della gente, non dei politici", di  Michela Vittoria Brambilla ha visto infatti tramontare il suo sogno mediatico: le trasmissioni della tv della Libertà sono state sospese. A casa i 13 giornalisti e tutta la squadra tecnica, dopo aver accumulato 20 milioni di debiti, un milione al mese, visto che la tv della rossa protetta di Silvio Berlusconi era stata inaugurata nel giugno 2007 con un messaggio dello stesso Presidente del Consiglio.” Visto lo “spazio” creatosi dal congelamento della “passeggiatrice” forzista, subito i “sinistri” vi ci sono precipitati dentro a tutta forza, loro che sbandierano ai quattro venti di essere ereditieri della “sana” tradizione politica di sinistra a fianco della gente (non si capisce bene quale…..). Eccovi i palinsesti del regno etereo delle Nuova Sinistra Italiota: “La veltroniana “Youdem” (acronimo di Yes Obama United in Dialog e Mutism) ha come logo la figurina Panini di Pizzaballa e si propone di educare il popolo della sinistra al dialogo con Berlusconi. I programmi si aprono con “Saranno fumosi”, a cura di Bettini, Realacci e Cerami. Schivo come sempre, Veltroni andrà in onda in prima serata, ma solo il sabato e la domenica, dagli studi di Sabaudia, col varietà bilingue “Yes Week End”. Ma pare abbia già in serbo, per le elezioni europee, un grande exploit all’americana: “Loft”, la risposta italiana a “Lost”. Grande attesa per gli appuntamenti con la tv verità: “RiforMissing”, variante riformista di “Chi l’ha visto?”, organizzerà le ricerche dei neoeletti del Pd provenienti dalla “società civile” e misteriosamente inabissatisi in Parlamento: si parte con Calearo, Daniela Cardinale e il generale Del Vecchio, per proseguire coi due terzi del governo-ombra. La Madia, miracolosamente recuperata in pieno oceano da Piero e Alberto Angela in perlustrazione, racconterà la sua drammatica esperienza nella serie “La fossa delle Marianne”. Colaninno jr., a lungo dimenticato in un ripostiglio del Loft, verrà rispolverato e riattato per una nuova edizione di Don Matteo, che indaga sulla cordata Alitalia capitanata dal padre Roberto.(CHI E’ ROBERTO COLANINNO?? Ecco che corre in nostro aiuto la grande enciclopedia Wikipedia:” Definito imprenditore, durante il primo governo Prodi,erede diretto del “socialismo rampantista di craxiana memoria”, quello dei così detti capitani coraggiosi che acquisivano a mani basse le “svendite” prodiane di ingenti segmenti produttivi italiani come il comparto IRI (Alfa Romeo, Cirio, Ansaldo,eccetera…),attraverso l’influenza della Cir di De Benedetti,diveniva amministratore delegato di Olivetti ed in tal guisa creava OMNITEL,società fornitrice di servizi di fonia mobile. Da questo blocco, attraverso un’opa particolare (ovvero un’offerta di pubblico acquisto chiamata  Leverage BuyOut, (vedere nota a calce)che sfrutta i flussi di cassa della società acquisita per pagarne i debiti)acquisisce il controllo,nel 1999, della compagnia telefonica nazionale TELECOM. L'operazione riesce, creando tuttavia un grosso debito in Telecom stessa, che la renderà vulnerabile ad una scalata successiva. In conseguenza di ciò, nel 2001 vende la Telecom a Pirelli (Tronchetti Provera) e Benetton, creando una notevole plusvalenza (1,5 miliardi di euro) nelle casse di Bell, la società veicolo lussemburghese con la quale Colaninno e Gnutti ottennero il controllo di Telecom. Per questa plusvalenza la società è stata indagata per evasione fiscale e multata dall'Agenzia delle entrate per 1,937 miliardi di euro. L'accertamento con adesione a cui hanno aderito i soci di Bell ha permesso la riduzione delle sanzioni ad un quarto del minimo, così la società ha dovuto versare al Fisco solamente 156 milioni. Grazie a questa pacca sulle spalle, Colaninno acquisisce nel 2002 Piaggio, la casa italiana produttrice di veicoli a 2 e 3 ruote, per ora al quarto posto nel mondo come produzione.Da 6 anni dormiente, Colaninno ritorna alla carica grazie all’affare ALITALIA: con i buoni uffici del “Champion Chips” infatti, a fronte del fallimento della principale compagnia di bandiera aerea nazionale, viene creata la S.P.A. Compagnia Aerea Italiana a costo 0,totalmente svincolata dai debiti di Alitalia, con il monopolio totale delle rotte nazionali e con la facoltà di rinegoziare TUTTI i contratti di lavoro di Alitaria a SUO piacimento [ operazione artificiosa creata da “Champion Chips” allo scopo di aggirare l’ennesimo richiamo con multa dell’Unione Europea in relazione ai continui “aiuti di stato” elargiti alla compagnia di bandiera destinata al fallimento, i cui costi fallimentari verranno scaricati ovviamente sulla società….SI TRATTA DI UNA LEVERAGE BUYOUT 2,dato che la prima,come abbiamo vista aveva dato i suoi frutti con Telecom……])  A notte fonda, per “Fuori Orario - Cose mai viste”, vecchi spezzoni di Veltroni che esalta l’Ulivo, denuncia il conflitto d’interessi e cita la questione morale. L’emittente dalemiana “Red” (acronimo di Ritorno e Distruggo, o di Riformismo Estrema Destra) ha come logo una barca a vela coi baffi e si propone - in contrapposizione con Youdem - di educare il popolo della sinistra al dialogo con Berlusconi. Nasce dalle ceneri di una tv satellitare il cui nome evoca il numero dei firmatari della petizione “Salva l’Italia” auspicati da D’Alema: “Nessuno”. E “Il mio nome è Nessuno” sarà anche una delle rubrica più attese, a cura di Polito El Drito e Stefano Menichini: già allertata la Protezione civile per arginare l’afflusso dei fans all’arrivo della coppia negli studi. Per le famiglie, a grande richiesta, torna “La signora in giallo”: Livia Turco di ritorno dal parrucchiere. Reduci dai trionfi in Sicilia e a Roma, Anna Finocchiaro e Francesco Rutelli ridanno vita al celebre gioco a premi “Signori, il fiasco è servito”. Molto attesi i programmi musicali del dj Bobo Craxi (musiche di evasione) e Pierluigi Bersani: dopo l’annunciata intervista col suo idolo Vasco Rossi, l’ex ministro sarà alle prese con un gruppo di tassinari romani suoi sfegatati ammiratori, che tentano di arrotarlo sulle strisce. Piero Fassino e Anna Serafini festeggiano le nozze di platino in Parlamento (11 legislature in due) con la sit-com “Il gioco delle coppie”. Sigla iniziale “Oak Fund” (di Tavaroli-Cip-Ciop), sigla finale “Che fretta c’era, maledetto Tronchetti Provera” (di D’Avanzo-Tavaroli). In prima serata il programma di punta: “Il commissario Max”, una serie italo-pugliese in cui un tizio in barca a vela infila naufragio via l’altro, precipita financo da un gommone, ma passa sempre per molto intelligente. Seguirà “Ikarus”, primo esperimento di talk show sociale che denuncia i drammi del precariato nel duro mondo degli skipper. Per il genere horror, Consorte, Latorre, Fiorani e Ricucci nel classico “La banca dei quattro”. Molto attese le rubriche “Gli Insaccàti”, con Curzi, Minoli e Saccà, e “Neri per caso”, con la nuova coppia Amato & Alemanno. Luciano Violante, dopo le aperture sulla giustizia che hanno scavalcato a destra Ghedini e Alfano, canterà con i Camaleonti e curerà un programma sui lifting dal titolo arboriano: “Violante1 a Violante2”. Invitato a partecipare con un programma tutto suo, Antonio Bassolino ha cortesemente declinato: “Spiacente, ma ho già firmato l’esclusiva con Mediaset per una fiction sul miracolo napoletano”. Titolo provvisorio: “Il Ritorno di Er Monnezza”.

 

 

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Il V2-Day e i cerchi nello stagno

 

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V2-day, 25 aprile, per un'informazione libera: