TERREMOTO IN UMBRIA E MARCHE DEL 1997

CRITERI DI CALCOLO PER LA PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI

VERIFICHE SISMICHE ED ESEMPI PER L’APPLICAZIONE DELLE DIRETTIVE TECNICHE

D.G.R. UMBRIA 5180/98 E D.G.R. MARCHE 2153/98 IN ATTUAZIONE L.61/98

 

INDICE

 

PARTE I – EDIFICI IN MURATURA

 

1. PREMESSA *

  • 1.1. Scopo delle verifiche *

    1.2. Tipi di verifiche *

    1.2.1. Verifiche locali *

    1.2.2. Verifiche globali *

  •  

    2. CRITERI DI CALCOLO *

     

    3. VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA ALLE AZIONI ORTOGONALI *

  • 3.1. Verifica al ribaltamento *

    3.2. Verifica a pressoflessione *

    3.2.1. Verifica secondo D.M. 20.11.87 *

    3.2.2. Verifica secondo Circolare M.LL.PP. 30 Luglio 1981 n° 21745 *

  •  

    4. VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA ALLE AZIONI NEL PIANO *

  • 4.1. Verifica a taglio e pressoflessione nell’ipotesi di piani rigidi *

    4.1.1. Verifica secondo il D.M. 20.11.87 *

  • 4.1.1.1. Verifica a taglio *

    4.1.1.2. Verifica a pressoflessione *

  • 4.1.2. Verifica secondo la Circolare 30 Luglio 1981 n° 21745 *

  • 4.1.2.1. Verifica a taglio *

    4.1.2.2. Verifica a pressoflessione *

  • 4.2. Verifica a taglio e pressoflessione nell’ipotesi di piani deformabili *

    4.2.1. Verifica secondo il D.M. 20.11.87 *

  • 4.2.1.1. Verifica a taglio *

    4.2.1.2. Verifica a pressoflessione *

  • 4.2.2. Verifica secondo la Circolare 21745/81 *

  • 4.2.2.1. Verifica a taglio *

    4.2.2.2. Verifica a pressoflessione *

  • 4.3. Verifica a taglio semplificata *

  •  

    5. VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA DEI COLLEGAMENTI *

     

    6. VERIFICHE IN fondazione *

  • 6.1. Parametri di calcolo e verifica *

    6.2. Caratterizzazione geotecnica *

  •  

    7. Appendice: Metodi di verifica a confronto *

  • 7.1. Verifica al ribaltamento della parete *

    7.2. Verifica dei collegamenti fra pareti e solai e fra pareti. *

    7.3. Verifica a pressoflessione dei muri per azioni ortogonali al piano *

    7.3.1. Circolare 21745/81 *

    7.3.2. Variante alla Circolare 21745/81 *

    7.3.3. D.M. 20.11.87 *

    7.3.4. Equilibrio limite di una parete vincolata ai bordi (rottura interna) *

    7.3.5. Dominio di interazione M-N con tensioni limite uniformi. *

    7.3.6 Confronto fra i vari metodi di verifica analizzati. *

  •  

    8. ESEMPIO DI CALCOLO di un edificio in muratura *

  • 8.1. Introduzione *

    8.2. determinazione delle grandezze necessarie allo studio del problema *

    8.2.1. Caratteristiche della muratura (Circ. Min. 30/07/81) *

    8.2.2. Carichi dei solai (D.M. 16/01/96) *

    8.3. Combinazioni di carico *

    8.4. Azioni sismiche *

    8.5. Verifica di sicurezza al ribaltamento allo stato attuale *

    8.6. Verifica a pressoflessione nello stato attuale *

    8.6.1. Metodo di calcolo da Circolare M.LL.PP. 30.7.1981 *

    8.6.2. Metodo di calcolo da D.M. 20/11/87 *

    8.6.3. Considerazioni conclusive sulle verifiche a pressoflessione *

    8.7. Verifica a taglio allo stato attuale *

    8.7.1. Metodo di calcolo da Circolare M.LL.PP. 30 Luglio 1981 *

    8.7.2. Metodo di calcolo da D.M. 20/11/87 *

    8.8. Quadro riepilogativo stato attuale *

    8.9. Interventi progettati *

    8.10. Parametri di calcolo dello stato di progetto *

    8.11. Verifica al ribaltamento allo stato di progetto *

    8.12. Verifica a pressoflessione allo stato di progetto 58

    8.12.1. Metodo di calcolo da Circolare M.LL.PP. 30 Luglio 1981 *

    8.12.2. Metodo di calcolo da D.M. 20/11/87 *

    8.12.3. Considerazioni conclusive sulle verifiche a pressoflessione: *

    8.13. Verifica a taglio allo stato di progetto *

    8.13.1. Metodo di calcolo da Circolare M.LL.PP. 30.7.1981 *

    8.13.2. Metodo di calcolo da D.M. 20/11/87 *

    8.14. Verifica in fondazione *

    8.14.1. Modello di calcolo 60

    8.14.2. Valutazione delle azioni in fondazione 60

    8.15. Quadro riepilogativo stato di progetto 60

    8.16. Livelli differenziati di intervento 61

    8.16.1. Livello minimo di intervento 61

    8.16.2. Livello massimo di intervento 62

    8.17. Risultati delle verifiche 64

    8.17.1. Verifica di sicurezza al ribaltamento allo stato attuale 64

    8.17.2. Verifica a pressoflessione allo stato attuale 66

    8.17.3. Verifica a taglio allo stato attuale 66

    8.17.4. Interventi progettati 71

    8.17.5. Verifica al ribaltamento allo stato di progetto 71

    8.17.6. Verifica a pressoflessione allo stato di progetto 73

    8.17.7. Verifica a taglio allo stato di progetto 74

    8.17.8. Verifica in fondazione 78

    8.18. Tavole 79

    8.18.1. Tavola 1 79

    8.18.2. Tavola 2 80

    8.18.3. Tavola 3 81

    8.18.4. Tavola 4 82

    8.18.5. Tavola 5 83

    8.18.6. Tavola 6 84

    8.18.7. Tavola 7 85

    8.18.8. Tavola 8 86

    8.18.9. Tavola 9 87

    8.18.10. Tavola 10 88

    8.18.11. Tavola 11 89

    8.18.12. Tavola 12 90

    8.18.13. Tavola 13 91

    8.18.14. Tavola 14 92

  •  

    9. BIBLIOGRAFIA 93

     

     

     

    PARTE II – EDIFICI IN CALCESTRUZZO ARMATO

     

    1. Introduzione 97

    2. Sintesi delle prescRizioni normative e commenti 99

  • 2.1. Prescrizioni generali 99

    2.2. Interventi su edifici "sotto-soglia" 99

    2.3. Interventi su edifici "sopra-soglia" 100

    2.4. Analisi di danno - vulnerabilità e criteri di progettazione 100

    2.5. Verifiche sismiche 101

  •  

    3. Stima della resistenza dell’edificio originario 103

  • 3.1. Proprietà meccaniche dei materiali 103

    3.1.1. Calcestruzzo 103

  • 3.1.1.1. Resistenza a compressione 103

    3.1.1.2. Modulo elastico 103

  • 3.1.2. Acciaio 103

  • 3.1.2.1. Quantità di armatura negli elementi strutturali 103

    3.1.2.2. Tensione di snervamento 104

  • 3.1.3. Murature e tamponature 104

  • 3.1.3.1. Resistenza a compressione e taglio 104

    3.1.3.2. Modulo elastico 104

  • 3.2. Individuazione dello schema strutturale 105

    3.2.1. Ossatura portante 105

    3.2.2. Orizzontamenti 105

    3.2.3. Tamponature 105

    3.3. Calcolo delle sollecitazioni dovute ai carichi permanenti 106

    3.4. Calcolo delle sollecitazioni dovute al sisma 107

    3.4.1. Analisi statica equivalente 107

    3.4.2. Analisi dinamica 107

    3.4.3. Modello di calcolo 108

  • 3.4.3.1. Analisi statica equivalente 108

    3.4.3.2. Analisi dinamica 108

  • 3.5. Combinazione delle sollecitazioni 108

    3.6. Calcolo di C0 108

    3.6.1. Pilastri senza tamponature 109

    3.6.2. Pilastri con tamponature 109

    3.6.3. Verifica delle tamponature per azioni ortogonali 109

  • 3.6.3.1. Ribaltamento 110

    3.6.3.2. Rotazione in mezzeria 111

  •  

    4. Analisi delle carenze da eliminare 113

  • 4.1. Requisiti del comportamento globale 113

    4.1.1. Sistema di assorbimento delle forze orizzontali 113

    4.1.2. Sistema a cui è affidata la portanza dei carichi verticali 113

    4.1.3. Distribuzione degli elementi resistenti a forze orizzontali ai fini di effetti torsionali 113

    4.1.4. Discontinuità negli elementi verticali resistenti alle azioni orizzontali 113

    4.1.5. Distribuzione delle zone tamponate 114

    4.2. Requisiti del comportamento locale 114

    4.2.1. Cornicioni, parapetti, mensole 114

    4.2.2. Rivestimenti esterni 114

    4.2.3. Vincolo delle tamponature esterne per azioni fuori dal piano 114

    4.2.4. Aderenza delle tamponature alla trave superiore 114

    4.2.5. Collegamento delle tamponature al telaio 114

    4.3. Requisiti per materiali e danni strutturali 114

    4.3.1. Degrado dei materiali costituenti il sistema resistente verticale e orizzontale 114

    4.3.2. Stato di conservazione della malta delle tamponature 115

    4.3.3. Danni alle tamponature 115

    4.3.4. Danni alla ossatura portante 115

  •  

    5. Stima della resistenza dell’edificio ripristinato 117

  • 5.1. Proprietà meccaniche dei materiali 117

    5.2. Individuazione dello schema strutturale 117

    5.3. Calcolo delle sollecitazioni dovute ai carichi permanenti 118

    5.4. Calcolo delle sollecitazioni dovute al sisma 118

    5.5. Combinazione delle sollecitazioni 118

    5.6. Calcolo di Cfin 118

  •  

    6. Esempio di calcolo di un telaio in c.a. 119

  • 6.1. Descrizione della struttura prima degli interventi 119

    6.2. Calcolo di C0 120

    6.3. Progettazione degli interventi e calcolo di Cfin 121

    6.4. Risultati delle verifiche sulla struttura prima degli interventi 122

    6.5. Risultati delle verifiche sulla struttura dopo gli interventi 127

  •  

    7. Appendice: calcolo approSsimato di C0 133

  • 7.1. Pilastri senza tamponature 134

    7.2. Pilastri con tamponature 134

  •  

    8. Appendice: Modellazione delle tamponature 137

  • 8.1. Caratterizzazione della muratura 137

    8.2. Tamponature con aperture 138

  •  

    9. Appendice: Schemi di riconoscimento della gravita’ del danno 141

    10. bibliografia 143

     

     

     

     

     

     

    PARTE I

     

    EDIFICI IN MURATURA

     

     

     

    1. PREMESSA

     

    La normativa tecnica per il riparazione e la ricostruzione degli edifici danneggiati dal sisma di cui alla Delibera Regionale n. 5180 del 14.9.98 si inserisce in un quadro normativo legato al rispetto della Legge n. 64 2.2.74 e successivi decreti. Gli interventi previsti dalla Legge n. 61 del 30.3.98 sono generalmente riconducibili al miglioramento sismico definito al punto C.9.1.2 del D.M. 16.1.96. Fanno, ovviamente, eccezione gli interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici, o comunque quelli che ne alterano profondamente il comportamento, il cui ambito è quello della normativa relativa alle nuove costruzioni in zona sismica, oppure quello dell’adeguamento. Il miglioramento sismico nella normativa nazionale ha valenza essenzialmente propositiva, essendo costituito da una serie di raccomandazioni di tipo qualitativo, e si pone l’obiettivo di migliorare il comportamento sismico dell'edificio attraverso una serie di interventi localizzati e congruenti che non alterino il comportamento strutturale globale. Questa impostazione, se non accompagnata da un giudizio quantitativo sul livello di sicurezza raggiunto, può rappresentare il vero e proprio limite di tale approccio, poiché, specialmente nell’ambito di una concessione contributiva, non permette una corretta individuazione del rapporto costi/benefici dell’intervento. La ragione di questa impostazione è nel fatto che la norma implicitamente riconosce alle costruzioni esistenti la possibilità di attingere a risorse strutturali sulle quali non si fa affidamento per le strutture di nuova progettazione. Tali risorse trovano la loro origine in materiali e tecniche oggi non più diffuse e in modifiche che, spesso a più riprese, hanno interessato l'edificio e che il progettista è chiamato ad evidenziare. Le complessità insite in queste strutture mal si prestano ad essere inquadrate in schemi formali e vincolanti di valutazione della sicurezza, propri delle opere "ingegnerizzate". Si possono, pero', usare modelli semplificati per affiancare ad un'analisi qualitativa del comportamento strutturale anche alcune "misure di sicurezza" che colgono gli aspetti fondamentali di tali comportamenti. In questo senso la Circolare LL.PP. n. 65 del 10.4.97, al punto C.9.1.2., stabilisce che ovviamente, per ogni intervento, deve essere valutata, in forma anche semplificata, la sicurezza strutturale finale e l'incremento di sicurezza conseguito. E' chiaro l'intento di coniugare la necessità di lasciare liberi i progettisti di scegliere gli schemi di volta in volta più adatti con l'opportunità di misurare comunque la sicurezza. L'esercizio di pervenire a questa misura diventa un aiuto per individuare i punti vulnerabili e gli interventi più efficaci e la misura stessa consente di quantificare il rapporto fra i benefici ottenuti in termini di sicurezza ed i costi sostenuti. Tale rapporto, sempre importante in qualunque intervento, diventa fondamentale allorché si impiegano risorse pubbliche. La prima risposta è già stata data nell’ambito dell’Ord. Commissariale 61/97 (D.C.D. 121/97 nelle Marche) definendo come obbligatori una serie di interventi "minimi". Questo è stato il primo tentativo di rendere tangibile e riscontrabile in modo pragmatico il miglioramento sismico raggiunto. La normativa tecnica Delibera Regionale n. 5180 del 14.9.98, emanata a seguito della Legge 61/98, va oltre questa impostazione, poiché definisce una serie di categorie di intervento per ogni livello di danneggiamento e vulnerabilità dell’edificio, associa interventi strutturali minimi a livelli economici di contributo, fornendo una misura minima di sicurezza da raggiungere nell’ambito del miglioramento sismico, e richiede che la progettazione sia corredata da verifiche numeriche che consentano di stabilire:

    Prima di effettuare le operazioni di verifica sopra citate, occorre definire un quadro di interpretazione normativo e procedurale tale da consentire la massima coerenza degli interventi con la normativa sismica vigente in ambito nazionale. Per quanto riguarda gli edifici in muratura, si è cercato di indicare un percorso di verifica applicabile sia alle costruzioni nuove che alle esistenti, nel quale fosse possibile la contemporanea convivenza dell’approccio proprio della Circolare LL.PP. n. 21745 del 30.7.81 con il D.M. 20.11.87 "Norme Tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento", entrato nel novero delle norme da rispettare in zona sismica. Tale approccio metodologico segue quello già contemplato nel recente Commentario curato dall’ANIDIS e dal Servizio Sismico Nazionale [M10], che è stato utilizzato come ausilio per le scelte qui adottate. Ovviamente è fatta salva la possibilità per il progettista di riferirsi a schemi alternativi che, a suo giudizio, meglio si prestano a descrivere la particolare situazione che sta analizzando. Per fornire un aiuto in questo senso, sono riportati in Appendice 7 alcuni confronti fra diversi metodi di verifica. Per unificare i criteri di verifica per le costruzioni in muratura, sono stati definiti alcuni principi sui quali basare la procedura di calcolo:

    1. Approccio di calcolo secondo il Metodo Semiprobabilistico agli Stati Limite. Le sollecitazioni si valutatano con la formula di combinazione di cui al D.M. 16.1.96 "Norme Tecniche per le costruzioni in zone sismiche" - punto B.8.2. Si ritiene accettabile, ai fini dello snellimento del lavoro di progettazione e verifica, la scelta a priori di un numero minimo di combinazioni sfavorevoli, anche alla luce del comportamento tipico della muratura. Si ritiene, quindi, ragionevole considerare le due combinazioni a cui corrispondono rispettivamente il massimo sforzo normale (per la presenza simultanea di tutti i carichi verticali), e la massima eccentricità (considerando il minimo carico verticale) sul maschio murario. Quest’ultima combinazione risulta in genere più gravosa per la verifica a taglio nel piano della muratura.

    2. Azioni sismiche di progetto definite al punto C.6 del D.M. 16.1.96 (forze statiche equivalenti). Il coefficiente di struttura è assunto pari a:

    b = b 1 x b 2 = 4

    Il coefficiente di fondazione e è pari al coefficiente di amplificazione Fa derivante dagli studi di microzonazione, effettuati per tener conto degli effetti di sito nella caratterizzazione dell’azione sismica. Tale parametro, che è funzione della proprietà geotecniche, geologiche e morfologiche del sito, ha un campo di variabilità generalmente compreso nell’intervallo 1÷2.

    3. Resistenza delle murature assunta in relazione alla tipologia, alla qualità e allo stato di conservazione del sistema murario. L’effettiva resistenza delle murature può essere accertata mediante apposite indagini sperimentali. In mancanza di tali dati, si potranno assumere come utile riferimento i valori indicati nella Tabella 1 della Circolare LL.PP. n. 21745 del 30.7.81. Tali resistenze potranno essere utilizzate come valori di calcolo (gm=1) o come valori caratteristici a rottura, a seconda del metodo utilizzato (v. oltre).

    4. Stesse modalità di verifica sia per la situazione pre-evento che per quella di progetto. Si propongono in alternativa l’impostazione secondo il D.M. 20.11.87 e quella secondo la Circolare LL.PP. n. 21745 del 30.7.81. La scelta di proporre due percorsi di verifica diversi a fronte di combinazioni di azioni determinate in modo unico crea una frattura con il passato, essenzialmente per il fatto che la Circolare n. 21745 prevedeva la determinazione delle azioni "nel modo più sfavorevole", quindi senza moltiplicatori di carico. La presente proposta, però, ha il pregio di ricondurre la Circolare nell'alveo del metodo agli stati limite, avendo verificato che nella maggioranza dei casi i risultati sono generalmente congruenti con quelli ottenibili dall'applicazione del D.M. 20.11.87.

     

    1.1. Scopo delle verifiche

    Gli scopi di queste verifiche sono diversi. Il più importante è di guidare la progettazione degli interventi in modo da individuare i comportamenti che maggiormente influenzano la vulnerabilità del manufatto e gli interventi più efficaci per ridurla. In questo modo è possibile anche ottimizzare le risorse finanziarie disponibili attraverso il sistematico confronto fra i costi di intervento e i benefici ottenuti in termini di sicurezza. Ovviamente il calcolo non è l’unico ingrediente della progettazione che molto deve basarsi, per gli edifici esistenti, su una approfondita conoscenza di tecnologie, materiali, storia delle trasformazioni subite dai beni. Esso ha, tuttavia, il pregio di fornire uno strumento di analisi che, pur con i limiti derivanti dalla difficoltà di schematizzare strutture spesso "non ingegnerizzate", può essere assunto come utile e omogeneo riferimento per la riduzione del rischio. Le verifiche hanno, d’altra parte, una tradizione consolidata, anche se ad ogni terremoto esse vengono rimesse in discussione dal confronto con il comportamento reale delle costruzioni, come è opportuno che avvenga per migliorarne sempre di più l’affidabilità. Questa tradizione fonda su diversi esempi di applicazione in ricostruzioni post-sisma (Friuli, 1976; Valnerina, 1979; Irpinia, 1980; Abruzzo - Umbria, 1984) nelle quali esse sono state utilizzate come mezzo di verifica del raggiungimento degli obiettivi fissati in termini di sicurezza. Questi ultimi a volte sono stati scelti coincidenti con l’adeguamento sismico, ossia con il rispetto di requisiti paragonabili a quelli di costruzioni nuove, altre volte sono stati fissati ad un livello inferiore o superiore. Come esempio di scelta di livello inferiore si ricorda, ad esempio, la "riattazione" del sisma del 1984 in Abruzzo e Umbria, alla quale era associato un livello di protezione dal sisma pari al 50% di quello corrispondente all’adeguamento. Questa stessa logica è stata perseguita anche negli interventi disciplinati dall'Ord. 61 per l’Umbria e dal D.C.D. 121 per le Marche quando, per l’ammissibilità a contributo, è stato richiesto di dimostrare che la resistenza convenzionale a taglio nelle condizioni precedenti al sisma non fosse inferiore al 50% di quella corrispondente all’adeguamento, in modo che un intervento di semplice miglioramento, con incremento di sicurezza non quantificato, portasse ad una protezione comunque superiore. Con le direttive emanate dal CTS la scelta effettuata è intermedia fra la riattazione e l’adeguamento, essendo stabilito un livello minimo di protezione sismica pari al 65% dell’adeguamento, ma con un significativo elemento di novità dato dalla considerazione degli effetti di amplificazione locale dell’azione sismica. Proprio questo elemento, visto il suo peso assolutamente rilevante, è stato fra i fattori che hanno condizionato la scelta del livello 65%. Con semplici prove di calibrazione si è visto, infatti, che questo livello consente nella maggior parte dei casi di conciliare i requisiti di sicurezza con le esigenze di conservazione e tutela del patrimonio edilizio.

     

    1.2. Tipi di verifiche

    Il percorso logico da seguire parte dall’analisi del danno e degli elementi fondamentali di vulnerabilità. L’analisi del danno è fondamentale in quanto, da un lato evidenzia le necessità di riparazione, ma dall’altro consente anche di sfruttare il "collaudo sismico" per capire quali siano i meccanismi resistenti attivati ed i possibili modi di collasso da contrastare. L’analisi di vulnerabilità, sempre utile, diventa indispensabile in tutti i casi nei quali il "collaudo sismico" abbia raggiunto livelli modesti, molto inferiori a quelli attesi nella zona. In questi casi potrebbero non essersi manifestate carenze che, però, potrebbero produrre comportamenti indesiderati sotto sismi più forti. L’analisi di vulnerabilità può essere efficacemente supportata da modelli strutturali in grado di simulare tali comportamenti e di associare a ciascuno di essi una misura della sicurezza nei confronti dell’azione sismica. Tali modelli devono consentire di cogliere con appropriato dettaglio sia fatti locali, come l’inflessione della singola parete fuori dal suo piano o il funzionamento di una catena, sia comportamenti d’insieme, come la risposta complessiva dell’edificio all’azione sismica. Il percorso più intuitivo da seguire, quindi, parte dall’analisi dei comportamenti locali, che permettono di verificare le relazioni fra i vari elementi strutturali, procede a verificare gli assemblaggi degli stessi e giunge, infine, allo studio del comportamento d’insieme della struttura.

    1.2.1. Verifiche locali

    I comportamenti locali più importanti dal punto di vista sismico sono quelli che possono attivarsi per carenza di collegamenti o per carenza di resistenza dei muri fuori dal loro piano. Al primo tipo possono essere ascritti i fenomeni di separazione fra elementi costruttivi: ad esempio lo scorrimento delle travi dei tetti, lo sfilamento delle travi di solaio dai muri, il ribaltamento di comignoli, parapetti, o, anche, di pareti fuori dal loro piano. In Fig. 1.1, tratta da Giuffrè [M12] sono riportati alcuni meccanismi del tipo detto: in particolare i tipi A e B sono classici ribaltamenti della parete fuori dal piano nei quali cambia solo la posizione della lesione di distacco. Nel caso D il meccanismo di ribaltamento è complicato dalla flessione della parete anche nel piano orizzontale, favorita dall’azione spingente degli elementi di copertura. Nel caso E il ribaltamento è aggravato dallo sfilamento delle travi di solaio che impediscono la possibile chiusura parziale delle lesioni. Il caso C, infine, è una rottura per flessione e taglio dei muri paralleli all’azione del sisma: rappresenta quindi un fenomeno di rottura nel piano del muro che può essere analizzato solo a valle di un calcolo globale della ripartizione delle sollecitazioni fra gli elementi resistenti (v. oltre). La verifica dei meccanismi locali consente di dimensionare le giunzioni e gli elementi singoli in modo da evitare le separazioni dette ed i collassi parziali e di poter quindi analizzare meccanismi di livello gerarchico superiore, nei quali la compartecipazione fra elementi diversi è assicurata e si può valutare la resistenza di un loro "assemblaggio". Il caso tipico è la resistenza delle pareti in direzione ortogonale al piano: una volta che il ribaltamento sia stato impedito dalla predisposizione di idonei vincoli di estremità della parete (ammorsature efficaci, connessioni travi-parete e solaio-pareti, catene e profilati con funzione di cordoli, cordoli) occorre verificare che il modello strutturale "più vincolato" determinatosi risponda anche agli obiettivi di sicurezza fissati. Queste verifiche possono essere condotte con diverse modalità, chiarite sia in disposti di legge vigenti, sia in norme utilizzate in passato o in altre nazioni, sia, infine, nelle molte ricerche sull’argomento. In questa pubblicazione ci si è riferiti sia alle indicazioni fornite dal D.M. 20.11.1987, richiamato al punto C.5.1 del D.M. 16.1.96, sia alla Circolare Min. LL.PP. 21745 del 30.7.81.

     

    1.2.2. Verifiche globali

    Dopo aver verificato che le singole parti dell’edificio abbiano la richiesta resistenza nei confronti del sisma, occorre assicurarsi che una resistenza simile sia garantita dal comportamento globale dell’edificio. Per gli edifici esistenti in muratura il comportamento che si cerca di realizzare è il "comportamento scatolare" dell’insieme pareti – orizzontamenti, che garantisce l’ottimale sfruttamento delle risorse strutturali disponibili. Non sempre questo obiettivo può essere perseguito con assoluta coerenza e, anzi, può essere opportuno, a volte, accettare comportamenti diversi. Può essere, ad esempio, il caso dei grandi edifici in muratura con solai in legno o a volte, nei quali a causa delle dimensioni geometriche rilevanti dell’edificio e della natura degli orizzontamenti può essere opportuno rinunciare all’obiettivo del "piano rigido" e sulla conseguente ripartizione dell’azione sismica per fare affidamento su resistenze individuali di singoli muri. La resistenza ad azioni nel piano può essere valutata con mezzi diversi in funzione della particolare situazione considerata (regolarità strutturale, numero di piani, condizioni di vincolo) e dell’importanza dell’opera. Una prima possibilità è di utilizzare il metodo VeT, che consiste nel confrontare l’azione sismica di riferimento con la resistenza a taglio massima di piano disponibile. L’approccio è molto semplice, sostanzialmente coincide con la valutazione di Cconv riportata nell’Ord. 61/97: non si prevedono limiti di duttilità, si trascurano eventuali eccentricità in pianta fra centro delle masse e delle rigidezze e si assume che il meccanismo di rottura sia sempre la rottura per taglio nei maschi murari. La stima della resistenza complessiva che si ottiene è molto grossolana, va quindi limitata a casi di modestissima importanza, di edifici regolari con basso numero di piani e con distribuzione dei carichi verticali abbastanza uniforme fra i setti. Una seconda possibilità, probabilmente quella più spesso utilizzata nelle ricostruzioni, consiste nell’utilizzare un metodo tipo POR, metodo che fa riferimento essenzialmente al meccanismo di rottura per taglio dei maschi murari, con o senza controllo di duttilità, e alla ripartizione delle forze sismiche operata da orizzontamenti infinitamente rigidi nel proprio piano. Un uso indiscriminato di questa metodologia ha portato a volte, in passato, a progettare interventi assai pesanti, mirati ad ottenere una corrispondenza fra edificio e modello senza valutare criticamente la possibilità di effettuare scelte alternative. Il metodo è ampiamente collaudato e normato attraverso la Legge 219/81 e la circolare LL.PP. n. 21745 del 30.7.81, ancora operante per alcune zone d’Italia soggette a recuperi post–sisma. I due riferimenti citati stabiliscono un percorso completo per l’analisi delle azioni, lo studio delle sollecitazioni e le verifiche. Le verifiche del maschio murario sono effettuate nei confronti di:

    resistenza a taglio per azioni agenti nel piano del maschio,

    resistenza a pressoflessione per azioni ortogonali al piano.

    Il D.M. 16.1.96, per la prima volta, consente la verifica con il metodo degli stati limite in zona sismica e stabilisce l’applicabilità dei criteri riportati nel D.M. 20.11.87, originariamente scritti per zone non sismiche. La novità più rilevante rispetto al metodo riportato nella circolare 21745 è l’introduzione degli effetti dell’eccentricità nelle verifiche a taglio. Questa grandezza, infatti, oltre ad entrare in gioco nella verifica di pressoflessione, nel piano e fuori dal piano, mediante un coefficiente riduttivo dell’area resistente, influenza direttamente la resistenza a taglio attraverso la parzializzazione della sezione. L’eccentricità, inoltre, viene limitata ad un valore non superiore al doppio di quello corrispondente al raggiungimento della decompressione del lembo meno caricato della parete. Le prescrizioni suddette, unite alla diversa formulazione della variazione della resistenza caratteristica in funzione della tensione normale, conducono a volte a risultati molto più cautelativi di quelli forniti dall’applicazione della Circolare, soprattutto ai piani alti. In diversi casi, quindi, si individuano come più soggetti alla rottura per taglio e flessione i maschi dei piani più alti, cosa che raramente è stata osservata a seguito di terremoti. Probabil-mente, le disposizioni riportate nel D.M. del 1987 sono tarate su azioni orizzontali di modesta entità e notevole durata (vento) e quindi comportano qualche difficoltà di applicazione se impiegate nel caso di verifiche a rottura con azioni di notevole entità quali sono quelle sismiche. Per quanto detto negli esempi sviluppati si è preferito fare riferimento al D.M. del 1987 trascurando però la parzializ-zazione per effetto della flessione nel piano del maschio murario. In questo modo i risultati ottenuti sono vicini a quelli ricavabili dall’applicazione della circolare del 1981, con la quale sono stati effettuati continui confronti.

     

     

     

    2. CRITERI DI CALCOLO

    I criteri e le modalità di calcolo che vengono indicati sono basati sulle seguenti ipotesi:

    1. L’approccio di calcolo segue il Metodo Semiprobabilistico agli Stati Limite.

    2. La resistenza, in quanto scelta essenzialmente progettuale, è assunta in relazione alla tipologia, alla qualità e allo stato di conservazione del sistema murario. L’effettiva resistenza delle murature può essere accertata mediante apposite indagini sperimentali. In mancanza di tali dati, potranno costituire utile riferimento i valori indicati nella Tabella 1 della Circolare LL.PP. n. 21745 del 30.7.81 (v. Tab. 2.1). Tali resistenze sono assunte con il valore caratteristico a rottura (gm= 1).

     

     

    TIPO DI MURATURA

    t k

    (t/m2)

    s k

    (t/m2)

    MURATURE NON CONSOLIDATE

    NON LESIONATE

    Mattoni pieni

    Malta bastarda

    12

    300

    Blocco modulare con caratteristiche rispondenti alle prescrizioni D.M. 03-03-1975 (29 x 19 x 19 cm) - Malta bastarda

    8

    250

    Blocco in argilla espansa o calcestruzzo - Malta bastarda

    18

    300

    Murature in pietra (in presenza di ricorsi di mattoni estesi a tutto lo spessore del muro, il valore rappresentativo di t k può essere incrementato del 30%)

    a) pietrame in cattive condizioni

    b) pietrame grossolanamente squadrato e ben organizzato

    c) a sacco in buone condizioni

    2

    7

    4

    50

    200

    150

    Blocchi di tufo di buona qualità

    10

    250

    MURATURE NUOVE: VEDI D.M. 20-11-1987

    MURAT. C0NSOL.

    Mattoni pieni, pietrame squadrato, consolidate con 2 lastre in calcestruzzo armato da cm. 3 (minimo)

    18

    500

    Pietrame iniettato

    Murature in pietra a sacco consolidate con 2 lastre in cls armato da cm. 3

    11

    300

    G = modulo elastico a taglio =1100 t k (t/m2)

    E = modulo elastico = 6 G

    Tabella -1: Valori di resistenza caratteristici per diversi tipi di murature

     

    3. Le modalità di verifica possono seguire l’impostazione di calcolo del D.M. 20.11.87 "Norme Tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento" o quella della Circolare L.PP. n. 21745. In ogni caso la modellazione di calcolo dovrà risultare aderente all’effettivo comportamento della struttura.

    4. Le sollecitazioni sono valutate con la formula di combinazione di cui al punto B.8.2 del D.M. 16.01.96 "Norme Tecniche per le costruzioni in zone sismiche":

    a p ± g e a

    in cui a sono le sollecitazioni dovute al sisma convenzionale, g e = 1 per gli edifici in muratura, mentre a p sono le sollecitazioni dovute ai carichi verticali valutate secondo la seguente espressione:

    a p = g G Gk + g P Pk + g q [ ( Q1k + S ( y 0 i Qik) ]

    dove:

    Gk = valore caratteristico delle azioni permanenti
    Pk = valore caratteristico della forza di precompressione
    Q1k = valore caratteristico del sovraccarico variabile di base
    Qik = valori caratteristici delle azioni variabili tra loro indipendenti
    g g = 1.4 (oppure 1 se il contributo è a favore della sicurezza)
    g p = 1.2 ( oppure 0.9 se il contributo è a favore della sicurezza)
    g q = 1.5 ( oppure 0 se il contributo è a favore della sicurezza)
    y oi = 0.7 per carichi variabili di esercizio e neve = 0.0 per il vento

     

    Si ritiene accettabile, ai fini dello snellimento del lavoro di progettazione e verifica, la scelta a priori di un numero minimo di combinazioni sfavorevoli, anche alla luce delle caratteristiche peculiari del comportamento della muratura. A questo proposito si può ritenere ragionevole considerare le combinazioni a cui corrisponde sul maschio murario il massimo sforzo normale (per la presenza simultanea di tutti i carichi verticali amplificati), e la massima eccentricità (considerando il minimo carico verticale), come descritto in Fig. 2.1.

    Si può assumere come valore caratteristico del sovraccarico variabile di base Q1k quello attribuibile alla tipologia di carico più ricorrente nell’edificio.

    COMBIN.

    DI CARICO

    g g g q Q1k 0.7 Qik ANALISI DEI CARICHI
    1 - Carichi permanenti (cp)

    1

    1.4 1.5 abitazione 0.7 neve 2 - Sovraccarico accidentale per abitazione (ca)

    2

    1.0 0.0

    --

    --

    3 - Sovraccarico accidentale per neve (cn)

    Potrà suscitare qualche perplessità il fatto di determinare le sollecitazioni allo stesso modo, sia quando si effettuano verifiche con il metodo agli stati limite, sia quando si utilizza la circolare n. 21745. Effettivamente, in questo secondo caso, si modifica un metodo consolidato, alterando il rapporto tra livello delle azioni e verifiche. Svolgendo un certo numero di esempi si è visto, però, che nella concreta applicazione le differenze di risultato sono mediamente accettabili, in quanto la condizione generalmente determinante ai fini delle verifiche è quella con i carichi verticali più bassi (gG = 1 gq = 0).

    5. Per la valutazione delle azioni sismiche negli edifici in muratura si fa riferimento al punto C.6 del D.M. 16.01.96, utilizzando il metodo dell’analisi statica equivalente. Le forze alle diverse quote sono applicate in corrispondenza dei baricentri dei pesi sismici, i quali generalmente possono essere riportati alle quote dei solai.

    La forza orizzontale Fi alla generica quota, secondo una prefissata direzione, si ottiene dalla relazione:

    Fi = Khi Wi

    essendo:

    Khi = C R e b gi I

    Wi = Gi + sQi

    dove s è coefficiente di riduzione dei sovraccarichi determinabile dalla Tabella 5 del D.M. 16.1.1996 in funzione della destinazione d’uso dei locali. Tale coefficiente deve essere utilizzato esclusivamente per la valutazione delle azioni sismiche convenzionali, risultando indipendente dalle modalità di combinazione dei carichi verticali.

    Le azioni sismiche da prendere in considerazione, così come definite al punto C.6 del D.M. 16.1.96, sono modellate come azioni statiche equivalenti. Il coefficiente di struttura è:

    b = b 1 b 2 = 4

    Il coefficiente di fondazione e è pari al coefficiente di amplificazione Fa derivante dagli studi di microzonazione.

    6. In accordo con le Direttive Tecniche [M8], il progettista dovrà dimostrare: a) che l’edificio e le sue parti siano in grado di sopportare almeno una azione sismica orizzontale valutata assumendo per il coefficiente di intensità sismica il valore C = 0.65 Crif e per il coefficiente di fondazione il valore e = Fa ; b) l’entità del miglioramento conseguito rispetto alla situazione originale dell’edificio.

    A tal fine il progettista calcolerà nelle condizioni originarie non danneggiate il valore di C che, inserito nella definizione delle azioni sismiche, porta la struttura al collasso secondo uno dei meccanismi considerati. Tale valore viene indicato con C0.

    Analogamente il progettista calcolerà nella situazione di progetto (cioè dopo la realizzazione degli interventi) il valore di C che inserito nell’azione sismica orizzontale porta la struttura al collasso secondo uno dei meccanismi considerati. Tale valore viene indicato con Cfin. La verifica consiste nel controllare che Cfin > 0.65 Crif e che Cfin > C0.

    7. Per quanto riguarda la definizione di edificio, occorre far riferimento all’Allegato A della deliberazione della Giunta regionale n. 5180 del 14 settembre 1998 che così recita:

  • Si intende per edificio un fabbricato con continuità strutturale, delimitato da cielo a terra da pareti verticali portanti cieche, tranne che per aperture su strade e spazi liberi. Possono comportare eccezioni pareti con modeste aperture, quando le porzioni del fabbricato ad esso adiacenti abbiano caratteristiche strutturali diverse (non configurandosi l’edificio come unico organismo statico che realizza una completa solidarietà strutturale), ad esempio:

    a) fabbricati costruiti in epoche diverse;

    b) fabbricati costruiti con materiali diversi;

    c) fabbricati con solai posti a quota diversa;

    d) fabbricati aderenti solo in minima parte.

  • 8. Sulla base di quanto richiesto dalle Direttive Tecniche di attuazione della Legge 30.Marzo 1998 n° 61, la valutazione della resistenza dell’edificio allo stato attuale non danneggiato e allo stato di progetto deve essere effettuata tenendo conto dei possibili tipi di rottura della struttura; il progettista dovrà quindi quantificare il livello di sicurezza originario e conseguito rispetto almeno ai seguenti meccanismi di collasso:

     

     

     

    3. VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA ALLE AZIONI ORTOGONALI

    L’azione sismica ortogonale alla singola parete è rappresentata da un carico orizzontale distribuito pari a bC volte il peso della parete e da forze orizzontali concentrate pari a bC volte il carico trasmesso dagli orizzontamenti che si appoggiano su di essa, se questi non sono efficacemente collegati a muri trasversali.

    I meccanismi di collasso alle azioni ortogonali possono essere di due tipi:

     

    3.1. Verifica al ribaltamento

     

    La verifica al ribaltamento è articolata nelle seguenti fasi:

     

    3.2. Verifica a pressoflessione

    Occorre premettere che la verifica a pressoflessione valuta la resistenza della parete rispetto al collasso per superamento delle tensioni caratteristiche di rottura del materiale, a causa delle sollecitazioni agenti. L’approccio alla verifica può seguire l’impostazione del D.M. 20.11.87, oppure quella della Circolare M.LL.PP. 30 Luglio 1981 n° 21745.

    In fase preventiva si dovrà definire lo schema statico effettivo nella condizione originaria e in quella dopo l’intervento. Se nella condizione originaria si riscontra l’assenza di vincoli di piano efficaci, lo schema da adottare può essere quello di mensola verticale incastrata in fondazione. In presenza di vincoli di piano efficaci (tiranti, catene o cordoli), ad esempio posti in opera a seguito dell’intervento, lo schema da adottare può essere quello di trave appoggiata o incernierata ai solai di piano (v. Fig. 3.2).

    Figura .1: Individuazione dei meccanismi di collasso per ribaltamento

    1. Non si esclude l’utilizzo di modelli più sofisticati, quali ad esempio la schematizzazione dei pannelli murari come piastre vincolate in corrispondenza di solai e pareti di controvento.

      1. Verifica secondo D.M. 20.11.87

    La verifica può essere condotta ricercando per tentativi i valori di C0 e Cfin che portano il muro in condizioni limite. In alternativa si potrà procedere secondo le fasi che seguono:

  • Flim = N / (sk A)

    dove:

    N = sforzo normale agente sul singolo pannello, valutato per ciascuna combinazione di carico

    A = area della sezione trasversale del maschio murario

    sk = tensione caratteristica a rottura per compressione del materiale, valutata secondo il punto 2.2

  • ho = lunghezza libera di inflessione = r h;

    h = altezza interna di piano;

    r = fattore laterale di vincolo, valutato in base all’interasse dei muri trasversali atti a costituire un vincolo efficace per il muro in esame (v. Tab. a lato);

    t = spessore del muro;

    a = interasse dei muri trasversali atti a costituire un vincolo efficace per il muro in esame (spessore maggiore di 20 cm).

    m = 6 elim / t

  • da cui:
  •  

    coefficiente di eccentricità m = 6e/t

    h0/t

    0

    0,1

    0,2

    0,3

    0,4

    0,5

    0,6

    0,7

    0,8

    0,9

    1

    1,1

    1,2

    1,3

    1,4

    1,5

    1,6

    1,7

    1,8

    1,9

    2

    0

    1

    0,95

    0,9

    0,84

    0,79

    0,74

    0,71

    0,68

    0,65

    0,62

    0,59

    0,56

    0,53

    0,5

    0,47

    0,44

    0,42

    0,4

    0,37

    0,35

    0,33

    5

    0,97

    0,92

    0,87

    0,81

    0,76

    0,71

    0,68

    0,65

    0,61

    0,58

    0,55

    0,52

    0,49

    0,45

    0,42

    0,39

    0,37

    0,34

    0,32

    0,29

    0,27

    10

    0,86

    0,81

    0,76

    0,71

    0,66

    0,61

    0,58

    0,55

    0,51

    0,48

    0,45

    0,41

    0,38

    0,34

    0,31

    0,27

    0,25

    0,22

    0,2

    0,17

    0,15

    15

    0,69

    0,65

    0,61

    0,56

    0,52

    0,48

    0,45

    0,42

    0,38

    0,35

    0,32

    0,29

    0,26

    0,23

    0,2

    0,17

             

    20

    0,53

    0,5

    0,46

    0,43

    0,39

    0,36

    0,33

    0,31

    0,28

    0,26

    0,23

                       

     

    elim = m t / 6

     

     

    Tabella 3-1: Tabella (punto 2.2.1.4)

     

  • Per valori non contemplati in tabella è ammessa l’interpolazione lineare, in nessun caso sono ammesse estrapolazioni (si suggerisce l’uso del grafico di Figura 3-1). Nel caso di valori di Flim inferiori a quelli contemplati, il coefficiente di eccentricità m da assumere sarà quello massimo previsto per la snellezza in considerazione. In questo modo si calcolano in maniera cautelativa i valori di m e quindi dell’eccentricità disponibile ed infine i valori di C0 e Cfin . Quando la snellezza del pannello murario oggetto di verifica, valutata sulla base dell’effettivo schema statico dell’edificio, sia superiore al massimo valore ammesso h0/t > 20, si può ritenere che la muratura non sia in grado di sopportare alcuna azione ortogonale e pertanto si assumerà pari a zero il corrispondente valore del coefficiente di intensità sismica (C0 o Cfin).
  • Posto:
  • con il significato:
  •  

    N1 = carico trasmesso dal muro sovrastante (combinazione di carico in esame)
    N2 = reazione di appoggio dei solai sovrastanti il muro (combinaz. in esame)
    l1 = eccentricità di N1 rispetto al piano medio
    l2 = eccentricità di N2 rispetto al piano medio
  • Si ha:

    es = es1 + es2 ea = h/200

  •  

    Figura 3.1: Valori del coefficiente F

     

  • esis = Msis / N

  • e1 = ½ es½ + ½ ea½ e2 = e1 / 2 + ½ esis½

    essendo:

    e1 = eccentricità dei carichi verticali in sommità del pannello;

    e2 = eccentricità in mezzeria.

    I valori dei parametri C0 e Cfin sono determinati imponendo:

    e2 = e1 / 2 + ½ esis½ = m t / 6 = elim

  • 3.2.2 Verifica secondo Circolare M.LL.PP. 30 Luglio 1981 n° 21745

    La verifica è articolata nelle seguenti fasi:

  • s =

  • Si osserva che la determinazione dei parametri C0 e Cfin , nell’ipotesi di collegamenti efficaci, può essere effettuata facendo uso dei risultati forniti dai vecchi codici di calcolo (tipo "POR") già diffusi tra i professionisti, considerando nella valutazione delle azioni sismiche C = Crif , evitando la verifica su ciascun setto e limitandosi a quelli più sollecitati.

    Dati, infatti, i valori delle tensioni normali massime e minime dovute ai carichi statici e alle azioni sismiche di normativa ortogonali al piano della muratura, a parità di interpiano sarà sufficiente eseguire un solo calcolo per ogni combinazione di carico e per classe di materiale e di spessore.

    Convenzionalmente si indicheranno come positive le tensioni di compressione e negative quelle di trazione. Si consideri allora, ad esempio allo stato attuale, il setto che, per un dato spessore e materiale, presenta il massimo valore della tensione di compressione.

    Date le caratteristiche geometriche e meccaniche:

    A = area della sezione trasversale del pannello;

    W = modulo di resistenza della sezione trasversale;

    g = peso specifico della muratura;

    s = spessore del setto;

    b = lunghezza del setto;

    h = altezza libera del setto,

    la tensione massima è data da:

  • dove:

    N = sforzo normale agente sul pannello nella combinazione di carico in esame;

    M = momento flettente massimo sul pannello = b Crif g s b h2.

    Si ottiene quindi:

    essendo:

    s0 = tensione normale media sulla sezione;

     

    k = fattore di vincolo (k = 8 ¸ 14).

    Il collasso per pressoflessione fuori dal piano medio della muratura si verifica nel setto in considerazione per raggiungimento della resistenza a compressione sk:

    sk =

    Combinando le due espressioni precedenti:

    C0 = Crif +(sk - smax )

    Il medesimo procedimento può essere utilizzato per valutare il coefficiente di intensità sismica corrispondente al collasso per pressoflessione a trazione. Individuato il setto che, per ciascuna combinazione di carico e a parità di spessore e di materiale, presenta la minima tensione normale per azioni fuori dal piano smin (assunta in segno):

    =

    Il collasso si ha per raggiungimento della resistenza a trazione:

    -tk =

    Combinando le due precedenti espressioni:

    C0 = Crif +(tk + smin )

    Analogamente si può operare in condizioni di progetto per determinare il valore di Cfin, ottenendo:

    Cfin = Crif +(sk - smax )

    oppure:

    Cfin = Crif +(tk + smin )

     

     

     

    4. VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA ALLE AZIONI NEL PIANO

     

    Le azioni sismiche complanari alle pareti sono valutate prendendo in esame l’edificio nella sua interezza, con i collegamenti operati dai solai in quanto a tale scopo efficaci, considerando di norma trascurabile la rigidezza delle pareti per deformazioni ortogonali al loro piano.

    La ripartizione delle forze sismiche al piano tra i maschi murari resistenti sarà quindi effettuata, se non si farà riferimento a modelli più accurati, considerando la più appropriata delle due ipotesi limite:

    1. solai infinitamente rigidi nel proprio piano, nel qual caso la forza sismica orizzontale di calcolo sarà applicata al baricentro delle masse di piano;
    2. solai infinitamente deformabili nel proprio piano, nel qual caso la forza sismica di competenza di ciascun muro sarà determinata proporzionalmente ai carichi verticali direttamente gravanti su di esso.

    Anche per quanto riguarda il comportamento delle pareti resistenti, in assenza di studi più accurati che potrebbero arrivare a considerare la parete come lastra forata di materiale non reagente a trazione, ci si potrà orientare su schemi semplificati che prendono in considerazione almeno i due casi estremi di:

    1. carico limite determinato dalla resistenza a taglio;
    2. carico limite determinato dalla resistenza a pressoflessione.

    Il primo comportamento è dominante nei pannelli tozzi, nei quali il rapporto altezza/base è minore di 1 - 1.5 (tipico in edifici bassi o complessi storici articolati ed interconnessi), il secondo nei pannelli più snelli, nei quali detto rapporto è maggiore di 2 - 3 (Tassios, 1995).

    Il progettista sceglierà il tipo di verifica più adatto in funzione della particolare situazione in esame, tenendo conto anche del comportamento globale della parete. Ad esempio, pareti con molte forature e con fasce di piano deboli potranno dar luogo a rotture per flessione più facilmente di altre che, a parità di dimensioni esterne, hanno fori più piccoli e fasce di piano in grado di vincolare efficacemente i maschi murari. In questo secondo caso il progettista potrà decidere di effettuare le sole verifiche di resistenza al taglio, eventualmente trascurando la parzializzazione della sezione legata al momento flettente e della variazione di sforzo normale prodotti dal sisma.

    Le verifiche potranno essere effettuate seguendo sia l’impostazione del D.M. 20.11.1987, sia la Circolare Min. LL.PP. n. 21745 del 30.7.81.

    Per i casi di edifici di dimensioni più contenute, di altezza limitata, sufficientemente regolari in pianta ed in elevato, si potrà anche procedere alla verifica a taglio con il metodo VeT, che è quello dal quale trae origine la formula per la valutazione della resistenza convenzionale a taglio riportata nell’ordinanza 61/97.

     

    4.1. Verifica a taglio e pressoflessione nell’ipotesi di piani rigidi

    La ripartizione delle forze orizzontali deve essere effettuata a ciascun livello in proporzione alle rispettive rigidezze. La rigidezza K del singolo pannello murario può essere definita dalla relazione:

    dove:

    G, E = moduli elastici del materiale di cui è costituito il pannello

    A = area della sezione trasversale del pannello

    b = larghezza del pannello

    h = altezza del pannello

    In assenza di dati sperimentali, si può porre, in base alla Circolare M.LL.PP. 30 Luglio 1981 n° 21745:

    E/G = 6 G = 1100 tk

    Nel caso in cui il percorso di verifica sia quello individuato dalla Circolare M.LL.PP. 30 Luglio 1981 n° 21745, si potrà adottare l’ipotesi di comportamento elasto-plastico con controllo della duttilità; i valori dei parametri C0 e Cfin ottenuti sono relativi a un meccanismo di collasso globale di piano (v. Fig. 4.1), definito dal raggiungimento dell’equilibrio fra tagliante sismico di piano e forza reattiva in campo elasto-plastico. I valori dei parametri C0 e Cfin così determinati sono generalmente superiori a quelli corrispondenti al raggiungimento del limite elastico nel singolo maschio murario.

    Figura 4.1: Concezione strutturale dell’edificio - funzionamento a taglio per azioni orizzontali nell’ipotesi di piano rigido

    4.1.1. Verifica secondo il D.M. 20.11.87

    4.1.1.1.Verifica a taglio

    La verifica a taglio è articolata nelle seguenti fasi:

  • fvk = fvko + 0.4 s o

  • dove:

    fvko = resistenza caratteristica a taglio in assenza di carichi verticali.

    s o = tensione normale media dovuta ai carichi verticali combinati come al punto B.8.2 valutata per il singolo pannello murario.

    In generale, per questo tipo di verifica, la combinazione più sfavorevole è quella che comporta il minimo sforzo normale.

  • Ti = b fvk Ai

    dove:

    Ai = area della sezione orizzontale del muro

    b = coefficiente di parzializzazione della sezione, generalmente assunto pari ad 1 ,.

  • 4.1.1.2.Verifica a pressoflessione

  • La verifica a pressoflessione è articolata nelle seguenti fasi:
  • Flim = N / (Ft sk A)

  • m = 6 elim / t

  • da cui:
  • elim = m t / 6

  •  

    coefficiente di eccentricità m = 6e/t per snellezza h0/t = 0

    m

    0

    0,1

    0,2

    0,3

    0,4

    0,5

    0,6

    0,7

    0,8

    0,9

    1

    1,1

    1,2

    1,3

    1,4

    1,5

    1,6

    1,7

    1,8

    1,9

    2

    F lim

    1

    0,95

    0,9

    0,84

    0,79

    0,74

    0,71

    0,68

    0,65

    0,62

    0,59

    0,56

    0,53

    0,5

    0,47

    0,44

    0,42

    0,4

    0,37

    0,35

    0,33

     

    Tabella -1: Valori del coefficiente F lim per verifiche nel piano

  • Per valori non contemplati in tabella è ammessa l’interpolazione lineare, in nessun caso sono ammesse estrapolazioni. Nel caso di valori di Flim inferiori a quelli contemplati, si assumerà:

    m = 2

    In questo modo, oltre a rendere sempre applicabile il procedimento, si calcolano in maniera cautelativa i valori di m, quindi della eccentricità disponibile, ed i valori di C0 e Cfin.

  • elim = Msis / N

    4.1.2. Verifica secondo la Circolare 30 Luglio 1981 n° 21745

    4.1.2.1.Verifica a taglio

    La verifica è articolata nelle seguenti fasi:

  • Tui = Ai tu

  • dove:

  • Ai = area della sezione orizzontale del muro.

    tu = tk

    s o = tensione normale media dovuta ai carichi verticali combinati come al punto B.8.2 valutata per il singolo pannello murario.

    In generale, per questo tipo di verifica, la combinazione più sfavorevole è quella che comporta il minimo sforzo normale.

  • dui = mTui / Ki

    dove:

    m = duttilità della muratura dedotta dall’appendice alla Circolare M.LL.PP. 30 Luglio 1981 n° 21745.

    La somma dei contributi resistenti per tale spostamento definisce la forza reattiva massima sviluppabile al livello in esame, adottando l’ipotesi di comportamento elastico perfettamente plastico.

  • Si osserva che tale verifica può essere effettuata utilizzando i vecchi codici di calcolo (tipo "POR") già diffusi tra i professionisti, considerando nella valutazione delle azioni sismiche C = Crif, quindi ricavando i valori di C0 e Cfin tramite la relazione:

    C0 , Cfin = h Crif

    dove:

    h = coefficiente di sicurezza minimo derivante dal rapporto tra forza reattiva massima di piano e azione sismica orizzontale.

    Infatti, in tali tipi di verifiche, il coefficiente di sicurezza è definito come il minimo rapporto tra la forza reattiva massima di ciascun piano Tr , che è una caratteristica intrinseca del sistema murario, e il corrispondente tagliante Ts, che risulta una quantità proporzionale a Crif.

    h =

    Per definizione stessa, i parametri C0 e Cfin sono i valori del coefficiente di intensità sismica in corrispondenza dei quali, nei diversi stati attuale e di progetto, la struttura arriva al collasso, per raggiungimento della capacità resistente della struttura:

    J C0 = Tr(attuale) J Cfin = Tr(progetto)

    quindi:

    C0 = h(attuale) Crif

    Cfin = h(progetto) Crif

    4.1.2.2. Verifica a pressoflessione

  • La verifica a pressoflessione secondo il metodo proposto dalla Circolare M.LL.PP. 30 Luglio 1981 n° 21745 si articola nelle seguenti fasi:
  •  

    4.2. Verifica a taglio e pressoflessione nell’ipotesi di piani deformabili

     

    La distribuzione delle sollecitazioni orizzontali avverrà affidando a ciascun muro l’aliquota di forze orizzontali corrispondenti ai carichi verticali direttamente gravanti su esso, indipendentemente dai valori di rigidezza (v. Fig. 4.2). In questo caso, non potendo fare affidamento sulla capacità di ripartizione del solaio, il sistema entra in crisi quando la prima parete raggiunge il limite elastico.

    Come già accennato, per quanto riguarda il comportamento delle pareti resistenti, in assenza di studi più accurati che potrebbero arrivare a considerare la parete come lastra forata di materiale non reagente a trazione, ci si potrà orientare su schemi semplificati che prendono in considerazione almeno i due casi estremi di:

    1. carico limite determinato dalla resistenza a taglio;
    2. carico limite determinato dalla resistenza a pressoflessione.

     

     

     

    Figura .2: Concezione strutturale dell’edificio - funzionamento a taglio per azioni orizzontali nell’ipotesi di piano deformabile

    Il primo comportamento è dominante nei pannelli tozzi, nei quali il rapporto altezza/base è minore di 1 - 1.5, il secondo nei pannelli più snelli, nei quali detto rapporto è maggiore di 2 - 3 (Tassios, 1995).

    Il progettista sceglierà il tipo di verifica più adatto in funzione della particolare situazione in esame, tenendo conto anche del comportamento globale della parete. Ad esempio, pareti con molte forature e con fasce di piano deboli potranno dar luogo a rotture per flessione più facilmente di altre che, a parità di dimensioni esterne, hanno fori più piccoli e fasce di piano in grado di vincolare efficacemente i maschi murari. In questo secondo caso il progettista potrà decidere di effettuare le sole verifiche di resistenza al taglio, eventualmente trascurando la parzializzazione della sezione legata al momento flettente e della variazione di sforzo normale prodotti dal sisma.

    Le verifiche potranno essere effettuate seguendo sia l’impostazione del D.M. 20.11.1987, sia la Circolare Min. LL.PP. n. 21745 del 30.7.81.

     

    4.2.1. Verifica secondo il D.M. 20.11.87

    4.2.1.1. Verifica a taglio

    La verifica a taglio è articolata nelle seguenti fasi:

  • fvk = fvk0 + 0.4 s 0

    dove:

  • fvko = resistenza caratteristica a taglio in assenza di carichi verticali.

    s o = tensione normale media dovuta ai carichi verticali combinati come al punto B.8.2 valutata per il singolo pannello murario.

    In generale, per questo tipo di verifica, la combinazione più sfavorevole è quella che comporta il minimo sforzo normale.

  • Ti = b fvk Ai

    dove:

    Ai = area della sezione orizzontale del muro

    b = coefficiente di parzializzazione della sezione, generalmente assunto pari ad 1,.

  •  

    4.2.1.2. Verifica a pressoflessione

  • La verifica a pressoflessione è articolata nelle seguenti fasi:
  • Flim = N / (Ft sk A)

  • m = 6 elim / t

  • da cui:
  • elim = m t / 6

  • Per valori non contemplati in tabella è ammessa l’interpolazione lineare, in nessun caso sono ammesse estrapolazioni. Nel caso di valori di Flim inferiori a quelli contemplati, si assumerà:

    m = 2

    In questo modo, oltre a rendere sempre applicabile il procedimento, si calcolano in maniera cautelativa i valori di m, quindi della eccentricità disponibile, ed i valori di C0 e Cfin.

  • elim = Msis / N

     

    4.2.2. Verifica secondo la Circolare 21745/81

    4.2.2.1. Verifica a taglio

  • La verifica a taglio è articolata nelle seguenti fasi:
  • Tui = Ai tu

  • dove:

  • Ai = area della sezione orizzontale del muro.

    tu = tk

    s o = tensione normale media dovuta ai carichi verticali combinati come al punto B.8.2 valutata per il singolo pannello murario.

    In generale, per questo tipo di verifica, la combinazione più sfavorevole è quella che comporta il minimo sforzo normale.

  • che gli compete.

     

    4.2.2.2. Verifica a pressoflessione

  • La verifica a pressoflessione secondo il metodo proposto dalla Circolare LL.PP. n 21745 è articolata nelle seguenti fasi:
  • s =

  •  

     

    4.3. Verifica a taglio semplificata

    Se un edificio è sufficientemente regolare, sia in pianta che in elevazione, di modo che non siano da temere influenze sensibili dei fenomeni di torsione, se la sua resistenza globale è determinata da meccanismi di rottura per taglio e se, infine, le tensioni normali nei setti sono abbastanza uniformi, allora si può pensare di adottare un criterio di verifica ancor più semplificato del POR. Ovviamente devono comunque essere valutata la sicurezza nei confronti dei meccanismi locali di collasso fuori dal piano e devono essere presenti collegamenti in grado di garantire le correlazioni verticali.

    Uno dei criteri possibili è quello conosciuto come VeT (Verifica a Taglio), che consiste nel confrontare ad ogni piano il taglio globale dovuto all’azione sismica Text con la resistenza globale Ru somma delle resistenze ultime di tutti i maschi murari paralleli alla direzione del sisma.

    Poiché Text è funzione lineare del coefficiente sismico e del peso di struttura sovrastante il piano di verifica, l’equazione di equilibrio globale

    Text = Ru

    porta alla determinazione diretta dell’azione sismica che può essere sostenuta a ciascun piano, una volta nota la resistenza

    Ru = S Rui = S Ai t ui

    dove l’indice i individua il generico setto, di area Ai, del piano in esame e t ui è la tensione tangenziale ultima del pannello, tenuto conto dello sforzo normale su di esso gravante.

    Si può, infatti, scrivere

    Text = C b W d

    dove C è il coefficiente di intensità sismica, b il coefficiente di struttura, W il peso delle strutture poste al di sopra del piano di verifica, d è il coefficiente che tiene conto della distribuzione delle forze di inerzia in elevato e che, per strutture regolari, coincide con il valore riportato nella Tabella 4-2.

     

    Numero totale di piani

    Piano di verifica

    1

    2

    3

    4

    5

    1

    1

    1

    1

    1

    1

    2

    -

    1.33

    1.25

    1.2

    1.17

    3

    -

    -

    1.5

    1.4

    1.33

    4

    -

    -

    -

    1.6

    1.5

    5

    -

    -

    -

    -

    1.67

    Tabella 4-1: Coefficienti di maggiorazione dei tagli di piano [M15]

    Si ottiene:

    C = Ru / (b W d )

    Questa relazione può essere ulteriormente semplificata quando si può ritenere che i pesi di piano siano abbastanza uniformi in pianta e costanti da piano a piano ottenendo la formula ben nota adottata anche nella determinazione della resistenza convenzionale a taglio che viene utilizzata, nell’allegato A alla legge 61/98, per discriminare uniformemente, in fase di determinazione dei livelli di contributo, gli edifici più vulnerabili.

    Definite le seguenti grandezze meccaniche e geometriche:

     

    N

    = numero dei piani al di sopra della quota di verifica

    At

    = area totale coperta

    Ax

    = area totale elementi resistenti in direzione x

    Ay

    = area totale elementi resistenti in direzione y

    A

    = area minima fra Ax e Ay

    B

    = area massima fra Ax e Ay

    ao

    = rapporto fra area minima delle murature ed area coperta (A/At)

    g

    = rapporto fra area massima e minima delle murature ( B/A)

    tk

    = resistenza caratteristica di riferimento (vedi punto 2.2)

    pm

    = peso specifico delle murature

    ps

    = carico permanente per unità di superficie di solaio

    h

    = altezza media di interpiano

    q

    = peso medio per unità di area coperta di un livello

    si ottiene:

    C0, Cfin =

    dove:

    q =

    L'applicabilità di tale verifica in fase di progetto degli interventi, cosa ben diversa dalla valutazione convenzionale fatta per discriminare gli edifici su cui si poteva intervenire con il decreto 61/97, è opportuno sia ristretta ai casi in cui siano verificate le seguenti condizioni:

    < 0.15 z1 < 0.15 z2

    dove:

    ex , ey = eccentricità secondo X e secondo Y

    X , Y = dimensioni del rettangolo circoscritto alla pianta dell’edificio (v. Figura 4.3)

    z1 = coefficiente di riduzione per piante difformi dalla forma rettangolare = (Y-b1) / Y

    z2 = coefficiente di riduzione per piante difformi dalla forma rettangolare = (X-b2) / X

    b1 = massima distanza in direzione ortogonale a X fra pianta dell’edificio e bordo del rettangolo circoscritto

    b2 = massima distanza in direzione ortogonale a Y fra pianta dell’edificio e bordo del rettangolo circoscritto

    Si osserva che:

    1.  
    2. Per costruzioni che hanno forma planimetrica ragionevolmente vicina a quella rettangolare, risulta necessario individuare il rettangolo circoscritto che approssima meglio la pianta dell’edificio.
    3. Non si deve tenere conto di rientranze lungo il perimetro dell’edificio di dimensioni inferiori al 25% della lunghezza del lato corrispondente.
    4. I coefficienti di forma z1 e z2 tengono conto, tramite una riduzione del rapporto limite fra eccentricità e dimensione massima in direzione ortogonale, del cattivo comportamento di edifici con pianta a "L" o che comunque sono caratterizzati da notevoli irregolarità geometriche in pianta. Anche in questo caso occorre individuare il minimo rettangolo che circoscrive l’edificio.

    Figura 4.3: Schemi planimetrici di riferimento per la determinazione delle eccentricità massime ammesse per la verifica semplificata.

    E’ interessante notare come il termine di carico sia assolutamente congruente con la combinazione di carico di cui al punto B.8.2 del D.M. 16.01.1996 e già prevista al punto prevista al punto 2.4 del presente lavoro, assunti:

    gG = 1 gQ = 0

    che risulta sicuramente la più cautelativa ai fini della determinazione della resistenza a taglio.

    Nel caso in cui l’edificio oggetto di verifica sia adiacente ad altri e ne condivida le murature, la valutazione dell’area coperta dovrà comprendere non meno del cinquanta per cento delle aree degli edifici adiacenti comprese fra le murature condivise e il primo elemento strutturale parallelo.

    Nel caso in cui ci siano variazioni rilevanti in pianta ed in elevato delle caratteristiche geometriche e meccaniche della muratura (peso specifico, resistenza caratteristica a taglio) e dei carichi verticali, i parametri da utilizzare nel calcolo dovranno essere valutati con un’operazione di media ponderata.

     

     

     

    5. VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA DEI COLLEGAMENTI

    Dopo il predimensionamento di cui al punto 3.1, la verifica dei collegamenti è implicitamente soddisfatta qualora il valore di Cfin relativo al collasso per ribaltamento è maggiore o uguale a 0,65Crif.

    La massima trazione T che può essere fornita dai tiranti e dai cordoli è determinabile tramite la relazione:

    T = fy A / g m

    dove:

    fy = tensione allo snervamento del tirante o delle armature del cordolo,

    A = sezione del tirante o area complessiva netta delle armature longitudinali del cordolo,

    g m = coefficiente parziale di sicurezza sul materiale (1.15).

    Oltre la verifica dell’area resistente dei tiranti, è necessario procedere anche a quelle del sistema di ancoraggio dei collegamenti: nel caso delle catene i capochiave e la muratura interessata.

    Il capochiave si verifica come una piastra (o trave) sottoposta alla pressione che equilibra il tiro della catena in condizioni di snervamento. Un possibile schema di calcolo semplificato è quindi, in generale, quello di trave (per bolzoni o profili a C) o quello di piastra (per elementi compatti) con un carico concentrato in corrispondenza del bullone e un carico ripartito uniforme equilibrato su tutta la superficie di contatto. Le verifiche riguardano la resistenza a flessione e a taglio dell’elemento.

    Le murature nella zona di ancoraggio saranno verificate nei confronti principalmente del punzonamento, considerando il meccanismo di estrazione di un concio individuato da un perimetro posto a distanza t/2 dall’elemento di collegamento (Figura 5.1), che resiste grazie alla tensione tangenziale scambiata con la muratura circostante. Sulle facce orizzontali si considererà la tensione tangenziale limite fvk (o tu), sulle facce laterali la tensione fvko (o tk). In favore di sicurezza si potrà trascurare il contributo delle facce laterali. Nel caso di muratura a blocchi squadrati è appropriato considerare un meccanismo di scorrimento dei blocchi direttamente caricati rispetto a quelli adiacenti, utilizzando come resistenza allo scorrimento quella a taglio dei letti di malta, così come determinabile da prove su triplette, con l’opportuna forza normale al letto. Un simile modello è proposto in [M12], dove si fa affidamento sulla resistenza ad attrito sulle sole facce orizzontali del blocco.

    In casi particolari potrà essere opportuno verificare anche la resistenza del muro nei confronti della penetrazione dell’ancoraggio, dovuta ad eccesso di pressione di contatto. E’ questo, ad esempio, il caso degli ancoraggi lineari su murature composte da elementi lapidei di piccole dimensioni dove un possibile schema di riferimento è quello che consiste nell’individuare un’area direttamente caricata (A1), di dimensioni pari alla zona di contatto, e un’area di ripartizione concentrica alla precedente (A2) estesa fino a raggiungere i lati liberi della muratura. La verifica consiste nel confrontare la tensione di contatto con la resistenza caratteristica a compressione aumentata di un coefficiente y = Ö (A2/A1), non maggiore di 2:

    T/(ab) £ y s k

     

    6. VERIFICHE IN FONDAZIONE

    6.1. Parametri di calcolo e verifica

    Il progettista dovrà valutare il livello di sicurezza in fondazione. La resistenza in fondazione potrà essere quantificata sulla base delle verifiche previste dal D.M. 11.03.1988, assumendo i seguenti parametri di calcolo:

     

    6.2. Caratterizzazione geotecnica

    Ipotesi di lavoro:

    1. Il fabbricato non presenta dissesti fondali, non sono previsti interventi in fondazione ma possono essere previsti limitate modifiche delle tensioni unitarie sui terreni.

    2. Il fabbricato presenta dissesti fondali per cui vengono previsti interventi in fondazione che modificano l’interazione terreno-struttura.

    Nel primo caso, la valutazione del livello di sicurezza deve riguardare sia il terreno interessato dai carichi trasmessi dalle strutture di fondazione che le strutture di fondazione stesse. Come previsto al punto C.3. del D.M. 11/03/88, "nel caso di modesti manufatti che ricadono in zone già note, le indagini in sito ed in laboratorio sui terreni di fondazione possono essere ridotte od omesse, sempreché sia possibile procedere alla caratterizzazione dei terreni sulla base di dati e di notizie raccolti mediante indagini precedenti, eseguite su terreni simili ed in aree adiacenti. In tal caso, dovranno essere specificate le fonti dalle quali si è pervenuti alla caratterizzazione fisico-meccanica del sottosuolo." Su tali informazioni potrà, responsabilmente, essere basata la progettazione comprendente lo studio dei fenomeni sia di carattere locale che fenomeni di carattere globale dell’insieme terreno-struttura.

    Nel secondo caso, risulta sempre necessaria la caratterizzazione geotecnica qualitativa e quantitativa del sottosuolo per consentire la scelta della soluzione progettuale ed eseguire i calcoli di verifica.

     

     

     

    7. Appendice: Metodi di verifica a confronto

    Come già diffusamente illustrato nei capitoli precedenti, la verifica delle murature è in gran parte basata su metodi statici applicati ad alcuni meccanismi di collasso. Questo approccio si integra molto bene con l’analisi del danno e della vulnerabilità che le direttive richiedono quale secondo passo fondamentale della progettazione, il primo essendo l’accurata conoscenza del manufatto, dei materiali e delle sue trasformazioni. Si verifica, infatti, una naturale consequenzialità fra l’identificazione "sperimentale" dei meccanismi di collasso attivati (lettura del danno) o attivabili (identificazione delle carenze) e la loro schematizzazione in modelli di calcolo tesi alla "misura" delle condizioni di sicurezza.

    Ovviamente questa misura non può che essere basata, in generale, su metodi semplificati, così come previsto nel punto C.9.2 della circolare Min. LL.PP. 65 AA.GG./97, anche perché le molte incertezze che influenzano la modellazione di edifici esistenti, a partire dalle tecniche costruttive, per finire ai materiali e agli effetti di danni e trasformazioni successive, rendono spesso inutilmente oneroso il ricorso a strumenti di calcolo complessi. Ciò comporta un certo carattere convenzionale dello strumento, che non ne vanifica, però, l’efficacia ai fini della ricerca dei punti deboli della struttura, della determinazione delle priorità di intervento e della valutazione del rapporto benefici/costi.

    In questa appendice vengono ripresi alcuni tipi fondamentali di verifiche illustrati nei capitoli precedenti che vengono discussi ed affrontati con diverse metodologie per evidenziare la dispersione dei risultati conseguente a diverse, ma spesso ugualmente lecite, scelte di modellazione.

    Comune a tutti gli esempi è il carattere statico delle verifiche, cosa che introduce di per sé un forte livello di convenzionalità. E’ ben noto, infatti, che il carattere dinamico del moto sismico e l’aleatorietà con cui si realizza, rendono assai complessa l’identificazione del livello di scuotimento corrispondente al collasso, ragione per cui non esiste un parametro sintetico del moto che sia unanimemente riconosciuto come indicatore del suo potenziale distruttivo.

     

    7.1. Verifica al ribaltamento della parete

    Come riportato in premessa, l’assenza di vincoli in corrispondenza dei piani e/o della coperture può portare all’instaurarsi di fenomeni di ribaltamento come quelli riportato in Figura 1.1 e 7.1 (da [M12]). Questo fenomeno è favorito anche dall’inefficacia dei vincoli sulle pareti verticali ortogonali (casi 1 e 3 di Fig. 7.1), sia per l’eccessiva distanza di queste ultime, sia per la presenza di aperture (caso 2 di Fig. 7.1). Il fenomeno è ulteriormente incentivato dalla presenza di spinte dovute agli orizzontamenti ed alle coperture.

     

    Figura 7.1: Schemi di ribaltamento della parete sull’intera altezza (1), ad un piano superiore (3), accompagnato da flessione nel piano e favorito da aperture (2) (da [M12])

    Uno schema di calcolo che permette di valutare approssimativamente la resistenza nei confronti di questo meccanismo di collasso è quello del blocco rigido vincolato in corrispondenza di uno spigolo al piede e sottoposto ad un sistema di forze orizzontali statiche che simulano l’effetto dell’accelerazione orizzontale subita dalla massa del blocco stesso e dalle altre su esso gravanti. L’azione sismica è pari a b C , in accordo con quanto stabilito dal D.M. 16.1.96, anche se, in linea di principio, sarebbe più coerente assumere una azione incrementata sia per tenere conto della distribuzione in altezza delle forze di inerzia (coefficiente g i, v. ad esempio [M17]) sia per tenere conto della amplificazione locale del moto sismico (coefficiente Fa).

    Se si esclude la possibilità di scivolamento rispetto alla base e si ipotizza che la perdita dell’equilibrio si raggiunga per rotazione attorno ad un punto situato in prossimità del lembo più compresso del muro (punto B’ o A’ di Fig. 7.2, da [M12], [M10]) si ottiene una semplice misura della sicurezza imponendo l’equilibrio fra i momenti ribaltanti e stabilizzanti rispetto a tale punto.

    In sostanza si effettua lo stesso tipo di verifica che si fa per i muri di sostegno del terreno, le spalle dei ponti e simili, soltanto che, trattandosi di verifica a rottura ci si accontenta del fattore di sicurezza unitario. In realtà questa verifica viene spesso condotta rispetto ad un polo situato sul lembo estremo della muratura (A o B), implicitamente assumendo che non si abbia cedimento della zona di cerniera per effetto del superamento della resistenza a schiacciamento. La scelta di un polo più interno (A’ o B’ di figura) risponde proprio alla volontà di tenere conto anche della possibilità che si instauri una rottura locale per superamento della resistenza a compressione del muro.

    In Figura 7.2 è proposto uno schema di calcolo che tiene conto dello spostamento del polo dovuto alla limitazione della resistenza allo schiacciamento. In sostanza si ipotizza che la distribuzione delle tensioni normali sulla sezione di ribaltamento abbia andamento triangolare con massimo assegnato, per il quale viene proposto un valore di 1 Mpa, ed equilibri i carichi verticali. Questa ipotesi era già stata formulata in [M12], con la differenza che il polo veniva posto in corrispondenza del baricentro delle tensioni di compressione, in modo da imporre l’equilibrio alla rotazione senza dover esplicitamente includere queste ultime. Un’altra possibile ipotesi è di assumere una distribuzione di tensioni normali uniforme e pari al valore della resistenza a compressione, come si fa nella verifica agli s.l.u. del c.a: in questo caso il polo di riduzione dei momenti è situato al centro della zona compressa.

    Riassumendo, con riferimento alla simbolo-gia riportata nella Figura 7.2, la posizione del polo è individuata dalla misura ti pari a 0 nel caso di resistenza infinita, a 2N/s c nel caso di fig.7.2, a 2N/(3s c) nell’ipotesi di Giuffrè e a N/(2s k) se si usa la distribuzione rettangolare delle tensioni. Si ritiene che l’approssimazione di trascurare la resistenza allo schiacciamento del muro sia accettabile in quanto le differenze di stima che si ottengono non sono forti (v. Cap. 8) e, comunque, questa verifica è generalmente molto limitativa, specialmente quando siano presenti forze sismiche concentrate trasmesse dai solai e/o si tratti di tratti di parete comprendenti più di un piano. In questi ultimi casi è praticamente sempre necessario disporre tiranti che vincolino in testa e ai solai la parete.

    Se la sollecitazione ribaltante è interamente dovuta al sisma essa può essere espressa come prodotto fra coefficiente Sismico C0 o Cfin e il momento MR calcolato per C=1. In questa ipotesi il coefficiente C0, che esprime il valore dell’azione sismica alla quale corrisponde il verificarsi del ribaltamento in assenza di collegamenti in sommità della parete, è pari semplicemente al rapporto fra il momento stabilizzante MS e quello ribaltante calcolato per una azione sismica avente Crif = 1.

    C0 = MS/MR(C=1) (1)

    Se il momento ribaltante è dovuto anche ad azioni verticali, come avviene nel caso di strutture spingenti, l’espressione di C0 è simile ma al numeratore compare il momento stabilizzante netto, somma algebrica di quello effettivamente stabilizzante e di quello ribaltante dovuto alle spinte generate dai carichi verticali.

    Per avere un’idea di quanto sia limitante questa verifica si riportano in Tab. 7.1 i risultati del calcolo di C0 svolto per una parete di altezza pari ad un solo piano (o parete all’ultimo piano di un edificio), con un solo solaio gravante su di essa e con le seguenti caratteristiche:

    Il calcolo è sviluppato considerando due posizioni limite del polo di rotazione: quella in corrispondenza del lembo esterno della parete (resistenza a compressione infinita) e quella corrispondente al punto di nullo di una distribuzione triangolare (criterio di fig. 3 con s c= 1 Mpa). Inoltre si considerano i due casi di forze d’inerzia del solaio agenti o non agenti sulla parete. I risultati sono riassunti nella tabella seguente.

        Verifica rispetto al lembo esterno Verifica con distribuzione trian-golare delle tensioni (s c= 1 Mpa)

    Spessore muro t (m)

    Peso muro (kN)

    C0 con spinta solaio

    C0 senza spinta solaio

    C0 con spinta solaio

    C0 senza spinta solaio

    0.3

    17.9

    .027

    .064

    .023

    .056

    0.5

    29.8

    .047

    .086

    .042

    .077

    0.7

    41.7

    .067

    .108

    .061

    .097

    Tabella 7-1: Coefficienti sismici corrispondenti al ribaltamento di una parete alta 3.5 m

    Si vede che la presenza della spinta legata all’inerzia del solaio cambia radicalmente le condizioni di sicurezza: per una parete da 50 cm di spessore il valore dell’azione sismica che conduce al ribaltamento è espresso da un coefficiente sismico pari a 0.086 se il solaio scarica la sua inerzia sui muri ortogonali, mentre vale 0.047 se spinge sulla parete oggetto di verifica. La considerazione della resistenza allo schiacciamento produce un abbattimento di C0 del 10 – 15% nel caso limite di distribuzione di tensioni triangolare, tale differenza sarebbe inferiore se si considerasse 1/4 di questa distanza (distribuzione uniforme).

    E’ evidente che passando a pareti con due o più tese non vincolate la verifica al ribaltamento diventa sempre più determinante e quindi diventa obbligatorio disporre idonei vincoli in corrispondenza dei solai e, ovviamente, fare in modo che le azioni sostenute da tali vincoli siano poi trasmesse alle pareti ortogonali. Questa è la ragione per cui nelle direttive sono individuati come prioritari gli interventi volti ad eliminare le spinte, assicurare il collegamento solai – pareti e pareti – pareti.

     

    7.2. Verifica dei collegamenti fra pareti e solai e fra pareti.

    Le funzioni di questi vincoli sono:

    1. fornire il supporto necessario affinché le pareti non ribaltino fuori dal loro piano (v. par. precedente);
    2. contribuire a ricondurre le forze d’inerzia agenti sugli orizzontamenti fino alle pareti portanti;
    3. funzionare come montanti di un sistema a traliccio per riportare alle fondazioni le azioni orizzontali dovute al sisma.

    Riferendoci al solo primo caso osserviamo che il modo più semplice di calcolare i collegamenti è quello di imporre ancora l’equilibrio fra sollecitazioni ribaltanti e stabilizzanti della parete tenendo conto di un termine stabilizzante pari alla forza nel tirante moltiplicata per la distanza dal punto di rotazione. In questo calcolo le forze sismiche possono essere assunte pari a quelle prese in considerazione per la verifica al ribaltamento. Assegnando il valore dell’azione sismica si ottiene il tiro richiesto al collegamento per garantire l’equilibrio, se invece il collegamento esiste già e se ne vuole valutare l’adeguatezza si assume che il tirante esplichi la sua massima resistenza e si calcola il valore dell’azione sismica massima per la quale l’equilibrio è garantito. In entrambi i casi occorre successivamente verificare la resistenza del muro inflesso fra due vincoli in modo da essere certi che questo secondo meccanismo non diventi più sfavorevole del primo.

    Con riferimento alla Fig. 7.2 la reazione richiesta al collegamento di sommità per l’equilibrio della seconda tesa rispetto al punto B’ fornisce:

    R2 = l (W2 + P2/2) - [(S2(d2-t2)+P2(b2/2-t2)]/h2 (2)

    Da cui, ponendo l = Cb , si ricava il valore minimo di resistenza richiesta al collegamento al livello 2 oppure, dato R2 = fyk A2 , si ricava il valore di C corrispondente (ad esempio Cfin relativo al ribaltamento della tesa dopo la disposizione del collegamento, oppure Co se il collegamento esiste già).

    Cfin = í fyk A2 + [(S2(d2-t2)+P2(b2/2-t2)]/h2 ý /[b (W2 + P2/2)] (3)

    La forza richiesta al collegamento al livello inferiore si ottiene da una equazione di equilibrio analoga, nella quale compare R2. E’ bene puntualizzare che affinché il dimensionamento dei tiranti ai piani inferiori sia corretto occorre considerare i valori esatti delle resistenze richieste Ri ai piani superiori (i>j). In caso contrario potrebbe accadere che un sovradimensionamento di un tirante superiore conduca a sottodimensionarne uno a livello inferiore pur essendo la verifica al ribaltamento globalmente soddisfatta. Di questo fatto ci si accorgerebbe confrontando le reazioni vincolari con le resistenze disponibili al momento di effettuare le verifiche a pressoflessione delle varie tese.

    Per effettuare insieme le due verifiche si possono anche calcolare le reazioni di vincolo delle pareti nell’ambito della verifica a pressoflessione (v. par. successivo) ed usarle per dimensionare i collegamenti. Questa soluzione è particolarmente semplice se si utilizza uno schema di calcolo nel quale ogni tesa di parete è una trave appoggiata e se è lecito (in favore di sicurezza) trascurare i momenti dovuti alle forze verticali. Ad esempio, nel caso di Fig. 7.2, trascurando i momenti dovuti alle forze verticali si ottiene:

    Catena di sommità:

    R2 = l (W2 + P2/2) = Cb ( W2 + P2/2) (4)

    Catena al primo piano:

    R1 = l (W1 + P1/2 + P2/2) = Cb ( W1 + P1/2 + P2/2) (5)

    Se i collegamenti sono disposti ad ogni piano le forze su di essi agenti sono generalmente modeste (qualche centinaio di Kg/m), cosicché è possibile usare connessioni solai – muri distribuite, realizzate con ferri di piccolo diametro ancorati nel muro con iniezioni, o con ancoraggi a secco, oppure piatti di acciaio chiodati ai tavolati ed ancorati al muro. Le catene che riprendono le risultanti di queste forze in corrispondenza dei muri trasversali, nei casi di interassi usuali attorno ai 5 m, hanno generalmente diametri compresi fra 18 e 24 mm. Occorre ricordare che la funzione di fornire un vincolo alle pareti può essere efficacemente assolta anche dalle travi degli orizzontamenti opportunamente ancorate alle murature, o dalle delle solette, o anche, trasversalmente alle travi e in assenza di solette, da appositi tondi o piatti passanti all’intradosso o all’estradosso del solaio. Collegamenti così realizzati, essendo distribuiti, evitano concentrazioni di reazioni e inflessioni dei muri nel piano orizzontale fra due catene.

    La verifica dei collegamenti è completa solo se si verifica anche il dimensionamento del sistema di ancoraggio. Nel caso delle catene è consigliabile garantire che la resistenza a flessione e a taglio della testa di ancoraggio e la resistenza a punzonamento del muro siano sempre superiori alla resistenza a trazione della catena. Per quanto riguarda la prima verifica ci si potrà riferire in generale a schemi semplificati tipo aste o piastre sottoposte alla reazione(i) concentrata della catena e ad una distribuzione di pressioni uniforme con essa equilibrata.

    Per quanto riguarda la seconda verifica, si controlleranno la resistenza alla penetrazione nel muro e la resistenza a punzonamento dello stesso (v. Cap. 5), tenendo conto, se del caso, dell’eventuale effetto favorevole di setti trasversali o solai.

     

    7.3. Verifica a pressoflessione dei muri per azioni ortogonali al piano

    Una volta assicurata la parete ai suoi estremi e garantita la robustezza dei vincoli, occorre verificare che le forze ortogonali ad essa non siano in grado di provocarne la rottura per pressoflessione. Anche in questo caso sono possibili diversi schemi statici e diversi criteri di verifica, alcuni di essi vengono illustrati nel seguito con lo spirito di fornire una piccola panoramica di "verifiche semplificate" così come previste dalla Circolare 65 AA.GG. Ovviamente resta fermo il fatto che i metodi di verifica in qualche modo già inquadrati in ambito normativo sono quelli contenuti nel D.M. 20.11.87 e nella circolare 21745/81.

     

    7.3.1. Circolare 21745/81

    Fra i metodi più diffusi c’è quello previsto dalla circolare 21745, che ipotizza la conservazione delle sezioni trasversali piane, il legame lineare tensioni – deformazioni, e confronta le tensioni ai lembi della parete con:

    1. la resistenza caratteristica a compressione s k , nel lembo compresso;
    2. la resistenza caratteristica a trazione, equiparata a quella a taglio t k nel lembo teso.

    Le tensioni ai lembi si calcolano con la nota formula:

    s = N(1/t ± 6e/t2) (6)

    Come dimostrato nel par. 3.2.2, una volta noti i valori delle tensioni corrispondenti ad un certo livello di azione sismica, per esempio Crif, i valori di azione sismica sostenibile dalla parete si ricavano semplicemente supponendo che il momento flettente sia interamente dovuto al sisma e che lo sforzo normale non dipenda da esso, ipotesi consentite dalla Circolare. Nel caso di parete semplicemente appoggiata ai bordi superiore e inferiore si ha:

    C = minimo valore fra:

    Crif + t(s k -s max) /(8g h2) e Crif + t(t k +s min) /(8g h2) (6a)

    Qualora si volesse tener conto dell’eccentricità dei carichi verticali occorrerebbe procedere come segue:

    1. determinare la minima eccentricità per la quale, in corrispondenza dello sforzo normale di calcolo, si attinge la tensione caratteristica di compressione al lembo compresso o la tensione caratteristica di trazione al lembo teso: elim = valore minimo fra t/6 (s kt/N –1) e t/6 (t kt/N +1);
    2. calcolare il valore del momento corrispondente Mlim = N elim;
    3. calcolare il momento dovuto ai carichi verticali Mvert;
    4. calcolare il momento dovuto al sisma per C=1 Msis(C=1)
    5. determinare il valore di C ipotizzando che il percorso di carico dovuto all’azione sismica corrisponda ad un incremento del solo momento Msis:

    C = (Mlim - Mvert)/ Msis(C=1) (6b)

    L’espressione 6b può essere sviluppata conducendo alle due equazioni seguenti, delle quali occorre considerare quella che fornisce il valore minimo:

    C1 = N2/2 [t/6(s kt/N2 – 1 ) – e1/2]/(b tg h2/k) (6c)

    C2 = N2/2 [t/6(t kt/N2 + 1 ) – e1/2]/(b tg h2/k) (6d)

    dove N2 è lo sforzo normale in mezzeria, e1/2 è l’eccentricità in mezzeria dei carichi verticali (che può essere sostituita da un qualsivoglia valore ev), b =4, g è il peso specifico del muro, k è il fattore di vincolo che negli esempi svolti è stato assunto pari ad 8.

     

    7.3.2. Variante alla Circolare 21745/81

    Una variante del metodo precedentemente esposto consiste nel trascurare completamente la resistenza a trazione della muratura e nel verificare, quindi, la sola tensione di compressione. Si ha:

    s = N(1/t + 6e/t2) se e/t£ 1/6 (7a)

    s = 2N/[(3 (t/2-e)] se 1/6£ e/t£ 1/2 (7b)

    dove N è lo sforzo normale verticale per metro di parete, t è lo spessore della stessa ed e è l’eccentricità di N nella sezione di verifica. Per ricavare i valori di C0 e Cfin si possono utilizzare le formule viste nel caso precedente se la sezione resta sempre compressa, in sostanza se la quantità (s kt/N –1) è minore di t/6, altrimenti l’eccentricità limite vale t/2 – 2N/(3s k).

    Nel primo caso l’espressione per il calcolo di C0 o Cfin sarà la (6c), nel secondo la seguente:

    C = [N2t/2 –2N22/(3s k - N2 e1/2]/(b tg h2/k) (7c)

    E’ evidente che se si volesse trascurare l’eccentricità dei carichi verticali occorrerebbe porre e1=0 con conseguente aumento del valore di C.

     

    7.3.3. D.M. 20.11.87

    Il D.M. del 1987 consente la verifica a pressoflessione mediante il calcolo di una tensione media pari al rapporto fra lo sforzo normale agente sulla parete (N) e un’area ridotta da un coefficiente (F ) che dipende dall’eccentricità dello sforzo normale stesso e dalla snellezza della parete. Il metodo è applicabile solo in un dominio limitato di valori di snellezza (h/t £ 20) e di eccentricità (e £ 1/3 t). La porzione di sezione reagente viene determinata nell’ipotesi di conservazione delle sezioni piane e di legame costitutivo tensioni – deformazioni lineare nella zona compressa. Da queste ipotesi (v. Fig. 7.3) si deriva il coefficiente di parzializzazione della sezione che risulta

    b = 3 (0.5 t – e)/t (8)

    Nella formula l’eccentricità e comprende l’effetto delle forze sismiche orizzontali, dei momenti di estremità del muro e delle imperfezioni geometriche. E’ opportuno descrivere sinteticamente gli effetti di cui detto coefficiente tiene conto: per farlo ci si riferisce a quanto pubblicato nel volume di Tassios [ M14] e nei documenti preparatori dell’Eurocodice 6.

    L’effetto più importante, che determina la comparsa della snellezza fra le variabili che descrivono il fenomeno, è l’influenza delle deformazioni sul regime tensionale: in sostanza la non linearità geometrica. Trascurando questo effetto, infatti, il valore del coefficiente F , rapporto fra la tensione media sullo spessore e la tensione di rottura a compressione del materiale, si ricava facilmente dalla Fig. 7.3: per eccentricità superiori a t/6, nell’ipotesi di resistenza a trazione nulla, la tensione media vale s o = N/t; l’equilibrio fra tensioni normali e sollecitazioni risultanti applicate alla sezione in condizioni limite fornisce s k 3(t/2-e) = 2 N, quindi si ricava:

    s o / s k = 3/2 (0.5 – e/t) = F o (9a)

    Per eccentricità inferiori a t/6 l’equilibrio è espresso dall’ugua-glianza s k = N/t (1+6e/t), quindi si ricava :

    s o / s k = 1/ (1 + 6e/t) = F o (9b)

    dove il simbolo F o indica il valore di coefficiente riduttivo valido nel caso in cui le sollecitazioni possono essere calcolate sulla configurazione indeformata iniziale.

    Le due equazioni (9) descri-vono la funzione lineare a tratti rappresentata in Fig. 7.4 a confronto con i valori di F previsti dal D.M. 20.11.87 per snellezza nulla. Si vede che l’andamento è molto simile, anche se il D.M. 87 fornisce risultati un po’ meno penalizzanti. Tenendo conto, invece, dell’influenza degli spostamenti sul regime di sollecitazione si ottiene un’espressione simile alla 9a ma con una ulteriore diminuzione di F , che, per eccentricità superiori ad 1/6 t, è data, secondo Tassios, da:

    s o / s k = F o / [1 + (h/t)2/(0.5-e/t) (1 + j )/15/k] (10)

    In questa espressione k = E / s k e j è il coefficiente di viscosità. Un’altra espressione del coefficiente F si trova nei documenti preparatori dell’EC6 ed è la seguente:

    F = 1.14 (1 – 2e/t)-0.02 h/t (11)

    In essa l’eccentricità e include un termine che tiene conto dell’influenza della viscosità.

    Un aspetto su cui riflettere è l’uso del coefficiente F quando si progettano interventi su edifici esistenti, per i quali, cioè, si assume b = 4, g m = 1. Apparentemente la situazione è più favorevole che per gli edifici nuovi, nei quali b = 2, g m = 3, perché il prodotto b g m vale 4 nel primo caso e 6 nel secondo. Per la verifica a pressoflessione, però, può accadere che sia determinante la condizione imposta alla limitazione della eccentricità (e/t £ 2), che non è influenzata dalla resistenza del materiale, e quindi risulta più gravoso l’uso di b =4. In questi casi, tipicamente relativi a muri poco caricati, l’uso del D.M. del 1987 si traduce in una maggiore severità di prescrizioni per gli edifici esistenti rispetto ai nuovi.

    Il calcolo dei coefficienti Co e Cfin si effettua secondo la metodologia illustrata nei capitoli precedenti, che non si presta ad essere espressa in forma chiusa poiché i valori di F sono tabellati e non hanno una espressione analitica.

     

    7.3.4. Equilibrio limite di una parete vincolata ai bordi (rottura interna)

    Un altro metodo, che può essere impiegato per la verifica della parete fuori dal piano, è quello che considera l’equilibrio limite della stessa fra due solai dotati di idonei collegamenti. Si suppone che i vincoli estremi della parete siano due cerniere e si determina la posizione della terza cerniera che minimizza il valore del moltiplicatore delle forze orizzontali che produce il collasso. I dettagli delle operazioni e le formule utilizzate sono riportate nel Commentario [M10], nella Fig. 7.5 è riportato lo schema di calcolo.

    Anche in questo caso è possibile combinare la verifica del cinematismo con il controllo della tensione normale nel punto di cerniera assegnando a quest’ultima una dimensione finita dipendente dalla resistenza a compressione del materiale. La condizione limite si raggiunge allorché la linea delle pressioni esce dalla sezione. Con riferimento alla simbologia di Fig. 7.5, nella quale lo spessore del muro è indicato con B anziché t, come fatto fino ad ora, mentre il simbolo t indica l’estensione della cerniera plastica, ed assumendo P = P1 + P2, peso della parete, risulta:

    x= H/h2 = 1+í 2(P+S)/S[1-t/(B-2t)]ý 0.5 (12)

    l = B/H [2x+S/P(x+x2)-2tx/B(1+Sx/P)]/(x-1) (13)

    Il moltiplicatore dell’azione sismica a rottura l consente di determinare immediatamente il valore del coefficiente sismico C corrispon-dente: C = l / b . Esso consente, altrettanto immediatamente, il calcolo del coefficiente di sicurezza rispetto ad un livello assegnato Crif di azione sismica: Fs = l / (b Crif). Occorre osservare che le formule (12) e (13) non considerano l’eccentricità del carico verticale S, non sono quindi da utilizzare se essa è sensibile.

     

    7.3.5. Dominio di interazione M-N con tensioni limite uniformi.

    In questo schema la resistenza a pressoflessione viene valutata in analogia a quanto usualmente si fa per la verifica delle sezioni in c.a. con il metodo degli stati limite ultimi per il c.a. In sostanza si traccia per ogni sezione il dominio di interazione momento flettente – sforzo normale, supponendo che, in condizioni limite, la distribuzione delle tensioni normali sia di tipo rettangolare con intensità pari a 0.85 s k. In tal caso valgono le due equazioni seguenti, nelle quali l’eccentricità e può essere vista come parametro per il tracciamento del dominio.

    Nlim = 0.85 s k (t – 2e) Mlim = Nlim e (14)

    con t spessore della parete. Combinando le due espressioni si ricava

    Mlim = Nlim t/2 – Nlim2/(2 0.85 s k) (15)

    che rappresenta una parabola nel piano Mlim - Nlim , che interseca l’asse M=0 nei due punti di sforzo normale nullo e di sforzo normale pari a 0.85 s k t. Il massimo valore di momento resistente si raggiunge allorché lo sforzo normale nella sezione è pari a 0.425 s k t.

    In questo tipo di verifica, come in quella effettuata secondo la circolare 21745/81, non compare esplicitamente la snellezza. Inoltre l’eccentricità massima sopportabile è funzione dello sforzo normale e può variare fra 0 e t/2. In Figura 7.6 sono rappresentati i domini di inte-razione di una sezione di spessore t = 0.5 m in muratura per due valori della resistenza caratteristica s k = 1000 e 2500 kN/m2.

    Dalla formula (15) si ricava facilmente l’espressione della forza orizzontale limite associata al collasso per pressoflessione. Detta vo la distanza fra la sezione di verifica e quella nella quale non si ha momento flettente, di modo che valga la relazione Hlim vo = M , si ottiene

    Hlim = N t /(2 vo) [ 1-N/(0.85 s k t] (16)

    Come già assunto precedentemente, avendo qui interesse misurare l’azione sismica per la quale viene raggiunta la frontiera del dominio, si può determinare il valore del coefficiente sismico per il quale tale condizione viene realizzata ipotizzando che il percorso di carico sia verticale nel piano del dominio stesso (il sisma produce essenzialmente momento flettente). Si utilizza pertanto l’espressione (6b) che per comodità di consultazione si ripete:

    C=(Mlim -Mvert)/Msis(C=1) (17)

    dove Mlim è il momento limite sopportabile dalla parete letto sul dominio in corrispondenza dello sforzo normale dovuto ai carichi verticali. Il valore di C che si ottiene può essere Co o Cfin in funzione dello stato, di fatto o di progetto, al quale sono riferite le grandezze della (17).

     

    7.3.6. Confronto fra i vari metodi di verifica analizzati.

    Si analizza con tutti i metodi prima indicati una tesa di parete di altezza libera pari a 3.5 metri di spessore t variabile fra 30 e 70 cm, realizzata con una muratura avente resistenza caratteristica a rottura s k = 1000 kN/m2 e resistenza caratteristica a taglio t k = 40 kN/m2. Il carico trasmesso dal solaio è pari a 12.5 kN/m, la muratura ha un peso specifico di 17 kN/m3.

    Si effettuano i calcoli in due situazioni di sforzo normale molto diverse:

    1.  
    2. parete posta al piano terra di un edificio di tre piani (sforzo normale notevole),
    3. parete posta all’ultimo piano (sforzo normale basso).

    I risultati ottenuti sono riportati nelle Tab. 7.2 e 7.3 seguenti, nelle quali: t è lo spessore del muro, N è lo sforzo normale al livello della sezione di verifica, e è l’eccentricità della forza normale al livello della sezione di verifica, h/t è la snellezza della parete (si è considerato r =1), F è il coefficiente riduttivo della resistenza previsto nel D.M. del 1987, fd e s k sono le resistenze a rottura per compressione della muratura, s max e s min sono le tensioni normali calcolate al lembo compresso e teso della sezione, Cj è il valore del coefficiente sismico che porta al limite di verifica con il metodo ‘j’ di volta in volta utilizzato.

    Si osserva preliminarmente che la verifica all’ultimo piano con il D.M. 20.11.87 del muro da 30 cm non sarebbe possibile perché la snellezza è superiore a 10 e l’eccentricità superiore a 1.6/6 = 0.25 (con una snellezza inferiore a 10 si sarebbe ai limiti della applicabilità). Si è comunque effettuato il calcolo per evidenziare che una piccola estrapolazione (si ribadisce, non permessa) conduce ad un risultato positivo, segno che il limite imposto alla eccentricità limite è, forse, troppo perentorio e penalizzante per le costruzioni esistenti.

    Per le verifiche a piano terra l'eccentricità è sempre modesta, rapportata allo spessore del muro non ne supera il 20 %, mentre potrebbe arrivare al 33%, questo significa che la sezione è quasi sempre interamente compressa. Tutte le sezioni sono verificate sotto l'azione minima definita dalle direttive, pari a 0.65Crif. Il valore di C che corrisponde al limite di verifica è in genere più basso quando si usa la Circolare del 1981 a causa della limitazione sulla tensione di trazione; occorre però segnalare che se si trascurasse l’eccentricità dei carichi verticali, così come concesso dalla Circolare medesima, si otterrebbero valori di C decisamente più elevati (0.15, 0.21 e 0.27 per i tre spessori) e compatibili con quelli ottenuti con gli altri metodi. Il metodo del cinematismo di rottura fornisce risultati molto più elevati rispetto agli altri anche perché nella sua formulazione si trascura l’eccentricità dei carichi verticali. Il D.M. 87, il metodo con resistenza a trazione nulla e il metodo del dominio di interazione forniscono risultati relativamente vicini per gli spessori di muro più consistenti e crescenti nell’ordine in cui sono citati.

    Dati generali

    D.M. 1987

    C.M. 21745/81

    Res. Traz. 0

    Coll.

    Dom

    t

    (m)

    N (kN)

    e/t

    h/t

    F

    CDM

    s max (kN/m2)

    s min (kN/m2)

    CCM

    s max

    (kN/m2)

    Ctn

    Ccc

    Cdr

    0.3

    82

    0.17

    11.7

    0.40

    0.095

    553

    -6

    0.062

    553

    0.162

    0.44

    0.18

    0.5

    112

    0.14

    7

    0.56

    0.25

    416

    32

    0.103

    416

    0.269

    0.68

    0.29

    0.7

    142

    0.13

    5

    0.62

    0.323

    359

    45

    0.141

    359

    0.366

    0.90

    0.39

    Tabella 7.2: Verifiche a pressoflessione per azioni ortogonali (parete a piano terra)

     

    Dati generali

    D.M. 1987

    C.M. 21745/81

    Res. Traz. 0

    Coll.

    Dom

    t

    (m)

    N (kN)

    e/t

    h/t

    F

    CDM

    s max (kN/m2)

    s min (kN/m2)

    CCM

    s max

    (kN/m2)

    Ctn

    Ccc

    Cdr

    0.3

    22

    0.33

    11.7

    0.10

    0.045

    214

    -71

    0.03

    284

    0.07

    0.14

    0.07

    0.5

    27

    0.27

    7

    0.14

    0.061

    145

    -35

    0.049

    161

    0.095

    0.181

    0.10

    0.7

    33

    0.24

    5

    0.17

    0.076

    116

    -20

    0.067

    121

    0.119

    0.22

    0.12

    Tabella 7.3: Verifiche a pressoflessione per azioni ortogonali (parete all’ultimo piano)

    Per le verifiche al piano alto l’eccentricità è elevata e raggiunge il valore limite nel caso del muro di spessore 30 cm. Ancora una volta il metodo che fornisce i valori più bassi di C è quello della Circolare del 1981, limitato dalla verifica della tensione di trazione, ed ancora una volta se si trascurasse l’eccentricità dei carichi verticali esso si avvicinerebbe agli altri (C = 0.054, 0.076 e 0.098 per i tre spessori considerati, anziché 0.03, 0.049 e 0.067). Il metodo che fornisce i risultati più elevati è ancora quello del cinematismo di collasso, anche se si presenta leggermente meno disperso che nel caso del piano terra. Non tutti i metodi analizzati indicano il raggiungimento della soglia di C = 0.65 Crif, questo è, dunque, un aspetto critico ai fini della progettazione. I due metodi scelti come riferimento nei capitoli precedenti del presente lavoro: la Circolare del 1981 e il DM del 1987, sono i più cautelativi, e sono relativamente paragonabili fra loro se ci sia avvale della possibilità di ignorare i momenti dovuti ai carichi verticali quando si applica la Circolare del 1981.