PREFAZIONE
Le vicende della Chiesa
francese del secondo Ottocento, col faticoso ralliement,
e la resi-
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stenza all'
anticlericalismo della terza repubblica, sono ormai
abbastanza note. Meno stu-
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diato finora è il
problema della nomina dei vescovi, ricco di implicazioni.
Restano ugual-
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mente da approfondire i
contrasti fra i diversi vescovi, fra la linea più
intransigente e quel-
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la più aperta; poco
studiati sono anche i diversi nunzi, ognuno dei quali
portò nella sua
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missione francese la
propria personalità e la propria esperienza. Su questi
temi l' autore in
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questo volume ci offre
una panoramica ricca e interessante.
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Nell' impossibilità di
fermarsi su tutti i nunzi di fine ottocento (fra i quali
i grandi Czacky ,
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Ferrata), l' autore ci
presenta Camillo Siciliano di Rende (1882-1887), e Luigi
Rotelli (1887
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1891), due protagonisti
non proprio eccezionali, ma impegnati e che nel complesso
dettero
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buona prova. Certo, come
osserva Rota, di Rende dette troppo ascolto ai
conservatori, spe-
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cie al grande
faccendiere Freppel vescovo di Angers, mentre Rotelli con
fatica riuscì a co-
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gliere la svolta
vaticana, il significato intimo di certi dispacci e
lettere all' episcopato fran-
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cese. Di Rende poi -
caso forse unico nella storia della diplomazia vaticana -
tenne con sè a
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Parigi
sua madre, conservatrice e anch' essa gran faccendiera.
Non tutti i vescovi, meno
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che
meno il Lavigerie, gradivano questo fatto.
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Il problema centrale
resta la nomina dei vescovi. Livio Rota nella sua bella
premessa ha
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puntualizzato
con chiarezza e vivacità i vari aspetti della questione:
le forze in gioco (Sta-
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to
e Chiesa, o, più concretamente, il Governo, la Direzione
dei Culti, le prefetture, da una
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parte;
la nunziatura, le diocesi, con i loro capitoli e le loro
curie, dall' altra); il comples-
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so
cammino delle singole pratiche; le ragioni delle scelte
definitive. La lettura di molte pa-
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gine
ci lascia poi con questa domanda: sino a che punto la S.
Sede riusciva a distinguere
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fra
le varie voci che le arrivavano dalla Francia quelle
ispirate a motivi e visioni troppo
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personali
? Certi casi - come quello di Ardin, favorito dal governo
per Bordeaux, ma alla fin
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fine
rimasto al suo posto a La Rochelle e posposto al Lecot -
ci mostrano le difficoltà con-
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crete
con cui la S. Sede riusciva a raggiungere idee chiare ed
a formulare giudizi equilibra-
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ti.
Lo stesso Leone XII il 25 Aprile 1890 praticamente impose
a mons. Ardin di rinunzia-
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re
alla sua candidatura per Bordeaux ed a rimanere nella sua
diocesi di La Rochelle (< hor-
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tamur
ut politicae auctoritati patefacias te... fidelibus tibi
concreditis seiungi nolle >).
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Altre
volte per vari anni il Vaticano dette troppo peso ad
accuse o a voci che poi risultaro-
|
no
infondate. Il Rumeau, proposto nel 1889, solo nel 1898 fu
accettato dalle due parti per
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Angers...
Gli esempi si potrebbero moltiplicare.
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Nell'
insieme però le nomine furono buone. Ma quali criteri
seguiva Leone XIII in queste
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scelte
? Gli stessi predominanti in Italia, o altri ? Leone XIII
preferiva vescovi moderati,
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non
intransigenti, aperti alle prospettive del ralliement;
vedeva volentieri prelati colti e
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circondati
da un certo prestigio ( il Perraud, di Autun). La
nunziatura talvolta, specie con
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di Rende,
avrebbe accettato più volentieri candidati
intransigenti. Sopratutto i rappresen- |
tanti
pontifici a Parigi, prediligevano buoni amministratori,
ex Vicari Generali, spesso più
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temuti
che amati dal clero locale. La pagina 361, in cui si
delinea il quadro del <vescovo
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ideale>
(secondo i nunzi) si legge con interesse, ed è molto
stimolante. E si potrebbe pa-
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ragonare
quel quadro con quello tracciato da Jedin (
Il tipo ideale di vescovo secondo la ri-
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forma
cattolica), e con le belle pagine
di Rosmini nelle Cinque Piaghe.
E si ha infine l' im-
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pressione
che al di quà delle Alpi, in Italia, Leone preferisse
vescovi intransigenti (il Paroc-
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chi,
il Celesia...), al di là, in Francia, mostrasse delle
preferenze per i moderati. Ma i giudizi
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troppo
generali sono pericolosi.
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Ci
auguriamo che l' autore continui la sua attività di
ricerca, e ci dia anche per l' Italia sin-
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tesi
ugualmente riuscite come questa, su alcune figure
notevoli dell' episcopato italiano
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come
mons. Gaggia di Brescia, su cui sta già lavorando
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Giacomo Martina S.I.
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PREMESSA
Ai nostri giorni non
mancano certo ottime sintesi sulla vita
politico-religiosa nella Francia della Ter-
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za Repubblica. Ci
sembra tuttavia che un serio e paziente lavoro di scavo
archivistico attenda conti-
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nuamente gli storici
di questo periodo, in considerazione del ricchissimo
materiale documentario a
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nostra disposizione. A
tal fine abbiamo voluto circoscrivere la nostra
attenzione ad un aspetto la cui
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esplorazione, ancora
agli inizi, aiuterà certamente ad avere un quadro più
preciso della storia religiosa
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della <<figlia
primogenita>> della Chiesa: la nomina dei vescovi e
dei cardinali.
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Come si giungeva
all'episcopato nella Francia di fine Ottocento? Tale è
l' interrogativo che ha inne
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scato la nostra
indagine, che ha via via preso i connotati di una ricerca
sulle forme, i modi e lo spiri-
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to con cui si
provvedeva alla cura pastorale delle diocesi ai massimi
livelli. E' un lavoro paziente
|
ed affascinante
ripercorrere l' iter di una nomina vescovile, che si
snoda tra improvvise accelerazio-
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ni e brusche frenate,
si fa largo in mezzo a raccomandazioni di prelati e
parlamentari, o deve difen-
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dersi dalle calunnie
degli invidiosi. L' analisi di fondi archivistici
vaticani e parigini, finora inesplora-
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ti in questa
direzione, permette di ricostruire la vita dei candidati
all' episcopato, osservata da due
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diverse prospettive,
quelle dell' ambiente ecclesiastico e quella dei
ministri, prefetti e funzionari della
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E' stato per questo
necessario addentrarsi analiticamente nei fascicoli,
saper leggere tra le righe, af-
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finando la capacità
interpretativa al fine di decretare l' importanza e la
decisività di qualche frase, di
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qualche accenno,anche
di certi silenzi. L' abbondanza e la varietà del
materiale documentario, che
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spazia dalla relazione
ufficiale al dispaccio diplomatico, dalla memoria
riservata alla lettera confiden-
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ziale, fino al
semplice biglietto anonimo, ci ha permesso di lasciar
parlare ampiamente i diretti prota-
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gonisti.
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La documentazione
raccolta evidenzia la complessità del cammino che
portava alla nomina episco-
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pale, a volte anche
avventuroso e dipendente da fattori imprevedibili. troppi
e di diversa natura erano
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gli elementi che
concorrevano al successo od al fallimento di una
candidatura: dalla Segreteria di Sta-
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to al Governo, dalla
Nunziatura alla Direzione dei Culti, dalla prefettura
alle curie ed ai capitoli dioce-
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sani. così le
trattative che precedono la designazione del pastore di
una diocesi si rivelano un osser-
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vatorio privilegiato,
dal quale è possibile non solo misurare lo stato di
salute delle relazioni ufficia-
|
li franco-vaticane,
con i loro precari equilibri, ma anche le passioni del
cattolicesimo di provincia.
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Senza qui anticipare i
risultati esposti nel capitolo finale è abbastanza
agevole constatare le contrad-
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dizioni di una classe
politica che, da una parte, lamenta le intrusioni del
clero nelle elezioni, dall' altra
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non ha alcun riguardo
nel condizionare pesantemente, vincolandola aprospettive
troppo mondane
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la designazione della
massima autorità religiosa dlla diocesi. Appare in
sostanza una Chiesa francese
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la cui rilevanza,
sopratutto a livello di ceti popolari, è ancora
sostanzialmente temuta dallo Stato, il
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quale cerca di
imbrigliarne la libertà d' azione, od almeno di tenerla
sotto controllo tramite i vantag-
|
gi concordatari. Le
ripercussioni socio-politiche dell' agire della chiesa,
sono ancora pesanti: per
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questo la scelta del
pastore va ponderata, da parte dello stato, con estrema
attenzione, inserendola
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in una strategia dagli
orizzonti più globali, barattandola se è il caso.
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In questo disegno, di
non grande originalità, bisogna ammettere visto che
tendeva a ricondurre la
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religione all'
obsoleto ruolo di instrumentum regni, la posizione via
via assunta dalla S. Sede si sta-
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glia per la sua
notevole caratura diplomatica. Era difficile evitare
attriti con le autorità costituite sen-
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za ledere il bisogno
spirituale delle diocesi ed in generale la libertà della
Chiesa. Leone XIII, il Papa
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diplomatico, riuscì,
sostanzialmente, a mantenere questo difficile equilibrio.
Una stabile acquisizione
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della ricerca storica
sul suo pontificato, vale a dire il ruolo di primo piano
da lui assegnato alle nun-
|
ziature, trova nella
nostra ricerca ulteriore sostegno documentario. Ma trova
conferma, soprattutto,
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la
convinzione leonina del valore decisivo dello strumento
politico per la restaurazione del ruolo ege-
|
mone della Chiesa nei
confronti della società moderna.
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La nomina dei vescovi,
offre, per la storia ecclesiastica una certa
molteplicità d' interessi: questa ri-
|
cerca ci presenta
così uno spaccato della vita religiosa di una nazione
tra le più importanti nello scor-
|
cio di fine secolo, e
avvia significative introspezioni sullo stato d' animo
della S. Sede in un periodo
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tra i più delicati
della sua storia. Innegabile è poi il contributo che lo
studio di questo tema fornisce
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ad una più precisa
valutazione dell' azione politica degli uomini di
governo.
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Sarebbe auspicabile
che la ricerca da noi delimitata a pochi anni si
estendesse non solo ad un per-
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riodo più ampio, ma
anche in altre direzioni, una delle quali potrebbe
essere, ad esempio, un' inda-
|
gine locale che
permetta di verificare se e come i vescovi corrisposero
alle attese della S. Sede e del
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governo. Tale compito
esula, però, dalle possibilità di una sola persona. gli
storici degli anni a venire
|
sono attesi certamente
da tanto lavoro e forse da non poche sorprese.
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Livio
Rota
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