DIARIO DI VIAGGIO IN CINA

Viaggio con tour organizzato dal 23 febbraio al 5 marzo 1997
SI VA IN CINA

SI VA IN CINA !

Dicevo a Grazia: " quando finalmente sarò in pensione, mi auguro di poter girare un po’ di mondo". E allora, a febbraio del 1997, al mio secondo mese da pensionato INPS, quale migliore inizio che un viaggio di un paio di settimane in Cina? In effetti la scelta della Cina è stata abbastanza casuale perché in un primo momento l’idea era stata di partire per Cuba. Poi l’occasione di un viaggio a condizioni particolarmente vantaggiose ci aveva fatto cambiare destinazione; e più che si avvicinava la data della partenza, più ci sentivamo affascinati e soddisfatti della scelta. Anche se negli ultimi giorni, la notizia della morte di Deng Xiaoping avvenuta il 20 e dei suoi funerali stabiliti proprio per il giorno 24 a Pechino, ci aveva fatto temere che potesse insorgere qualche problema.

Partenza fissata da Roma per il giorno 23 febbraio, domenica, con volo di linea della Finair diretto a Pechino ma con scalo ad Helsinki. Ritrovo dei partecipanti all’aeroporto di Fiumicino alle ore 9,30. Quanti saremo? Chi ci sarà? E’ la prima volta che partecipiamo ad una gita organizzata. Per poter essere certi di arrivare in tempo, prendiamo il treno a Livorno delle 3.24 di notte e facciamo il viaggio insieme ad un ragazzo che tornava a Roma da Sanremo dove era stato per vedere il Festival della canzone…dal di fuori. Tutti i gusti sono gusti! Naturalmente noi giungiamo in anticipo e comunque all’ora stabilita ci ritroviamo con il resto dei partecipanti per iniziare le formalità di imbarco: siamo oltre 50 persone, la maggior parte più anziani di noi, tante donne sole (le solite vedove) e infine qualche giovane.

Partiamo in orario alle 11,35 e alle 16,15, ora locale, (Italia 15,15) arriviamo all’aeroporto di Helsinki. E’ ancora giorno, ma l’aspetto della campagna finlandese dà un senso di tristezza: attraverso le vetrate dell’aeroporto vediamo un paesaggio tutto innevato e ci immaginiamo un gran freddo. Tra sosta prevista e ritardo ripartiamo dopo quattro ore e finalmente alle ore 10, locali, dopo un volo di circa otto ore, arriviamo a Pechino (in Italia sarebbero le 3 di notte). Siamo in Cina! Aeroporto piuttosto squallido che certamente non fa pensare di essere in una città da otre 10 milioni di abitanti e capitale della nazione più popolosa del mondo. Ad accoglierci ci sono due guide cinesi che parlano perfettamente l’italiano e così iniziamo subito la visita della città divisi in due bus, subendo però una variazione al programma: la prevista visita alla piazza Tien Anmen viene posticipata a dopodomani in quanto oggi è occupata dai preparativi per i funerali di Deng fissati per domani.

IN GIRO PER PECHINO

Pechino, che significa capitale del nord, fu voluta e creata dall’Imperatore Yung Lo che ne l 1421 vi trasferì la capitale della Cina, trasferendola da Nachino, che significa appunto capitale del sud.

La prima impressione di Pechino è quella di una città estesa ma non troppo caotica: il traffico è costituito soprattutto da taxi e da migliaia di biciclette; gli autobus sono vecchiotti ma non carichi di viaggiatori; serie di decine di piccole, grigie casette in muratura ad un solo piano, circondate da un muro, si alternano a enormi e moderni grattacieli in vetro e metallo, e a squallidi caseggiati risalenti al periodo maoista, assolutamente privi di un qualsiasi accenno di pulizie e di manutenzioni. La popolazione è ormai interamente vestita all’occidentale; solo pochi vecchi indossano ancora qualche consunta giacchettina risalente al precedente periodo maoista; alcuni vecchi giocano in un giardino con un aquilone oppure stanno seduti ad ascoltare il cinguettio degli uccellini chiusi in gabbia.

La prima visita è dedicata al Tempio dei Lama, Yonghegong, un edificio religioso risalente al 1694 durante la dinastia manciù dei Ch’ing, oggi dedicato al Buddismo Tibetano. Il complesso è costituito da una serie di costruzioni in legno elegantemente decorate a colori vivaci. All’interno, tra le oltre 10.000 immagini di Buddha, se ne trova una in legno di sandalo alta 18 metri, ricavata da un unico albero. Vediamo alcuni fedeli che accendono bastoncini d’incenso e poi li dedicano a Buddha piantandoli nella sabbia contenuta in un grande braciere collocato di fronte al tempio principale.

Pranziamo nel ristorante di un grande ma squallido edificio facente parte di un complesso alberghiero in fase di ristrutturazione. Ci sediamo intorno ad alcuni tavoli rotondi attrezzati con un ripiano girevole al centro, sul quale i camerieri appoggiano diversi vassoi e zuppiere contenenti le prime specialità cinesi: soia, formaggio fritto, spezzatino con patate, riso, curry di maiale, fritto di pesce. Ognuno dei commensali, circa 10 per tavolo, si serve direttamente dai vassoi e riempie di volta in volta il minuscolo piattino che ha davanti. Fortunatamente ci hanno dato le posate, ma chi vuole comincia a cimentarsi con le bacchette di legno.

Riprendiamo il giro della città diretti al Parco del tempio del cielo. Ci rendiamo subito conto che sono pochissimi gli edifici antichi rimasti a Pechino e comunque anche questi non anteriori all’epoca della dinastia Ming risalente al 1364/1644. Il motivo va ricercato nel fatto che gli antichi cinesi costruivano usando materiali poco resistenti alle ingiurie del tempo e agli incendi e cioè in legno e in mattoni d’argilla. Spesso al cambiamento di dinastia, i nuovi imperatori erano soliti bruciare i templi e gli edifici ereditati per sostituirli con altre costruzioni di loro gradimento. A questo va inoltre aggiunto il dramma della Rivoluzione Culturale che provvide a distruggere senza pietà quasi tutti gli edifici religiosi risalenti ai tempi precedenti.

Il Parco del Tempio del Cielo è un complesso realizzato dal 1406 al 1420 ove gli imperatori ogni anno si autoproclamavano "Figli del cielo". E’ costituito da una serie di templi circolari in legno, costruiti su rilievi e separati tra loro da stupende terrazze circolari con parapetti in pietra. Bello l’accostamento dei colori di questi templi e dei loro tetti a cono rovesciato ricoperti da eleganti tegole gialle, verdi e blu.

Abbastanza rintronati per il lungo viaggio, per la differenza di fuso orario e per le poche ore di sonno, ci sentiamo sollevati quando finalmente ci portano in albergo: una mega costruzione in una zona imprecisata di Pechino, nella quale a noi viene assegnata una stupenda camera al 18° piano. Grazia è particolarmente stanca e non sta neanche troppo bene, tanto che rinunciamo alla cena e ce ne andiamo a letto.

Martedì 25 febbraio iniziamo bene la giornata con una delle tante, favolose, stupende, ricche, graditissime colazioni internazionali a buffet: un lungo tavolo pieno di ogni ben di Dio, dal dolce al salato, dal caldo al freddo, dalla frutta fresca a quella sciroppata (mi ricordo delle ottime nespole snocciolate), dagli spaghettini di riso alle uova cucinate in dieci maniere e così via, tavolo al quale possiamo servirci liberamente riempiendo vergognosamente il nostro piatto!

Poi inizia la nuova giornata pechinese.I trasferimento in bus rappresentano l’unica occasione per poter avere una minima idea dello svolgimento della vita in una città come Pechino. Con avidità e interesse osservo dal finestrino scene inconsuete: un barbiere che esercita la sua attività lungo il marciapiede; diverse coppie di cinesi che di buon mattino stanno ballando all’aperto in un giardino pubblico; vecchi vestiti alla maniera di Mao che si riposano accanto ai lori uccellini in gabbia; persone che, tra la folla, stanno facendo esercizi di Tai-ci-ciuan; contadini che portano al mercato ingombranti carichi di merci pedalando con fatica sui loro tricicli.

La prima meta della giornata è la visita alla Via Sacra e alle Tombe degli Imperatori Ming. Ma prima dobbiamo pagare pegno alla Cina facendo una sosta ( la prima di una serie che si rivelerà come l’unica nota negativa del viaggio) ad una fabbrica di cloisonnè, sistema di decorazione di vasi e altri oggetti. Visitiamo la fabbrica e assistiamo alle diverse fasi della lavorazione: gli oggetti vengono prima decorati con eleganti disegni supportati da lamelle in rame; poi tali disegni vengono riempiti di brillanti colori diversi, quindi cotti, lisciati e lucidati. L’effetto è bello. E cominciano gli acquisti in massa, con le conseguenti interminabili attese.

Dopo la fabbrica andiamo in una vallata nei dintorni di Pechino dove visitiamo il luogo ove sono sepolti tredici dei diciassette imperatori Ming. Il luogo fu scelto da Yung Lo nel pieno rispetto delle regole del feng-shui , la scienza orientale che tiene conto del vento e dell’acqua. Solo due sono le tombe restaurate e aperte al pubblico, quella di Ding-Ling ove è sepolto Shenzong con la prima e la seconda moglie e quella di Chang Lin ove è sepolto Cheng Zu. Le tombe si trovano in una grande padiglione in legno colorato preceduto come al solito da una serie di terrazze in pietra bianca e sormontato dai caratteristici tetti arcuati ricoperti da tegole in porcellana colorata. Ricordo una grande tartaruga in pietra sul dorso della quale è stato eretto, in data 1426 e in memoria di Yung Lo, il Padiglione della stele. Dice che toccare il culo alla tartaruga porta bene e quindi tutti ci adeguiamo. A duecento metri di distanza da questo Padiglione inizia la Via Sacra, una lunga e diritta strada fiancheggiata da una serie di 24 statue di animali in pietra (cammelli, elefanti a coppia alternati in posizione eretta e seduti) e poi da sei statue raffiguranti dignitari e funzionari cinesi. Questa consuetudine di far fiancheggiare la strada che porta alle tombe ad animali e dignitari in segno di protezione risale alla dinastia Han del 200 a.C. e la ritroveremo anche in altre città della Cina.

Finita la visita al complesso delle tombe dei Ming, ci dirigiamo verso quella parte della Grande Muraglia, a Bedeling, situata a circa 64 chilometri a nord di Pechino, evidentemente la parte meglio conservata dell’intero complesso. La costruzione delle muraglia inizia nel 720 a.C., ma il vero artefice viene indicato nel primo Imperatore Shin-Huang-ti dal 246 al 221 a.C. (lo stesso imperatore dell’Esercito di Terracotta di Xian che vedremo in seguito) che fece erigerne circa 1.400 chilometri. La Muraglia ha avuto una estensione massima di 6.000 chilometri, ha un’altezza di circa 8 metri e una larghezza di 6,5 metri alla base e 6 metri sulla cima, dove una strada lastricata, fiancheggiata da un muretto, consente sia il transito delle persone che quello dei soldati a cavallo. Noi, insieme a molti altri turisti stranieri e cinesi, percorriamo circa un chilometro di muraglia in salita, superando un paio delle torri quadrate che puntellano ogni due o trecento metri l’intero complesso. Purtroppo la visuale è scarsa a causa di una foschia che ci impedisce di far spaziare lo sguardo sino alle vette delle montagne più lontane. Fa anche freddo e un vento gelido ci costringe a mantenere in testa un cappello di lana. Certo che lo spettacolo in un giorno di grande visibilità, magari con tutti gli alberi in fiore, deve essere di una bellezza mozzafiato! Comunque anche come appare ai nostri occhi lo spettacolo è di quelli destinati a restare nella mente. Nel paesetto vicino all’ingresso della Muraglia cominciamo a fare conoscenza con la fame di vendere che hanno gli ambulanti cinesi e soprattutto con la necessità di ricorrere a lunghe contrattazioni stabilendo di offrire al massimo la metà del prezzo richiestoci in prima battuta.

Il giorno successivo, mercoledì, è dedicato in parte alla visita della Città Proibita e nel pomeriggio a quella del Palazzo d’estate. Di buon mattino, dopo la ormai consueta, stupenda colazione, scendiamo nei pressi della famosissima piazza T’ien An Men. E’ immensa. Si tratta infatti della più grande piazza del mondo, estesa per 40 ettari e costruita tra il 1900 e il 1911. La piazza è interrotta da alcuni edifici tra cui il moderno mausoleo di Mao, la cui visita è riservata ai cinesi. Noi ci limitiamo a fare qualche foto (proprio qui si guasta la macchina fotografica e quindi, su buona idea di Grazia, ci vediamo costretti a ricorrere alle modeste ma funzionali "usa e getta" ), a guardarci intorno un po’ smarriti, a osservare i cinesi che passeggiano sulla piazza e poi ci dirigiamo verso la Porta della Pace Celeste situata sul fondo della piazza, eretta dai Ming, con cinque porte di accesso alla mitica Città proibita. Sopra questa porta resiste ancora l’unico grande ritratto di Mao.

La Città proibita, residenza imperiale degli imperatori Ming e Manciù, è costituita da un rettangolo di 3,6 chilometri di mra, situato all’interno della Città Imperiale ( 5 km2 con mura) a sua volta all’interno della Città tartara, a sud della quale sta la città cinese. All’interno della Città proibita ci sono una serie di padiglioni in legno, con tipico tetto arcuato ricoperto da tegole in porcellana colorata, molto simili l’uno all’altro, separati tra loro da grandi cortili aperti, magnifici portali, larghe scalinate e ampie terrazze protette da divisori in pietra scolpita. Visitiamo il Palazzo della Suprema Armonia, quello della Completa Armonia e infine della Perenne Armonia. Il tutto costruito appositamente per impressionare i visitatori e dare loro un senso di potenza e di splendore. Per accedere all’interno di alcuni edifici, a suo tempo destinati alla famiglia imperiale, alle concubine e agli eunuchi, dobbiamo calzare un paio di buffi sandali in plastica a protezione del pavimento. Particolarmente bello il Muro dei Nove Dragoni, un colorato bassorilievo risalente alla Dinastia Ming lungo 12 metri. Naturalmente non tutti gli edifici della Città Proibita sono visitabili e noi non possiamo far altro che seguire passivamente la nostra guida cinese fino a ritrovarsi fuori delle mura della Città dalla parte opposto a quella di ingresso.

Dopo il pranzo, trasferimento in bus al Palazzo d’Estate, situato a circa 10 km. da Pechino. L’usanza di sfuggire al caldo estivo di Pechino cercando rifugio in questo Palazzo era praticata sin dalle vecchie dinastie cinesi, ma l’attuale sistemazione del complesso risale solo al 1860 ed era utilizzata dall’Imperatrice Tzu hsi. Il palazzo è inserito in un meraviglioso parco con lago e collinette artificiali, fiumicelli con ponti in pietra, finto battello in pietra e una stupenda passeggiata coperta lunga 728 metri e decorata ogni due metri da una scena pittorica.

Al ritorno a Pechino sosta obbligata ad una fabbrica di perle coltivate. Dopo cena assistiamo in un piccolo teatro ad uno spettacolo dell’Opera di Pechino: alcuni attori, vestiti con coloratissimi costumi, parlano e cantano con il sottofondo di una musica cinese. Interessante, ma……dopo una decina di minuti iniziano le cascate di sonno!

XIAN E L’ESERCITO DI TERRACOTTA

Giovedì 27 lasciamo Pechino mentre il cielo sembra sul punto di nevicare e ci trasferiamo all’aeroporto dove, con volo interno dell’Air China, ci imbarchiamo per Xian. Arriviamo poco dopo le 13 e troviamo un tempo piovigginoso. Qui ci accolgono due nuove guide cinesi e con due autobus simili a quelli di Pechino andiamo al centro della città distante circa 45 chilometri. Qui, in una delle poche pause di libertà, possiamo finalmente passeggiare per le strade tra la gente. Io e Grazia finiamo in un mercatino alimentare dove, tra l’imbarazzo di una venditrice, riusciamo ad acquistare una specie di piadina. Poi riprendiamo il giro turistico con la visita alle vecchie mura della città risalenti al 1400: dall’alto di un torrione assistiamo allo spettacolo delle centinaia di biciclette che, insieme a taxi colorati, in ogni istante della giornata percorrono nei due sensi tutte le strade della città, tra suoni di clacson e di campanelli. L’impressione di Xian, città di oltre 6 milioni di abitanti, è di essere molto più ridente e movimentata di Pechino.

Nel tardo pomeriggio trasferimento in un grandioso e spettacolare albergo, cena e poi bello spettacolo con mimi, acrobati, ballerine, cantanti e contorsioniste.

Venerdì mattina proseguiamo la visita della città con la Pagoda della Piccola Oca Selvatica, costruita nel 707 d.C., formata da sette piani sovrapposti mano a mano sempre più piccoli fino all’altezza di 45 metri. La Pagoda è inserita all’interno di un parco arricchito da una interessante raccolta di stele in pietra, ognuno con un diverso soggetto, utilizzati per legarvi i cavalli. Le pagode cinesi, pur essendo i tipici luoghi di culto e di protezione di reliquie della religione buddhista, sono assolutamente diverse dalle pagode tibetane e da quelle birmane e thailandesi.

Usciti dal parco della Pagoda, insieme ad alcuni compagni di viaggio, riusciamo ad evitare la prevista visita ad una fabbrica di giada e, nel frattempo, girelliamo tra i venditori e i banchetti di un mercatino all’aperto. Ricca varietà di pesci, totani giganti, pezzi di piovre, carni, pallidi polli spennati e tante verdure; molti mendicanti che ci assillano con le loro richieste di elemosina; bambini vestiti con pesante giacca a vento ma con pantaloni aperti sul culetto, pronti all’uso.

Dopo un ottimo pranzo self-service nel locale del teatro della sera precedente, ci trasferiamo in bus alla zona archeologica nei dintorni di Xian, dove nel 1974 fu trovata, per puro caso, da un contadino che cercava l’acqua, la testa in terracotta di un guerriero, dando così il via agli scavi di uno dei siti archeologici più sensazionali . Preceduti da un grande spiazzo dove ci sono decine di assatanati venditori di prodotti dell’artigianato, ci sono tre grandi padiglioni coperti costruiti proprio sul luogo degli scavi. All’interno del primo padiglione, da una piattaforma recintata, possiamo ammirare sotto di noi lo spettacolo mozzafiato di qualche centinaio (dicono che siano circa 6.000) di guerrieri e cavalli in terracotta, a grandezza naturale e diversi l’uno dall’altro sia nei lineamenti che nei vestiti e nelle armi, che ordinati su diverse file sembrano andare dietro al feretro dell’imperatore deceduto: si tratta del Primo Imperatore della Cina, Shin-Huang-Ti (quello della Muraglia cinese), che nel 206 a.C. volle la realizzazione di questa meraviglia con il solo scopo di avere un po’ di compagnia dopo la sua morte. L’intero esercito era destinato a restare interamente sotto terra, in lunghe gallerie coperte da travi in legno che poi con il tempo hanno ceduto sotto il peso della terra crollando rovinosamente sulle statue. Moltissime sono le statue ancora sbriciolate sul terreno, ma quelle restaurate sprigionano un fascino veramente unico. Nel secondo e terzo padiglione vediamo altri scavi con un migliaio di ulteriori personaggi, sempre a grandezza naturale, che rafforzano ancora di più, se possibile, la spettacolarità di questa meraviglia unica al mondo risalente a circa 2.200 anni fa.

La giornata finisce con una originalissima cena a base di ravioli cotti al vapore in caratteristici recipienti simili a setacci che spesso, infatti, avevamo visto fumare nelle strade di Xian. Ci vengono portati oltre 15 tipi diversi di ravioli, diversi sia nella forma (il più originale è stato quello a forma di cigno) che nel ripieno (dalla carne alle verdure per finire ad un impasto dolce). Al termine una grande zuppiera piena di brodo che viene portato a bollore direttamente nel centro del solito tavolo rotondo.

Al mattino successivo, prima di lasciare Xian, visitiamo la Pagoda della Grande Oca Selvatica e poi, dopo il pranzo, trasferimento all’aeroporto per il volo verso Shanghai.

NELLA CITTA’ PIU’ POPOLOSA DELLA CINA

Anche a Shanghai sistemazione in un favoloso albergo nel centro della città. Dopo cena facciamo una passeggiata in Nanchino Road, una delle strade principali lunga 7 chilometri che arriva sino al Bond lungo il fiume Huangpu (Fiume Giallo). Si cammina tra una selva di grattacieli, soprattutto alberghi faraonici, tanta gente, bici, taxi e piccole casette risalenti ai primi del novecento costituite da negozio a piano terra e abitazione al piano superiore. Vediamo diverse costruzioni risalenti al tempo delle concessioni straniere: francesi, americani, inglesi, russi e giapponesi.

Al mattino visitiamo la città vecchia, dove c’è un formicolio di persone e decine e decine di negozi per turisti, e poi i giardini del Mandarino di Yu Yuan, costruiti nel XVI secolo con collinette artificiali, laghetti e padiglioni collegati da ponticelli a zig zag, il tutto per dare una sensazione di spaziosità all’interno di un’area di dimensioni ridotte. Nel pomeriggio arriviamo sul lungo fiume, il Bond, fiancheggiato da grandi palazzi risalenti al tempo delle concessioni straniere e ora occupati da banche e altri uffici pubblici. Sull’altra riva del fiume, percorso da imbarcazioni e navi, tra una ulteriore selva di grattacieli è in fase di ultimazione la torre della televisione che dovrebbe diventare la più alta costruzione dl mondo. Il porto di Shanghai è importantissimo e dista circa 60 km. dal mare.

Breve passeggiata per il negozi e i grandi magazzini in Nanchino Road, cena e spettacolo teatrale di equilibristi, giocolieri e mimi in un teatro situato al piano rialzato di un faraonico grattacielo.

LA VENEZIA DELLA CINA: SUZHOU

Al mattino successivo trasferimento in treno da Shanghai a Suzhou. Il viaggio in treno è comodissimo, anche se la nostra sistemazione deve differire molto da quella delle persone normali che, a centinaia, vediamo sedute sugli scalini della stazione in attesa del biglietto! Noi aspettiamo in una lussuosa sala d’aspetto di 1° classe con gli immancabili acquisti di souvenir e di foulard. Arrivati a Suzhou ci sistemiamo in un hotel di 30 piani con sala da pranzo girevole al 29° piano! La città è chiamata la Venezia della Cina perché, trovandosi nel delta del Fiume Yang Tze Kiang è interamente percorsa da canali e da ponticelli. Anche qui visitiamo un giardino, il Giardino dell’Amministratore Umile, e poi una fabbrica della seta. Interessante assistere alla formazione del filo di seta: l fili provenienti da 8 bozzoli dipanati contemporaneamente vengono riuniti in un unico filo e ogni volta che un bozzolo si esaurisce (lunghezza del filo prodotto da ogni bozzolo circa 1000 metri) viene immediatamente sostituito manualmente da un altro bozzolo e così via; è quindi necessaria la costante presenza e attenzione di una addetta. Poi, purtroppo, grande perdita di tempo e di denaro in paurosi acquisti di foulard e altre cose in seta.

Al mattino successivo, dopo una favolosa colazione nella sala girevole al 29° piano con stupenda veduta sulla città, visitiamo la Collina della Tigre caratterizzata da una pagoda pendente risalente al 961 d.C. e poi visita al Giardino dei Bonsai e a quello del Pescatore. Nuovo trasferimento in treno fino a Nanchino dove arriviamo dopo circa tre ore di viaggio.

NANCHINO, LA VECCHIA CAPITALE

Siamo arrivati a mercoledì 5 marzo e a Nanchino visitiamo il mausoleo di Sun Yat Sen, padre e primo presidente della repubblica Cinese instaurata nel 1911 che mise termine alla dinastia manciù dei Quing. Il mausoleo si trova in cima ad una larga scalinata di 392 gradini. La visita prosegue al gigantesco fiume sullo Yang Tse Kiang (Fiume azzurro) costruito dal 1960 al 1968 a due piani, uno per la strada e uno per la ferrovia: il fiume è largo 1500 metri.

Dopo pranzo passeggiata nella città vecchia con visita di un vero mercato per cinesi.

Al mattino ultima visita dedicata ad una Via Sacra nei pressi di Nanchino, situata in una campagna con alberi di prugne all’inizio della fioritura: ci sono molti cinesi che danzano e fanno ginnastica e un palco dove si esibiscono cantanti e oratori.

Il viaggio sta ormai per finire e nel pomeriggio trasferimento in aereo fino a Pechino, dove a cena partecipiamo ad un banchetto tipico con assaggio della famosissima anatra laccata: anatra cotta, tagliata a fette sottilissime con una pelle croccante da sembrare laccata; ogni fettina viene avvolta in una crepe insieme ad una salsina.

ADDIO CINA

Al mattino di venerdì trasferimento all’aeroporto e poi volo tranquillo e stupendo fino ad Helsinki: grazie ad un cielo limpido possiamo vedere il deserto di Gobi, Ulan Bator, il lago Ladoga ghiacciato, il mar Baltico e una stupenda S.Pietroburgo. A Helsinki ci sistemiamo in un albergo vicino all’aeroporto ma lontano dalla città. Con un bus andiamo a dare un’occhiata alla capitale della Finlandia dove mangiamo un hamburger da Mac Donald: fa un freddo cane!

La mattina dopo ci concediamo una nuova visita alla città. Nonostante il freddo e il vento gelido girelliamo per il porto con il mare ghiacciato vicino alle banchine e con alcune bancarelle che vendono salmoni affumicati e miele; poi visitiamo due belle cattedrali, quella luterana sopraelevata in mezzo ad una grande piazza e quella ortodossa costruita in mattoni rossi con bellissime icone al suo interno. Certo siamo ben lontani dal movimento e formicolio cinese! Qui tutto procede tranquillo e pulito e la sensazione di freddo non è data soltanto dall’aria gelida! Terminiamo la visita con l’immancabile giro in un grande magazzino dove vendono merci a prezzi proibitivi.

Trasferimento finale senza problemi fino a Roma dove salutiamo gli altri partecipanti al viaggio.