Fa parte della nostra
tradizione culturale pensare che talvolta sia necessario castigare i
bambini anche con punizioni fisiche, sberle per esempio, per
correggerli o educarli o abituarli a comportamenti più rispettosi,
anche se per fortuna verghe, fruste, bastoni e punizioni disumane,
usatissimi per secoli e secoli fino a 50 anni fa, sono stati
definitivamente messi al bando, almeno in Occidente. Vecchi detti come
"chi ama i figli li punisce" oppure "quando ci vuole,
ci vuole" godono ancora di discreta popolarità, anche tra le
famiglie cristiane. In 23 Stati degli USA (su 50) sono ancora in
vigore leggi che consentono a genitori, insegnanti e educatori di
infliggere pene corporali ai bambini. In Francia, secondo dati del
governo, l'80 % dei genitori usa la violenza fisica per educare i
figli.
Un recente libro della celebre psicoanalista tedesca Alice Miller (Il
risveglio di Eva: come superare la cecità emotiva, ed. Cortina,
Milano 2002, euro 13.50) c'induce a ripensare alla questione. E' un
libro accessibile a chiunque perché volutamente usa un linguaggio
semplice e, a differenza degli altri famosi libri dell'autrice, non
richiede la conoscenza di complicati concetti psicanalitici.
La Miller sostiene che le percosse subite da bambini provocano
conseguenze molto gravi per l'equilibrio psichico della persona, che
può rimanere segnata per tutta la vita. Il meccanismo è in sintesi
il seguente: il bambino picchiato - soprattutto nei primi tre anni di
vita - prova un sentimento di forte paura e percepisce
("sente") il genitore come "cattivo" nei suoi
confronti; tuttavia poiché le percosse gli sono presentate come
"giuste" e comunque somministrate per il suo bene, si crea
una forte dissonanza tra la dimensione emotiva (ciò che il bambino
sente) e quella cognitiva (come il bambino interpreta la realtà) e ciò
causa la rimozione (negazione inconsapevole) dei sentimenti provati;
di conseguenza si forma quella che la Miller chiama "cecità
emotiva", che impedisce alla persona di provare sentimenti di
empatia anche da adulta e che rende spesso impossibile all'adulto
anche solo ricordare consapevolmente le percosse subite quando era
bambino.
Le tesi della Miller hanno trovato riscontri anche in ricerche
sperimentali. Le neuroscienze riconoscono che il cervello non è
ancora compiutamente sviluppato al momento della nascita e che assumerà
la sua struttura definitiva entro il terzo anno di vita. I messaggi
che il cervello riceve nei primi tre anni di vita hanno importanza
maggiore perché lasciano tracce permanenti nell'organizzazione
cerebrale. La paura e lo stress determinati dalle percosse infantili
possono distruggere raggruppamenti di neuroni (le cellule del
cervello) e soprattutto modificano le loro connessioni reciproche,
provocando danneggiamenti cerebrali permanenti. Anche lo sviluppo
dell'intelligenza di una persona dipende dalle esperienze emotive
della prima infanzia molto più di quanto gli scienziati ipotizzavano
fino a qualche anno fa'.
In altri libri la Miller aveva analizzato l'infanzia di persone
"cattive" e crudeli, come Hitler, Stalin, Milosevic ed altri
efferati dittatori e mostrato che tutti erano stati maltrattati e
terrorizzati da piccoli, senza la presenza di una figura
"buona" e consolatrice, di una persona affettuosa verso il
bimbo (figura che la Miller denomina "testimone soccorrevole").
Di converso, l'analisi dell'infanzia di Gorbaciov (preso come esempio
di uomo politico "positivo") mostra che, nonostante
l'ambiente sociale agricolo e la gran povertà in cui ha vissuto da
piccolo siano molto simili a quelli di Stalin, le conseguenze sono ben
diverse: l'infanzia di Gorbaciov mette in luce "come le
privazioni più severe non siano di alcun danno al carattere del
bambino se la sua integrità è al riparo da ipocrisie,
maltrattamenti, castighi e umiliazioni psicologiche" (pag.86).
Le persone nate nella prima metà del '900 hanno quasi tutte subito
ripetutamente punizioni fisiche nell'infanzia, poiché esse erano
anche raccomandate dalla pedagogia del tempo, e quindi la cecità
emotiva era molto più diffusa di oggi: per la Miller questo spiega
come mai i dittatori come Hitler e Stalin trovarono facilmente
esecutori obbedienti anche agli ordini più disumani e crudeli.
Ancor oggi, nelle tribù dei Paesi africani più poveri, le mamme
portano i bambini nudi sulla schiena; per evitare di lordarsi con gli
escrementi del piccolo, usano assestargli uno scappellotto piuttosto
forte ogni volta che il bambino fa i suoi bisogni; i bimbi di pochi
mesi sono già così terrorizzati che, non appena sentono lo stimolo,
piangono disperati per paura delle percosse e così la madre riesce a
farli scendere in tempo! Il sistema funziona dal punto di vista
pratico, ma la botte a bimbi cosi piccoli, per di più somministrate
proprio dalla madre, provocano una cecità emotiva molto forte, che
per la Miller spiega la diffusa indifferenza per gli orrendi massacri
e le crudeltà connesse alle lotte tribali.
Ovviamente l'esclusione di punizioni fisiche o umilianti
nell'educazione dei figli non deve portarci ad un'educazione
permissiva, nella quale il bambino è viziato, non è educato a
ricevere dei "no" fermi ad alcune sue richieste o pretese,
non è abituato a vivere dispiaceri e frustrazioni, purtroppo
inevitabili nella vita umana. Un'educazione troppo permissiva produce
anch'essa gravi danni. Esistono punizioni non fisiche, educative e non
umilianti, proporzionate e collegate ai comportamenti sbagliati che
devono essere corretti (se non hai finito di fare i compiti non potrai
guardare alla TV il cartone animato preferito, se lasci avanzi nel
piatto non potrai avere la portata successiva ecc.).
Nel Vangelo si racconta che Gesù, ancora ragazzino, disubbidì ai
genitori rimanendo a Gerusalemme ad ascoltare e interrogare i dottori
nel tempio; trovatolo Maria gli disse: "Figlio, perché ci hai
fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo" (Lc,
2,48). Maria ci dà l'esempio di un atteggiamento educativo corretto,
preoccupato non di punire, ma di correggere un comportamento che
riteneva sbagliato, facendo riflettere il bambino sulle conseguenze
negative del suo atto (cioè l'angoscia dei genitori).
Certo capita a quasi tutti i genitori di rifilare qualche sberla o
sculacciata ai figli, soprattutto quando si è stanchi, irritati o
esasperati (almeno, a me, è capitato più volte!): è importante in
questi casi non trasmettere al bambino la sensazione che la punizione
è giusta ed è per il suo bene, ma aiutarlo a comprendere che anche
ai genitori può capitare di eccedere o di sbagliare, specialmente
quando sono arrabbiati, e ciò senza nulla togliere al giudizio
negativo sul comportamento sbagliato del figlio e sulle conseguenze
negative che esso produce.
I genitori che non condividono le tesi di Alice Miller sono invitati a
scrivere al Cantiere: sarà così possibile sviluppare un utile
confronto su un tema così importante come l'educazione dei nostri
figli.
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