Il giallo del presunto ordine di rapimento di Pio XII da parte di Hitler
a cura di Maurilio Lovatti
Karl Wolff, generale delle SS, in una dichiarazione
del 9 aprile 1974 al Tribunale arcivescovile di Monaco di Baviera, in una
seduta per il processo di beatificazione di Pio XII, affermò di aver
ricevuto il 13 settembre 1943, pochi giorni dopo l'armistizio, l'ordine di
Hitler di rapire il Papa.
In tale dichiarazione Wolff riporta così il colloquio con Hitler:
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Hitler: "Ora ho ancora un incarico
particolare per lei, Wolff, che io, a motivo della sua importanza
mondiale, voglio darle personalmente. Le impongo l'obbligo di non parlare
ad alcuno, prima che io glielo permetta, ad esclusione del comandante
supremo delle SS (Himmlerl) che ho già messo al corrente. Mi ha
capito?". Wolff: "Agli ordini mio Fuhrer! Hitler: "Desidero che lei, con le sue truppe, nel quadro delle reazioni tedesche contro questo inaudito "tradimento Badoglio", occupi, il più presto possibile, il Vaticano e la Città del Vaticano; metta al sicuro gli archivi ed i tesori d'arte che hanno un valore unico al mondo, e trasferisca al Nord papa Pio XII, insieme alla curia "per sua protezione", affinché egli non possa cadere nelle mani degli alleati e subire le loro pressioni e l'influenza politica. Secondo gli sviluppi politici e militari farò sistemare il papa possibilmente in Germania o nel neutrale Liechtenstein. Quanto tempo le occorre per poter eseguire questa operazione il più presto possibile?". Wolff:I (sforzandosi anzitutto di guadagnare tempo): " Francamente non posso dare una risposta immediata a questa domanda, mio Fuhrer. Le mie unità delle SS e di polizia, per la maggior parte, stanno ancora entrando in Italia. Presentemente, mi sto dando da fare per formare dal nulla truppe di rinforzi, e cioè unità ausiliarie volontarie dai gruppi etnici alto-altesini, come pure da italiani conservatisi fascisti; ma nonostante la massima energia, tutto ha bisogno di un certo tempo. Quale termine mi può accordare per l'adempimento del suo incarico?". Hitler: (con una faccia che denota un certo disappunto): " In questo caso non mi resta che pazientare finché lei non abbia terminato i preparativi. Non posso, in questo momento, togliere unità dell'esercito dal fronte meridionale. Poi preferisco fare assegnamento sui miei nuclei di SS. Quanto tempo pensa che le sarà necessario per la preparazione del piano?". Wolff: Mi permetto di farle notare che per l'esecuzione accurata del suo ordine devo poter disporre di un numero minimo di esperti che siano padroni non solo della lingua italiana e delle principali lingue straniere, ma anche del latino e del greco. Altrimenti mi sarà impossibile mettere al sicuro i documenti contenuti negli archivi vaticani. Questi specialisti qualificati, purtroppo, mancano attualmente in Germania e li dovrò quindi cercare, in gran parte, nel gruppo alto-atesino. Calcolo, perciò, che per questa operazione mi occorreranno dalle quattro alle sei settimane, forse anche un po' di più ". Hitler: (impaziente): " Mi sembra troppo! Acceleri i preparativi assolutamente necessari per quanto è possibile e mi informi personalmente a quattr'occhi - ogni due settimane circa - sui progressi ed il punto della situazione. Avrei preferito attaccare e sgomberare il Vaticano subito". Il generale tornò da Hitler all'inizio di dicembre
per riferirgli che il piano era pronto. L'incontro con il Fuhrer si
sarebbe svolto alla " Tana del Lupo " (Wolfschanze), il quartier
generale di Hitler nella Prussia Orientale. Wolff: " Mio Fuhrer, le comunico la
conclusione della mia preparazione per l'esecuzione del suo ordine segreto
contro il Vaticano. Mi è permesso di fare ancora, brevemente, alcune
osservazioni sull'attuale situazione in Italia, prima che lei dia il suo
ordine definitivo? ".
Un secondo teste a favore di Wolff si chiama Franz
Spoegler, nel 1943 Oberstuermfuehrer (tenente) delle Waffen SS; costui era
all'epoca ufficiale di collegamento tra Mussolini con la sua
scricchiolante Repubblica di Salò da una parte e l'ambasciatore Rahn e il
generale Wolff dall'altra. Spoegler ha raccontato (cfr. Alto Adige, 2 e 3
giugno 1973) che l'atteggiamento temporeggiatore di Wolff rispetto all'Aktion
Papst aveva suscitato dei sospetti nelle alte sfere naziste e che Himmler
aveva deciso di far spiare Wolff per scoprire se dietro le sue
tergiversazioni si nascondesse del sabotaggio. Fu scelto a tale scopo un
capitano delle SS di nome Weisse che si recò in Italia e individuò in
Spoegler, allora intercettatore telefonico a Verona, quartier generale
nazista in Italia, la persona adatta. Weisse faticò non poco a convincere
che l'uomo da sorvegliare era nientemeno che Wolff, numero uno in Italia;
è proprio in tale contesto che Weisse gli confidò che “il Fuhrer
doveva prendere sotto la sua protezione il Papa e i cardinali”. “Innanzitutto
spiegò Weisse, cui probabilmente Himmler aveva parlato dell'insano
progetto, all'incredulo Spoegler agli occhi del mondo apparirà che Pio
XII ha scelto liberamente la sede provvisoria del Liechtenstein, per
allontanarsi dal teatro della guerra. E poi lei pensa che russi, americani
od inglesi tollererebbero all'interno delle zone da loro controllate
l'esistenza palese ed indisturbata di un covo di cospirazione?”. Qualche
tempo dopo, verso il dicembre 1943 cioè proprio quando Wolff era riuscito
a far recedere Hitler dal suo pazzesco progetto Spoegler ricorda di aver
intercettato una telefonata fra Wolff ed un colonnello delle SS in cui
quest'ultimo disse: “Meno male che quella brutta faccenda di Roma è
rientrata”. Spoegler non comunicò a Berlino il compromettente
colloquio. Wolff e Spoegler si incontrarono dopo la guerra ed il generale
confidò all'ex tenente sudtirolese che sapeva di essere sotto controllo e
che aveva tremato non poco quando l'incauto colonnello si era espresso in
quei termini. Diversi storici negano l'attendibilità di questa
versione e ritengono che Hitler non abbia mai ordinato il rapimento di Pio
XII. Il primo è un passo di una lettera del 6 giugno 1983 di Eugen Dollmann, rappresentante fiduciario di Himmler in Italia, indirizzata allo stesso Angelozzi Gariboldi: "Non ho mai saputo, non ho mai creduto a
questo piano... Il "generale" Wolff non mi ha mai detto nulla al
riguardo... Wolff ha sempre sostenuto la tesi che almeno Himmler aveva
l'intenzione, in certe circostanze, di sequestrare il papa e di
trasportarlo in Germania come ostaggio, insieme con le personalità più
importanti del Vaticano. " " E difficile dire se il colloquio fra Wolff e il Fuhrer abbia avuto luogo e tantomeno stabilire il suo contenuto. Bisogna tener presente che Wolff oggi (nel 1983, ndr) ha 83 anni e che la memoria lo può tradire e non bisogna neppure sottostimare il suo desiderio di passare alla storia come uomo "ragionevole e disponibile", "malgrado la divisa che indossava". Personalmente posso testimoniare che nel periodo nel quale ho visto operare Wolff, l'ho sempre visto propenso a gettare acqua sul fuoco, desideroso di arrangiare le cose piuttosto che inasprirle... Non posso essere d'accordo con lei sulla supposizione che Hitler avrebbe affidato l'operazione in segreto alle SS, senza sentire il parere di nessun'altra istanza. Hitler non era Gengis Khan: aveva bisogno dei suoi generali della Wehrmacht, dei suoi ministri, dell'opinione pubblica, dei suoi ambasciatori. Quindi una faccenda del genere, Hitler non l'avrebbe mai attuata senza sentire almeno il parere del ministro degli Esteri, del plenipotenziario del Terzo Reich in Italia (Rahn), del feldmaresciallo Kesselring, responsabile dell'intero fronte Sud. Oltre che di Wolff, s'intende... Il punto che mi lascia più perplesso, invece, è un altro e, precisamente, che non credo che la "deportazione del papa" potesse essere un problema da discutere tra il Fuhrer ed un suo generale, foss'anche un fedelissimo SS... Penso che con un po' di buon senso, non si possa dare a questo "supposto colloquio" un valore eccessivo o comunque di documentazione storica. Sono sempre stato convinto che un atto così grave ed una "sciocchezza", come quella di deportare il papa, il Terzo Reich non l'avrebbe mai commessa, tantomeno in un momento in cui la guerra era già virtualmente persa." All' opposto, Andrea Tornielli scrive: "In una lettera riservatissima inviata nel
settembre 1944 dal federale fascista di Como Paolo Porta al federale
fascista di Milano, Vincenzo Costa, si accenna al piano che poi i tedeschi
non furono in grado di attuare. "In tutta l'Italia non
occupata", scrive Porta, "vennero aumentati i massacri, le
deportazioni, le torture agli israeliti, gli incendi alle sinagoghe, le
profanazioni di cimiteri. Ciò, oltre che rientrare nel normale programma
di distruzione del potere israelita, tendeva a provocare il Papa e la
Chiesa cattolica al fine di farli intervenire direttamente in difesa degli
Ebrei". "Gli elementi germanici dei reparti dell'8° Divisione
di Cavalleria "Florian Geyer" delle SS sarebbero stati vestiti
con uniformi italiane catturate l'8 settembre, armati di armi italiane e
quindi lanciati di notte contro la Città del Vaticano come se fossero dei
partigiani decisi a liberare il Papa, ma nel contempo essi avrebbero
cominciato il massacro del clero. Subito sarebbero intervenuti i reparti
già pronti e portati dal fronte della "Panzerdivision Hermann Goring"
e paracadutisti che avrebbero ammazzato fino all'ultimo le SS camuffate da
italiani; per far perdere le testimonianze poi avrebbero terminato il
massacro. Se poi il Papa si fosse miracolosamente salvato sarebbe stato
deportato in Germania per... salvarlo".
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