La Storia della S.S.Virtus

di MARCO FABBRI

 

Alcune volte, raramente, riusciamo ad arrestare la frenesia quotidiana che ci anima come delle libellule impazzite in un lampione acceso, ed a andare indietro nei ricordi. La nostra mente rimuove quelli spiacevoli ma quelli cari riaffiorano ad intervalli dal profondo per aiutarci a non dimenticarli. Mi sembra ieri che me ne stavo in piedi ad ascoltare l’orchestra che suonava in una delle tante feste paesane di Moie, una frazione del Comune di Maiolati nel cuore della Vallesina Anconetana, quando all’improvviso fui avvicinato da Daniele Guerro che mi propose di entrare a far parte di una società sportiva che lui ed il cugino Lorenzo stavano fondando, per organizzare una squadra di calcio a 5 da far partecipare ad uno dei primi campionati di questa specialità nella nostra regione. Invece era il luglio del 1992 e sono passati ben 12 anni. Anche se adesso il sottoscritto non calca più da un po’ di tempo direttamente il terreno di gioco, sono rimasto sempre legato a questa società che nel bene e nel male è sopravvissuta ad un po’ di tutto. La carica di presidente che attualmente ricopro e che da poco ho accettato,  ha voluto essere più che altro un omaggio a questa società che in un periodo della mia esistenza nel quale stavo pensando che non avrei più praticato sport a livello agonistico, mi ha dato invece la possibilità di aggregarmi a dei ragazzi stupendi con i quali ho condiviso alcuni dei migliori anni della mia vita. Già, il 1992: erano anni pionieristici per questo sport dove tutto era un avventura da vivere giorno per giorno. Il primo team era composto dai cugini Guerro di cui ho gia parlato: Daniele un tipo introverso ma simpatico e volenteroso e Lorenzo un estroverso extralarge con buoni piedi e mania di comando, mediata però da un cuore generoso. Paolo Fabbri, mio fratello, uno coi piedi buoni ed il fisico giusto per questo sport che ancora oggi resiste all’usura degli anni, ragazzi come Ennio Ruggeri, Francesco Tassi, Antonio Ballarini, Stefano Rigucci, il primo portiere della nostra storia, Francesco Spadoni, Stefano Gasparini. Ragazzi che oggi hanno smesso ma che continuano a seguirci con simpatia. David Brunori, purtroppo scomparso maledettamente presto. Eppoi il primo mister Gilberto Lorenzetti, uno che ha cominciato da zero ma che si è calato subito nella parte diventando molto più che competente a gestire una squadra come quella, fatta di persone che non si erano mai viste prima e che non avevano mai giocato assieme. Negli anni successivi la società cresceva supportata da persone come Marco Brutti e Don Vittorio Polidori in testa, maestri di vita che curavano anche gli aspetti psicologici ed emotivi dei singoli, da altri come Giannino Ceccarelli, il primo presidentissimo, Bruno Conti, Umberto Spadoni. Uomini che senza nulla chiedere sottraevano ulteriore tempo al poco rimasto al di fuori degli impegni professionali, per dare una mano, anche economicamente, a far decollare ed a mantenere efficiente la struttura societaria. Dicevo stavamo crescendo, acquisendo esperienza e forza, anche con l’aiuto di nuovi innesti che provenivano da altre realtà richiamati dagli stimoli che una società giovane come la nostra poteva dare. Il primo anno si era chiuso clamorosamente con la sconfitta della virtus per 3-2 in una storica finale spareggio per la promozione svoltasi a Jesi, al Palasport con una clamorosa ‘rapina’ dell’altra compagine frutto di un arbitraggio a dir poco scandaloso. Ma si sa, queste sono cose che succedono da sempre nel mondo dello sport  e riuscimmo a riprenderci subito dalla scoppola presa diventando, come dicevo, anno dopo anno più forti. Gli allenamenti ed anche le partite, soprattutto le trasferte, a volte si trasformavano in contenitori di situazioni molto divertenti. Ricordo con piacere, per quanto doloroso, una trasferta a Frontale di Apiro con l’allora squadra dell’Urbanitas, era proprio il 1992 se non sbaglio, nella quale prendemmo tante di quelle botte - il povero Ennio venne addirittura spalmato contro la parete da un nerboruto difensore avversario - che alla fine ci sembrò di essere stati ad una partita di Football Americano giocata su di un campo da bocce (proprio così il loro campo da gioco era attrezzato sulle piste di un bocciodromo!). Oppure quell’altra volta che andammo a giocare a Grottammare e alcuni dei nostri vennero letteralmente fatti a pezzi dagli avversari tanto da dover uscire per infortuni vari. Ad un certo Punto Gilberto chiese a Stefano, già malconcio, di entrare al posto dello scassato Maccaroni, una delle stelle di prima grandezza della squadra di quell’anno, che mi sembra fosse il 1997,  ma Stefano vista la situazione manifestò con un gesto eloquente ed inequivocabile la proprio volontà di declinare la richiesta, e vi giuro che se uno si rifiuta di entrare in una partita di pallone ci deve essere una più che valida ragione. La Virtus Fece il salto di qualità nel 1995, quando con l’arrivo di ragazzi come Gabriele Morici, ex numero uno del grande Castelplanio calcio di quegli anni, Andrea Borocci, Maurizio Maccaroni, Emanuele Jencinella affiancati ai già forti ed esperti Lorenzo Guerro, Paolo Fabbri, Francesco Tassi, al sottoscritto e ad altri, la società ottenne quello che inseguiva dalla sua nascita: la vittoria del campionato e la salita alla categoria superiore di serie C1 regionale. Gli anni a cavallo tra il 1994 ed il 1996 furono quelli di massimo splendore dove il meccanismo, ben messo a punto in quelli precedenti, funzionava come un orologio svizzero. Ottenevamo buoni risultati anche nella categoria superiore nonostante fosse sempre più dura. Gli avversari si rinforzavano e emergevano nuove società che potevano contare su buonissimi giocatori, su risorse economiche di gran lunga superiori alle nostre e sopratutto sui vivai. Già , il vivaio: è stato sempre un nostro cruccio quello di non aver avuto la possibilità materiale di organizzarne uno. In un mondo in cui il calcio tradizionale la fa ancora da dominatore incontrastato,  piccole realtà locali come la nostra non possiedono sufficiente forza ed organizzazione per rivendicare con esito positivo una tale prerogativa, ma pazienza, oramai ce ne siamo fatti da tempo una ragione, nonostante la federazione continui a richiedere, in maniera un po’ troppo acritica, che tutte le squadre organizzino un vivaio o almeno una seconda squadra cadetta. Altri episodi mi tornano alla mente mentre scrivo. Ah! Come quella volta a Tolentino: dovevamo incontrare la squadra locale verso le tre del pomeriggio di un sabato. Arrivammo troppo presto e decidemmo di pranzare in quel posto. Individuata una buona trattoria ci sedemmo e il proprietario vedendoci bardati di tutto punto con borse e tute chiese rivolto ai dirigenti: “Ah!, ma questi devono mangiare leggero, porto della pasta con pomodoro, una minestrina?” e dalla tavolata per tutta risposta salì all’unisono come la voce di un sol’uomo: “TORTELLINI CON PANNA E FUNGHI PORCINI, AFFETTATI VARI, FRUTTA,DOLCE, CAFFE’ E AMMAZZACAFFE’, PLEASE!”. Vi lascio immaginare il rendimento in campo un ora dopo. Rossi come dei peperoni in viso, con il pranzo che si ‘riproponeva’ nell’esofago e due pietre da cinquanta chili l’una al posto dei piedi. Una debacle sportiva controbilanciata da un trionfo gastronomico!

Abbiamo Incontrato anche personaggi famosi nell’arco di vita della società. Ricordo con particolare emozione una partita amichevole disputata nel 1994 contro la Tinnea di Ancona, squadra allenata all’epoca da Zandegù vecchia gloria dell’Ascoli calcio di Serie A degli anni 80’. Ebbi l’onore di giocare e marcare nientemeno che Dirceu, stella del Brasile dei Mondiali del 1978 e del 1982 e di vari squadre di calcio di serie A fino agli anni 90’, purtroppo in seguito tragicamente scomparso in terra natia. Segnai anche un goal in quell’occasione, ma la soddisfazione più grande fu udire gli apprezzamenti fatti alla squadra proprio da quel grande campione e vederlo letteralmente volteggiare in campo con la palla al piede senza quasi sudare.

Dopo il 1996 altri si sono succeduti a quelli che conquistarono la gloria. Penso alla fine degli anni 90’. Agli sforzi sempre maggiori accompagnati da difficoltà sempre crescenti. Agli altri mister come Roberto Fiaoni, lo stesso Lorenzo Guerro fino a quest’anno. A ragazzi come quelli attuali e come quelli che fino allo scorso anno si sono dannati l’anima per mantenere alto il nome della Virtus. All’amarezza provata a giugno di quest’anno, dopo una stagione fatta di continui infortuni, arbitraggi poco professionali, trasferte sfiancanti, gare sostenute in cinque senza sostituzioni da poter effettuare, quando il fischio finale dell’ultimo arbitro del campionato ha decretato la nostra retrocessione in serie D. Anche se non ho pianto è come se l’avessi fatto dentro di me. Ma come ho già detto in precedenza, e come ne abbiamo discusso con i ragazzi, molti dei quali trovate citati in vari parti di questo sito, pazienza. Questo è lo sport: un modo di intendere la vita, una filosofia di esistenza umana che reca in sé una serie di possibilità per emozionare,  far gioire, far piangere, far imprecare, aggregare e rendere uniti in una sorta di amicizia fraterna un gruppo di uomini, accompagnandoli a comprendere quello che in fondo essa rappresenta. Una filosofia che può essere racchiusa in una piccola frase che tempo fa ho sentito pronunciare e che riporto in fondo così come è stata pronunciata. Grazie a tutti per l’attenzione.

 

“Ogni maledetta domenica…si vince, si perde…ciò che conta è se si vince o si perde da uomini!”

(Al Pacino dal film ‘Ogni Maledetta Domenica’)