Canone

 

Di Massimiliano Marconi

 

 

            Ecco. La sensazione è nuova. Il piede nudo calpesta intimorito la sabbia.

Calore.

Formicolio.

Un po’ di timore.

Poi ti fai coraggio: un piede, poi l’altro. Un passo dopo l’altro ti godi il tepore che quei granelli emanano, lo strano pizzicore sotto la pianta dei piedi, le dita di papà che ti fanno il solletico il sabato mattina…

E’ mutevole però la sabbia. Dapprima il tuo piede affonda, rendendo quasi incerto il passo, poi, man mano che avanzi, diventa più dura, umida: sei di fronte al mare.

Non hai ancora finito di assorbire la sensazione molteplice che hai incontrato durante il cammino, che subito un’altra ti assale. Guardi smarrito quell’immensità che ti sta di fronte, e non capisci come i tuoi occhi così piccoli riescano a contenere tutto quell’azzurro, quel verde, quel bianco che poi si fa ancora azzurro, che si fa ancora verde e bianco e azzurro…

Sopraffatto, ti siedi. Là, sulla riva, con l’acqua che appena ti lambisce. E ne osservi il moto: ricorrente, incessante. Con la mano afferri un pugno di sabbia, che rapida ti sfugge fra le dita.

Clessidra.

Un’onda arriva sulla spiaggia, si frange, fluisce. E subito un’altra la rimpiazza, si frange, fluisce…

Il mare.

Il tempo.

Seduto sulla riva del tempo… dove ogni secondo, ogni minuto, ogni attimo si frange e fluisce, si frange e fluisce.

Le stagioni,

gli anni,

trascorrono, fluiscono.

E ogni onda che ti lambisce ti lascia qualcosa: un fiocco di spuma, un granello di sabbia, un legnetto annerito, un sacchetto, esperienze felici, dolori infiniti…

E quando ti alzi, camminare è fatica.

Ma non per la sabbia.

 

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