RE FIORE

 

Alle prime carezze del sole, Fiore dischiuse i suoi petali variopinti. Si stirò, come chi, appena sveglio, stende le braccia e sbadiglia salutando il nuovo giorno. Nel delicato tepore dei primi raggi lasciò evaporare le piccole gocce di rugiada e si guardò intorno: un mare infinito di verde gli si estendeva davanti e lui ne era il re incontrastato. Non c’era nessun altro della sua specie in quel pascolo a perdita d’occhio. E i suoi colori erano le sue insegne regali, al di sopra degli umili fili d’erba, monocromi, piegati dalla più minuta bava di vento in un inchino continuo alla sua maestà.

Chissà per quale strano capriccio del destino, il suo seme aveva germogliato in quella terra dove rarissimo era il passo dell’uomo. L’uomo. Quella specie che, per atavica conoscenza, sapeva da sempre essere sua nemica. Quella specie che, per puro diletto, osava strappare dal loro sacro suolo i suoi simili per farne un effimero ornamento, per godere un attimo del loro profumo… e lasciarli morire.

Ma questo non era il suo caso. Alto, regale, Fiore trascorreva le ore del giorno in quello stato di grazia che la natura gli aveva concesso: unico beneficiario del proprio aroma per tutta la sua pur breve vita.

Immerso nei propri aulici pensieri, Fiore però non si accorse che all’ultimo momento di un’ombra greve che gli si avvicinava. Col suo passo lento e ciondolante, una grossa mucca si stava dirigendo proprio verso di lui, divorando i suoi verdi sudditi con l’aria tranquilla di chi sa di non sapere ed è nel giusto.

Un istante prima di finire nelle fauci della bestia Fiore pensò: "Che destino crudele il mio. I miei simili, pur morendo, fanno felici chi li odora, sono amati. Io muoio invece nell’indifferenza."

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