Le
mie dita saltano veloci sulla consolle di un vecchio sparatutto, nell’angolo
di una scalcinata sala-giochi di Via delle Oche. D’un tratto uno strano
riflesso sullo schermo: una figura massiccia si sta avvicinando. D’istinto
scarto di lato, infilandomi nello spazio angusto fra una colonna e il videogame,
la pistola già in mano. Il puntatore laser gli si stampa in mezzo agli occhi -
impossibile sbagliare. Bang, e quell’ammasso di ferraglia vola all’indietro
con un foro calibro 38 in fronte. Lo sparo si è confuso in mezzo agli altri
mille dei giocatori che affollano la sala: nessuno sembra essersi accorto di
niente, o forse a nessuno va di impicciarsi - tanto è solo un fottuto droide.
Il segugio, uno dei tanti al servizio del clan Gambetta, è steso sul pavimento,
avvolto nel suo impermeabile bianco, stile Bogart, e mentre lo scavalco per
uscire raccolgo il suo bel cappello grigio con le falde larghe sussurrando: -
Questo non ti serve più, ora.
Uscendo,
me lo aggiusto sulla fronte ed alzo il bavero del giaccone. La via è deserta.
Un buio nebbioso e gelido mi accoglie, ma non è quello a farmi rabbrividire.
Quei droidi non vanno mai in giro da soli e mi aspetto, da un momento
all’altro, che il secondo cyber-Bogart mi compaia di fronte con il cannone in
mano.
Ed
infatti eccolo là. Non è di fronte, ma mi sta seguendo ed ancora una volta è
la sua immagine riflessa a tradirlo, mentre passo vicino alla vetrina polverosa
di un computer-shop.
Di
scatto, giro l’angolo di Via dello Studio, cercando di coglierlo di sorpresa,
ma il mio piede destro scivola su una grossa merda di cane, e mi trovo lungo
disteso a terra con l’osso sacro dolorante. - Cristo! - grido, maledicendo il
bastardo e il suo padrone. Mi volto, ginocchia a terra, e mi accorgo con orrore
che cadendo ho perso la pistola. Il segugio è già davanti a me e sta
puntandomi contro il suo indice destro, nel quale è nascosta una micidiale 45:
- Non dovresti bestemmiare, sputa la sua voce metallica, altrimenti saranno guai
dall’altra parte… -
Vedo
la mia 38 a pochi centimetri da me, appena fuori dal cono di luce giallastra del
lampione, e, così inginocchiato come sono, mi stampo un bel sorriso ebete sulla
faccia, ed esclamo: - Ma allora è vero! -
-
Che cosa è vero ?!? - Sul suo viso appare l’ombra di un dubbio, ed io non ho
certo il tempo di lasciarla svanire: mi tuffo in avanti, afferro la pistola e
faccio fuoco, mirando proprio in mezzo ai suoi occhi stupiti. Il rumore dello
sparo copre la mia risposta: - Che pestare la cacca porta fortuna, bello!