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Racconti

IL CROCIFISSO ASSOLVE UN PENITENTE

In una chiesa della Spagna, il cicerone che accompagna i turisti si ferma davanti a un grande Crocifisso, ai cui piedi si trovano una sedia e un inginocchiatoio, dove il confessore riceve i penitenti, e racconta il seguente avvenimento accaduto tempo addietro.

Un confessore disse a un penitente: “Se lei continua con gli stessi peccati, io non le darò più l’assoluzione”. Tempo dopo, il penitente, veramente pentito, ritornò con gli stessi peccati e si sentì dire dal confessore: “mi dispiace, ma questa volta non le darò l’assoluzione”:

 Il Crocifisso allora parlò: “Sacerdote, io ho dato la mia vita per questo mio figlio, perciò se tu non lo assolvi, lo assolverò io”.

Il Crocifisso staccò dal chiodo il braccio destro e pronunciò la formula dell’assoluzione: “Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.

Esempio storico che veramente ci commuove. Quando andiamo a confessarci, certamente dobbiamo avere il pentimento dei nostri peccati, il proposito di non commetterli più, ma allo stesso tempo dobbiamo avere la certezza del perdono e della misericordia del Signore. Siamo poveri peccatori, siamo deboli, possiamo cadere nonostante la nostra buona volontà, però non dobbiamo mai e poi mai dimenticare che il Signore ci vuole bene, che ci prende così come siamo e che ci perdona sempre.

Lui vuole solamente da noi la nostra buona volontà, la nostra disponibilità, il desiderio di essere migliori e così non ci lascerà mai mancare la sua grazia, la sua misericordia, il suo perdono.

“Signore, abbi pietà di me che sono un povero peccatore”.

Così come il pubblicano del Vangelo. Il Padre accolse il figliuol prodigo con le braccia aperte, fece festa, gli diede l’abbraccio del perdono e tutta la casa ricevette con gioia e allegria il figlio che era ritornato alla casa paterna. Così il Signore fa con noi. Anche se i nostri peccati fossero grandi e grossi, non dobbiamo mai dubitare del suo amore, della sua bontà e della sua misericordia.

 

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Un Documento Straordinario

 

 

Questa lettera di Publio Lentulo, (18 a.C. – 11 d.C.) governatore della Giudea (antecessore di Pilato), è un documento storico di immenso valore in cui si descrivono il volto e la persona di Gesù Cristo all’imperatore Tiberio di Roma,

tradotta dal latino originale che si conserva dai signori Cesarini in Roma.

 

Ho inteso, o Cesare, che desideri sapere quanto ora ti narro; essendo qui un uomo, il quale vive di grandi virtù chiamato Gesù Cristo, dalla gente è detto Profeta, ed i suoi discepoli lo tengono per divino, e dicono che egli è figlio di Dio Creatore del cielo e della terra, e di tutte le cose che in essa si trovano e son fatte. In verità, o Cesare, ogni giorno si sentono cose meravigliose di questo Cristo: risuscita i morti, e sana gl’infermi con una sola parola. Uomo di giusta statura, è molto bello di aspetto, ed ha maestà nel volto, e quelli che lo mirano sono forzati ad amarlo e temerlo.

Ha i capelli di color della nocciuola ben matura, e sono distesi sino alle orecchie, e dalle orecchie sino alle spalle sono di color della terra, ma più risplendenti.

Ha nel mezzo della fronte in testa il crin spartito ad usanza de’ Nazareni. La faccia senza ruga, o macchia, accompagnata da un color modesto. Le narici e le lab­bra non possono da alcuno essere riprese con ragione: la barba è spessa ed ha simiglianza dei capelli, non molto lunga, ma spartita per mezzo.

Il suo mirare è molto spaventoso e grave; ha gli occhi come i raggi del sole, e nessuno può guardarlo fisso per lo splendore; e quando ammonisce piange; si fa amare, ed è allegro con gravità. Dicono che nessuno l’ha veduto mai ridere, ma bensì piangere. piangere.

Ha le mani e le braccia molto belle, nella conversazione contenta molti, ma si vede di rado: e quando vi si trova, è molto modesto all’aspetto, e nella presenza è il più bell’uomo che si possa immaginare; tutto simile alla madre, la quale è la più bella giovane che siasi mai vista in queste parti.

Però se la Maestà tua, o Cesare, desidera di vederlo, come negli avvisi passati mi scrivesti, fammelo sapere, che non mancherò subito di mandarlo. Di lettera fa stupire la città di Gerusalemme. Egli non ha studiato giammai cosa alcuna, e pure sa tutte le scienze; cammina scalzo, senza cosa alcuna in testa; molti ne ridono in vederlo, ma in presenza sua nel parlare con lui tremano e stupiscono.

Dicono che un tal uomo non è stato mai veduto, né inteso in queste parti. In verità, secondo quanto mi dicono gli Ebrei, non si e sentito mai di tali consigli, di così gran dottrina, come insegna questo Cristo, e molti de’ Giudei lo tengono per divino e lo credono; e molti altri me lo querelano con dire che è contro la Maestà tua, o Cesare. Si dice di non aver mai fatto dispiacere ad alcuna persona, ma si bene tutti quelli che lo conoscono, che l’hanno avvicinato dicono d’aver ricevuto benefizi e sanità.

Però alla Maestà tua, o Cesare, alla tua obbedienza sono prontissimo: quanto mi comandi sarà eseguito. Vale.

Da Gerusalemme, indizione settima, luna undecima. Della Maestà tua fedelissimo e obbedientissimo.

Publio Lentulo Governatore della Giudea

 

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