La morte di Laurent
(Lettera quaresimale di P. Ferdinando Severi)


Nella provincia di Aceh, all'estremo Nord di Sumatra, da tre anni continua la lotta dei guerriglieri del GAM contro l'esercito regolare; vogliono l’indipendenza dall'Indonesia di questa provincia. Non passa giorno senza scontri armati, senza vittime.

Ai primi dell'anno nuovo (2002) il bollettino della guerriglia feriva in modo particolare la nostra comunità cattolica di Banda Aceh: il nostro caro Laurent fu colpito a morte. Faceva parte di una pattuglia d'assalto.

Quella sera del 2 gennaio, il giorno prima del triste evento, alla cenetta dell'anno nuovo erano in 12 i nostri giovani soldati cattolici con il loro comandante, pure cattolico, assieme ai ragazzi e ragazze della Parrocchia. Erano un misto di razze questi giovanissimi militari che il governo di Giacarta manda qui a difendere questa terra di Aceh ricca di gas e di meravigliose località turistiche: vengono dall’isola di Timor, da Giava, dall'isola di Flores, dalla terra dei Batak. Quella sera la Fede cattolica e l'esuberanza della giovane età li accomunava tutti nell'allegria. Laurent, 25 anni, alto, snello, dalla pelle scura e capelli ricci, proveniente dall'isola di Flores sembrava il più vivace.Tra un boccone e l'altro aveva sempre nuove battute; quella sera più del solito, notarono tutti. Anche senza vino e birra gli alcolici sono strettamente vietati in questa famosissima provincia islamica. L’allegria era grande ma non sufficiente a fare loro dimenticare che erano in guerra contro i guerriglieri del GAM in agguato ovunque e sempre. Lì in un angolo della sala da pranzo erano ammassati i loro mitra e fucili automatici. Al momento della preghiera di addio, la letizia della bella serata subito si dileguò a guisa di una gioia furtiva. "Signore, accompagna ovunque i tuoi giovani, fa che Ti sentano vicino in ogni loro impresa. Consola i genitori lontani, la mamma, il papà, la fidanzata lontana...". Dopo un addio pieno di timori, i giovani soldati si sistemarono nelle loro due jeep con le canne dei mitra e fucili sporgenti fuori della jeep da ogni lato. Poi si dileguarono nelle tenebre della notte verso le loro caserme.

Il giorno dopo, a tarda sera, arriva la notizia del peggio: Laurent è stato colpito a morte dai ribelli. Era nella pattuglia che aveva avuto l’ordine di assalire una postazione dei guerriglieri su un’alta collina, poco distante dalla città, un picco tutto in foresta. Il terreno della guerriglia, dove il nemico è appostato e vede senza essere veduto. Lì Laurent era stato fulminato da un proiettile alla gola. La pattuglia fu costretta a passare la notte sulla collina.

Il mattino seguente i giovani della parrocchia sono con me davanti al piccolo ospedale militare in attesa per una breve liturgia funebre, mentre là sul pendio della collina una pattuglia porta la salma di Laurent a valle per i sentieri impervi ed insidiosi della foresta. Nell'attesa faccio una visita ai feriti in cura in una sala del piccolo ospedale. Dopo un pò di sorrisi e strette di mano, rompo subito i1 ghiaccio: "Possibile che non sappiate sparare! Per noi italiani ogni colpo è un goal!” “E' difficile in foresta. Loro vedono noi mentre noi non vediamo loro. Senti improvvisamente dei gran colpi e non sai in che direzione sparare”.

Alle ore 09.00 arriva una autoambulanza: scendono alcuni soldati dagli scarponi tutti inzaccherati e le divise sudate. In una lettiga portano la salma entro l'ospedaletto. Poi là dietro una cortina inizia il pietoso lavoro di liberare la salma dal sudore e dal sangue... ; tutto in fretta perché l'aereo per Giacarta e Flores parte fra un'ora e mezza e l'aeroporto dista 15 chilometri. Mi avvicina un soldato infermiere: “Ecco una scheggia del proiettile che ha trafitto il collo di Laurent!” Me la mostra su una pezza di garza insanguinata. Poco dopo mi avvicina un'altro militare: “Pastor,avvolgiamo la salma senza vestiti in un lenzuolo, come facciamo con gli altri, oppure…?” “No,no, vestite la salma con la sua divisa militare militare;così usiamo fare noi cristiani", spiego io.

La bara ancora aperta viene posta su due cavalletti sotto il portico, all'entrata dell’ospedale. Nel cortile una quarantina di giovani soldati si sono già disposti in bell'ordine per fare gli onori militari al Caduto. Regna il silenzio. Poi tutti attenti ai gesti, alle parole della brevissima liturgia funebre. Aggiungo anche altre due parole.

Questo servo di Dio, Laurent, come tanti altri nostri giovani, ha dato con entusiasmo la vita nel compimento del suo dovere. Che Dio renda la sua immolazione una benedizione ed abbrevi il percorso verso la pace in questa provincia di Aceh! Che Dio abbia compassione e consoli i parenti lontani. Preghiamo anche per il nemico. Che il Buon Dio lo liberi dall’odio e lo guidi sulla via della riconciliazione”...

Prima che venisse chiusa la bara chiesi la corona del rosario che una ragazza porta­va al collo e con quella incoronai le mani del nostro caro Laurent. Pensai: quando alla povera mamma, là a Flores, sarà aperta la bara del suo ragazzo che non ha più, questo rosario potrà essere un segno che aiuterà a lenire il dolore. Un segno che anche colà, nella ribelle terra di Aceh, c'è la mano amorosa del Buon Dio, che per sentieri misteriosi accompagna i suoi figli alla casa celeste. Dopo i rituali colpi di fucile a salve, la bara fu portata all'aeroporto per un volo di circa 3 mila chilometri verso l'isola di Flores.

Il settimo giorno dalla morte, secondo l’usanza, i compagni di Laurent con i giovani della parrocchia vollero radunarsi nella casa del Signor Sinaga per la preghiera rituale. Di quella serata mi colpì un particolare. Questi 11 nostri soldati avevano ammassato alla parete, in un angolo della sala, tutti i loro fucili e mitra. Poi con gli altri ospiti si erano seduti lungo le pareti a gambe incrociate sul pavimento coperto di stuoie. Prima ancora della preghiera, entra improvvisamente in scena il figlioletto del signor Sinaga di due anni e mezzo appena. Egli avanza tra le due file di ospiti portando orgogliosamente il suo fucile giocattolo, dono dell’ultimo Natale, e lo va a posare proprio sopra quei mitra e fucili veri, carichi di piombo e di tante storie di guerra e morte, sotto gli occhi attenti del comandante: che questo innocente non mi voglia proprio scambiare il suo con i nostri..! Un segno.

Quel segno lo ripresi nel pensierino spirituale che seguì. ”Lo sperimentiamo tutti: il nostro carissimo Laurent e' ancora vivo fra noi e ci parla nell'intimo. E’ fra noi non con le armi che portano la morte ma con quelle spirituali che recano la riconciliazione e la pace. Noi cattolici crediamo nella comunione del Santi, comunione degli amici di Gesù Cristo; comunione che né la malattia, né la spada e neppure la morte è capace di interrompere…!”.

Banda Aceh, 12 febbraio 2002


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