Sapeva tanto di Betlemme
P. Umberto Davoli
Mi rivedo spesso in cammino sugli altipiani d'Africa: foresta e cielo,
cielo e foresta. Capannucce per nulla invadenti, fatte di elementi
essenziali: fango, fieno e rami d'albero; sentieri sempre uguali e
sempre diversi, spesso percorsi da viandanti dal passo contenuto e
paziente, come di chi non ha scadenze né conosce orologio e
dove il cammino è assaporato e non meno prezioso della meta,
perché, come dice il proverbio, la foresta ricompensa
sempre chi la attraversa.
L'africano sembra perpetuamente in cammino. Ogni evento di qualche
peso (un matrimonio, un funerale, la nascita di un bambino nell'ambito
della famiglia estesa), diventa subito occasione di lunghi viaggi
disagiati e talvolta pericolosi attraverso foreste, paludi e savane.
Spinti dall'urgenza di cementare quelle profonde relazioni umane
che sole danno sapore alla vita, affrontano con serena incoscienza
queste loro piccole e ricorrenti odissee, accettando ogni disagio
pur di non mancare mai agli appuntamenti del cuore; i loro non sono
semplici viaggi, bensì pellegrinaggi: pellegrinaggi della
solidarietà, se non di autentica carità. Spesso partono
senza denaro, senza provviste, senza sapere dove potranno far sosta
e pronti, se occorre, a crearsi provvisori ripari, se sorpresi dalla
pioggia o quando incombe la notte.
Mi sovviene di Margherita, la donnetta gracile e macilenta che
incontrai sull'imbrunire presso il lago Bangweolo... Avevo portato
il Padre Provinciale a Nsombo per una visita ufficiale ai missionari
di quella missione. Nel primo pomeriggio, mentre egli si intratteneva
con loro, ero partito per una rapida visita alla missione di Samfya,
sull'altra riva del lago. Poco prima del tramonto ero ripartito
per Nsombo: una ventina di chilometri fino al bivio per Chinsali
e un'altra ventina per ritornare sulle sponde del Bangweolo.
Dopo pochi minuti s'era alzato un vento gelido, mentre una pioggia
fitta e minuta rimbalzava sulle foglie lucide dei masuku. Ben presto
vidi la donna arrancare controvento, carica di un grosso borsone
e di un fagotto greve sulla schiena: un bimbo malaticcio di forse
quattro anni. La vidi girarsi di colpo allo scoppiettio del motore,
e c'era ansia e implorazione sul suo volto emaciato. Ovviamente
frenai deciso. Salì sulla vettura snocciolando una interminabile
litania di ringraziamenti, intercalati da un eloquente ritornello:
E poi dicono che non c'è un Dio per i più
poveri!.
Appena messasi a suo agio sul sedile, però, notai che mi
lanciava ripetute occhiate, mentre un sorriso saputo le illumina
va il volto.
Che hai da guardarmi così?
E perché io ti conosco!"
'Mi conosci? Impossibile! Io abito molto lontano: sono
ben più di mille chilometri da qui! Sono di Ndola, nel Copperbelt.
Anchio, disse con semplicità.
Sono Margherita, del rione di Ghifubu. Non sei tu che
celebrasti da noi, la notte di Natale?".
La guardai meglio e riconobbi il suo viso familiare.
'Ma cosa fai qui.. e dove stai andando a quest'ora, sotto
la pioggia e con un bimbo malato?
Ritorno a Ndola. Sono venuta la settimana scorsa perché
Dio ha donato un figlio a mio fratello: sono venuta a celebrare
la sua nascita".
Intanto il bambino tossiva: una tosse secca e ostinata che gli
squassava penosamente il piccolo petto e ad ogni colpo di tosse
il tormento della sua gola infiammata gli dipingeva una smorfia
di dolore sul volto.
Arrivammo al bivio per Chinsali: dovevo lasciarla.
Ed ora che farai per la notte?
Non è un problema: vieni, ti faccio vedere!.
Lasciò il piccolo in macchina e si affrettò verso
un grosso cespuglio di bambù. Con un coltello che aveva nel
suo vecchio e logoro borsone cominciò con lena a tagliare
alcuni grossi rami; mi chiese di conficcarli al suolo su un piccolo
spiazzo riparato da frondosi alberi di mipundu, più a fondo
che potevo. Intanto ella preparava le frasche e mazzetti di erba
elefante da intrecciare a copertura del tetto improvvisato. In venti
minuti si era fatta un ricovero per la notte, ben protetto dalla
pioggia. Poi tolse una coperta lisa dal borsone, la stese per terra
e vi adagiò il bambino.
Vedi, ora me lo stringo al seno, così io lo tengo
ben caldo... e lui riscalda me! Domattina all'alba, quando passerà
il primo camion per portare il pesce a Chinsali, mi troverà
qui pronta ad approfittarne!.
Ma hai almeno qualcosa da mangiare, un po' di soldi per
il viaggio?".
No, ho finito tutte le provviste e mio fratello è
in un momento di magra: la pesca gli è andata male ultimamente".
Rovistai nel baule della macchina, dove tengo sempre il pronto
soccorso, vestiti e cibo da dare ai poveri. Trovai un po' di biscotti,
un provvidenziale sciroppo per la tosse e le allungai un po' di
soldi. Sorrise con gratitudine:Lo sapevo che Dio non mi
avrebbe abbandonata!".
E subito aggiunse sottovoce una frase che mi scese nel cuore come
una rivelazione che doveva arricchirmi per gli anni a venire: "Oggi
Dio ha scelto te per farsi Provvidenza per i suoi poveri; deve amarti
tanto, il Signore!.
L'abbracciai stretta al mio petto e quando salii in macchina sentivo
gli angeli cantare al mio fianco. Le lanciai un ultimo sguardo:
era raggomitolata sulla coperta lisa, col suo bimbo stretto al cuore.
Sapeva tanto di Betlemme!
Perché in ogni povero illuminato dalla fede, è sempre
Dio che si incarna di nuovo.
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