Vai avanti!. Ne abbiamo bisogno!
P. Umberto Davoli
Mi era sempre piaciuto predicare a Sinya, e quando il parroco mi
chiese di sostituirlo per il suo trimestre di ben meritato riposo
in Europa, me ne sentii lusingato. Sinya è uno squallido
quartiere 'abusivo' sorto spontaneamente alla periferia di Ndola,
sul confine con il Congo, senza alcun piano regolatore e per molto
tempo - ma in gran parte tuttora - privo di ogni benché minimo
servizio: niente luce elettrica, rete idrica, fognature. Un ammasso
di catapecchie di fango e baracche coi tetti di lamiera arrugginita,
proditoriamente trattenute da macigni, cerchioni e rottami per impedire
al vento di portarsele via ... E' abitato da una folla anonima ed
eterogenea: povere vedove perennemente indaffarate per procurare
quotidianamente un boccone qualsiasi alla nidiata, spesso senza
riuscirci; giovani senza arte né parte che avendo inopinatamente
lasciato il villaggio, allettati dal miraggio della città,
sono inevitabilmente naufragati alla deriva della società;
vecchi abbandonati e persone fisicamente inabili che sbarcano il
lunario andando ogni mattina 'in città' a stendere la mano.
Come tutte le bidonville di confine, però, anche Sinya pullula
di loschi figuri e di individui di dubbio carattere: ladri, imbroglioni,
contrabbandieri, criminali, prostitute e magnaccia... La violenza
vi è spesso di casa, e non è certo un posticino per
la passeggiata serotina, dopo il tramonto!
* * *
La chiesa era gremita all'inverosimile e risuonava di canti a più
voci, vibranti e festosi, ritmati dai tamburi: quand'ero arrivato
per le confessioni - quaranta minuti prima dell'inizio della santa
Messa - l'avevo trovata già per tre quarti piena. e la gente
aveva continuato ad affluirvi fin oltre la lunga processione danzata
dalle Stelle, le bimbe più piccole, e il canto del Kyrie. Ora
c'era il lungo 'Nsansa ku bakaele!' (Gioia a chi è fedele!),
che rimpiazzava il Gloria, e io, seduto sullo scranno delle solennità,
osservavo il popolo che mi stava davanti. Li conoscevo quasi tutti,
uno per uno: Rosy, prostituta dei giorni feriali (doveva essere ridotto
ben male chi la cercava, poveretta!) era come sempre in prima fila,
e perfino più devota del solito; al suo fianco c'era Magdalene,
ragazzina emaciata e tormentata dagli incubi da quando - decenne -
era stata violentata dal papà ubriaco; poi c'era Sheila, ormai
condannata dall'AIDS, e Mulenga, madre di cinque angioletti raccolti
qua e là da quattro uomini diversi. Dalla parte degli uomini
spiccava Chanda, ubriacone inveterato, che cantava a squarciagola,
incurante del suo fegato spappolato dalla cirrosi; al suo fianco Manuel,
abbonato alle patrie galere per furti continuati, che sembrava voler
sfondare il tamburo con le sua manacce callose. E poi Linus, sifilitico
all'ultimo stadio, e Katongo il contrabbandiere, e quel sant'uomo
di Makasa, cieco e sciancato, Mathias il lebbroso, e poi e poi ...
Dio mio, che campionario di umanità ferita, umiliata, assetata
di speranza! Fremevo rigirandomi il Vangelo tra le mani. Era un Vangelo
forte, quello che mi assegnava la liturgia: uno splendido Luca, dove
"una grossa folla venuta da tutte le parti assiepava Gesù
per ascoltarlo e cercava di toccarlo per essere guarita dalle sue
infermità" (Lc 6:17-19). Proprio il Vangelo che provocò
Gesù a proclamare le beatitudini dei poveri, degli affamati,
dei derelitti in lacrime. Mi sentivo un po' come un cavallo puro sangue
nell'imminenza della corsa: scalpitavo, insomma, nell'impazienza di
spargere al vento il seme della Parola e a un certo punto, con scherzosa
irriverenza, mi sentii di apostrofare il mio Cristo: "Capo,
se mi dai una mano, oggi ti batto! Già la tua folla doveva
essere stimolante, ma guarda qui che campionario!". . . .
E venne finalmente il Vangelo! Aggredii il leggio, mentre mentalmente
pregavo: "Dai, Gesù, parla tu al posto mio!"
e lui parlò e parlò e poi parlò ancora! Io non
esistevo davvero più, né più esisteva la folla
per me: in un'atmosfera rarefatta e sospesa, perfino io mi sentivo
ribollire il cuore alle 'sue' parole che mi uscivano di bocca. A un
certo punto, madido di sudore e ansante, fui obbligato a fare una
pausa; istintivamente mi venne fatto di guardare l'orologio e, dimenticando
che non ero io, bensì 'il Capo' che aveva parlato, sbottai:
"Ma no! Ma fatemi un segno, ditemi di smettere, no? E' quasi
un'ora che parlo, perbacco!" . E successe una cosa inattesa
e sublime. Si alzò Mathias, il lebbroso, e in tono quasi risentito
- ma con gli occhi lucidi di commozione - mi ordinò: "No,
vai avanti! Lascia che lo Spirito parli, che ne abbiamo bisogno! Non
sai che ci va tutto in sangue e vita?" e tutte le donne si
misero a ululare all'unisono facendo guizzare la lingua tra le labbra
dischiuse, in segno di totale approvazione e di incoraggiamento per
me. "L'avete voluto voi; - scherzai - non lamentatevene poi:
per me, è un invito a nozze!". E 'Lui' riprese a parlare.
Fu un'omelia da non meno di un'ora e mezzo, e la santa Messa finì
all'una passata da un po'. Quando uscii sul piazzale mi assediarono:
"Non devi aver paura d'essere lungo!". "Tu
devi spezzarci il pane, se no dove la troviamo noi la forza per continuare
il cammino?!". "Oggi ci hai saziati, grazie!".
Mi commosse particolarmente una vecchietta poverissima che viveva
nella topaia più indegna del sobborgo: "Padre, mi hai
dato tanta gioia! Ora sono a posto per tutta la settimana".
"Nonna, - mi uscì detto conoscendola da quanti
giorni non mangi?" - "Da tre giorni, padre; ma oggi
sono sazia lo stesso!" e se ne andò sorridendo, più
arzilla che mai, dimenticandosi perfino di chiedermi le mille lire
per il solito chilo di farina di mais. Era tutto vero: le succedeva
spesso di mangiare una o due volte la settimana, al punto che la fame
le aveva rubato tutte le grinze: ora la pelle le aderiva liscia e
lucida sull'ossatura sporgente del viso. Ma era anche vero che quel
giorno non sentiva nemmeno i morsi della fame: era sazia di gioia
e di speranza. Non potei fare a meno di pensare alle nostre assemblee
eucaristiche in Italia, e ai tanti che sbirciano l'orologio se il
prete osa scavalcare il limite di guardia dei dieci minuti di commento
evangelico... Eppure è la stessa Parola. Ovviamente, non è
la stessa fame! Forse sta proprio tutto lì. Non può
afferrare la travolgente esultanza del Vangelo chi si avvicina al
Pane di vita già sazio alla nausea. Meglio la fame nera, che
aver totalmente perduto il senso della fame! Che terribile deve essere
quella sazietà crassa e supina che ammazza il sogno e il desiderio,
e ti deruba perfino della fame!... Si può davvero morire d'
inedia (o di anoressia spirituale) una volta ucciso ogni stimolo.
Non per nulla Lui - che se ne intendeva - proclamò beati gli
affamati. E fu così che quel giorno Gesù volle farsi
battere in fatto di miracoli. Eh sì, perché Lui, dopotutto,
si era limitato a moltiplicare pani e pesci: una bazzecola, se ci
pensate bene, a confronto di un'intera assemblea di fedeli che supplichi
il predicatore di far la predica più lunga ... e lascio ben
giudicare a voi!
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