Vellano

La Svizzera Pesciatina è chiamata anche Valleriana. Tale nome è legato secondo alcuni ad Arriano, antica denomi- nazione di Castelvecchio (da cui Valle Arriana e di qui Valleriana); oppure ad un popolo del nord Europa, gli Ariani, che anticamente viveva lì; oppure ancora alla ricchezza di ruscelli della zona. Comunque sia, Vellano di questa zona è il capoluogo; è il centro più importante dei dieci che passeremo in rassegna.

   Vellano sorge su un poggio alla confluenza dei due rami della Pescia maggiore. Chi lo vede dal basso ha l'immagine di un borgo avvinghiato alla collina in spire sempre più strette, culminanti alla sommità nel luogo dove anticamente sorgeva la rocca. Forma urbana, quindi, classicamente medievale che suggerisce, come quella delle altre terre murate della zona, la disposizione alla difesa.

   La nascita dell'insediamento è almeno millenaria, se non addirittura anteriore, anche se l'ipotesi che il toponimo derivi da una gens Velleia e risalga perciò ad epoca romana è probabilmente infondata, pur se sappiamo che la zona era abitata già allora. La supposizione più verosimile è quella  che collega il nome  all'antico stemma del paese, che raffigurava tre alberi di nocciolo ("corylus avellana" in latino, da cui l'originaria scrittura Avellano, con caduta successiva della "a" iniziale). La prima notizia certa dell'esistenza del paese è del 910 e ci informa dell'esistenza in quell'anno della Pieve di Vellano, allora intitolata ai Santi Giovanni e Martino, e di un insediamento vicinissimo, in una località chiamata Obaca. Un altro documento del 991 indica chiaramente che la Pieve di Vellano riscuoteva decime ed altri proventi; le spettavano con ogni probabilità gli introiti provenienti dalle ville comprese nella sua circoscrizione, che aveva la stessa estensione del comune rurale e della attuale parrocchia. L'infeudazione verrà poi rinnovata più volte, conducendo Vellano sotto il dominio dei nobili di Maona, gli stessi che ebbero giurisdizione feudale su Buggiano, Castiglione ed altri luoghi della Valdinievole.

   Dal punto di vista politico Vellano si schierò una prima volta a fianco dei ghibellini di Pescia, e per questo dovette subire una devastazione, nel 1281, da parte dei guelfi lucchesi. Dominato, poi, come gli altri castelli della zona, da Uguccione della Faggiola e da Castruccio Castracani degli Antelminelli, il paese fece parte della Lega dei castelli della Valdinievole, sottomettendosi ai fiorentini l'8 dicembre del 1339. Pochi anni prima, nel 1333, Giovanni di Boemia lo aveva concesso in feudo alla famiglia Garzoni di Pescia, come compenso degli sforzi che questa aveva sostenuti per conservare al governo lucchese la provincia della Valdinievole. I vellanesi, però, rifiutarono ostinatamente di giurare obbedienza al re, ed i Garzoni non poterono entrare in possesso di quello che ritenevano un loro feudo, salvo che per un brevissimo periodo, nel 1343, alla cacciata del Duca di Atene da Firenze. Per questo tenace rifiuto Vellano venne quindi annoverata fra le terre ribelli nel libro di re Giovanni.

   Durante la guerra fra Pisa e Firenze, Vellano sostenne valorosamente due assalti: il primo nel 1360; il secondo due anni dopo, conclusosi con la rotta delle truppe comandate da Giovanni Garzoni. Con la pace di Pescia del 1364 Vellano fu confermato alla Repubblica Fiorentina, alla quale si era sempre mantenuto fedele, e da quel momento finalmente fu un periodo di pace per il castello, fino a pochi anni prima continuamente martoriato da assalti, e tale periodo coincise con il suo momento di più intenso e fecondo sviluppo. Del 1367 sono infatti gli Statuti redatti da Coluccio Salutati, che era allora cancelliere del Comune, vero monumento di civiltà medievale. Da essi possiamo farci un'idea piuttosto precisa della vita del paese e capire quali ne fossero le attività predominanti.

   Questi Statuti fotografano il lungo periodo di pace della comunità vellanese dopo le vicende tormentate del XIII e XIV secolo e che si trattasse veramente di un lungo lasso di tempo senza pericoli è dimostrato dal fatto che i Fiorentini, a partire dal 1386, cessarono di tenere un loro castellano a guardia della rocca. Nuove, sanguinose discordie si ebbero invece nel XVI secolo, alla morte del duca Alessandro de' Medici (1537), fra le famiglie dei Panciatichi e dei Cancellieri, che si erano asserragliate rispettivamente nella rocca e nel campanile della Pieve, e poi, nel 1554, durante una breve occupazione da parte delle milizie di Pietro Strozzi. Dopo questi avvenimenti la comunità di Vellano, che comprendeva anche i castelli di Sorana, Castelvecchio, Stiappa e Pontito, ebbe una propria autonomia amministrativa, prima nell'ambito del Granducato di Toscana e poi del Regno d'Italia, fino al nostro secolo. L'ultima uscita dello stendardo comunale vellanese è del 1929, anno in cui il comune venne soppresso, divenendo parte integrante di quello pesciatino, per lo stato di grave dissesto delle sue casse, ma anche per l'ostilità del regime fascista nei confronti dell'autonomia amministrativa dei piccoli centri. La decadenza dell'economia rurale condusse poi ad un considerevole spopolamento del paese negli anni fra le due guerre, ed in quello stesso periodo Vellano subì anche la catastrofe di un grave terremoto, nel 1923, e si ebbe un forte flusso migratorio che si rivolse prevalentemente verso l'America, la Francia e la Svizzera. In questo secondo dopoguerra, però, questo processo si è quasi del tutto arrestato, ed un certo esodo residuo si è orientato semmai verso il nord Italia o verso altre aree della Toscana.

   Oggi Vellano conta circa seicento abitanti; è una rinomata stazione climatica, attrezzata per ricevere un buon numero di villeggianti. Comunque in gran parte esso deve la sua fama ai suoi resti monumentali, molti ed importanti, ed al perpetuarsi di varie tradizioni popolari.

   Alla fisionomia del borgo abbiamo già brevemente accennato. Le strade o, come le chiamano i vellanesi, "le rughe", sono ben serrate tra casa e casa; questo per rendere più agevole la difesa che, al caso, ogni edificio era chiamato a svolgere. In carattere con questa impostazione, numerose case-torri sono contenute nel perimetro della cerchia urbana.

   Della rocca, purtroppo, per gli eventi bellici e per lo stato di abbandono in cui è stata lasciata rimangono ormai pochi segni. Quasi completamente distrutta, essa conserva solo la sua solida struttura, in pietra serena sagomata e si può ancora delimitarne l'interno, contenente una volta magazzini per vettovaglie ed armi ed al centro una cisterna. Alcuni avanzi di mura, crollate in più punti, discendono dal fianco nord-ovest del castello, aprendosi nella Porta Bacese, di impianto chiaramente preromanico, volta a ponente. Di una seconda porta, denominata Porta Calda, restano solo alcuni segni su un massiccio bastione a strapiombo sulla valle. Di qui le mura continuano fino alla Porta Borghigiana, ancora ben conservata e dello stesso stile preromanico; nei pressi, il palazzo comunale, che dopo la soppressione è stato ceduto a privati. Nel complesso, nonostante la parziale rovina delle fortificazioni medievali, il paese conserva ancora l'aspetto di molti secoli fa.

   Dentro il perimetro murario c'è la chiesa castellana di San Michele, posta nell'omonima ruga e restaurata nel 1505. A una sola navata, il suo spoglio interno conserva una acquasantiera trecentesca in marmo e pietra serena ed un altar maggiore in pietra, con lo stemma della famiglia Paganini, presumibilmente del primo settecento. Da notare il fatto che anticamente  la Chiesa di San Michele serviva anche da luogo di raccolta degli oggetti smarriti. Adiacente alla Chiesa c'è un fabbricato che un tempo fungeva da monastero, oltre che da Conservatorio per le fanciulle vellanesi. Più in basso, ciò che resta dell'oratorio dedicato a Sant'Antonio, San Carlo e San Rocco.

   L'edificio sacro vellanese di gran lunga più importante è la Pieve, che è anche fra i più antichi di tutta la Valdinievole. Essa sorge fuori dal perimetro delle mura, in una posizione defilata rispetto al paese, al centro di una radura posta ad un livello più basso, ma la cosa non deve sorprendere, perché era necessario che essa avesse una posizione centrale rispetto al territorio amministrato, e acque sorgive vicine, per le esigenze battesimali: siccome però la Pieve si trovava in un luogo non adatto alla difesa, il castello non le sorse accanto, ma più in alto sul colle. Come edificio il suo grande interesse sta anche nella presenza di tracce che fanno pensare all'esistenza, precedente alla chiesa attuale, di un'altra chiesa e forse di un'abbazia benedettina e nella presenza di una cripta, di recente scoperta, ricca di reperti di interesse storico oltre che artistico.

   La chiesa attuale è a tre navate; radicali rifacimenti nel XVII e XIX secolo ne hanno molto alterata la struttura. I muri perimetrali conservano elementi architettonici che inducono a collocare la struttura originaria nel IX secolo. Fra le pitture spicca un affresco di scuola tardogiottesca, posto sulla controfacciata a destra, raffigurante il martirio di San Sisto Papa. La chiesa custodisce numerose altre tele. Le due sculture lignee collocate in fondo alle navate laterali (San Martino e Sant'Ansano) sono di scuola lucchese, eseguite negli ultimi anni del XV secolo.

   La recente scoperta della cripta aggiunge poi un ulteriore motivo d'interesse alla chiesa. Si trova sotto il porticato di accesso alla Pieve e la sua architettura trapezoidale, composta da volte a crociera poggianti su pilastri in pietra sagomata, è interrotta qua e la dalle aperture praticatevi quando fu adibita a deposito di cadaveri. Il campanile della Pieve di Vellano insiste sui resti di un'antica torre. Vari rifacimenti, ultimo quello del 1891, ne hanno alterata la struttura e forse anche l'altezza e ci è sconosciuta anche la data della sua edificazione. I resti della torre sono in tutto simili alla struttura della chiesa.

   Testimonianze di storia e di arte, dunque, ma Vellano non è solo questo. La pietra serena, ad esempio, che è l'elemento principale del paese e di tanti oggetti d'arte, ha a Vellano una secolare tradizione di lavorazione, un'attività una volta tanto fiorente da indurre le autorità ad aprire, intorno agli anni '20, una scuola artigiana con centinaia di allievi. La tradizione artigiana dei corbellai, anch'essa una delle glorie di Vellano, si è estinta qualche anno fa con la morte dell'ultimo produttore di ceste, panieri e gerle, ma vi sono ancora tradizioni popolari sorprendentemente vive e sentite dalla popolazione. Per l'apertura del carnevale (5 gennaio) il paese s'illumina di falò ed è attraversato da una fanfara, detta dei beccamorti, i cui membri indossano un frac nero e delle grandi tube: e la festa dei Befani. Vi sono poi le sagre delle frugiate e del pane casereccio in ottobre e in maggio.

Fonte: Bettino Gerini, Francesco Salvi, La provincia di Pistoia, Etruria Editrice.

 

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