Chi arriva nel centro storico di Adrano, esattamente nei pressi della villa comunale, rimane subito colpito da un'importante valenza architettonica come l'alta chiesa settecentesca di Santa Lucia, tipica del tardo barocco spagnolo, inglobata dall'omonimo immenso monastero.

 Nemmeno si fa in tempo ad ammirarne l'effetto pittorico degli elementi architettonici sulle bianche facciate, che si scorge, sulla parte più alta di quello che era detto il "piano della cuba", l'imponente castello normanno. 

La struttura poggia su un ampio bastione con torri ad angolo costruite fra il XVI il XVII secolo ed è alta in tutto più di 33 metri. E' impossibile non farsi venire in mente quello coevo di Paternò appena scorto lungo la statale che proviene da Misterbianco. 

Entrandovi l'impressione è di rivivere gli ambienti di un antico palazzo nobiliare dimenticando di essere all'interno di quello che fu un castello prima e un carcere dopo. Le modifiche apportate dalle nobili famiglie degli Sclafani, dei Moncada e dei Peralta danno alla torre l'aspetto di un vera e propria dimora trecentesca, con stanze per la servitù comprese. 

Ammirevoli sono le diverse stratificazioni stilistiche: dal gotico arabo-normanno a quello svevo della cappella sita al terzo livello. Il piano terra mostra i classici portaletti archiacuti di stampo arabo-normanno. Semplice ma ammirevole è quello dell'entrata principale con la sottile cornice che segue la pacata curva ogivale piegandosi in prossimità dell'imposta. 

Tutti gli ambienti mostrano una serie di piccole distorsioni planimetriche, in particolare nelle bucature. Al piano terra volte a crociera intersecano volte a botte in soluzioni del tutto particolari, ma non per il loro tempo, mentre le piccole feritoie esterne diventano ampie aperture interne attraverso il passaggio nelle spessissime mura. Il tutto è scandito dall'uso della pietra lavica, caratteristico delle architetture perietnee, sia negli elementi architettonici che all'interno della muratura portante. 

Il castello, adibito a museo, è in attesa di piccoli interventi di restauro che lo renderebbero fruibile nella sua totalità.

Il Politeama di Palermo, con la sua cavea posta sopra i palchi segna l’inizio del lento abbandono del teatro all’italiana con palchi.

Il teatro di Sciacca di Giuseppe e Alberto Samonà, iniziato nel 1976, assolutamente innovativo e bello, è purtroppo una nota stonata nel panorama dei teatri siciliani. Abbandonato quasi subito, dopo aver terminato il capitale a disposizione, il teatro è rimasto sino ad oggi incompleto. Un altro finanziamento è già pronto, ma i lavori continuano ad essere rimandati. Intanto la gente si chiede se per una città tanto piccola come Sciacca, sia veramente utile un teatro tanto grande. E con questo in Sicilia sono 59 i teatri non utilizzati.