Moltissimi dei castelli costruiti dagli svevi in Sicilia, ex novo o su antiche strutture normanne, sono stati trasformati dai re aragonesi in autentici palazzi-fortezza con tutti i confort ai quali i nobili catalani erano abituati.

Un esempio è il Castello di Milazzo, nella sua parte più antica, quella più alta, con la bella “sala del parlamento”, di impianto svevo, e con tutto il suo intorno costituito dai patii e le scale scoperte zigzagate catalane, la “torre saracena”, le mura normanne e i bei portali acuti con gli stemmi romboidali sovrastanti, tipici dell’architettura catalano-aragonese.

Il portale d’ingresso aperto nella seconda cortina di mura fatta costruire da Alfonso D’Aragona, ad esempio, come quello della Chiesa della Trinità a Petralia Sottana o quello di Palazzo Ciampoli a Taormina, è pacatamente ogivale, e la cornice che ne segue la curva si appoggia all’altezza dell’imposta su arranques, ossia su piccoli capitelli pensili di scultura gotica, come quelli di Casa Pia Almoina a Barcellona. In cima, spicca il classico stemma romboidale, rappresentante però i reali di Spagna, Isabella e Fernando, cioè la transizione dalla Corona d’Aragona alla Spagna unificata. Nel portale le forme siciliane della pacata curva ogivale normanna e poi sveva, e quelle catalane degli arranques, si fondono, dando vita a forme architettoniche del tutto nuove.

Il “matacan”, cioè il ballatoio, sovrastante il portale, poggia su archetti a fiamma pensili poggianti, a loro volta, su mensole, in maniera del tutto simile ai parapetti delle scale di Palazzo Corvaja e Casa La Floresta a Taormina, e di altre coeve case siracusane. Elementi arabi, difatti, molto in uso nel gotico civile catalano in Sicilia.

Tristemente trascurato appare oggi il grande patio che accoglie il visitatore frettoloso che si dirige alla “sala del parlamento”, fiore all'occhiello dell'amministrazione milazzese. Anche se le costruzioni quattro-cinquecentesche, poggianti sulle mura normanne, sono state a lungo usate come carcere, è ancora oggi possibile immaginare la vita di corte che si svolgeva attorno al pozzo-cisterna e alle belle scale che portavano al piano nobile.

Questo tipo di patio era già presente nelle costruzioni civili di Catalogna sin dall’età romanica, ma si diffuse, con forme più aggraziate, nel 300 e 400, per tutto il levante spagnolo e per tutte le terre della Corona D’Aragona, come la Sicilia. In esso si svolgeva l’attività della famiglia, vi si giungeva a cavallo o in carrozza, si scaricava il grano e qualsiasi altro genere alimentare, e venivano ricevuti gli ospiti. Al piano terra, quasi sempre con loggiato, vi erano i magazzini e le cucine, al piano superiore il piano nobile, raggiungibile da una scala scoperta, e a volte un ulteriore livello, per la servitù, raggiungibile da scalette interne.

La scala scoperta del grande patio della cittadella milazzese presenta tutte le caratteristiche di questo gotico civile catalano e cioè: le modanature del parapetto, visibili nei quattro conci più alti; le pietre disposte a formare la classica decorazione seghettata in corrispondenza delle alzate e delle pedate dei gradini e l’arcone sul quale poggia l’intera struttura e che dava accesso ai magazzini. Il grande salone del piano nobile, cui si accede dalla scala, ha una finestra centrale, più ampia delle altre, panoramica e con i sedili laterali. Anche questi dello stesso filone stilistico.

Un’altra scala presenta simili caratteristiche, ma è di fattezze trecentesche. Poggia su arco rampante ribassato. Ha la decorazione ascendente a zigzag e fa parte anch’essa di un prezioso patio. Questa scala conduce alla “torre saracena” e alla copertura della sala del parlamento.

La “sala del parlamento” presenta ancora oggi molte caratteristiche dell’architettura sveva: i portali; le finestre e il famigerato camino incastonato nelle spesse mura come nel Castello Maniace a Siracusa e come nel Dongione di Paternò.

Si possono, invece, nutrire dubbi sull’origine della sua copertura. Gli archi a diaframma poggianti su bassi pilastri addossati al muro e dalle semplici modanature non hanno riscontro in edifici svevi in Sicilia, dove prevalgono, invece, volte a crociera dai possenti costoloni o al massimo volte a botte ogivali. E' vero, come dicono alcuni, che tali arcate erano usate nei dormitori e nei granai cistercensi. Ma non solo in quelli italiani, anche in quelli catalani, come nel Monastero di Santes Creus. In più esistono numerosi esempi di questo tipo nello stesso gotico catalano. Si vedano il Salon del Tinell del Palacio Real  a Barcellona e tanti altri edifici del Barrio Gotico nella stessa città catalana.

Secondariamente, non è certo che il piccolo patio fosse già presente in epoca sveva. Il portale che ancora oggi dà accesso al cortile ha un disegno decisamente siculo-svevo, però mostra stratificazioni sospette che potrebbero fare pensare ad una sistemazione posteriore.

Si può ipotizzare, pertanto, che in occasione della riunione parlamentare del 1295 sia stata realizzato il patio e introdotta la scala scoperta che portava al primo solaio della “torre saracena” e alla copertura della “sala del parlamento”. I due edifici, la “torre saracena” e la “sala del parlamento”, venivano così a formare, attraverso costruzioni successive, un patio irregolare, come accadeva in tutto il levante spagnolo. Un’esperienza identica si svolgerà sempre a Taormina, molti anni dopo, con la costruzione del complesso Palazzo Corvaja. Anche lì, ad una torre araba e ad un palazzo trecentesco veniva aggiunta la sala del parlamento, che in seguito avrebbe ospitato la famosa riunione del 1410, dando vita a un patio di fattezze molto simili.

Contemporanei a questi lavori potrebbero essere gli archi a diaframma, non più esistenti, e le finestre aperte senza preoccupazione difensiva, della "torre araba". A dimostrazione di come anche quest'ultima sia stata usata come dimora.

La stessa immagine possiamo farcela nel patio di Castello Ursino a Catania, dove all'estremo ermetismo dell'esterno corrisponde un ampio respiro interno con un ventaglio tipologico di finestre rinascimentali, portali, scale catalane e stemmi nobiliari.

Tra il 1296 e il 1336 il castello catanese è, a più riprese, dimora di Federico III d’Aragona, il quale prediligeva anche Montalbano e Randazzo, e rimarrà residenza dei re aragonesi, nonché sede di importanti riunioni parlamentari, anche in seguito. Nel 1392, anno in cui i catanesi si rivoltano contro gli aragonesi, lo stesso si chiuderà a difendersi dalla città.

Nell’ala ovest, in luogo delle originali tre crociere sveve vi è unica volta poggiante su arconi ogivali a diaframma, simili a quelli di Milazzo, e anche questi risalgono a una modifica trecentesca ad opera probabilmente dello stesso Federico III.

Quattrocentesco è il portale che introduce alla Cappella di San Giorgio, con le sue modanature gotiche e l’arco a tutto sesto alla catalana, la cui cornice più esterna poggia su “arranques”. Quattrocentesca è ancora la scala scoperta del patio, ad unica rampa, con pianerottolo intermedio, il cui parapetto si congiunge esattamente col cornicione marcapiano, con decorazione seghettata e poggiante su un mezzo arcone ribassato, poggiante a sua volta su modanature gotiche. Il tutto è decisamente catalano.

Del tutto atipico è invece il restauro del Castello di Montalbano. Qui Federico III d'Aragona non si preoccupa dell'aspetto difensivo, ma stranamente neanche di quello decorativo. Appena sopra le feritoie sveve realizza una serie di 18 grandi finestre assolutamente prive di ornamento. Cerca di ampliare il patio interno il più possibile, nonostante la roccia, e fa costruire grandi aperture, secondo calcolate geometrie, e una cappella in posizione baricentrica. Tutti elementi che fanno pensare che sul re abbia influito l'austera visione di un grande medico, scrittore e alchimista catalano: Arnau de Vilanova, la cui presenza in Sicilia accanto Federico III è stata ampiamente dimostrata dagli storici siciliani. (1)

(1) N. Terranova e C. Terranova, Studi montalbanesi, Roma - 1983