Il termine "mudejar" è spagnolo e procede dalla parola araba "mudayyan", che significa "ciò che è rimasto".

Nato del xii secolo nella città di Sahagún, in un tratto del cammino di Santiago, ma coniato come termine nell'800, il "mudejar" si può definire come quello stile prettamente occidentale a cui parteciparono, dandone un segno preciso, maestranze arabe. Spesso e volentieri nei soli elementi decorativi più che nel vero e proprio impianto architettonico.

Il fenomeno "mudejar" si avverte nelle manifestazioni socio-economiche, culturali e artistiche, verificatesi nei territori dove erano rimasti gruppi di arabi anche dopo l'avvento del cristianesimo.

Ma oltre alla Spagna, anche altre terre mediterranee hanno attuato questo processo di mescolanza di stili. La Sicilia lo ha fatto anche alcuni anni prima rispetto alla Spagna, sotto la dominazione normanna avviata nel 1070. L’arte "arabo-normanna” siciliana, precorritrice del puro gotico europeo, così detta perché i normanni non imposero la loro architettura ma seppero fonderla, con perfetto sincretismo di elementi architettonici, con quella araba, potremmo definirla una sorta di "mudejar".

Le prime manifestazioni di "romanico mudejar" nel centro della Spagna, caratterizzate da archi in mattoni intrecciati, sono, infatti, paragonabili al primo periodo "arabo normanno" siciliano. L'uso dei mattoni fece si che in Spagna si chiamò anche "romanico del ladrillo".

Chiesa del Salvador a Talavera de la Reina

San Pietro e Paolo a Itala

Il mudejar, a detta di tutti gli studiosi di storia dell’architettura, non fu uno stile unitario, bensì uno stile con caratteristiche peculiari a seconda del territorio e del periodo. In Spagna si ebbe il “mudejar toledano”, “leonés”, “aragonés”, “andaluz” e si ebbe il “romanico mudejar”, il “gotico mudejar”(“gotico isabellino”), il “rinascimentale mudejar” (“plateresco”).

In Portogallo, così come in Sudamerica, si ebbe il “gotico manuelino”, equivalente all’”isabellino” spagnolo e lo stesso, ancor più carico, “plateresco”.

E, infine, in Sicilia, oltre alla citata arte “arabo-normanna”, si ebbe la cosiddetta “arte chiaramontana”, in uso nel XIV secolo fra quelle nobili famiglie siciliane che si opposero, oltre che militarmente, anche stilisticamente alla Corona d’Aragona. Arte, quest’ultima, paragonabile nei suoi risultati finali al “mudejar aragonés”.

L’arrivo dei normanni nel 1070 in Sicilia segnò la cristianizzazione dell’isola anche e soprattutto attraverso la trasformazione delle centinaia di moschee in chiese, così come avvenne nel centro della Spagna nel XII secolo dove alle moschee si aggiungevano absidi dai volumi romanici ma dalle decorazioni islamiche.

Le chiese basiliane della Val Demone con le loro alte arcatelle cieche di mattoni che speso si intrecciano. San Giovanni degli Eremiti, San Cataldo e la Martorana, a Palermo, con le loro cupolette arabe rialzate. Il Duomo e la Chiesa della Magione a Palermo e il Duomo di Monreale con le loro absidi policrome. Il Duomo di Cefalù col suo tetto ligneo dipinto e i chiostri dello stesso Cefalù e Monreale con le loro colonnine tortili o binate. Sono tutti manufatti in cui è evidente la collaborazione fra capimastri che importano lo stile romanico dal nord della Francia e maestranze arabe locali.

San Cataldo a Palermo

Trave lignea del Duomo di Cefalù

Nell’architettura civile, invece, palazzi sorsero, ad opera dei nuovi re normanni, al posto dei palazzi degli Emiri e dei giardini paradiso arabi. La Zisa, a Palermo, con lo svettante portale poggiante su colonne binate e le muqarnas del Salsabil. Il palazzo dei Normanni, sempre a Palermo, coi suoi archi intrecciati. Anche questi sono edifici “romanico mudejar” siciliani.

La Zisa a Palermo

Muqarnas del Salsabil della Zisa

La Cuba a Palermo

Nel trecentesco Palazzo dei Chiaramonte, detto lo "Steri", a Palermo, iniziato da Manfredi I, l'elemento gotico si fonde genialmente a quello arabo-bizantino. Nella sala magna del palazzo palermitano si conserva in modo soddisfacente la splendida decorazione del soffitto.

Tetto dipinto di Palazzo Steri

Così come avviene nel Duomo di Nicosia, dove il bellissimo soffitto ligneo dipinto è coperto da volte costruite nel XIX secolo o nel Duomo di Agrigento dove le bellissime travature lignee dipinte sono state recentemente restaurate.

L'uso di dipingere i soffitti ebbe, d’altronde, larga diffusione in Sicilia così come pure in Spagna, dove i cristiani facevano lavorare i soffitti ai carpinteros moreschi. Esempi li troviamo dappertutto nella penisola iberica: nella sala magna del castello di Peratallada; nel soffitto del chiostro del Monastero di Santo Domingo de Silos o in alcune case di Valencia, ma specialmente nella Cattedrale di Teruel dove si ritrovano gli stessi motivi della sala palermitana, cioè: brani di vangelo; iscrizioni; intrecci di figure umane e animalesche; scene di caccia e di amore; tradizioni leggendarie e leggende bibliche.

I due mudejar: il chiaramontano siciliano e quello aragones si assomigliano, ma più che altro negli interni.

Nelle decorazioni esterne, infatti, quello siciliano è più semplice ed è riferito solo a vani di porte e finestre, si vedano i portali della cappella De Leva a Modica, il balcone della Casa Platamone, a Catania, o la cornice marcapiano del Palazzo dei Duchi di Santo Stefano a Taormina. Quello aragones è più fastoso in un gioco di intagli che comprende le intere facciate. Basti vedere le numerose torri campanarie di base quadrata sparse per tutta l'Aragona.

Portale De Leva a Modica

Portale di Castello Chiaramonte a Mussomeli

Un discorso a parte meritano altre due manifestazioni di architettura in Sicilia. il “gotico mudejar” o “stile isabellino” e il “rinascimentale mudejar” o “plateresco”. Ma questa volta l’ascendenza è direttamente dalla Spagna.