Naso, uno dei più affascinanti comuni dei Nebrodi, fu fondato, secondo le ipotesi più accreditate, da Agatirno, figlio di Eolo. Per questo, un tempo si chiamava Agatirsi e sorgeva, però, in altro luogo, nei pressi dell’attuale Capo D'Orlando.

Intorno al x secolo, in seguito alle incursioni arabe, gli abitanti di Agatirsi e quelli del vicino centro di Naxida, si trasferirono sull'attuale sito, intorno ad un castello, purtroppo non più esistente.

In epoca normanna il centro abitato era costruito sull’ asse che andava dal castello, nel cui posto c’è oggi il Teatro Alfieri, alla cattedrale, attuale Chiesa Madre, ricostruita nel 500. Nei pressi doveva anche sorgere dal 1094 un monastero basiliano (forse l'attuale Chiesa di San Biagio).

Sotto Federico II di Svevia il territorio di Naso si unificava al Vescovato di Lipari e Patti e veniva costruita, di fronte la chiesetta di San Biagio, la chiesa in seguito dedicata a San Cono, in forme cistercensi.

La città, diventata feudo, passò dapprima sotto la guida dei Barresi, in epoca aragonese sotto gli Alagona, per poi passare, nel 1440, a Bartolomeo Aragona, figlio di Vinciguerra.

Acquistata la baronia dai Ventimiglia, nel 1575 Naso verrà elevata a Contea. E sarà proprio in questi secoli, fra XIV e XVI, che la città si svilupperà su un nuovo asse, ortogonale al primitivo normanno, il cui polo terminale sarà l’attuale Chiesa del S.S. Salvatore.

Vengono realizzati ricchi palazzi nobiliari con tipologie a stecca, ma soprattutto a patio. Nuove chiese, come quella di San Pietro dei Latini e quella del S.S. Salvatore, adiacente alle mura di cinta, verranno costruite ex novo, altre, come la chiesa Madre e quella dedicata a San Cono, sorgeranno, invece, su antiche strutture normanne o sveve. In questi secoli vengono anche aggiunti alla graziosa facciata della chiesa di San Biagio, di impianto normanno, un timpano rozzamente modanato ed un vano campanario a vento.

Elementi architettonici, sparsi per la città, come pilastri angolari con modanature rinascimentali, zoccolature, vani di porte e finestre e cornici marcapiano, lasciano trasparire il gusto del rinascimento proveniente tardivamente dalla penisola, ma anche del tardo gotico catalano. Mentre alcuni portali barocchi, come quelli aggiunti più tardi alla facciata tardo quattrocentesca del S.S. Salvatore, o manieristi, come quello di Palazzo Giuffrè o dello stesso convento dei minori osservanti, lasciano trasparire il tentativo, talvolta poco elegante, di maestranze locali di imitare migliori architetture forse catanesi o messinesi, ma di importazione italiana. Rozzi tentativi appaiono nella cripta della chiesa dedicata a San Cono. Lì addirittura le maestranze locali, come spesso accadeva in altri centri minori, si dedicano a decorazioni churrigueresche o rococò, ma con brutti risultati.

E' molto bello, invece, palazzo Giuffrè, sorgente all'incrocio tra l'asse primitivo normanno e quello quattrocentesco aragonese. Il suo patio, anche se più volte rimaneggiato, come il resto del palazzo, è caratterizzato da tutti gli elementi del tardo gotico catalano. L'ampio portale manierista fortemente bugnato, conduce ad un andito che, attraverso un ampio e basso portale catalano, dà sul patio fiorito in cui la scala scoperta, poggiante sull'arco rampante ribassato, conduce al piano nobile.

Come questo, in città esistono altri palazzi nobiliari, quasi tutti ristrutturati secondo lo stile di famose località turistiche del nord. E' tutto un gioco di colori vivaci che risaltano fortemente gli elementi del tardo rinascimento, come portali, finestre e pilastri angolari, dando agli edifici un  particolare effetto pittorico che è ormai elemento caratteristico dell'odierna città di Naso.