A lungo si è dibattuto sulle similitudini costruttive e stilistiche dell'architettura della costiera amalfitana e quella siciliana del secoli XII e XIII.

Un ruolo nel dibattito lo ha avuto Bertaux, il quale, con un appassionato studio diretto sui monumenti di quei secoli, ha dimostrato come l'architettura normanna siciliana abbia influenzato non solo l'architettura campana, ma anche quella del Lazio meridionale e della Calabria giungendo a ritenere Santa Maria del Patir a Rossano e San Giovanni a Stilo costruzioni normanne siciliane e non normanne calabresi, in quanto solo in Sicilia prima della costruzione delle suddette chiese vi erano le condizioni necessarie alla fusione fra le culture bizantine, arabe e normanne. 

Le stesse chiese basiliane messinesi di San Pietro e Paolo a Itala e a Casalvecchio e Santa Maria a Mili San Pietro sono una prova dell'incontro fra la cultura bizantina, araba e normanna poi importata in Calabria. La povertà dei materiali usati all'esterno, tuttavia vivacizzata dall'uso di laterizi e pietra lavica, è decisamente una prerogativa bizantina, così come la perfezione delle forme una prerogativa araba e l'impianto planimetrico normanno.

Sull'unidirezionalità del movimento non si può concordare. E' meglio parlare di scambi culturali ugualmente permeati di arabo e, talvolta, di francese.

Alcuni storici sostengono che gli amalfitani, grazie ai rapporti mercantili che li legavano a tutto il mediterraneo e pertanto anche all'Egitto e all'Africa settentrionale, abbiano appreso gli originali elementi compositivi, come archi intrecciati e colonne binate, direttamente da questi popoli.

D'altronde anche sulla tesi consolidata che siano stati i normanni reduci dalla Sicilia a importare in Francia l'uso sistematico dell'arco acuto e degli ambienti voltati ogivali, molti storici, come Henry Gally Knight, ribattono sostenendo che siano stati invece gli stessi normanni ma reduci dalle crociate, senza considerare più di un secolo di intensa attività costruttiva pre-gotica siciliana.

Duomo di Monreale

Mentre altri studiosi, come il Calandra, hanno riscontrato, invece, in monumenti campani, precedenti alla costruzione del Duomo di Monreale, le stesse soluzioni icnografiche, costruttive e decorative.

Anche secondo Gianluigi Ciotta nell'architettura siculo-campana hanno avuto un ruolo importante gli schemi compositivi cassinesi e le decorazioni campane desunte dal mondo islamico, ridando forza alle vecchie teorie che assegnavano agli amalfitani il merito di aver portato in Campania il tipo di decorazione a tarsie colorate piatte.

Resti di decorazioni tarsiche, infatti, risultano in Campania già fra il 1077 e il 1085 per iniziativa di Roberto il Guiscardo. 

Si ravvisa, inoltre, che le decorazioni tarsiche e ad archi intrecciati usate nel Duomo di Monreale, sono posteriori a quelle campane del Duomo di Salerno (1140) e quindi dovute alle maestranze espatriate in Sicilia con i monaci di Cava dei tirreni, e che le decorazioni tarsiche ad archi intrecciati delle chiese normanne della Val Demone sono differenti da quelle campane perchè fanno parte integrante della muratura e non svincolano dalla struttura come in Campania. Oppure, secondo teorie più affascinanti, ma meno veritiere, che queste ultime decorazioni messinesi siano state aggiunte in seguito durante i lavori di restauro dopo il terremoto del 1169.

Anche nelle absidi del Duomo di Monreale, come nelle chiese della Val Demone gli intarsi campani si trasformano in forme plastiche attraverso l'uso di colonnine aggettanti piuttosto che di agili lesene.

Riguardo agli elementi cilindrici angolari dei campanili di Santa Maria dell'Ammiraglio a Palermo e delle cattedrali di Gaeta, Amalfi e Casertavecchia, quello siciliano, di probabile ascedenza francese (Laon), ha la precedenza cronologica sugli altri, quantunque alcuni studiosi abbiamo ricostruito il campanile di Santa Maria Maggiore ad Amalfi, di alcuni anni precedente a tutti, in maniera molto simile.

Ancora a riguardo dei suddetti campanili si possono notare in Spagna fenomeni simili dovuti ad apporti francesi incontratisi con influenze arabe come accade in Sicilia e in Campania. (cupola della Cattedrale di Zamora, lanterna della Cattedrale di Salamanca, cupola della Collegiata di Santa Maria a Toro, tutti coevi).

Al contrario, ad Amalfi, nei chiostri dei Cappuccini e del Paradiso si riscontra la soluzione decorativa dell'intradosso degli archi a piani degradanti che cadono pensili dall'abaco dei capitelli, precisamente come accade nel chiostro di Monreale, decisamente anteriore, tanto da far concordare alcuni storici sull'influenza siciliana nell'architettura campana e tanto da far coniare a Giovannoni il termine di un comune "stile tirreno".

Possiamo, pertanto, concludere affermando che è cronologicamente provato che alcuni elementi compositivi e decorativi siciliani siano stati desunti dall'architettura campana, ma che poi le stesse maestranze siculo-arabe, perseguitate, dopo la morte di Guglielmo II, dai siculo-latini, espatriando nel salernitano diedero il loro apporto fondamentale all'architettura siculo-campana.