Con l'arrivo in Sicilia nel 1194 di Enrico VI, primo degli Staufen, si ha nell'isola un'importante svolta artistica. Sotto lo stato normanno, l'arte era stata trainata da architetti e da maestranze arabe e l'isola si trovava al centro di una cultura fatimita che vedeva coinvolti moltissimi altri paesi mediterranei. Ebbene, alcune fonti storiche (G. Bellafiore) narrano che i principali artefici di questa produzione artistica, gli arabi, con la dominazione sveva, vennero per la maggior parte allontanati dall'isola. Certo è che il loro apporto artistico, in epoca sveva, si limita a piccoli elementi stilistici.

Con l'avvento al potere di Federico II, ha inizio una straordinaria attività costruttiva soprattutto militare e civile. I castelli di Augusta, Maniace a Siracusa, e Ursino a Catania, sono gli esempi più limpidi di quest'architettura.

Quale sia il motivo per cui non sia da ascrivere all'età di Federico che qualche rara chiesa in Sicilia, è facile da spiegarsi. Il patrimonio ecclesiastico realizzato sotto lo stato normanno era più che sufficente per la popolazione siciliana, probabilmente in decremento sotto l'impero svevo.

La Basilica del Murgo e la chiesa di Santa Maria degli Alemanni a Messina sono probabilmente gli edifici più aderenti al gotico cistercense, unico stile che potrebbe rappresentare l'architettura dell'età sveva. La prima vide all'opera probabilmente le stesse maestranze del Castello Maniace a Siracusa, le similitudini col castello aretuseo sono impressionanti. La seconda fu invece opera di maestranze nordiche incaricate dall'ordine dei templari.

La chiesa messinese, recentemente ben restaurata, rimase ai templari sino al 1485, e nel 1605, secondo il Buonfiglio, era già "mezo rovinata". Il colpo di grazia fu dato col terremoto del 1908. L'impianto è basilicale a tre navate, divise da pilastri polistili con capitelli dai disegni arabo-normanni, che sorreggevano possenti volte a crociere, non più ricostruite. Le tre absidi accusano verso l'esterno, mettendo in mostra il recente intervento di anastilosi.

In effetti è difficile dare per buona l'ipotesi che Federico II potesse essere il diretto artefice dei progetti dei molti castelli o delle pochissime chiese sparse per tutta la Sicilia. E' verosimile invece che i "protomagister", da lui incaricati, si servissero di diverse maestranze, quasi tutte non indigene, probabilmente la maggior parte dell'ordine cistercense, il più accettato dallo stesso imperatore.

Possenti volte a crociere, con costoloni di semplice sezione rettangolare, poggianti su altrettanto possenti colonne o su pilastri polistili, capitelli angolari pensili a forma di piramide rovescia e goccia terminale, capitelli con foglie uncinate e portali pacatamente ogivali con forte strombatura sono certamente segnali inequivocabili di questo stile.

E', invece, plausibile che planivolumetricamente, come sostenuto dal Bellafiore, l'impianto dei castelli si rifacesse alle precedenti esperienze arabo-normanne, o che comunque fosse tratto dall'area fatimita, ed è altrettanto plausibile che i cosiddetti "solacia", le riserve di caccia di Federico, altro non erano che ameni edifici costruiti sull'orma dei giardini paradiso arabi.

Del tutto atipica è, invece, la Torre di Federico a Enna, dalla conosciutissima pianta ottagonale, ma dai particolari decorativi decisamente troppo aggraziati. Mi riferisco in particolare alle modanature di sezione curva che si ripetono zigzagando sia sulla finestra che sulle scale. Elementi, questi, molto usati nel gotico civile catalano, leggermente più tardo. Pertanto, prova della straordinaria presenza di scultori arabi anche in quest'opera, come nella Chiesa degli Alemanni a Messina.

Pianta di Castello Ursino

 

 

 

Torre di Federico a Enna

 

 

 

 

Volte a crociera del Castello di Augusta