La Sicilia, grazie alla sua posizione geografica, al centro di interessi militari e commerciali, è stata nell'arco dei secoli luogo dove diverse culture, dalla greca, all’araba, alla francese, alla spagnola, si sono incontrate dando vita a grandissime espressioni in campo artistico, spesso anche a sperimentazioni del tutto innovative per il tempo.

Così è avvenuto anche nel campo del teatro.

Durante la colonizzazione greca, in Sicilia per ogni polis si costruiva un teatro.

 Molti di questi venivano, in seguito, trasformati dai romani (Teatro greco-romano di Taormina), altrettanti, dagli stessi venivano costruiti ex novo (Odeon di Taormina e Teatro di Catania)

Dopo la pausa medievale, in cui rappresentazioni teatrali si svolgevano per lo più nelle corti dei signori locali o all’aperto, i grandi architetti e trattatisti del rinascimento cominciano a studiarne forme nuove (Teatro di Vicenza di Palladio), continuando, però, ad utilizzare la cavea greco-romana.

Da queste esperienze e, probabilmente, dall’esperienza dei corrales spagnoli, veri e propri teatri all’interno di patii rettangolari di case o alberghi, o dei teatri elisabettiani, simili ai corrales, ma a forma di arena, nasce nella metà del XVII secolo il teatro all’italiana, con platea a ferro di cavallo, palchi, scena, ambienti accessori e ludici. Alla sobrietà dell’esterno, quasi sempre neo-classico, si opponeva l’eccesso decorativo degli interni, quasi a voler ricalcare la differenza fra la realtà esterna e la finzione all’interno del teatro. Il primo di questo genere in Sicilia, per quel che è dato sapere, è il Santa Cecilia di Palermo.

Ma gli eventi teatrali in Sicilia si continuavano a svolgere nei più disparati luoghi, dai magazzini, alle piazze, ai castelli, alle chiese, alle dimore private. Nel 1551, a Messina, venivano svolte rappresentazioni teatrali, nella casa di Paolo La Rocca. Giuseppe La Farina né descrive gli ambienti: “… la sala era in guisa di bello teatro formata, da un capo della quale era collocata la scena […] davanti alla scena erano poste le segie alle donne, ed agli uomini siccome, secondo venivano, erano per ordine agiatamente accomodati…”

Spesso il teatro si trovava nei punti nevralgici della città. Nella piazza principale accanto al municipio, a volte incorporato nello stesso, oppure accanto alla Chiesa principale Luogo di culto, ma anche di semplice incontro, il teatro diventa un obiettivo prioritario per quasi tutte le amministrazioni. Nel 1868 si contano in Sicilia più di 80 teatri, che raggiungono circa i 150 agli inizi del 900.

Malgrado il sacrificio della sala, per dar spazio ad altri ambienti, il teatro Vittorio Emanuele di Messina, a quel tempo era il quinto in Italia per capienza.

Sulla fine dell’800 si ha una nuova specializzazione nel teatro delle grandi città siciliane. Ecco perché a Palermo sorgono il Teatro Massimo, teatro esclusivamente lirico, e il Politeama Garibaldi, teatro polivalente. Ambedue raggiungono il massimo della monumentalità su scala urbana.

Il Politeama di Palermo, con la sua cavea posta sopra i palchi segna l’inizio del lento abbandono del teatro all’italiana con palchi.

Il teatro di Sciacca di Giuseppe e Alberto Samonà, iniziato nel 1976, assolutamente innovativo e bello, è purtroppo una nota stonata nel panorama dei teatri siciliani. Abbandonato quasi subito, dopo aver terminato il capitale a disposizione, il teatro è rimasto sino ad oggi incompleto. Un altro finanziamento è già pronto, ma i lavori continuano ad essere rimandati. Intanto la gente si chiede se per una città tanto piccola come Sciacca, sia veramente utile un teatro tanto grande. E con questo in Sicilia sono 59 i teatri non utilizzati.