I DOGON |
I Dogon sono
annoverati fra le popolazioni africane di maggiore interesse etnologico. Sono
circa 200.000, situati sulla Falaise (scarpata) di Bandiagara, e nelle pianure
circostanti del Gondo e del Seno; vivono di agricoltura, coltivando miglio,
sorgo, cipolle. Alcuni pensano che provengano dalla regione del Nilo; altri parlano di una migrazione effettuata da parte del popolo Mossi, (tuttora situato a sud, nel Burkina Faso) a seguito di lotte tribali. Parlare dei Dogon è impresa dura, non parlarne è impossibile. Dapprima colpisce l’armonica architettura in perfetta sintonia con l’ambiente, specialmente nell’aspra e spettacolare Falaise, una formazione rocciosa ad alto contenuto ferroso, che forma una specie di faglia sulla superficie terrestre e si presenta come un colossale gradino sul limitare di un altopiano; essa si sviluppa per 150 km con un'altezza di circa 600 m. Ma quando ci si è ormai assuefatti all'impatto scenografico dell'ambiente e dei villaggi, quello che inizia a sorprendere è la percezione del cosmo Dogon, umile e grandioso, unitario ed onnipresente. Tutti i particolari -fino al più piccolo- delle case e delle capanne, le decorazioni e le forme degli oggetti più comuni, hanno un valore simbolico profondo e connesso con le credenze religiose dei Dogon. Nulla è casuale e (questa è una opinione mia) nulla è razionale, ma tutto rientra in una logica tanto ferrea quanto istintiva. E’ questo patrimonio culturale vissuto tanto spontaneamente quanto continuamente, che rende tale gente tanto interessante ed affascinante per il viaggiatore, e argomento di studi vastissimi per gli etnologi. I Dogon furono resi noti al mondo occidentale dall’opera di Marcel Griaule, che visse a lungo fra loro, e interrogando gli anziani riuscì a trascrivere la spettacolare cosmogonia, che tutto spiega e tutto contiene della vita e del mondo Dogon. |
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I DOGON
NON ERANO I PRIMI |
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BREVE SINTESI
DELLA COSMOGONIA DOGON Amma (il dio supremo egizio si chiamava Amon...) è l’unico dio dei Dogon, che ha creato sole, luna, stelle e infine la terra. Per il sole e la luna Amma usò palle d'argilla avvolte in spirali (in 8 volute) d'oro e d'argento. Amma si congiunse alla terra testè creata, ma l'unione fu resa imperfetta dalla presenza della clitoride (residuo di mascolinità nella femmina). Da questa unione nacque un figlio altrettanto imperfetto, lo sciacallo, simbolo del disordine, che successivamente si accoppiò incestuosamente con la madre, determinando l'insorgere delle mestruazioni. Da questa catena di eventi incestuosi e peccaminosi i Dogon fanno discendere la pratica purificatrice della circoncisione, sia maschile che femminile, che tende ad eliminare la presenza di elementi (anche se ridotti a livello pressoché simbolico) del sesso opposto. Per ristabilire l'armonia Amma generò quindi, senza peccato, i due gemelli Nommo, androgini, che sono contraddistinti dalla virtù dell’Ordine. Dai gemelli (bisessuati, e quindi fuori del pericolo di generazioni impure) nacquero gli otto antenati primordiali, che popolarono la terra ed impartirono, attraverso la Parola, gli insegnamenti fondamentali, come tessitura, metallurgia, agricoltura, ecc. |
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LA PAROLA I Dogon pensano che la Parola sia fatta di vapore acqueo, e quindi in ciò manifestano la centralità dell’acqua per il loro mondo agricolo. Ma l’importanza spirituale della Parola si concretizza nel Toguna’, la Casa della Parola, dove si riunisce il consiglio del villaggio, formato da otto anziani (8 come gli antenati). L’edificio consiste di una spessa tettoia di canne, sorretta da pilastri scolpiti con scene di vita quotidiana; il numero di tali pilastri varia a seconda della dedicazione dell'edificio. Se il Toguna' è dedicato agli antenati, i pilastri sono otto (sempre come gli antenati). Se invece esso è dedicato alla fertilità i pilastri sono sette poiché questo è il numero della famiglia: 3 per l’uomo (testicoli+pene) e 4 per la donna (piccole e grandi labbra). I pilastri riportano sempre rappresentazioni cosmogoniche, e spesso vi sono rappresentate coppie con i sessi ben evidenziati, a testimoniare l'importanza della fertilità e della procreazione. E dopo tanto sesso, un particolare neutro e rilassante: lo spazio al di sotto del grande Toguna’ è basso cosicché, qualora qualcuno si scaldi nella discussione e scatti con veemenza, una bella capocciata lo richiama all’Ordine (con buona pace dei Nommo). Una rappresentazione importante e ricorrente nelle decorazioni Dogon è il segno dello zig-zag, che richiama il movimento perpetuo della spirale ed il serpente. Quest'ultimo va a rappresentare a sua volta un antenato, che morì per disegno divino e fu sepolto nel campo primordiale: qui venne fondato il primo villaggio ed egli si trasformò nel serpente Lebe'. Una figura di spicco è l’Hogon, capo spirituale vivente; egli rappresenta l’ottavo antenato, divulgatore della Parola. Egli vive da solo, ma tutte le notti il serpente Lebe' gli fa visita, e gli trasmette i suoi insegnamenti leccandolo (e dunque depositando saliva-acqua-Parola). Per non eliminare le tracce della parola l'Hogon, può essere toccato solo dalla moglie, e non può lavarsi più di una volta l'anno. La sua casa è detta Guinna; l’edificio, con la facciata traforata da nicchie contenenti feticci e teschi di animali sacrificati, ricorda la trama dei tessuti, i campi coltivati, la coperta bianca e nera che avvolge i defunti: in pratica riassume la Parola e dunque tutta la religione Dogon. |
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LE
DANZE Le danze Dogon sono l’occasione di vedere vivere tutta la loro mitologia; i danzatori portano pesanti maschere lignee, ispirate alle varie fasi della cosmogonia, ed anche a personaggi del mondo quotidiano. Le maschere sono il tramite per cui il mondo dei morti e degli antenati può entrare in contatto con quello dei vivi. Nelle cerimonie dunque nelle piazze dei villaggi si inscena la rappresentazione del creato, ed in essa si muovono le maschere, tra le quali spiccano quelle Guinna e Kanaga’, le più importanti. In generale le maschere Dogon sono di legno e costituite da una volto stilizzato e assai geometrizzato; esso viene applicato al capo del danzatore ed è tenuto fisso da una corda o fibre ritorte. Due fori in corrispondenza degli occhi del volto astratto permettono al danzatore di vedere. Sopra tale semplice viso si trova la parte caratterizzante vera e propria, che assume forme diverse a seconda delle finalità della maschera stessa. Nei casi più semplici si tratta di corna che vanno a rappresentare una gazzella fino alle rappresentazioni più complesse, con un'intera figura umana. La maschera Guinna rappresenta la Casa a più piani, e cioè l'abitazione dell'Hogon. La parte caratterizzante è una lunghissima e flessibile tavola traforata, lunga anche 5 metri. La traforatura rappresenta le nicchie della casa, che a loro volta rappresentano il campo primordiale, i campi ripartiti in quadrati, la già menzionata coperta dei morti, i discendenti degli 8 antenati che fondarono gli 8 villaggi principali e diedero luogo agli 8 dialetti presentemente in uso. La maschera Kanaga' ha come elemento caratterizzante una croce di lorena, ed è forse la più importante perché rappresenta i tre elementi naturali, cielo, acqua e terra). Il movimento rituale di questa maschera prevede che il danzatore esegua un movimento di torsione del busto mentre contemporaneamente egli va con le braccia verso il suolo: così facendo l'asta verticale della croce tocca il terreno, sollevandone uno schizzo di polvere. E' questo l'attimo della danza in cui si rappresenta l'atto della creazione. Accanto alle maschere principali e cosmogoniche si annoverano poi maschere legate alla vita quotidiana, anche negli apsetti più curiosi, e dunque ecco le maschere dei briganti, del dottore bianco, di animali, di etnie confinanti (p.e. la donna Peul). |
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ALCUNE
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE La settimana Dogon non dura sette ma cinque giorni, la casa ha corpo e braccia, i villaggi sono disposti come uomini sdraiati, e l’elenco delle particolarità di questo popolo potrebbe continuare a lungo, ben oltre i limiti di questa breve scheda. Tutto il tesoro delle credenze e delle tradizioni Dogon è ancora lì, addossato alla Falaise, grazie all’isolamento secolare che ha protetto questo popolo, preservandolo dai grandi eventi che gli scorrevano attorno. I Dogon infatti resistettero ai margini dei grandi percorsi e dei grandi interessi, impermeabili ad Islam e cristianesimo, a imperi e colonie. I Dogon rappresentano, da un punto di vista etnologico, l'esempio vivente di una popolazione "primitiva" alle prese con i primi straordinari passi del pensiero filosofico. Nei Dogon si possono ravvisare i fondamenti dell'atteggiamento del pensiero che si pone il problema delle origini del Mondo e del Sè, e che su tali origini cerca e fornisce chiarimenti. Nella loro complessa elaborazione si può verificare quanto siano profondi e ricchi di conseguenze i risultati cui perviene il pensiero fondamentale, anche da parte di popolazioni che si trovano nelle fasi arcaiche del loro sviluppo. Ma soprattutto -per etnologi e non- i Dogon sono uomini che hanno dato una causa, una storia ed uno scopo alla loro presenza nel mondo, e ad essi restano fedeli, e forse lo resteranno qualunque cosa accada. Forse solo noi -disorientati abitanti di un futuro d'angoscia- possiamo capire l'importanza di tutto questo. Così il tumulto della storia ci consegna un popolo quasi intatto; ed anche ora che scuole e religioni estranee iniziano ad introdurre cambiamenti nella cultura tribale, esistono dei villaggi sperduti e quasi irrangiungibili dove il Dio d’Acqua racconta agli uomini l’eterna favola Dogon. |