IL NIGER E LE SUE GENTI


 
IL NIGER
In lingua locale il Niger si chiama Joliba, "il grande fiume".
Furono i viaggiatori ed i mercanti magrehebini di lingua berbera a chiamare Gher-N-Igheanem (il fiume dei fiumi), poi storpiato in Niger, l’immensa via d’acqua alla quale essi arrivavano dopo aver attraversato il deserto.
Il Niger era noto ai greci ed ai romani, ma ci vollero circa 2000 anni, fino al XIX secolo, perché fossero conosciute le sue sorgenti ed il suo sbocco al mare. Infatti il fiume rimase per molto tempo un mistero geografico, al punto che si discuteva persino se scorresse da oriente ad occidente o viceversa. Furono le esplorazioni di Mungo Park, Gordon Laing (che arrivò a Timbuktu, ma non tornò a raccontarlo), Rene' Caillie' (il primo europeo ad entrare a Timbuktu, ed uscine vivo...), Heinrich Barth ad accertarne il corso, che inizia sul versante est dei Monti Loma (tra Guinea e Sierra leone) per concludersi nel suo delta in pieno Golfo di Guinea, nell'attuale Nigeria.
Il Niger, che attraversa il Mali con 1700 Km dei suoi 4200 complessivi , è il vero polmone e l’anima di questo Paese, avendo sempre ricoperto una importanza fondamentale per gli avvenimenti dell’Africa Occidentale. Porto sul deserto, ha rappresentato l’unica via commerciale del Sahel, attraverso la quale l’Islam potè penetrare in un mondo assolutamente animista, diffuso da mercanti e viaggiatori. Ancora oggi il Niger è la più importante via di collegamento e di approvvigionamento delle importanti città del Mali: Bamako, Segou, Djennè, Mopti, Timbuktu. Tutti i centri urbani principali del Mali sono disseminati lungo il corso del Niger e dei suoi affluenti, e anche quando distano diversi Km dal fiume, hanno di solito un piccolo villaggio satellite che funge da porto e da scalo merci. La più caratteristica delle città portuali sul Niger è Mopti, costruita su tre isolotti collegati da ponti, fatto questo che inesorabilmente le ha appiccicato l’ignobile appellativo di "Venezia dell’Africa Occidentale".
Originariamente villaggio di pescatori Bozo, Mopti cominciò - a metà del secolo scorso - a svilupparsi per il volere di Hamadou (figlio del capo religioso El Hadji-Oumar, protagonista della storia del Mali che oppose anche tenace resistenza alla colonizzazione francese), che desiderava un luogo di pace dove potessero incontrarsi le diverse popolazioni del suo regno. "Mopti", in lingua Peul significa infatti "riunione", ed è esattamente l’impressione che oggi fa Mopti. Rilevata la supremazia di Djenne nel periodo medioevale, Mopti ne ha ripreso anche la particolare architettura degli insediamenti Bozo, popolo di pescatori, che ha sviluppato in modo stupendo anche l’arte della fabbricazione e della muratura. La moschea riprende la forma di quella grandiosa di Djenne’, con quei tre minareti simbolo di grandezza e di potere economico, che sono in totale contraddizione con le altre costruzioni sacre islamiche dell’area saheliana, più fedeli al precetto coranico della sobrietà dei luoghi di culto.
L’architettura Bozo attualmente conosciuta si sviluppò pienamente nel secolo scorso, quando il governo del Macina tentò di sedentarizzare i popoli nomadi: lentamente gli insediamenti divennero fissi ed il "banco", materiale di origine maghrebina, sostituì progressivamente le capanne di paglia, facilmente smontabili e quindi adatte ad una vita nomade.
La tradizione Bozo in campo edilizio affonda le radici nella storia del paese, dai tempi in cui per l’edificazione delle grandi città ai crocevia commerciali venivano assoldati come muratori gli abitanti autoctoni, assoggettati o schiavi delle classi dominanti.
Così Djenne’ (che nel Medioevo africano rivaleggiava con Tombouctou per prestigio), venne costruita da manovalanza indigena ed animista che eseguiva le istruzioni architettoniche date dai "padroni" (istruzioni comprendenti, ovviamente, elementi di architettura e di gusto islamici) finendone così inevitabilmente influenzata. Tra questa manovalanza si distinsero per perizia alcune famiglie di Bozo, che con il tempo diedero origine a generazioni di muratori, detti "Bari" , apprezzati in tutta la regione. Di conseguenza, tutta la zona del Macina, compresa fra le città di Segou e Mopti, è caratterizzata da quella architettura Bozo che viene definita "Djenneiana".
La struttura di tali villaggi presenta stradine delineate da muri di "banco" che racchiudono le "CARRES". Così vengono chiamati i nuclei abitativi di più famiglie imparentate, dove i singoli alloggi si affacciano in un cortile interno nel quale spesso si svolge tutta la vita sociale degli inquilini.
Il porto di Mopti, come gli altri sul Niger, è perennemente immerso negli effluvi di pesce secco accatastato e venduto in un mercato quotidiano e stradaiolo da donne dai vestiti ed ornamenti sgargianti; per quanto fetente, questa è la linfa vitale della città, ed è un’importantissima voce per l’economia disastrata dell’intero paese: il pesce secco è infatti l’unica merce d’esportazione del Mali verso i mercati di tutta l’Africa guineana.
Il pescato viene disposto nel lato opposto a quello dove vengono scaricate lastre di sale arrivate dalle saline sahariane, pronte per essere inoltrate verso i villaggi lungo il Niger. Da un lato vengono ammucchiati frutti, in un altro ancora tutto ciò che deve essere caricato o scaricato, venduto o acquistato o scambiato: tutto si trova in una apparente confusione. Le merci viaggiano a bordo di grandi imbarcazioni da carico, le lunghe e snelle pinasse, sospinte lentamente da piccoli motori fuoribordo.
Lasciata la "grande" Mopti, lungo le rive del Niger si susseguono villaggi Bozo, ognuno con una sua storia ed origine, strettamente collegata con quella delle famiglie che vi abitano.

I BOZO
I BOZO ( termine di origine bambara), sono la principale etnia di pescatori presente nel delta interno del Niger, una depressione compresa tra le città di Ke Macina e Niafunke’, che viene alluvionata dalle piene del fiume durante la stagione delle piogge.
L’essere pescatori li getta in una condizione di scarsa considerazione e di inferiorità rispetto alle popolazioni dedite al altri tipi di attività, come la pastorizia o l’agricoltura. Una donna Bozo, benché bella e feconda, può essere pagata con una dote irrisoria rispetto a quella corrisposta per una donna Peul; ciò solo per il fatto di essere una Bozo e quindi appartenente ad una razza scarsamente considerata. Razza alla quale però tutti riconoscono lo status di primi abitanti della regione, con il rispetto ed i diritti che ciò comporta. Ai Bozo viene infatti riconosciuta la "Maitrise (=autorità, sapienza) della terra e dell’acqua", una condizione che ha spiegazioni magico-religiose che li pone in una situazione paradossale di "supremazia" sui loro detrattori.
Alcuni ricercatori, raccogliendo testimonianze orali di vecchi pescatori, riferiscono che la memoria storica dei Bozo riporta ricordi di antenati che, sopraggiunti dal Mandè, si insediarono nelle piane del Macina prima dell’inizio delle alluvioni.
"I miei antenati arrivarono dal Mandè, erano cacciatori e per proteggersi dalle belve scavarono buchi e vissero sotto terra. Poi, quando lentamente cominciarono le piene del Niger essi furono costretti a costruirsi capanne di paglia per potersi spostare facilmente. Un giorno uno di essi vedendo lentamente salire l’acqua del fiume, vi immerse una "calabasse"(=recipente ricavato in una zucca) e catturò il primo pesce."
I Bozo raccontano ancora che "Durante una piena del fiume, una tortora, passando in volo, lasciò cadere alcuni grani di riso. Essi finirono nell’acqua bassa e dopo poco tempo germogliarono."
Così la tradizione popolare spiega l’evoluzione del modus vivendi dei Bozo attraverso i secoli, dalla caccia alla pesca e all’integrazione di quest’ultima con l’agricoltura (risicoltura inondata).

Probabilmente in origine i Bozo erano effettivamente cacciatori, ed evolvettero poi le loro tecniche ed attrezzature di pari passo alla mutazione geografica del loro habitat ed al nuovo tipo di preda che si presentava. Ancor’oggi è possibile vedere che certi arpioni usati per la pesca ai grossi pesci hanno le punte con forme caratteristiche delle armi da caccia, ed in effetti vengono usati per entrambe, come quando cacciano l’ ippopotamo.
L’ introduzione dell’agricoltura fu probabilmente dovuta all’arrivo dei popoli agricoltori che influenzarono le genti che già abitavano la regione.
La "Maitrise" della terra e dell’acqua, prende quindi origine da questa condizione eccezionale: essere stati i primi uomini a "spuntare" dalla terra e ad aver "inventato" la pesca. La conseguenza è che solo i Bozo hanno la possibilità di rivolgersi ed ingraziarsi i geni protettori, conoscendo essi soli i sistemi per farlo.
Per questo motivo anche le classi più importanti -come i mercanti o i pastori- anche islamizzati, si rivolgono a manovalanze Bozo quando devono costruire delle case o delle barche, o devono realizzare qualcosa che abbia a che fare con terra ed acqua. Da qui trae origine, probabilmente, l’impiego di muratori Bozo per la costruzione delle case in banco, da parte dei Marka di Djenne’ e la conseguente diffusione di questo stile architettonico.
I Bozo introducono degli "amuleti" nei muri delle case, dipingono le prue o le poppe delle pinasse con decorazioni magiche necessarie per placare i geni dell’acqua.
Le imbarcazioni vengono costruite con accorgimenti particolari, contenendo così simboli magici e cosmogonici. La poppa e la prua, assomiglianti a rostri, vengono costruite a parte, utilizzando il legno di un albero sacro e fissate successivamente allo scafo. Quest’ultimo viene spesso costituito da due metà assemblate successivamente, così che la pinassa presenta una "cucitura" mediana di corde, effettuata trasversalmente rispetto all’asse della barca. I nodi delle corde legate orizzontalmente sono considerati simboli femminili, quelli delle corde oblique sono simboli maschili.
Una caratteristica assai evidente delle donne Bozo sono gli spettacolari ed enormi orecchini "Kuottenay Kanye", a forma di mezzaluna. Gli orafi Bozo sono abilissimi, anche con attrezzature di fortuna: partono da barrette di metallo di sezione quadrata, che trattano fino ad ottenere una sezione a stellare; poi assottigliano sempre più ciascuno dei quattro fogli, ottenendo orecchini di grandi dimensioni, ma leggeri.
I Bozo sono considerati e si considerano "cugini" dei Dogon: infatti le loro tradizioni orali hanno in comune la provenienza dal Mandè, le primitive abitazioni ipogee (in buchi sotterranei o in caverne), la presenza dei Geni dell’acqua, creatori delle "Cose della vita" .