Sabato 7 gennaio 2006 scompare Mario Balestreri



Sabato 7 gennaio si è spento l'ospedale di Cremona l'artista incisore Mario Balestreri.



Dall' Annuario degli Artisti dell'ADAFA ( scheda a cura di Valdimiro Elvieri)

Era nato a S. Giovanni in Croce (CR) il 25 marzo 1918 e abitava a Cremona in via Volturno, 65.
Laureato in Lettere, fu per molti anni insegnante di scuola media superiore, per la quale ha curato con A. Gianni e A. Pasquali una Antologia che ha avuto una larga diffusione. Pur non possedendo titoli di studi artistici, si appassionò ai modi dell'arte sino a stampare i suoi lavori in proprio sul torchietto calcografico cedutogli da Argentieri, che egli frequentava nei primi anni del dopoguerra.
Da allora, ha sempre continuato a lavorare privilegiando la grafica e, più precisamente, l'incisione. Per molti anni, i suoi rapporti con il pubblico si sono per lo più limitati all'invio sporadico di qualche foglio a collettive locali o esterne: dai Premi Suzzara e dalle Biennali di grafica di Reggio Emilia, alla rassegna di Langhirano e a quella del 900 della Camera del Lavoro di Cremona; dalla I Biennale degli artisti cremonesi nel '90, sino alla “I Mostra Mini opere (dei soci)” presso I'ADAFA nel 1992; si ricordano anche: una prima piccola personale di incisioni alla Galleria “Botti” nel '76; un'altra di disegni intitolata “Personaggi” alla libreria “Il Tarlo”, sempre a Cremona, nel '79, 'prove' sottoposte più che altro al parere degli amici.


Nel 1983 è Mino Maccari che lo esorta a uscire da questa posizione di 'semiclandestino' e gli scrive la presentazionc per una personale alla Galleria “Barsotti” di Viareggio. In coppia con Maccari espone ancora tre anni dopo nella stessa galleria. Altre personali dello stesso periodo sono allestite: alla Galleria “Sagittario”, Piacenza '83; al Festival provinciale dell'unità, Cremona '84; allo Spazio “Botti”, Cremona nel 1984, '86, '89. Nel marzo 1990 la mostra di acquerelli “Pretesti”, in coppia con E. Naponi; nel maggio dello stesso anno un'ampia antologica, presentata da Marco Tanzi, di quarant'anni di attività incisoria, nelle sale dell'ADAFA, a palazzo Trecchi; nel maggio '92, sempre a Cremona, una piccola mostra di stampe ed acquerelli alla libreria “Il Tarlo”, intitolata “Prove d'autore”, in coppia con I. Coccorese. Nel 1999 partecipa alla mostra “Itinerari grafici” ad Este (PD) e, nello stesso anno, viene selezionato con tre incisioni alla IV Biennale della piccola grafica di Leslcovac (Jugoslavia), trasferita al Museo Nazionale di Belgrado nel marzo 2000.
Dal 1999 al 2003 è presente, sia come componente del Comitato scientifico che come artista, alle rassegne internazionali dell'incisione di piccolo formato 'L'Arte e il Torchio”, organizzate dall'ADAFA. Nel 2000 l'artista dona alla città di Cremona la sua opera incisoria comprendente 103 fogli realizzati con varie tecniche (puntasecca, acquaforte, monotipo), che viene presentata al pubblico in una mostra curata da V. Elvieri, presso il Museo civico “Ala Ponzone', accompagnata da un catalogo con testi di G. Valagussa, R. Rozzi e dello stesso autore. Nel 2003 partecipa alle rassegne: “Collezione ex-libris” del Museo di Grafica di Brunico, e “Opere grafiche” del Museo d'Arte Contemporanea “Dino Formaggio” di Teolo alla Galleria d'Arte Contemporanea di Abano Terme.
Pubblicazioni
A. Gianni, M. Balestreri, A. Pasquali, Antologia della letteratura italiana. Per i Licei e gli Istituti magistrali, con introduzioni sugli aspetti della società e delle lettere, G. D'Anna, Messina-Firenze, I ediz. 1961.
Bibliografia
Donazione Mario Balestreri. L'opera incisa, a cura di V. Elvieri. Testi di R. Rozzi, G. Valagussa, M. Balestreri, Museo civico “Ala Ponzone”, Cremona 2000; Repertorio degli incisori italiani, III, Bagnacavallo 2001; Il Museo di Arte contemporanea “Dino Formaggio” di Teolo (PD), a cura di Sergio Giorato, III edizione, Provincia di Padova e Comune di Teolo, Padova 2003.

"Disegnare, incidere, stampare: sono stati gli oggetti della mia passione"


di Mario Balestreri


Lungo la strada, ho conosciuto lo stimolo di qualche gradita testimonianza di consenso e di apprezzamento da parte di alcuni autorevoli "addetti ai lavori" (Alfredo Puerari - con l'acquisto di una stampa per il Museo Civico; Elda Fezzi, Mino Maccari, Fello Barsotti, Marco Tanzi, Vanni Scheiwiller...). Un giudizio critico complessivo di merito non è ovviamente problema di mia competenza.

Per quanto dipende da me, consapevolmente mi pare di non potere dire altro se non che "ci ho trovato gusto" e che penso di essere riuscito più d'una volta a trasmettere il mio divertimento, il mio piacere, agli altri, al "pubblico". È quello con il pubblico, un rapporto certamente desiderato; mai però sono andato a cercarlo ad ogni costo (Maccari del resto aveva messo in rilievo la mia "semiclandestinità").

Disegnare, incidere, stampare: questi sono stati gli oggetti della mia passione e della connessa ambizione; queste le mie armi contro le noie del vivere quotidiano. In definitiva, un privilegio aristocratico e una autentica ricchezza. Qualcosa di mio forse sono anche riuscito a dirlo; ma anche se i risultati non possono essere considerati clamorosi, già l'interesse connesso al fare, al ricercare, allo sperimentare, ha costituito per me uno stimolo vitale decente, dignitoso, una sufficiente ragione di sopravvivenza; infine un antidoto valido alle offese del tempo.
Quel grande saggio che era Maccari, se detestava l'esibizionismo, mi ricordava tuttavia che "le arti figurative sono fatte per essere viste", e - di conseguenza - mi esortava ad "espormi". Con la Mostra del 1990 ho tenuto conto a suo tempo di quella esortazione: ora mi pare giunto il momento di fare un atto rispondente allo stesso spirito, mettendo a disposizione degli interessati una congrua documentazione del mio lavoro, costituita appunto dal materiale della donazione al Museo di Cremona.
Tale dunque è la motivazione che mi induce a destinare queste stampe a una istituzione pubblica idonea, per sua natura, a conservarle e a farle conoscere.
In coscienza, non credo di peccare di presunzione reputando personalmente che il mio atto possa costituire un contributo - modesto quanto si voglia - all'arricchimento culturale della nostra città, a un affinamento della sua sensibilità.

Balestriade

di Giovanni Valagussa

Scrivo queste righe con un vago senso di disagio, sapendo che non gli piaceranno: anzi, che verranno giudicate come un'indebita chiacchiera. E mi aspetto un rimprovero secco, con lo sguardo che mette soggezione, affilato da anni di insegnamento.



L'ho conosciuto circa un anno fa, sfogliando piano le stampe selezionate da Marco Tanzi per una mostra antologica all'A.D.A.F.A. Ammetto che ignoravo del tutto chi fosse il signore austero seduto di fronte a me, in una stanza bassa, piena di altre stampe e disegni alle pareti, con una scura stufa di ceramica da un lato. Mi stupiva con un modo di parlare breve, lineare, preciso: nel quale si permetteva di infilare pochi termini scurrili, scelti con cura, con la nonchalanche che hanno spesso gli aristocratici. Una concessione (che ne so: gaddianamente letteraria?) a una specie di slang di bassa pianura agricola, e certo una concessione alla modernità, col dovuto distacco.
Mi ricordava mio nonno, quello di Firenze, coi baffi (ecco, qui, quando ci rivedremo, sono certo dell'insulto: altro che nonno). Magro, alto, di quell'eleganza che oggi non esiste più, col cappello, il nonno mi raccontava di quando era antifascista per spirito di bastian contrario: sorrideva sottile e sarcastico delle adunate dei dipendenti della banca dove andavano tutti tranne lui in camicia nera.
Ma ... che c'entra? Già, sarà la Toscana: mentre sfogliavo piano le stampe il signore elegante mi raccontava con un filo di garbata ironia delle vacanze ai Ronchi, la Versilia degli anni importanti, il Poveromo, luoghi di villeggiature mitiche: Longhi, Carrà, gli altri e adesso il suo mentore Maccari. Una sorta di levatrice artistica Maccari, un po' ritardataria: “si esponga, caro Balestreri, tocca a lei, si esponga!”.
Anche Maccari così sardonico e preciso, senza pietà: solo il perdono, qualche volta, per i più disgraziati, ma nessuna pietà.
I racconti brevi dei suoi ricordi avevano per me le illustrazioni delle foto in bianco/nero con pochi ombrelloni, rarissimi, davanti agli stabilimenti balneari lindi del dopoguerra e i miei genitori che si conoscono bambini giocando sulla spiaggia del Forte (dei Marmi, ovvio).
‘Certo che oggi è un po’ più deprimente’ ‘davvero, dappertutto’’ quello è stato un periodo importante per l’Italia: pensa alla letteratura, al cinema’ ‘già il cinema, che cinema allora: Roma, Cinecittà, Visconti, Gassmann, Alain Delon di Rocco e i suoi fratelli’.

Sfogliando piano quelle stampe affrontavo una specie di racconto storico dagli anni cinquanta ad oggi: pezzetti di storia scheggiati, isolati, seccati al sole della Versilia quando tira il Libeccio e inchiodati lì in mezzo ai grandi fogli bianchi. Una specie di storia prosciugata, essenziale. Sì, è fin troppo facile dire che l’essenzialità è la musa di quelle incisioni: una musa severa come il suo interprete, una musa che gocciola ispirazione a poco a poco. Come di un’essenza (gli piacerà il nesso etimologico? Essenza - essenziale; mah, speriamo) pochissima basta a diffondere il profumo più intenso, così quei segni, pochi, essenziali, aspri bastano a evocare un paesaggio, una cosa, una prospettiva.
‘Cosa ne pensi ?’ ‘Belli, molto belli (che cretino, non riesco a dire altro, possibile? È imbarazzante) mi piacciono molto; mi sembrano anche piuttosto slegati dalla realtà cremonese, almeno da come la conosco (questa rischia di essere una gaffe, gli sto dando di quello fuori dal mondo)’ ‘io ho sempre lavorato per me, non pensavo neppure di esporre queste cose, finchè non me lo ha detto Maccari, mi ha quasi costretto. Sai, ho un sacco di materiale lì nei cassetti e insomma si deve pur dargli una destinazione, alla mia età’.
Sfoglio piano la stampa di una conchiglia, graffiata e livida da assomigliare a De Pisis (chissà se apprezzerebbe il paragone); un ritratto di Signori, il pittore, di profilo, ossuto come un insetto e con la pelle ondulata che sembra una vecchia pergamena: è incredibile come renda bene l’aria da selvatico spaventato che quell’essere stralunato ha di fronte agli estranei.
‘L’ho conosciuto - sai - Signori’ ‘davvero? Ma se non vuole vedere nessuno’ ‘mi ci ha portato un amico, qui di Cremona; sono andato nel suo studio, è fantastico, sembra un guscio pieno di reliquie e relitti’, ‘ormai è veramente molto strano, vive isolato, solo con la moglie’, ‘chi erano i migliori qui a Cremona?’, ‘Biazzi prima, un grande ritrattista, poi Botti, irregolare e pezzente ma pittore straordinario’ ‘già, veramente bravo con quei colori profondi, grondanti; e i disegni’ ‘facevamo delle mostre alla libreria II tarlo, erano uno dei segnali di vitalità, anche con Tanzi’, ‘cosa ne pensi di oggi?’ ‘Tutto si è spento, dimenticato.
Auguri Mario, oggi entri al museo e che il dio degli artisti veri te la mandi buona.

( I testi sono tratti da "L'opera incisa", Donazione Mario Balestreri, Museo Civico Ala Ponzone Cremona, aprile 2000) - Le incisioni di Mario Balestreri riprodotte in questa pagina appartengono a collezione privata.



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di Lun, 9 gen 2006