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ROMA E CARTAGINE

Alleate e rivali

 

Cartagine aveva creato un impero che si estendeva dalle coste dell'Africa, alla Spagna, alla Sicilia, alla Sardegna, alle Baleari. I sudditi di Cartagine non avevano alcun legame significativo con la città punica. Dovevano pagare dei tributi e sottostare ai limiti commerciali loro imposti dagli interessi cartaginesi.

Roma aveva creato in Italia una federazione di città, il cui unico obbligo era quello di fornire militari per la difesa comune. Nessun tributo veniva versato a Roma. La federazione si estendeva nella penisola dalla linea Rimini-Pisa fino a Reggio.

I soldati cartaginesi erano mercenari, i soldati di Roma e d'Italia erano contadini e artigiani.

In Sicilia si trovarono a confronto in una guerra che nessuno aveva voluto e che durò 24 anni.

I Romani persero 700 navi, i Cartaginesi 500. Decine di migliaia furono i caduti da ambo le parti.

L'economia del Mediterraneo occidentale venne gravemente danneggiata.

La guerra si concluse con una pace che fu la premessa di una ulteriore guerra.

 

Località: Sicilia

Epoca: 264-241 a.C.

 

Cartagine

Cartagine (in fenicio Kart-hadasht ossia Città Nuova, in greco Karchedon, in latino Carthago), venne fondata nel IX secolo a.C. da coloni di Tiro (in arabo Sur, in latino Tyrus), antica città della Fenicia (attuale Libano).

Cartagine era situata nei pressi dell'odierna Tunisi.

Nel 573 Tiro venne conquistata dai Babilonesi, nel 538 dai Persiani e nel 332 da Alessandro Magno.

Alla decadenza di Tiro corrispose la crescita della potenza di Cartagine.

Sicilia

Nel VI secolo i Cartaginesi assunsero la protezione delle città fenicie della Sicilia Occidentale: Mozia (odierna S. Pantaleo nei pressi dell'attuale Marsala), Panormo (odierna Palermo) e Solunto (in greco Solus, alle pendici del monte Catalfano). Venne avviata una politica aggressiva nei confronti dei Greci della Sicilia.

Sardegna e Baleari

Nel VI secolo i Cartaginesi presero il controllo delle città fenicie della Sardegna (Caralis - Cagliari, Sulcis, Tharros e Olbia) e iniziarono la conquista dei territori dei Sardi. Cartagine importava dalla Sardegna grano, argento e rame.

Massalia (odierna Marsiglia) venne fondata dai Focei intorno al 600 a.C. alla foce del Rodano.

Nel 563 a.C. i Greci emigrati da Focea, città dell'Asia Minore, fondarono Alalia (odierna Aleria), alla foce del fiume Tavignano, in Corsica. Nel 546 Focea venne conquistata e saccheggiata dai Persiani. Altri profughi greci raggiunsero Alalia.

Le greche Massalia e Alalia avrebbero praticamente controllato il commercio con la Gallia, con grave danno ad est della vicina Etruria e ad ovest delle città fenicie della penisola iberica.

I Focesi avevano anche fondato due colonie in Spagna: Mainake (ad est dell'odierna Mulage) e Hemeroscopium (Dianium) per favorire il commercio con Tartesso.

Allora i Cartaginesi si allearono con gli Etruschi e nel 540 le due flotte riunite sconfissero i Greci nelle acque di Alalia.

I Focei furono costretti ad abbandonare Alalia. Si recarono nell'Italia meridionale e fondarono Elea (in latino Velia).

Gli Etruschi presero il controllo della Corsica e i Cartaginesi quello della Sardegna e di Ebusus (Ibiza).

Spagna

Nel VI secolo i Cartaginesi intervennero a protezione delle città fenicie della Spagna meridionale, in particolare a favore di Gades (odierna Cadice) e iniziarono a sottomettere le popolazioni iberiche. A Gades arrivavano le navi con lo stagno, il piombo e l'ambra dei paesi del Nord.

La Spagna era ricca di miniere d'argento. Il re di Tartesso, città della Spagna meridionale e concorrente di Gades, aveva avviato rapporti amichevoli con i Greci. Dopo la battaglia di Alalia Tartesso, Mainake ed Hemeroscopium vennero controllate dai punici.

Nord-Africa

Tra il VI ed il V secolo a.C. i Cartaginesi conquistarono le città del Nord-Africa. Inutilmente Libici, Numidi e Berberi tentarono di opporsi all'invasore.

Attraverso la via carovaniera del Sudan arrivavano oro e schiavi. Sulla costa marocchina veniva prodotta la porpora. Pare che i Cartaginesi inviassero delle navi anche verso il Senegal e il Gabon.

Nella seconda metà del VI secolo a.C. lo spartano Dioreo, figlio del re Anassandrida, fondò una città greca alle foci del fiume Kinyps (Ouad Caam) in Cirenaica. I Cartaginesi lo costrinsero ad abbandonare l'impresa. Dioreo morirà difendendo la Sicilia.

Guerre tra Greci di Sicilia e Cartaginesi

I Cartaginesi si posero come obiettivo la conquista dell'intera Sicilia, di cui controllavano inizialmente solo l'estremità occidentale, dove i Fenici avevano stabilito dei centri commerciali. Più volte furono vicini a raggiungere il loro obiettivo.

Gelone, tiranno di Gela e poi di Siracusa, nel 480 a.C. sconfisse i Cartaginesi, che avevano assediato il suocero Terone, tiranno di Imera, e che minacciavano di dilagare in tutta l'isola. Pare che l'offensiva punica fosse stata coordinata con i Persiani che stavano invadendo la Grecia. Infatti nello stesso 480 si svolse la battaglia di Salamina, terminata con la vittoria degli ateniesi sulla flotta persiano-fenicia.

Dionigi I, tiranno di Siracusa, vissuto dal 430 al 367 a.C., passò gran parte della sua vita a combattere i Cartaginesi. Più volte questi furono sul punto di conquistare Siracusa, ma Dionigi seppe riunire Siculi e Greci. Le forze congiunte degli alleati riuscirono a respingere gli attacchi dei Cartaginesi, che vennero di nuovo confinati nella parte occidentale dell'isola. Nel 374 un accordo stabilì il confine al fiume Alico (in latino Halycus, odierno Platani).

Timoleonte, generale corinzio, divenne tiranno di Siracusa. Nel 341 o 339 a.C. sconfisse i Cartaginesi nella battaglia del Crimiso e li costrinse a ritirarsi al di là dell'Alico.

Agatocle (361-289 a.C.), tiranno di Siracusa, nel 310 per liberare la Sicilia decise di portare la guerra in Africa, la stessa idea che seguirà Scipione, il vincitore di Zama. Ma Agatocle non avrà fortuna e nel 307 dovrà restituire le città liberate.

Il primo trattato tra Cartagine e Roma

Nel V secolo venne fatto il primo trattato tra Roma e Cartagine. Roma si era liberata da poco dall'egemonia etrusca e non controllava che poche città del Lazio. Cartagine era una grande potenza che dominava il Mediterraneo occidentale.

Il trattato non poteva che essere fortemente a favore dei Cartaginesi.

Alle navi romane venne interdetta la navigazione al di là di Capo Bello (in greco kalos, in latino Prumunturium Apollinis, odierno Capo Farina, in arabo Ras Sidi Ali el-Mekki), in prossimità di Cartagine. Secondo Polibio i Cartaginesi non volevano che i Romani raggiungessero le fertili zone della Bissatide (dal golfo di Hammamet al golfo di Gabes) e della Piccola Sirte.

"Né i Romani, né i loro alleati navighino oltre il promontorio detto Kalos" (Polibio, III, 22)

Ovviamente i cartaginesi potevano andare ovunque.

I commerci romani in Africa e in Sardegna potevano essere effettuati solo con la partecipazione di un funzionario cartaginese.

"I trattati commerciali non abbiano valore giuridico se non siano stati conclusi alla presenza di un banditore o di uno scrivano. Delle merci vendute alla presenza di questi, il venditore abbia il prezzo garantito dallo stato, se il commercio è stato concluso nell'Africa settentrionale o in Sardegna" (Polibio, III, 22)

I Romani potevano effettuare commerci in Sicilia.

"Qualora un Romano venga nella parte di Sicilia in possesso dei Cartaginesi, goda di parità di diritti con gli altri" (Polibio, III, 22)

Roma ottenne la conferma del suo predominio sul Lazio:

- Cartagine non doveva attaccare le città latine controllate da Roma.

"I Cartaginesi non facciano alcun torto alle popolazioni di Ardea, di Anzio, di Laurento, di Circeo, di Terracina, né ad alcuna altra città dei Latini soggetta a Roma" (Polibio, III, 22)

- I Cartaginesi dovevano cedere a Roma il controllo delle città eventualmente conquistate nel Lazio.

"I Cartaginesi si astengano pure dal toccare le città dei Latini non soggetti ai Romani, ma qualora si impadroniscano di alcuna fra esse, la restituiscano intatta ai Romani" (Polibio, III, 22)

 

Il secondo trattato

Nel 348 il trattato venne rivisto. Roma si era confermata la potenza predominante nel Lazio, ma i Celti l'avevano recentemente devastata. Le condizioni del trattato furono ancora peggiori per i Romani.

I limiti alla navigazione romana furono accresciuti, ponendo come limite le zone controllate dai Cartaginesi nella Spagna meridionale: Mastia e Tartesso. In pratica ai Romani fu chiuso lo stretto di Gibilterra.

"Oltre il promontorio di Kalos, Mastia, Tarseio, i Romani non esercitino la pirateria, né il commercio, né fondino città" (Polibio, III, 24)

I commerci romani in Africa e in Sardegna vennero proibiti.

"In Sardegna e in Libia nessun Romano commerci né fondi città" (Polibio, III, 24)

Ai Cartaginesi fu concesso di saccheggiare le città latine non controllate dai Romani.

"Qualora i Cartaginesi si impadroniscano di una città del Lazio, non soggetta ai Romani, tengano le ricchezze e gli uomini, ma restituiscano la città" (Polibio, III, 24)

Il trattato del 348 venne rinnovato nel 306.

Pirro e l'alleanza di Roma e Cartagine

Nel 280 Pirro, chiamato dai Greci di Taranto, attaccò i Romani. Pirro vinse ad Eraclea, in Lucania, presso il fiume Siri, contro il console Valerio Levino. Nella primavera del 279 Pirro vinse sulle rive dell'Aufidus, odierno Ofanto, nei pressi di Ausculum di Apulia (odierna Ascoli Satriano) contro i consoli Publio Sulpicio e Publio Decio Mure. Le due vittorie furono ottenute a caro prezzo e Pirro decise di ritirarsi a Taranto.

I Greci di Sicilia invitarono Pirro a liberarli dalla minaccia cartaginese. Pirro accettò.

Tra il 279 e il 278 Romani e Cartaginesi fecero un nuovo trattato per tenere conto del duplice attacco di Pirro. Alle clausole tradizionali venne aggiunto quanto segue:

"Qualora l'uno o l'altro dei due stati faccia con Pirro un trattato scritto, si riservi di venire in aiuto all'altro nel suo territorio, se esso venga aggredito" (Polibio, III, 25)

"Qualora uno dei due abbia bisogno di aiuto, i Cartaginesi forniscano le navi per il trasporto all'andata e al ritorno, ma ciascuno paghi il soldo alle sue truppe" (Polibio, III, 25)

"I Cartaginesi in caso di necessità forniscano aiuti ai Romani anche per mare, ma nessuno costringa gli equipaggi a sbarcare contro la loro volontà" (Polibio, III, 25)

Roma non aveva una marina militare e Cartagine non aveva un forte esercito. L'alleanza consentiva di ovviare alle deficienze militari di entrambi.

In realtà il trattato non ebbe applicazione. Le due città riuscirono a far fronte all'aggressore ognuna per proprio conto.

Nel 278 Pirro attaccò la Sicilia cartaginese. Ridusse il controllo dei Cartaginesi al solo Lilibeo, ma i suoi comportamenti dispotici provocarono una rivolta dei Greci di Sicilia. Pirro dovette abbandonare il sogno di conquistare Cartagine e dovette lasciare la Sicilia. I Cartaginesi ripresero il controllo del terreno perduto.

Nel 275 Pirro tornò nell'Italia meridionale e rivolse per la seconda volta le armi contro Roma. Il console Curio Dentato lo sconfisse a Maleventum (275), la città che dopo la vittoria venne chiamata Beneventum. Pirro ritornò a Taranto e poco dopo abbandonò definitivamente l'Italia.

I Mamertini a Messina

Intorno al 284, i Mamertini, mercenari campani che avevano combattuto agli ordini di Agatocle, tiranno di Siracusa, decisero di combattere in proprio. Conquistarono la città di Messina e la zona nord-orientale della Sicilia. I Greci di Messina vennero barbaramente trucidati.

Il comportamento dei Mamertini non era insolito. Altri mercenari avevano occupato città dell'Italia meridionale. Anche Reggio era caduta nelle mani di mercenari osci, ma a Reggio arrivarono le truppe romane che provvidero a crocifiggere i rivoltosi.

Nel 270 Gerone, il tiranno di Siracusa che dal 275 aveva preso il potere nella città, decise di intraprendere la liberazione di Messina dai Mamertini. Nel 269 sconfisse i Mamertini, ma i Cartaginesi impedirono a Gerone di entrare in Messina.

Nel 265 i Mamertini vennero nuovamente minacciati dai Siracusani e ritenendo di non potersi difendere da soli chiesero aiuto sia a Roma che a Cartagine.

I Romani furono a lungo incerti se dare o meno il loro sostegno, in quanto dopo gli analoghi fatti di Reggio, avrebbero dovuto schierarsi contro i Mamertini. Tuttavia prevalse il timore che i Cartaginesi, una volta installati a Messina, potessero farne una base per la conquista dell'Italia. I Mamertini furono dichiarati federati e nel 265 i comizi centuriati approvarono l'invio di un corpo di spedizione guidato dal console Appio Claudio Caudice. Venne anche predisposta una flotta con le navi di Napoli, Taranto, Velia e Locri.

I Romani a Messina

Nella primavera del 264 l'avanguardia romana, guidata dal tribuno militare Gaio Claudio, giunse a Reggio. Ebbe la sgradita sorpresa di trovare i Cartaginesi già installati a Messina.

Venne tentato uno sbarco. L'ammiraglio cartaginese Annone intercettò le navi romane e le rimandò a Reggio.

Gaio Claudio ritentò lo sbarco. Eluse il controllo dei Cartaginesi ed entrò in città. Annone diede l'ordine alle sue truppe di evacuare la città. Annone, tornato a Cartagine, pagò con la morte sulla croce la mancata difesa di Messina.

La prima guerra punica aveva avuto inizio. Né Roma, né Cartagine l'avevano voluta.

L'assedio di Messina

Cartagine inviò una flotta agli ordini di un altro ammiraglio di nome Annone, figlio di Annibale. Venne sbarcato un esercito e fu posto l'assedio alla città dal lato nord.

Il siracusano Gerone intervenne con il suo esercito greco contro i Romani e pose l'assedio dal lato sud.

L'arrivo di Appio Claudio con il resto delle legioni consentì ai Romani di sconfiggere i due assedianti.

Siracusa e Roma alleate

Nel 263 i Romani inviarono in Sicilia altre forze armate agli ordini di due consoli. Marco Valerio Massimo ottenne grandi vittorie ed il titolo di Messalla, ossia il Messanese (Messana era il nome di Messina).

Gerone concluse la pace con Roma e divenne un fedele alleato. Greci e Romani si unirono per liberare la Sicilia dai Cartaginesi.

La marima militare romana

Roma non aveva una marina militare. Venne fatto un sforzo enorme per allestire delle navi da guerra copiando una nave cartaginese che si era arenata.

Nel 260 i Romani riuscirono a varare la loro prima flotta: 120 navi ognuna con 270 rematori, 30 uomini di equipaggio e 120 legionari.

Il primo scontro con la flotta cartaginese si ebbe a Milazzo. Il console Gaio Duilio vinse. Oltre la metà del naviglio cartaginese venne affondato o catturato. Il predominio marittimo di Cartagine non esisteva più.

Dopo 16 anni di guerra

La guerra si svolse con alterne vicende e vani tentativi di pace per 16 anni.

Nel 249 Roma aveva perduto quattro flotte, di cui tre con esercito a bordo. Un quarto esercito era stato annientato in Libia. Confrontando il censimento del 252 con quello del 247 si ha una diminuzione della popolazione di 40.000 persone, ossia della sesta parte della popolazione. Gli alleati di Roma avevano perduto decine di migliaia di persone in mare, era infatti alle città alleate che competeva di rifornire di uomini la marina.

Il commercio era bloccato. Non si potevano imporre nuove tasse e nuovi sacrifici. L'economia era crollata.

Non esistevano più risorse da investire nella guerra. La flotta venne sciolta. La guerra in Sicilia si ridusse al controllo delle fortezze cartaginesi.

Tuttavia Roma non si arrese.

La battaglia delle Egadi

Nel ventitresimo anno di guerra un gruppo di cittadini, di fronte all'inazione del governo, decise di allestire una flotta con proprie risorse. In caso di vittoria sarebbero stati rimborsati dalla repubblica romana. Vennero costruite 200 navi e vennero arruolati 60.000 marinai. Comandante della flotta fu nominato il console Gaio Lutazio Catulo.

Il 10 marzo 241 la flotta si scontrò con i Cartaginesi presso l'isola di Egusa, odierna Favignana, nella famosa battaglia delle Egadi.

Vennero catturate 70 navi cartaginesi ed altre 50 furono affondate. Vennero uccisi 14.000 punici, altri 10.000 vennero fatti prigionieri.

I Cartaginesi crocifissero Annone, l'ammiraglio sconfitto, ma ormai avevano perso la guerra. Anche le casse di Cartagine erano vuote. Un tentativo di farsi fare un prestito dal re dell'Egitto per continuare la guerra fallì.

La pace

Dopo 24 anni venne fatta la pace. I Cartaginesi abbandonarono la Sicilia. Cartagine ed i suoi federati mantennero l'indipendenza e i loro territori.

Il trattato concluso dal console Gaio Lutazio Catulo non venne tuttavia ratificato subito dai Romani. Le condizioni parvero troppo miti. Alla fine venne raggiunto un compromesso innalzando il pagamento delle spese di guerra a 3.200 talenti euboici (il talento euboico era pari a 24.000 sesterzi), da pagare un terzo subito ed il resto in 10 rate annuali.

Il trattato di pace definitivo venne approvato nell'estate del 241.

 

Riferimenti bibliografici:

***

Antichità classica

Garzanti

Antonelli G.

Storia di Roma antica

Newton Compton

Cerchiai C. - Mainardis F. - Manodori A. - Matera V - Zaccaria C.

Storia di Roma antica

Newton Compton

Clemente G.

Guida alla storia romana

Mondadori

Crawford M. H.

Roma nell'età repubblicana

Il Mulino

Finley M. I.

Storia della Sicilia antica

Laterza

Frediani A.

Le grandi battaglie di Roma antica

Newton Compton

Huss W.

Cartagine

Il Mulino

Mommsen T.

Storia di Roma antica

Sansoni

Moscati S.

Italia punica

Rusconi

Piganiol A.

Le conquiste dei Romani

EST

Polibio

Storie

Mondadori

Scullard H. H.

Storia del mondo romano

Rizzoli

 

 
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