NO, ALLA PROPOSTA DI COSTRUZIONE DI NUOVE AUTOSTRADE, ONDE EVITARE L’AGGRAVARSI DI UNA GIA’ PRECARIA SITUAZIONE D’INQUINAMENTO ATMOSFERICO, PER RAGIONI DI CARATTERE GENERALE E TERRITORIALE

CONSIDERAZIONI DI CARATTERE ATMOSFERICO GENERALE

Da un recente studio (giugno 2000) condotto dal Centro Europeo Ambiente e Salute dell’OMS e dall’Agenzia Nazionale Protezione Ambientale (ANPAS), avente per oggetto la ricerca sull’inquinamento atmosferico e il suo impatto sulla salute umana, su un campione di otto maggiori città italiane (Torino, Genova, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo) per un totale di circa 8,5 milioni di persone, sono emersi dati a dir poco allarmanti, di seguito riportiamo una breve sintesi dello studio.

Come indicatore per la stima dell’impatto sulla salute dell’inquinamento atmosferico è stata utilizzata la concentrazione media durante l’anno 1999 del PM10.

I PM10 sono le particelle solide aereodisperse di diametro inferiore a 10um (dieci millionesimi di millimetro) che riescono a superare la laringe nel sistema respiratorio umano e penetrano in profondità nell’albero respiratorio. Numerosi studi epidermiologici ne hanno dimostrato la pericolosità.

Lo studio ha preso in considerazione la mortalità a lungo termine, l’incidenza di nuovi casi di bronchite acuta e di attacchi d’asma e ricoveri ospedalieri, attribuiti a concentrazioni in eccesso di valori prescelti di riferimento: di conseguenza i risultati costituiscono una stima per difetto dell’impatto sanitario dell’inquinamento atmosferico. Eppure i dati sono allarmanti.

Durante il 1998 nelle 8 città campione, nei giorni in cui il PM10 superava i 30 microgrammi per metrocubo, si sono avuti i seguenti esiti sanitari:

N° casi attribuiti al PM10 % sul totale

Uno studio recentemente condotto in Austria, Francia e Svizzera ha rilevato che il numero di casi annui di bronchite nei bambini, attribuiti all’inquinamento atmosferico, sono ben 543.300, di cui oltre il 55% dovuti allo smog generato dal traffico veicolare.

Tra i soggetti più esposti e maggiormente sensibili ci sono proprio i bambini e gli adolescenti o comunque i soggetti con età inferiore a 18 anni. Oltre ai problemi respiratori evidenziato nello studio OMS-ANPA, già in passato diversi studi hanno messo in evidenza l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute della popolazione infantile.

Uno studio denominato "Sidria" (Studi Italiani sui Disturbi Respiratori nell’infanzia e Ambiente) coordinato dall’osservatorio epidermiologico della regione Lazio e pubblicato nel 1998, ha preso in considerazione un campione casuale di bambini (6-7 anni) e di adolescenti (13-14 anni), per un totale di più di 39 mila soggetti, in 10 centri del nord-centro Italia (Torino, Milano, Roma, Cremona, Trento, Firenze, Prato, Empoli, Siena, Viterbo). I risultati dello studio indicano un aumento del 40% del rischio per malattie respiratorie nella prima infanzia in bambini che risiedono in strade con transito giornaliero di camion frequente e del 30% per problemi respiratori correnti. L’associazione più forte risulta quella tra traffico pesante e infezioni delle basse vie respiratorie: bronchite ricorrente, bronchiolite, polmonite.

Inoltre secondo l’Istituto Superiore della Sanità, il rischio di contrarre leucemie per i bambini che vivono in aree trafficate (>5.000 veicoli al giorno) è del 270% in più rispetto ai bambini residenti in zone poco trafficate (<500 veicoli al giorno).

I massimi livelli di tali inquinanti si riscontrano generalmente nella stagione invernale in concomitanza di periodi di siccità. La pioggia abbatte tali particelle facendole ricadere al suolo. E’ curioso osservare come pochi, si siano posti il problema di dove finiscono queste polveri quando sono abbattute al suolo dalle piogge… La risposta è ovvia: finiscono nelle acque reflue stradali, e conseguentemente nei corsi d’acqua e nelle falde.

Il limite imposto dalla legislazione attuale è di 40 microgrammi per metro cubo. La futura normativa europea prevede per il 1° gennaio 2010 un valore limite massimo di 20 mic. per metro cubo. Inoltre in numerose città europee e statunitensi viene posta particolare attenzione ai PM2,5 e PM1, in quanto più piccole sono le particelle, più a fondo penetrano nel tessuto polmonare, fino agli alveoli respiratori. A tale frazione sono adesi gli IPA (Idrocarburi policiclici aromatici) principalmente benzo(a)pirene e benzo(a)antracene, emessi dagli scarichi dei veicoli, sostanze cancerogene per l’uomo.

Non dobbiamo dimenticare come molti altri inquinanti vengono emessi dal traffico stradale: SO2 (biossido di zolfo), NO, NO2 (ossido e biossido d’azoto), queste sostanze combinandosi con l’acqua atmosferica (H2O) danno origine rispettivamente al acido solforico ed acido nitrico, principali responsabili delle cosiddette piogge acide.

Il benzene, cancerogeno per l’uomo, il piombo, l’O3 (ozono) inquinante fotochimico secondario che si sviluppa principalmente nei mesi estivi assieme al perossiacetilnitrato, della reazione degli ossidi di azoto con gli idrocarburi in presenza di intensa radiazione solare.

A fronte di quanto sopra viene da sorridere quando pensiamo che le limitazioni del traffico nelle città e ora anche nei centri abitati minori (anche in periodi infrasettimanali), vengono imposte quando i valori superano del 50% il limite imposto attualmente dalla legge (40 ug/m3) e quello della futura Normativa Europea (dal 01/01/2010) 20 ug/m3.

E’ evidente come il blocco del traffico quando vengono superati i valori limite, sia da solo un provvedimento doveroso, ma del tutto inefficiente a risolvere il problema.

Il traffico autoveicolare in Emilia Romagna rappresenta già la principale fonte di inquinamento atmosferico, ed è il fattore principale di pressione che in condizioni meteorologiche sfavorevoli causa l’instaurarsi di episodi acuti di inquinamento atmosferico (fonte Regione E. Romagna: assess. Ambiente).

Riteniamo sia necessaria e doverosa una cosciente assunzione di responsabilità da parte delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali volta prima di tutto alla tutela della salute dei propri cittadini mediante azioni di medio/lungo periodo tese alla riduzione delle fonti di inquinamento.

Nel caso particolare della proposta di costruzione di un nuovo tratto autostradale (TIBRE), a nostro avviso sarebbe opportuno investire dette risorse finanziarie in potenziamenti della rete ferroviaria e fluviale. A maggior ragione se il territorio in questione è già pesantemente condizionato da fattori di inquinamento atmosferico.

CONSIDERAZIONI DI CARATTERE SPECIFICO TERRITORIALE

E’ risaputo che il territorio locale presenta caratteristiche assai peculiari, determinate dalla conformazione geografica della Pianura Padana, che rende assai difficoltoso il ricambio delle masse d’aria. Tale condizioni, difficilmente riscontrabili con tali caratteristiche in altre regioni italiane o Stati europei, determinano frequenti giornate di nebbia nel periodo invernale e di afa in quello estivo.

Localmente si verifica inoltre il fenomeno meteorologico conosciuto come inversione termica: si tratta di una situazione del tutto particolare in cui l’aria presente ad una certa quota risulta a temperatura più elevata rispetto a quella presente negli strati prossimi al suolo, che viene così intrappolata ed impossibilitata a risalire verso l’alto (è noto infatti che normalmente le masse d’aria calda generate al suolo tendono per loro leggerezza risalire dando luogo a condizioni di instabilità e rimescolamento degli strati dell’atmosfera). Da uno studio condotto dalla soc. IDROSER spa per conto della Regione Emilia-Romagna (Assessorato all’Ambiente), avente per oggetto "lo studio per la definizione delle aree idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimenti dei rifiuti" che riprendiamo in quanto riteniamo che gli effetti prodotti dall’inquinamento da smog generato dal traffico veicolare possa comunque ricondursi a detto studio, cita testualmente: "situazioni di inversione termica: sono tra quelle più sfavorevoli. Gli inquinanti, infatti, si disperdono molto difficilmente, mentre quelli emessi al di sopra del cosiddetto strato di inversione, si diffondono in quota".

Per quanto riguarda il regime dei venti non si hanno informazioni di dettaglio relative all’area in esame; studi di carattere generale eseguiti dall’Università degli Studi di Parma (Facoltà di Geologia) indicano una situazione di calma con media annuale pari al 33%, con un massimo registrato nel periodo invernale ed attestato al 72%; la direzione prevalente dei venti è Sud Ovest Nord Est.

Va inoltre tenuto presente l’ulteriore aggravio che l’opera comporterebbe in relazione anche ad industrie già fortemente inquinanti presenti nel territorio della "Bassa Parmense". Citiamo una fra tutte l’insediamento a Trecasali della Centrale elettrica dell’Edison della potenza di 277 Megawatts.

Questo impianto a pieno regime consuma 30.000 metri cubi di metano all’ora ai quali corrispondono 20 milioni di metri cubi di gas di scarico al giorno. E’ stato calcolato che l’inquinamento prodotto, Ossido di azoto, Carbonio ossidato, Ozono, Anidride carbonica e vapore acqueo, è pari a quello di cinquemila auto tutte contemporaneamente funzionanti a metano giorno e notte. Non è un caso che il comune di Trecasali sia già tra i comuni in cui possono verificarsi episodi acuti di inquinamento atmosferico e, pertanto, fa parte dell’aggregato R2 della zonizzazione proposta dalla Regione E.Romagna.

La proposta del nuovo tracciato a. TIBRE, risulta a ridosso di alcuni centri abitati della "Bassa Parmense" (Coltaro, San Nazzaro) e penalizza fortemente un’area come quella del Parco Boschi Maria Luigia, in cui da anni la comunità sissese investe tempo e denaro per la valorizzazione. Nel territorio provinciale è l’area rivierasca del Po maggiormente attrezzata e fruita (diporto, porto turistico, parco attrezzato, attrezzature sportive, ricreative ecc.).

Il territorio di Coltaro è la zona più depressa della provincia di Parma raccogliendo così, nell’aria, nell’acqua, e pertanto sui campi, l’inquinamento prodotto dai territori circostanti che lo dominano altimetricamente. Da sempre tali condizioni ambientali, caratterizzate da intense nebbie e mancanza di ventilazione, pesano sulla nostra salute.

A fronte di quanto sopra esposto, la proposta di realizzare il TIBRE non solo non porta alcun beneficio all’area interessata, bensì contribuisce negativamente ad un ulteriormente aggravio dell’attuale situazione climatica-ambientale e territoriale.

 

INIDONEITA’ DELLA LOCALIZZAZIONE DEL TRACCIATO PROPOSTO DAL PTCP – COMPROMISSIONE DELLA GIA’ PRECARIA RETE IDROGRAFICA DELLA ZONA DI SISSA.

Il territorio comunale di Sissa si sviluppa nel settore settentrionale della bassa pianura parmense ed è delimitato, nei confini Ovest e Nord, da due lineamenti idrografici di notevole importanza, rappresentati rispettivamente dal t. Taro e dal f. Po. Detta area dal punto di vista altimetrico è considerata la più depressa della pianura alluvionale parmense, costituendo un cosiddetto "fondo di sacco" che sostanzialmente drena le acque di tutto il territorio comunale e dei comuni limitrofi a Sud. L’importanza di tale carattere si riflette sia nei confronti della rete idrografica primaria, ma anche e soprattutto nei confronti di quella secondaria, costituita dai numerosi canali e fossi di scolo che solcano la campagna della "Bassa". In caso di precipitazioni di elevata intensità o prolungati (anche se non di carattere eccezionale) il regime idraulico viene messo in crisi con relativa facilità, soprattutto quando lo smaltimento delle acque non avviene con una sufficiente velocità a causa delle altezze idrometriche del f. Po.

Il tracciato proposto per la realizzazione del TIBRE, lambisce le località di San Nazzaro e di Coltaro, quest’ultima frazione posta a Nord/Est del comune di Sissa, è la più depressa (quota: +29 m sul livello del mare) ed è quella che naturalmente è maggiormente soggetta a dette situazioni.

Uno studio condotto dall’Università degli studi di Parma nel 1980, evidenzia le condizioni di precarietà e criticità dal punto di vista idraulico del territorio comunale di Sissa, definito "aree a difficile drenaggio superficiale" in relazione alla ridotta pendenza topografica e per la presenza di depressioni naturali.

Da ciò si può dedurre che il tratto autostradale proposto e le annesse infrastrutture di collegamento, aggraverebbero ulteriormente l’attuale situazione idrografica.

Per quanto concerne il rischio idraulico, il territorio comunale di Sissa è stato storicamente e ciclicamente interessato da eventi alluvionali di varia entità (Caroni, 1987; Turitto, 1987; Capelli, 1996); tra le alluvioni di maggior rilievo documentate si segnala quella del t. Taro verificatasi nell’anno 1839, che interessò tutta l’area compresa tra Sissa, Torricella, S.Nazzaro e Coltaro, con livelli di alluvionamento assai elevati (1,5 metri a Sissa, 2.5 m a S. Nazzaro, 3m a Torricella e 4m a Coltaro).

L’evento alluvionale del t. Taro del novembre 1982 ha interessato gran parte del territorio in destra idraulica, a causa delle rotte provocate dallo stesso in differenti punti del rilevato arginale (Viarolo, Ronco Campo Canneto e Sissa); le acque fuoriuscite dall’alveo si sono riversate nella pianura circostante convogliando verso le zone più depresse in località Coltaro (Magistrato per il Po, 1982, Petrucci e. alii., 1983); la concomitanza di una situazione di magra del f. Po ha favorito un efficace deflusso delle acque di piena del Taro, scongiurando la possibilità di fenomeni di rigurgito che, per la presenza della "rotta" in località Sissa, avrebbe potuto causare livelli di alluvionamento più elevati e danni ben più gravi rispetto a quelli registrati nell’occasione.

Sempre relativamente al t. Taro, nel tratto compreso all’incirca fra S. Secondo P.se e la foce, dove il percorso diventa maggiormente sinuoso, il t. Taro riceve l’apporto di n. 5 affluenti in sinistra (Canale S. Carlo, C. Scannabecco, T. Stirone-Rovacchia, C. Rigosa Nuova, C. Rigosa Vecchia) mentre in destra solo C. Otto Molini.

Tale situazione anomala si accompagna ad una evidente differenza di quota fra il settore di pianura situato ad Ovest, che risulta più elevato di circa 1-2 m rispetto a quello situato a Est (verso Sissa) anche nelle immediate vicinanze degli argini; tale differenza sembra imputabile ad una connessione fra i fenomeni di sedimentazione e l’attività tettonica intercorsa durante la formazione della conoide del Taro (Petucci et.alii, 1983). Le implicazioni che derivano da tale situazione idraulica e morfologica possono così riassumersi (Petrucci et. alii., 1983):

L’ultimo stato di crisi generato dalla piena del t. Taro risale all’autunno 2000.

Relativamente al F. Po, che per dimensioni, portate di deflusso e bacino idrografico rappresenta per il territorio comunale di Sissa l’elemento idrografico a più elevato rischio di calamità in conseguenza di eventuali esondazioni, negli ultimi 10 anni si sono registrati ben 3 eventi di piena eccezionale. Il più recente risale alla seconda decade di ottobre’00, quando il livello delle acque del Po nel momento di massima piena superò il livello franco di sicurezza (quota -1 metro dalla sommità arginale) nel tratto Torricella-Coltaro.

A conclusione di tali considerazioni, si vuole evidenziare come il ripetersi ciclico di eventi di piena a grave rischio di esondazione e di fenomeni di alluvionamento più o meno estesi sia sintomatico delle condizioni di vulnerabilità idraulica della zona; infatti, nonostante l’esecuzione di ripetuti e successivi interventi di sistemazione e regimazione idraulica, si è registrato un mantenimento a livelli elevati del rischio idraulico, a testimonianza delle mutate condizioni territoriali (cementificazione indiscriminata, progressivo abbandono delle zone montane, escavazioni in alveo non controllate) predisponenti ad un elevato e rapito deflusso idrico superficiale e ad una conseguente diminuzione dei tempi di corrivazione.

Si ritiene che il territorio comunale di Sissa in generale e il sito di Coltaro in particolare non presentino, per motivazioni di carattere morfologico, idrologico e per gli eventi alluvionali che storicamente e ciclicamente li hanno interessati, le caratteristiche di idoneità necessarie per l’attraversamento di infrastrutture autostradali.



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