Lettera pubblicata su "Inprimapagina" settimanale di Crema del 5 dicembre 2003 n.898 pagina 25


La politica del territorio dei nipotini di Attila

Ambiente e Protocollo di Kyoto: Da Milano a Cremona nuvole di polvere all’orizzonte.
Dai nuovi Verdi-Greenpeace di Cremona la scoperta dell’acqua calda.

         Egregio Signor Direttore,

Dal 1° dicembre è in corso alla Fiera di Milano la "Conference of the Parties", meglio nota come COP9. E’ la Conferenza dei seimila delegati in rappresentanza dei 189 governi che hanno aderito al Protocollo di Kyoto, l’accordo internazionale per la riduzione delle emissioni dei gas serra individuati dagli scienziati come i responsabili dell’innalzamento delle temperature del pianeta con tutte le gravissime prospettive che tale fenomeno comporta per l’intera umanità. A Milano si discute sotto l’egida dell’ONU come riuscire a diminuire del 5% rispetto al 1990 le emissioni a livello mondiale per invertire la tendenza al continuo aumento dell’inquinamento e della temperatura del pianeta, una diminuzione simbolica, culturale, che dovrebbe segnare una inversione di tendenza verso una economia mondiale più rispettosa degli equilibri naturali, per risparmiare energia e materie prime, per evitare al pianeta che gli effetti dei mutamenti climatici diventino irreversibili: in caso contrario l’umanità dovrebbe sostenere, secondo gli esperti dell’ONU, catastrofici costi sociali ed ambientali. Ad esempio lo scioglimento dei ghiacci dei Poli provocherebbe un innalzamento degli Oceani di almeno 70 metri: da noi andrebbero sott’acqua città come Cremona, Piacenza situata a 61 metri sul livello del mare, verrebbe lambita Soresina a 69 metri s.l.m., mentre si salverebbe Milano posizionata a 120 metri sul livello del mare. L’alternanza che ha segnato la scorsa estate, di pericolose e tragiche alluvioni a lunghi periodi di siccità, l’aumento dei territori desertificati, le alte temperature fatte registrare e la scomparsa oltre la media fisiologica stagionale di decine di migliaia di persone anziane, le fasce più deboli della nostra società, sono solo un esempio, una anticipazione di ciò che ci aspetta se non si attuano politiche compatibili con l’ambiente, se non si adottano atti concreti per ridurre le emissione di CO2 provocate principalmente da industrie e dal sistema dei trasporti. La Conferenza di Milano, il COP9, è dunque solo uno dei tanti incontri per cercare di evitare il disastro, per individuare nuove strategie di contrasto, per aumentare il numero dei paesi aderenti al Protocollo di Kyoto, un protocollo che, per entrare in vigore richiede che vi aderiscano i paesi responsabili del 55% di emissioni di CO2. Oggi la quota di adesioni è del 44% e mancano ancora le adesioni di Russia e USA: le ultime notizie indicano che la Russia si appresterebbe, proprio qui a Milano, a firmare il protocollo. Per quanto riguarda l’Italia dobbiamo constatare che il nostro Paese non sta rispettando quanto richiesto dal Protocollo di Kyoto del 1990: la riduzione del 6.5% delle emissioni dei gas serra. Secondo i dati degli esperti, nel nostro Paese queste emissioni sono invece aumentate del 5%. Oggi dovremmo attuare politiche in grado di ridurre di almeno l’11.5% le emissioni per essere in linea con il Protocollo di Kyoto, per portare un nostro piccolo contributo a migliorare le condizioni dell’ambiente del pianeta sul quale viviamo. Ma vediamo cosa propone l’Europa e come hanno risposto la Regione Lombardia e la Provincia di Cremona. L’Unione Europea ha definito, per quanto riguarda il sistema dei trasporti e della mobilità, un nuovo scenario di interventi infrastrutturali, una "quick list" di opere da cantierare al più presto. Si tratta di un lungo elenco di nuove ferrovie a conferma della linea di riequilibrio dalla gomma, fortemente inquinante, al ferro del sistema dei trasporti europei come previsto dal Libro Bianco del settembre 2001. L’Italia è interessata dal progetto dellle due linee ad Alta Capacità, la Lione-Torino-Milano-Venezia-Lubiana/Kiev e la Monaco-Brennero-Verona-Bologna e dalle autostrade del mare, corridoi che utilizzano il mar Tirreno e l’Adriatico per trasportare da nord a sud e viceversa merci e TIR evitando i percorsi autostradali e ulteriore inquinamento. La "quick list" europea non prevede per l’Italia né il Ponte sullo stretto di Messina, né nuove autostrade. La nostra Regione, la Lombardia, risponde all’appello di Kyoto approvando tutta una serie di nuove autostrade: la nuova corsia sulla A4, la nuova autostrada Bre.Be.Mi, 52 km di autostrada da Travagliato a Melzo, la Pedemontana, l’autostrada Cremona-Mantova, la tangenziale Est Esterna di Milano, il potenziamento di molte altre strade statali tra le quali la Paullese. Uno scenario che non propone azioni di contrasto e di inversione di tendenza rispetto all’aumento esponenziale del traffico su gomma. Infatti la Lombardia con l’1,7 per mille della popolazione mondiale emette una percentuale del 3 per mille dei gas responsabili dell’ alterazione del clima, contribuendo con una percentuale pesante, a modificare il clima mondiale. A questa politica di devastazione ambientale partecipa anche la nostra provincia di Cremona con le scelte fatte dagli amministratori locali di Comune e Provincia in materia di trasporti e infrastrutture. Le scelte compiute prevedono addirittura 2 nuove autostrade (Cremona-Mantova e la Ti-Bre da Parma-Fontevivo a Nogarole Rocca) con una potenzialità di traffico di 200.000 veicoli-giorno, il 3°Ponte sul Po con caratteristiche autostradali (potenzialità di circa 50.000 veicoli al giorno, ma non è ancora stato fornito alcuno studio sui flussi di traffico!) per catapultare il traffico da Castelvetro Piacentino a Cavatigozzi-Spinadesco, una centrale turbogas progettata sempre fra Cavatigozzi e Spinadesco con il rischio di emissioni di pericolosissime particelle PM1 a ridosso dei 2 centri abitati alla periferia di Cremona. Non solo, a Cremona funziona ancora una raffineria cittadina, perché ormai inglobata nel tessuto abitativo, raro esempio di convivenza fra un impianto inquinante come è una raffineria e le case dei cittadini cremonesi mentre a Milano e nell’hinterland stanno velocemente smantellando questi impianti: l’ultimo caso è quello di Rho-Pero trasformato nella nuova sede della Fiera di Milano collegata alla rete metropolitana milanese e alla linea ad Alta Capacità Torino-Milano. Addirittura il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Cremona appena adottato prevede la localizzazione di nuovi poli industriali-artigianali solamente lungo gli assi stradali e lontani dalla rete ferroviaria: il traffico che in futuro verrà generato sarà esclusivamente su gomma e quindi causa di nuovo inquinamento. Dunque, come si vede, una politica da nipotini di Attila ben lontana dalle direttive europee, che crea ancora limiti e costi aggiuntivi alla competitività delle aziende cremonesi costrette a servirsi di un sistema di trasporti su gomma che viene contrastato da Austria, Svizzera e Francia. E’ davvero incredibile come i nostri amministratori locali ignorino la presenza di ben 7 linee ferroviarie nel territorio e non siano stati in grado di arrivare a definire accordi con la Regione Lombardia e le stesse ferrovie per il loro potenziamento e la loro piena utilizzazione così come invece hanno fatto la Provincia di Piacenza, con il polo logistico e intermodale posizionato proprio a fianco della ferrovia Cremona-Piacenza (realizzato nel 2001 funziona già a pieno regime!) e la Provincia di Bergamo che ha fatto della rete ferroviaria attuale l’asse portante del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Bergamo è riuscita ad ottenere per le ferrovie finanziamenti per circa 3.500 miliardi di vecchie lire! Soltanto il Comune di Crema sta muovendo passi concreti (progetti e atti amministrativi) per chiedere il potenziamento della linea Crema-Treviglio dopo avere valutato la possibilità di arrivare a Milano in 30’ e a Roma in 3 ore e 15’, così come è emerso dalle proposte del convegno di Crema dell’11 novembre scorso in occasione del 140° anniversario della ferrovia Treviglio-Cremona. D’altra parte che cosa si può attendere di più dai nostri amministratori? A Cremona sono riusciti a smantellare una delle più lunghe e storiche reti filoviarie a livello nazionale per trasformare le linee da elettriche non inquinanti in linee di bus a gasolio, non è stata attuata alcuna politica di limitazione del traffico automobilistico con il risultato che i bus del trasporto pubblico sono scarsamente utilizzati e causano una gestione deficitaria. Per i cittadini si tratta di una doppia beffa: da una parte subiscono l’inquinamento da traffico (a Cremona, 65.000 abitanti, sono almeno 80.000 gli spostamenti sistematici casa-lavoro fatti in auto) e dall’altra sono costretti a pagare il deficit dell’azienda municipalizzata. Cremona si salva l’anima rilanciando il canale navigabile: un’idea affascinante, un’avventura iniziata circa 40 anni fa e mai decollata. Di fatto il canale non lo ha mai voluto nessuno soprattutto sul milanese. Doveva servire a rifornire la grande industria pesante, ma oggi il sistema industriale milanese è stato smantellato, delocalizzato: di quanti canali sparsi sul territorio milanese ci sarebbe bisogno per raggiungere tutte le fonti o le destinazione dei trasporti via acqua? Nel convegno di Cremona del 28 novembre scorso "Le vie d’acqua", i facili entusiasmi dei cremonesi sono stati raffreddati dai tecnici con una montagna di progetti da completare a valle di Cremona fino al mare. E poi c’è il problema Po, con i suoi periodi di secca sempre più lunghi tanto da spaventare gli olandesi della Katoen Natie che stanno per inaugurare il loro polo logistico intermodale nella zona industriale del Porto a Cremona. Un investimento di circa 300 miliardi di vecchie lire che rischia di non poter utilizzare il trasporto fluviale, proprio uno dei sistemi per i quali era stata individuata la sede di Cremona, mentre ora Katoen Natie dovrà concentrare i suoi traffici su ferrovia e strada. Cremona deve ripensare la sua politica della mobilità e dei trasporti compiendo scelte a favore dell’ambiente e della salvaguardia del territorio. Gli amministratori non possono più ignorare che le linee ferroviarie cremonesi possono essere utilizzate per un servizio urbano con nuove fermate in città e che da Milano a Mantova ci si può impiegare 1 ora di treno realizzando un sistema di collegamenti di tipo europeo e che si sta realizzando in altre città, ultima tra queste Bologna. E’ proprio così difficile far capire ai nostri amministratori che investire nelle ferrovie e sul trasporto pubblico integrato significa minore inquinamento, minori intasamenti, minori incidenti e migliorare la qualità della vita per i cittadini residenti, per i pendolari e collegare velocemente Cremona con la rete nazionale e l’Europa. Comunque pare che qualche nuovo progetto a tutela dell’ambiente nasca anche a Cremona. Al Forum per l’Energia del 28 novembre scorso, tenutosi presso la Provincia di Cremona, ci ha colpito infatti la proposta del Verde di Greenpeace, Matteo Lodi, il quale propone di utilizzare l’acqua calda rilasciata dalla raffineria per riscaldare piscine e docce dei 12.000 iscritti alle società canottieri lungo il Po. Ottima proposta. Dimentica solo che per ottenere quell’acqua riscaldata, dal camino della raffineria escono diverse tonnellate di sostanze che con l’ambiente pulito, la natura, le canottieri e i polmoni degli iscritti hanno ben poco a che fare. Al "Verde dell’acqua calda" la soluzione del rebus: meglio l’acqua calda o la raffineria? In attesa di Kyoto e di programmi per le prossime elezioni amministrative che dicano no alle autostrade e alle centrali turbogas.


Soresina, 4 dicembre 2003


Ezio Corradi
Presidente Circolo Politico Culturale "S. Pertini"


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