Osservazioni redatte dal Prof. BODINI ANTONIO

Docente di valutazione di impatto ambientale presso l’Università degli Studi di Parma,

relative alla sintesi non tecnica di "Studio di prefattibilità ambientale"

presentata in data 20/12/2001 in Regione E. Romagna

dalla soc. AUTOCAMIONALE DELLA CISA spa in merito al

RACCORDO AUTOSTRADALE TIRRENO BRENNERO

Al prof. Bodini è stato richiesto di analizzare lo"studio non tecnico di prefattibilità ambientale" focalizzando le osservazioni al tratto autostradale che interessa i comuni della "Bassa Parmense", ritengo che in generale, che le considerazioni qui di seguito riportate possano essere comuni a gran parte del territorio interessato dal TI-BRE.

Alfredo Azzi

 

Premesso che in generale lo studio di prefattibilità, almeno per la sintesi non tecnica, non permette alcuna verifica, poiché non riporta calcoli e valutazioni, ma soltanto affermazioni che si rifanno allo studio vero e proprio. In ragione di ciò la sintesi non tecnica non permette di approfondire le criticità intrinseche del progetto. E’ tuttavia possibile formulare alcune osservazioni.

 

Impatti per atmosfera e clima

Affermazione (A): "…se da un lato la nuova arteria di traffico produrrà un incremento della concentrazione degli inquinanti nelle aree ad essa più prossime, dall’altro consentirà di alleggerire l’attuale carico di traffico circolante sulle arterie minori, e quindi migliorare sensibilmente la situazione delle aree prossime alla viabilità esistente"

Osservazione (O): L’alleggerimento dell’attuale carico di traffico circolante sulle arterie minori non è certo. Gli spostamenti locali (es. da Sissa a Coltaro), infatti, non potranno beneficiare della presenza della bretella autostradale. In ragione di ciò le emissioni nel complesso del territorio comprendente un certo tratto d’autostrada potrebbero aumentare. E’ possibile in ogni modo ampliare la riflessione immaginando scenari di viabilità. A titolo d’esempio si consideri un viaggiatore che debba spostarsi da Mantova a Sissa (PR). Con le attuali infrastrutture viarie si possono immaginare alcune ipotesi di percorso. Usando la viabilità ordinaria si possono immaginare tre ipotesi: la prima che utilizza la ss. 420 che attraverso Sabbioneta e Colorno consentirebbe di giungere a Sissa con un percorso relativamente poco tortuoso. In alternativa si può immaginare un uso della ss. 10, con attraversamento del fiume Po a Casalmaggiore (immettendosi sul percorso precedente) oppure a S. Daniele (CR); si avrebbe un incremento del chilometraggio ma con la possibilità di avere un percorso più scorrevole. Più complicato sarebbe seguire la provinciale n. 62 per Gusatalla, che imporrebbe un allungamento del percorso, una logistica più scomoda (doppio attraversamento del fiume Po) e una percorrenza su un tratto assai trafficato (la bassa reggiana). L’ultima ipotesi riguarda l’immissione nell’Autobrennero a Mantova con uscita a Parma e proseguimento sulla Via Cremonese. E’ possibile immaginare come potrebbe cambiare questo scenario con la presenza della bretella TI-BRE. Dato che si prevede un’uscita nel Comune di Trecasali il percorso più idoneo sarebbe quello che prevede l’uso della ss. 10 fino al congiungimento con la bretella (nel territorio del comune di Calvatone (CR) ipotizzando che sia adottata la variante C3 del percorso), per proseguire fino a Trecasali. Se quest’infrastruttura dovesse effettivamente essere privilegiata da coloro che usano la viabilità ordinaria si avrebbe un decongestionamento della ss. 420 ma un sovraffollamento della ss. 10, per il tratto da Mantova al corridoio TI-BRE. A questo volume di traffico andrebbe aggiunto anche quello che attualmente, nonostante la lunghezza del percorso, privilegia l’uso dell’autostrada (anche se per la tratta in esame sembra poco credibile un uso dell’autostrada). Per qualsiasi ipotesi progettuale credo che si debba immaginare una variazione dei tratti congestionati e decongestionati e non una reale riduzione del congestionamento. Non va dimenticato, inoltre, che la realizzazione di quest’infrastruttura fungerà da incentivo al trasporto su gomma, con ulteriore peggioramento delle condizioni di viabilità e, quindi di qualità dell’aria, per i tratti di viabilità ordinaria che risulteranno funzionali all’uso del corridoio autostradale.

 

Impatti per rumore e vibrazioni

A: "Gran parte del traffico attualmente circolante su strade statali e provinciali, con particolare riferimento ai veicoli pesanti, fonti di maggiore disagio, sarà attratto dalla nuova infrastruttura….Il traffico pesante nell’area in esame si sposterà quindi dalla viabilità attuale, che attraversa agglomerati urbani e zone ad elevata densità di popolazione, ad un tracciato autostradale"

O: valgono per questa tipologia d’impatto le medesime considerazioni viste sopra. Se il volume di traffico restasse quello attuale si avrebbe solo uno spostamento del rumore verso la viabilità ordinaria funzionale all’uso dell’infrastruttura. Tuttavia la situazione peggiorerà in ragione dell’effetto catalizzatore che ogni nuova struttura viaria esercita sul volume di traffico. Come nel caso precedente le zone attualmente non impattate subirebbero un peggioramento delle condizioni.

 

 

Le osservazioni precedenti valgono per tutti i tratti della TI-BRE. Per altri tipi d’impatto, invece, si possono fare considerazioni specifiche per ciascun’area territoriale. Ci si limita qui ad analizzare i problemi del tratto B, che attraversa la bassa parmense.

 

 

Impatti per acque superficiali e sotterranee

A: "L’effetto più importante delle opere si ha in relazione alla presenza delle pile in alveo di Po che generano modificazioni ai deflussi, ma, soprattutto, azioni locali d’erosione. Per quanto riguarda le acque sotterranee è richiesta attenzione durante l’esecuzione delle opere nell’area intragolenale dove la dominanza di strutture sabbiose richiede estrema attenzione nell’evitare rilasci di sostanze inquinanti che potrebbero danneggiare gli acquiferi"

O: dalla sintesi non tecnica non è possibile stabilire come sono stati valutati gli effetti erosivi delle pile in alveo di Po. Il rischio d’inquinamento di falda esiste, com’esiste anche la pressione sulla risorsa acqua per i prelievi che sono necessari per tutte le attività di cantiere. Poiché la sintesi non tecnica si limita a delle affermazioni di principio quali "per i fiumi e i torrenti, la compatibilità dei prelievi andrà misurata in funzione del deflusso minimo vitale che dovrà essere sempre garantito", oppure "gli interventi mitigativi riguardano il contenimento dei consumi attraverso un uso razionale e attraverso la realizzazione di un sistema di prelievo e distribuzione che riduca al minimo gli sprechi" e, ancora, "le acque utilizzate, le acque di pulizia, ed i reflui in genere andranno adeguatamente depurati e restituiti al sistema idrico naturale" resta da verificare che le soluzioni progettuali siano effettivamente in linea con queste affermazioni e che siano garantiti adeguati controlli (chi li deve fare?).

A: "Le opere mitigative saranno funzionali a ridurre l’impatto sui luoghi e le eventuali successive deformazioni dovute alla realizzazione delle nuove opere: sono previsti pertanto interventi di stabilizzazione del fondo e delle scarpate fluviali e/o arginali, interventi di miglioramento dei deflussi con eventuali allargamenti delle sezioni d’alveo, sistemazioni delle aree golenali ed eventuali ristrutturazioni di manufatti esistenti al fine di recuperarne la stabilità e la funzionalità. Saranno realizzate anche opere compensative sostanzialmente opere trasversali e longitudinali quali soglie, briglie, pennelli e scogliere rivolti alla stabilizzazione e al controllo dei deflussi".

O: queste indicazioni destano preoccupazione. La tradizionale regimazione dei corsi fluviali ha prodotto guasti seri alla vita dei fiumi (si pensi solo alla cementificazione degli alvei o delle sole sponde) e aumentato i problemi di dissesto idrogeologico. Pertanto la volontà di agire sui regimi fluviali attraverso opere cosiddette di mitigazione deve essere vista con preoccupazione. E’ tutto da valutare alla luce delle ipotesi progettuali, ma la costruzione di briglie, soglie, e pennelli rischia di modificare in modo profondo e dannoso il regime dei fiumi e dei torrenti sui quali si intende agire. Inoltre esistono delle prescrizioni precise dell’Autorità di Bacino che impediscono certe realizzazioni infrastrutturali tendenti a modificare o controllare i deflussi.

 

Impatti per suolo e sottosuolo

A: "…si prevede (per il tratto B) di prelevare circa 2.500.000 m3 in sponda destra del Po, in Provincia di Parma, un’area già parzialmente attivata dal PAE del Comune di Sissa…"

O: il PIAE (Piano Infraregionale Attività Estrattive) del 1996 e le successive varianti del 97 e del 99 stabiliscono che al polo estrattivo indicato nella relazione (cioè quello di Sissa) sono assegnati quantitativi pari a 1.200.000 m3 per estrazione di sabbia , 210.000 m3 per argille da laterizi e 150.000 m3 per limi argillosi. Sommando queste quantità non si ottiene la stima prevista e, dato che la realizzazione dell’opera richiede sola estrazione di ghiaie (inerti pregiati) e ghiaie e sabbie sporche (ghiaie+sabbie sporche) non si riesce a comprendere in quale modo si procederà a recuperare il materiale inerte necessario. Non sembra possibile che i quantitativi saranno aggiornati con un’ulteriore variante al PIAE, poiché nel documento preliminare di variante 2002 si specifica che "l’attuale livello di pianificazione del settore estrattivo della provincia di Parma…risulta tuttora valido dal punto di vista della stima dei fabbisogni e tutt’altro dall’essere completato sotto l’aspetto estrattivo: ciò grazie all’elaborazione delle due successive varianti d’adeguamento, la variante ’97 e la variante ’99". Inoltre sembra di capire che il polo di Sissa non sia programmato per l’estrazione di materiali inerti del tipo pregiato per la realizzazione dell’opera.

A queste considerazioni va aggiunto che il polo estrattivo Taro Nord, logisticamente più adatto a reperire il materiale necessario, è già in buona parte destinato alle opere della TAV.

A: "Sul territorio sono già presenti numerose aree destinate ad attività estrattive, non ancora recuperate, che potrebbero essere destinate ad aree di cantiere. Tale situazione comporterebbe, oltre alla mitigazione in fase di costruzione, anche una compensazione, giacché tali aree potrebbero poi essere adeguatamente recuperate restituendo ad un uso del territorio adeguato al contesto".

O: l’uso d’aree di cava dimesse e non ancora recuperate potrebbe essere una giustificativa per ulteriori estrazioni di materiale inerte per il cantiere. Tali aree dovrebbero inoltre essere indicate già in fase di progetto. Il fatto poi di concederne l’uso finalizzato al ripristino non costituisce un’operazione d’alto valore aggiunto per il territorio, perché la tendenza attuale è che comunque le cave siano ripristinate al termine della loro funzione.

A: " Tali aree (le cave) sono naturalmente vocate alla ricostruzione delle aree umide perifluviale…"

O: a conferma di quanto detto sopra, cioè che le aree di cava dimesse devono essere rinaturate e quindi un loro uso come aree di cantiere non è necessariamente prerogativa per il loro ripristino. Oltre a ciò è necessario che nella fase progettuale siano specificati i criteri usati per il processo di rinaturazione.

 

Impatti per gli ecosistemi

A: "Si evidenzia la presenza di sistemi ambientali a vocazione naturale sensibili, per i quali l’impatto sulla relativa funzionalità specifica può essere considerato modesto, che diviene almeno apprezzabile nei confronti della funzionalità del sistema complessivo. La fase definitiva dovrà riservare a queste aree una particolare attenzione finalizzata alla ottimizzazione della funzionalità del sistema ecologico".

O: frase dai significati oscuri. Espressioni "quali relativa funzionalità specifica", e "ottimizzazione della funzionalità del sistema ecologico" potrebbero avere un senso se inserite in un contesto in cui è chiaro ciò di cui si parla. Deve essere infatti stabilito con chiarezza ciò che si intende per funzionalità (significato, metodi di stima o di misura, ecc.). La sintesi non tecnica omette queste specifiche, è quindi necessario avere in visione lo studio VIA o il progetto definitivo.

 

Impatti per le condizioni socio-economiche, beni materiali, benessere

A: "La realizzazione del nuovo tracciato autostradale verrebbe ad alleggerire il traffico circolante sulle statali e le provinciali con conseguente beneficio dal punto di vista del congestionamento e del numero d’incidenti".

O: si veda quanto detto a proposito dell’impatto su clima e atmosfera.

A: "…si verrebbe ad alleggerire anche uno dei tratti autostradali maggiormente critici, rappresentato dalla tratta Milano-Bologna, che presenta il maggior numero d’incidenti stradali"

O: per verificare questa affermazione è necessario stabilire in che modo la TIBRE andrebbe a decongestionare l’A1. Solo chi da PR fosse diretto sulla direttrice nord-est (Verona, Trento, Brennero, Venezia, Udine) sfrutterebbe con vantaggio il tratto in esame. Infatti chi proviene da Reggio Emilia opterebbe comunque per l’Autobrennero, così come i provenienti da Modena e Bologna. Da Piacenza sembra essere comunque più agevole connettersi con A21 (Cremona Brescia). Quindi il decongestionamento non sarebbe così significativo.

A: "Per fare una comparazione tra le diverse alternative si può prendere in esame l’analisi economica "costi d’utenza", per ciascuna ipotesi di tracciato, con riferimento ai costi connessi al tempo di percorrenza, ai consumi di carburante, di lubrificante, di pneumatici e ai costi per la manutenzione dei veicoli"

O: da questo punto di vista si dovrebbe fare un confronto anche con l’ipotesi zero, cioè di non realizzazione dell’intervento, e non solo tra le varie ipotesi progettuali. Questo approccio è fortemente raccomandato nel documento predisposto dal CNR e intitolato "Istruzioni per la determinazione della redditività degli interventi stradali" in cui l’ipotesi zero è da intendersi in rapporto alla ottimizzazione d’uso delle risorse esistenti (rete di trasporto e parco circolante). E’ necessario capire se il calcolo dei costi d’utenza è stato redatto seguendo questo criterio.

 

 

 

 

CONCLUSIONI

 

A conclusione di questa lista d’osservazioni va precisato che il criterio di fondo che dovrebbe ispirare qualsiasi progetto di realizzazione viaria è quello che vede i singoli progetti come parti di un unico processo di pianificazione. Sempre dal documento CNR di cui sopra si legge che "una valutazione significativa ed esauriente dei progetti stradali deve essere logicamente riferita all’insieme degli effetti attesi in un adeguato orizzonte temporale sulla dinamica d’uso del sistema territoriale direttamente o indirettamente coinvolto, tenuto conto di tutti gli altri progetti d’intervento assunti o ipotizzati in ogni settore del sistema medesimo. Di conseguenza la ricerca di criteri e metodi per la definizione ottimale di un singolo progetto e più in generale di un piano d’interventi nel settore della viabilità, come del resto d’ogni altro settore, dovrebbe essere correttamente collocata all’interno di un processo globale di controllo dello sviluppo strutturale e socio-economico del sistema territoriale di riferimento.

 

Questi concetti sono di grande rilevanza in questa fase in cui le ipotesi di modifica della viabilità sono assai numerose (Cispadana, TIBRE, Autostrada CR-MN) e andrebbero ottimizzate in un piano unico dei trasporti in cui si possano valutare costi e benefici ambientali, opportunità, redditività, considerando gli effetti sinergici dei vari progetti.



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