Lettera pubblicata su "Inprimapagina" settimanale di Crema n. 869 - anno 18 - del 17 aprile 2003 - pagina 20


DOVE VA CREMONA E LA SUA VOGLIA DI INFRASTRUTTURE

TRA AUTOSTRADE IN ROSA, RIFORMISMO PADANO, STRADE E FERROVIE DIMENTICATE.

PERDE COLPI IL CORRIDOIO 5 SI RILANCIANO I PORTI ITALIANI PER I TRAFFICI DAL NORD VERSO SINGAPORE E LA CINA: LA VERA AREA DI BUSINESS DEL PROSSIMO FUTURO.

E LA PROVINCIA DI BERGAMO LANCIA LA CURA DEL FERRO: PIU' CENTRI INTERMODALI PER IL TRASBORDO DALLA GOMMA AL FERRO E FERROVIE LOCALI A SERVIZIO DI SCUOLE, OSPEDALI E PRESIDI SANITARI.

IMPORTANTE CONVEGNO DELLA FEDERAZIONE CREMASCA DEI DS SUI TRASPORTI E SUL FUTURO DELLE FERROVIE NEL CREMASCO: UNA SVOLTA POLITICA IMPORTANTE, LEGATA AL NODO FERROVIARIO DI TREVIGLIO.



         Egregio Signor Direttore,

ci voleva il convegno organizzato dalla Camera di Commercio di Cremona il 31 marzo scorso sul tema: "Infrastrutture e sviluppo economico: il caso Cremona" per riproporre e puntualizzare le aspettative dei cremonesi, amministratori locali e imprenditori. Aspettative create da diversi progetti, alcuni recentissimi come quello dell'autostrada regionale Cremona-Mantova (posta secondo il progetto sull'itinerario internazionale del "Corridoio 5 sud" e con sbocco al porto di Chioggia), altri più datati e noti come il progetto dell'autostrada Tirreno-Brennero che risale al 1974, il progetto del 3° Ponte sul Po fra Castelvetro e Cavatigozzi-Spinadesco (se ne parla da almento 10 anni ma il progetto non esiste ancora), il progetto del Canale Navigabile Milano-Cremona-Po (lavori iniziati nel 1964 e fermati a Pizzighettone dopo circa 15 km), riproposto all'attenzione per il progetto di prolungamento a Tavazzano e della nuova avanconca, i progetti di nuove centrali elettriche turbogas da localizzare nei pressi della città di Cremona (Raffineria) o in zona Spinadesco-Cavatigozzi (ISP-Arvedi). C'è indubbiamente fermento e voglia di nuovo nell'imprenditoria cremonese e questo è sicuramente un segno di vitalità. Ma come sempre occorre sapere, dove si vuole andare e cosa si vuole fare per crescere, o immettere in un giro virtuoso il territorio e l'economia cremonese che tra l'altro gode già di un dato fisiologico di disoccupazione pari al 2.40%: non male per una provincia di 320.000 abitanti. Cerchiamo di partire proprio da quest'ultimo dato per cercare di analizzare se le infrastrutture progettate servono o no al territorio cremonese e quali sono le alternativa e le opportunità che il territorio cremonese ha già e che deve solo adeguare, ricalibrare, alle nuove esigenze pensando al fatto che Cremona e provincia si trovano al centro del territorio più fertile della Pianura Padana: un bene non rinnovabile spesso cementificato e tolto per sempre alla fruibilità dell'uomo oggi e alle generazioni future. Credo che sia nei principi di ciascun imprenditore programmare e valutare ogni investimento a partire dai tempi di rientro del capitale investito e di rapida creazione di utile: nessun imprenditore investirebbe in nuove attrezzature per la sua azienda fin che non ha decretato scientificamente, cioè conti alla mano, l'obsolescenza di quelle che ha in dotazione. Cerchiamo allora sulla base di questa semplicissima considerazione, avviare una ricognizione su quanto Cremona ha in dotazione e quanto questa dotazione la allontana dall'Europa o dalle grandi infrastrutture stradali e ferroviarie e se, di conseguenza, ha così bisogno di tante nuove infrastrutture. Dal punto di vista della viabilità, la provincia di Cremona si trova a breve distanza dall'A1 Autostrada del Sole raggiungibile a Lodi, per il Cremasco, a Casalpusterlengo, per il Pizzighettonese, a Piacenza o a Fiorenzuola collegata direttamente dalla Autostrada A 21 Brescia-Cremona-Piacenza/Fiorenzuola, per il Cremonese, a Parma per il Casalasco. Si trova ad una distanza accettabile anche dalla A4 Serenissima ai caselli di Capriate, Dalmine, Rovato, Ospitaletto e dalla zona di Cremona per Brescia con la Autostrada A 21. Il piadenese si trova a 30 km dalla A 21 Brescia-Cremona-Piacenza e a poco più di 40 km dalla A22 Modena-Mantova-Brennero e dalla A1 Autosole al casello di Parma. Dunque non vi è punto o località della provincia di Cremona che si trovi ad una distanza tra i 20 e i 40 km da un'autostrada esistente. Servono davvero le 2 nuove autostrade Cremona-Mantova e Tirreno-Brennero dal costo di 3.800 vecchi miliardi di lire nel territorio cremonese? Oppure ciò che invece deve essere adeguato sono alcuni tratti della viabilità statale e provinciale e alcune circonvallazioni? Investire in una nuova autostrada come la Cremona-Mantova significa investire 1.600 miliardi di vecchie lire togliendoli alla viabilità ordinaria ed avere un rientro dei capitali investiti a 30-36 anni, perchè è questo il periodo di concessione stimato per la Società Centropadane (finanziatrice, progettista, promotrice e forse gestrice della nuova autostrada) per il rientro dei capitali investiti. Ci sono imprenditori privati disposti ad aspettere così tanti anni per vedere rientrare i loro investimenti e attendere dopo i 36 anni per vedere anche gli utili? Perchè tutto ciò è invece permesso ad una Società di natura privata, ma pubblica di fatto per la presenza di tanti Enti Locali nel Consiglio di Amministrazione? Strano allora che l'Assessore alla Viabilità e ai Trasporti della Provincia di Cremona, Fiorella Lazzari, nella sua relazione al convegno della Camera di Commercio dimentichi di citare ben 3 strade esistenti fra Cremona e il Piadenese-Casalasco: la Postumia, la Giuseppina e la Bassa di Casalmaggiore. Ed è altrettanto singolare che lo studio della Facoltà di Economia dell'Università Cattolica di Piacenza e Cremona dimentichi di citare un'altra infrastruttura: la linea ferroviaria Brescia-Piadena-Parma. Per questo cresce la necessità di una nuova autostrada fra Cremona e Mantova, un'autostrada in rosa, e della Tirreno-Brennero? Quanto alle ferrovie, queste sono già in rete, cioè connesse alla rete nazionale e internazionale: abbisognano solo di qualche potenziamento mirato e di una rivalutazione finalizzata al territorio per le merci e con una maggiore frequenza di collegamenti integrati con il servizio su gomma. Passiamo al Canale Navigabile: il sistema della mobilità italiana lo ha tagliato fuori per tre ragioni: la prima è che è relativamente vicino al porto di Genova e le rotture di carico hanno un peso significativo negativo nei traffici, la seconda è che non c'è più nell'area milanese quell'industria pesante che avrebbe dovuto essere la base dei traffici via acqua e per ultimo l'alveo del fiume Po non è stato adeguato per garantire la navigazione per tutto l'anno: in questi giorni il livello dell'acqua è a –6.60 metri, dato che rende difficile la navigazione. Si può continuare ad investire su una modalità di trasporto che garantisce la possibilità di trasporto solo per 200 giorni all'anno? E' a questo progetto, rilanciato da Bossi e Lunardi, che guarda il riformista padano Luciano Pizzetti, segretario e consigliere regionale DS (La Repubblica del 3 aprile 2003 e La Voce di Cremona). Ma essere riformisti non significa studiare, analizzare progettare con razionalità valorizzando prima di tutto l'esistente e tenere in alta considerazione l'uomo e l'ambiente? Non importa che a Piadena l'aria è già inquinata oggi, con i Pm10 a 188 microgrammi/m3 (limite di attenzione a 50ug/m3), senza le 2 autostrade? Ma di che razza sono e dove vogliono portarci questi riformisti padani che vogliono autostrade dalla Valtrompia alla Pedemontana, alla autostrada Cremona-Mantova, alla Tirreno-Brennero, centrali turbogas e discariche piazzate vicino ai centri urbani, che si fanno sberleffi dei cittadini che protestano contro gli scempi difendendo la loro salute. Perchè non rilevare, tra l'altro, che la nuova autostrada Cremona-Mantova è concorrenziale al Canale Navigabile e alla navigazione fluviale e che la navigazione fluviale è posta sullo stesso itinerario, il famoso "Mediopadano", sul quale corre da circa 130 anni la ferrovia da Asti-Alessandria-Piacenza-Cremona-Mantova e da qui a Verona-Venezia oppure a Rovigo-Chioggia e Ferrara-Ravenna. Già ma qui si può potenziare senza toccare un solo metroquadrato di terreno agricolo e si può andare da Mantova a Milano in un'ora!…Ma con le strategie proposte, non si fa l'integrazione modale! Qui si sperperano risorse economiche e si brucia ottimo terreno agricolo! Per quanto riguarda il 3° Ponte sul fiume Po, quello in progetto fra Castelvetro Piacentino e Cavatigozzi-Spinadesco dal costo di circa 3-400 miliardi di vecchie lire (anche questi messi a disposizione dalla Società Centropadane) esistono almeno 3 alternative praticabili con risultati altrettanto efficaci e dai costi altrettanto contenuti. La prima riguarda la possibilità di liberalizzare il tratto autostradale fra Castelvetro e Cremona: è sufficiente un accordo di programma fra Comune e Provincia di Cremona, Comune di Castelvetro Piacentino, Provincia di Piacenza e Società Centropadane: per questa soluzione il tempo necessario è quello di una firma. L'altra alternativa è l'itinerario Caorso-S. Nazzaro-Castelnuovo Bocca d'Adda-Meleti-Crotta d'Adda dalla SS10 Padana Inferiore alla SS 234 Codognese, da qui direttamente al porto di Cremona bypassando anche l'abitato di Cavatigozzi: serve solo 1 km di circonvallazione dell'abitato di Castelnuovo B.A.! La terza alternativa è rappresentata dalla possibilità di riutilizzare per la viabilità la parte ferroviaria dismessa dell'attuale ponte sul fiume Po a Cremona: un intervento certamente meno invasivo per l'ambiente e per le tasche dei cittadini del nuovo ponte. Eppure nessuna delle 3 alternative viene attuata. Non mi pare, dunque, che tutti questi nuovi progetti presentati nel convegno rispondano ad una qualsiasi linea economica liberista, ma al contrario alla vecchia logica del "paga tutto pantalone": difficilmente Cremona si attaccherà al treno dell'Europa. Cosa che invece ha in animo di fare la Provincia di Bergamo. Il Presidente della Provincia, Valerio Bettoni, presentando il 14 aprile scorso (L'Eco di Bergamo del 15 aprile 2003) il Piano Territoriale Provinciale ha affermato che "Il Piano Territoriale è stato messo a punto con buon senso e realismo" ed ha proposto 5 interporti per l'interscambio gomma-ferrovia: Montello, Treviglio, Verdello, Chignolo d'Isola e Cortenuova, sostenendo che: "L'attenzione al ferro con il potenziamento della rete ferroviaria e il ripristino e il rafforzamento di quella tranviaria, è certamente uno dei punti qualificanti del piano territoriale". Mentre per l'Assessore Provinciale ai Trasporti, l'architetto Felice Sonzogni: "Il Piano Territoriale ha l'ambizioso obiettivo della qualità della vita. Vuole cioè lasciare segni di qualità alle generazioni future". Tutte le linee ferroviarie della provincia verranno utilizzate come un servizio di tipo metropolitano: "Questi tragitti –precisa l'Assessore Sonzogni- toccano e mettono in collegamento tutte le scuole superiori della provincia, gli ospedali e i presidi sanitari". Non male: una provincia che vede la mobilità in un'ottica di sistema integrato privilegiando il ruolo del trasporto pubblico e delle ferrovie che raddoppieranno le linee Milano-Treviglio-Bergamo, oltre all'Alta Capacità Milano-Venezia. Per questo ci auguriamo che i DS della Federazione di Crema, che giovedì 17 aprile tengono un importante convegno sui trasporti e sulle ferrovie nel cremasco, compiano una definitiva scelta strategica: questi sono i binari del futuro per il territorio cremonese. Una tesi da me sostenuta da almeno 20 anni! Ma novità ci sono anche per quanto riguarda il Corridoio 5, quello da Barcellona a Kiev che dovrebbe passare nei nostri territori. Parlando al convegno promosso a Trieste dalla Confsal (Confederazione dei sindacati autonomi dei lavoratori) il Ministro degli Esteri ombra del governo Berlusconi, Gianni De Michelis, ha affermato che: "Il Corridoio 5, dopo 10 anni che se ne parla e non si realizza, è una partita persa, meglio guardare oltre e puntare alla Cina, ai suoi 500 milioni di abitanti. L'Italia deve diventare il cuore dei traffici dal Nord Europa all'Asia utilizzando le nostra autostrade del mare a partire da Venezia e dall'Adriatico". La sfida è quindi il potenziamento dei corridoi europei nord-sud anzichè est-ovest. "Si è persa la capacità di volare alto -dice De Michelis- siamo tutti presi a guardarci l'ombelico", cioè il Corridoio 5 (Il Gazzettino On Line del 6 aprile 2003). In effetti le merci italiane e del nord Europa potrebbero far capo in parte ai porti liguri e del Tirreno di Genova-Voltri, Savona, La Spezia, Livorno, in parte a quelli dell'Adriatico di Venezia, Ravenna, Trieste, Capodistria e Fiume. Sarà un caso ma la multinazionale di trasporti marittimi PSA di Singapore che si occupa dei traffici per la Cina, l'area asiatica e mediorientale, (Il Sole-24Ore del 4 aprile 2003) ha affidato al suo chairman, Eddie Teh, la responsabilità di guidare le attività di PSA nella macro regione europea sovrintendendo direttamente al porto di Genova-Voltri e a quello di Venezia. Il porto di Chioggia, terminale dell'autostrada da 1.600 miliardi Cremona-Mantova-Mare non rientra nei grandi traffici internazionali, quelli che dovrebbero far fare un salto di qualità alle nostre aziende cremonesi. Evidentemente qualcuno a Cremona ha volato troppo basso. E' finito nelle splendide paludi del Delta del Po. Ma per i riformisti padani e i loro accoliti è meglio continuare far credere ai cremonesi che il Corridoio 5 è l'occasione d'oro, il "sol dell'avvenire" per l'economia e l'occupazione.


Soresina, 15 aprile 2003


Ezio Corradi
Presidente Circolo Politico Culturale "S. Pertini"


Torna all'Homepage del Coordinamento dei comitati contro le autostrade TIBRE e Cremona-Mantova